Schema finale di Strategia d`impresa (escluso
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Schema finale di Strategia d`impresa (escluso
Schema finale di Strategia dʼimpresa di Michele Faggion Cap. 1.1 - La strategia Consiste nellʼessere diversi. Unʼimpresa cerca di differenziarsi. “Strategy is about being different “(Porter). Il vantaggio competitivo è la traduzione del fatto che si è riusciti ad essere diversi (la strategia) e ad aver trovato il mercato dove avere questo vantaggio durevolmente. Esistono diverse forme di leadership: la leadership cambia a seconda del punto di vista. 1) di prodotto / mercato: unʼimpresa che ha una quota di mercato maggiore; 2) di strategia / nelle competenze (Geox). La disintegrazione è collegata al modo in cui si organizza la rete in cui si opera, ma si perdono competenze ed opportunità. Lʼintegrazione è maggior controllo sulla qualità. Le imprese che adottano un comportamento proattivo sono quelle che hanno ridefinito le regole competitive in un settore (Apple, Zara, Morellato). La strategia deve essere coerente con lʼimpresa e con il mercato. Le due strategie di base sono: 1) leadership di costo: vendere un prodotto omogeneo ad un prezzo più basso grazie a economie di scala e dimensioni; 2) leadership di differenziazione: vendo un prodotto come “diverso” (marchio, prodotto, ecc.); 3) leadership di focalizzazione: è una strategia di nicchia; Il problema del vantaggio competitivo è la sostenibilità. Eʼ necessario trovare una coerenza fra elementi che crei effetti di casual ambiguity: il competitor non capisce dallʼesterno su cosa si basa la strategia, tanto più è complesso, tanto più è difficile da erodere. Il modello di Porter La struttura del settore definisce il comportamento delle imprese. Le cinque variabili del modello sono: 1) i concorrenti del settore: il grado di rivalità e competizione (e pericolo di ritorsione); 2) minacce di prodotti sostitutivi: dipende dalla loro disponibilità ed esistenza; 3) minaccia di nuovi entranti: dipende dallʼaltezza delle barriere allʼingrasso e tecnologiche e dalla dimensione dei concorrenti; 4) potere contrattuale dei fornitori: dipende dalla loro dimensioni e competenze; 5) potere contrattuale dei clienti. Prima cosa da fare in unʼanalisi è valutare il settore in cui opera lʼimpresa, rendendo dinamico il modello. Il ruolo di risorse e competenze Eʼ importante il ruolo delle risorse di cui dispone lʼimpresa: tangibili ed intangibili; - tangibili: finanziarie e fisiche; - intangibili: tecnologia e reputazione (ed esperienza), comprese le risorse umane. Dal punto di vista organizzativo è importante attivare dei meccanismi di gestione della conoscenza: a) knowledge accumulation; a) knowledge articulation; a) knowledge decodification. Dalle risorse alle competenze Per conseguire un vantaggio competitivo (una perfomance migliore degli altri), deve combinare le risorse in maniera originale. Questa capacità si chiama competenza. Risorse e competenze sono valutabili in termini di: - rarità; - appropriabilità; - durabilità; - trasferibilità; - riproducibilità. Lʼobiettivo delle imprese è raggiungere un vantaggio competitivo e utilizzare strumenti di consolidamento. Lʼinnovazione crea un monopolio temporaneo, perché i concorrenti cercano di imitarmi. Lʼinnovazione deve essere rara e non appropriabile. Oppure è la complessità che protegge, magari lavorando in campi dove cʼè ambiguità causale (la formula della Coca Cola). Lʼappropriabilità della capacità di imitare è a sua volta legata alla velocità. La disponibilità non riguarda solo avere un prodotto a basso prezzo, ma averlo disponibile. I fattori, quindi, che influenzano i processi competitivi sono: 1) esterni: mercato (dimensione), concorrenza (e relative norme), scenario (come si evolve il sistema politico ed economico); 2) interni: conoscenza, risorse, competenze, struttura dei costi. Per la struttura dei costi si può far ricorso alla break even analysis. Settori con elevati costi affondati o ideosincratici sono più rischiosi, ma costituiscono anche barriere allʼentrata. Una strategia per abbattere i costi può essere lʼoutsourcing. Il vantaggio competitivo nasce da economie di scala, di esperienza, di apprendimento. Cap. 1.2 - Sorveglianza strategica Attività per cui una data strategia, o un meccanismo di generazione del vantaggio competitivo, vengono monitorati nellʼambito del processo strategico, in funzione dei cambiamenti esterni ed interni. Bisogna distinguere fra strategie deliberate ed emergenti. Lʼaddetto è il controller, se riesce a dar interiorizzare la funzione direttamente nella linea operativa, quando è funzione condivisa della linea di comando. Il processo di sorveglianza strategica è continuativo alla pianificazione strategica stessa (non separato, ne successivo) e coinvolge il management nella pianificazione. Il controllo della strategia è essenziale per intraprendere azioni correttive. Forme di controllo: 1) controllo del processo dʼimplementazione della strategia; 2) verifica delle ipotesi di base; 3) monitoraggio del gap fra risorse e competenze; 4) monitoraggio macro ambientale. Strumenti di controllo: 1) budget: lavora nel lungo periodo; 2) scheduling (Pert, Gantt, ecc.) è a livello operativo, nei processi di programmazione, ad esempio per ridurre i tempi di processo; 3) balanced score card: integra più prospettive, finanziarie, di mercato, ecc: a. prospettiva finanziaria; b. prospettiva di mercato; c. prospettiva dei processi interni di gestione; d. prospettiva dei processi interni e di crescita. Sono importanti poi i fattori privilegiati (capacità di relazione, produrre a costi competitivi, ecc.) e le fasi del processo della strategia (creazione di una vision, formalizzazione della strategia, ecc.). Le principali fasi del processo di controllo: 1) determinare il processo oggetto di controllo; 2) fissare obiettivi, standard di risultato e tolleranze; 3) misurare i risultati; 4) confrontare i risultati con altri standard; 5) cercare le cause degli scostamenti; 6) intraprendere le azioni correttive; Le strategie emergono dai processi dʼapprendimento e di socializzazione. Guardo alla strategia, tenendo conto dei benchmark e dei risultati dei competitor. Possono rilevarsi però anche dei problemi del controllo (miopia, sanzione degli insuccessi, ecc.). Il monitoraggio della strategia Eʼ necessario valutare per monitorare la strategia, in un multi business, le singole business unit. Il valore deve essere valutato in relazione a tutti gli stakeholders. Un buon indice del valore può essere il valore azionario. Altri metodi sono: - EVA; - Valore di mercato del capitale azionario; - Matrice di Redditività di Marakon. Screening delle opzioni strategiche Come vengono scelte le strategie? A seconda del periodo temporale o del payback period più breve (opportunismo del management vs investimenti pubblici), oppure tramite modelli di DCF. Eʼ necessario tenere in considerazione le risorse e le competenze come impattano sul valore, oltre che la relazione fra il profilo delle risorse e la performance: - analisi storica; - analisi comparativa vs valori medi di settore; - analisi di banchmarking, attraverso le best practies e i best performers del settore. Eʼ necessario infine analizzare e monitorare il macroambiente (economico, politico, culturale, ecc.). Unʼanalisi di scenario aiuta poi a rappresentare il futuro possibile e lʼincertezza. Infine, lʼutilizzo di metodi estrapolativi (dallʼanalisi del passato) si possono basare su unʼanalisi sistemica, analisi fattoriale, costruzione degli scenari. Cap. 3 - I confini del settore e la Blue Ocean Strategy Definire un settore è una decisione che spetta alle imprese. Quando si parla di confini di settore si parla di una decisione strategica che ha preso lʼimpresa e definisce la sua arena competitiva. Significa stabilire chi sono i propri concorrenti (sia oggi che in futuro). Il modo in cui definisco il settore influisce il modo in cui definisco le minacce. La consapevolezza dʼappartenere ad un settore si ripercuote sulla capacità di interpretare i segnali del mercato, di prevedere i cambiamenti e futuri concorrenti. Il settore è il luogo dove si realizza il confronto concorrenziale. Criteri per definire i confini di settore: A) legati alla sostituibilità della domanda: 1) Marschall: imprese che producono uno stesso bene, approccio che non tiene conto della differenziazione; 2) Chambilin: imprese che producono prodotti con elasticità incrociata maggiore di 0 (ma può essere anche per motivi diversi, inoltre è difficile da misurare); B) legati alla sostituibilità dellʼofferta: due imprese sono concorrenti quanto possono con relativa facilità produrre gli stessi beni (le barriere allʼentrata sono basse); C) legati al criterio dellʼomogeneità: richiama 4 diversi tipi di omogeneità: ★omogeneità dei bisogni soddisfatti; ★omogeneità commerciali (stessa struttura distributiva); ★omogeneità nei materiali; ★omogeneità nella tecnologia; Si possono così distinguere concorrenti diretti o che condividono tre diversi tipi di omogeneità. I confini e la visione strutturalista Eʼ la visione anche detta del determinismo ambientale. - Le condizioni del settore sono date e questo influenza la condotta e le performance delle imprese. - I confini determinano uno spazio entro il quale competere; - le aziende cercano di adottare le best practies; - si sceglie differenziazione o costo. Eʼ detta anche visione porteriana: esiste un settore che ha dei confini e delle forze che misuriamo con il modello di Porter, forze che esercitano una pressione competitiva e fra esse vi è un legame deterministico. La concorrenza è: a) basata sul prezzo; b) sulla differenziazione dei prodotti; c) su economie di scala; Secondo Porter, per modificare la struttura del settore, si fa facendo acquisizioni, diminuendo la concorrenza. La Blue Ocean Strategy Eʼ la visione ricostruzionista. - I confini di settore non sono dati e possono essere ridefiniti dai player del settore. - nuove regole anziché best practies; - si spezza il trade off fra costo e valore. Non si deve competere in un settore, ma crearne uno nuovo. Significa fare innovazione, inventare una strategia che inventa un nuovo settore. - il focus passa da competere a non avere concorrenti. - si deve fare innovazione del valore (no trade off costo- differenziazione). Principali caratteristiche: - non riguarda mai esclusivamente solo la tecnologia; - è spesso introdotta da incumbents; - mossa strategica e corretta unità di analisi; - barriere allʼimitazione (economie di scala, vantaggi del first mover, complementarietà nelle scelte, coerenza dʼimmagine). Il profilo strategico riguarda i fattori sui quali le imprese competono. Come ridefinire il profilo strategico? - eliminare alcuni fattori, delle voci di costo; - aggiungerne di nuovi; - ridurre lʼimportanza di alcuni fattori esistenti; - aumentare lʼimportanza di altri fattori esistenti. Il percorso della strategia Oceano Blu: 1) ridefinire i confini del mercato, guardando o a settori alternativi o a gruppi strategici diversi; 2) estendere la domanda: rivolgersi a non clienti; 3) ridefinire il piano strategico. Cap. 2 - Le alleanze Due tipi di diversificazione: a) correlata; b) prospettica e conglomerale. Spesso il raggiungimento delle economie di scala e la capacità di innovare rapidamente non sempre sono possibili, perché le imprese non dispongono delle risorse necessarie: - i mercati di sbocco non sono sufficientemente ampi; - le conoscenze per sostenere i processi di innovazione sono difficilmente reperibili; - la pressione competitiva non lascia tempo per crescere ed espandersi. Due imprese decidono di allearsi per il raggiungimento di uno di questi fini. Le alleanze si possono definire: - da un punto di vista organizzativo; - da un punto di vista strategico. Le imprese sono spinte a cooperare: 1) per necessità interne allʼorganizzazione, accedere a asset del partner, ridurre in modo radicale i costi per lo sviluppo di nuovi prodotti, per supportare economie di apprendimento; 2) necessità di ripartire il rischio, per cogliere finestre strategiche; 3) diversi altri benefici. Lʼalleanza ha bisogno di sviluppare funzioni dʼinterazione organizzativa fra i partner. Anche fra concorrenti è un modo per accedere a conoscenze complementari, non riuscendo o non reputando conveniente svilupparle allʼinterno. Fondamenti teorici Esistono tre differenti prospettive teoriche: 1) market power theory (teoria del potere di mercato): si fa lʼalleanza per aumentare la redditività allʼinterno del settore; per Porter anche una strategia di tipo cooperativo può fornire vantaggiose opportunità per imprese che decidono di collaborare fra loro, ad esempio per conquistare potere di mercato; 2) teoria dei costi di transazione, determinati dalla specificità degli investimenti e dallʼincertezza del mercato. Lʼalleanza è unʼalternativa per la minimizzazione dei costi (di funzionamento dei sistemi economici). Lʼalleanza è fra il continuum fra gerarchia e mercato. Opportunismo e razionalità limitata costituiscono costi del sistema economico, e crescono in funzione della specificità degli investimenti, della natura e frequenza delle transazioni. In tal caso lʼalleanza è unʼalternativa che conduce ad una minimizzazione dei costi di transizione; 3) teoria dellʼagenzia: lʼagente dispone di un vantaggio informativo e può comportarsi in maniera opportunistica, soprattutto in presenza di un contratto incompleto. Lʼalleanza serve così ad attenuare questo fenomeno. Altre nozioni Le alleanze sono lʼinsieme delle leve organizzative risultate dallʼaccordo fra due imprese istituzionalmente indipendenti allo scopo di creare un meccanismo di coordinamento congiunto. Gli scopi possono essere: 1) co-produzione del valore, basato sul continuo miglioramento della soddisfazione del cliente, e nel suo coinvolgimento; 2) il vantaggio competitivo (Burton): partnership con i concorrenti, con i fornitori, con i canali distributivi o attraverso alleanze per la diversificazione. Le fonti del vantaggio competitivo nellʼambito delle alleanze: a) economie di scala, nuovi mercati, materie prime, ecc.; b) competenze, norme di comportamento condivise, conoscenza, fiducia. Collaborare quanto e perché Lʼalleanza è una forma attraverso la quale due o più soggetti organizzativi costituiscono e sviluppano relazioni competitive. Faulkner ha proposto una classificazione dei motivi che inducono le imprese a costruire alleanze: 1) motivi endogeni: ottenimento di asset specifici, raggiungimento di livelli di efficienza elevati, minimizzandone i costi, vantaggio del first mover, riduzione del rischio finanziario. 2) motivi esogeni: reagire a processi di globalizzazione, alla turbolenza e allʼincertezza dei mercati internazionali o ai rapidi mutamenti delle tecnologie e allʼaccorciamento del ciclo di vita dei prodotti. Le molteplici spiegazioni sono riconducibili a tre prospettive: - transazionale: riduzione di costi di transazione; - industry-based: spazi di mercato dsponibili, barriere contro i potenziali entranti; economie di scala o di scopo; - knowledge-based: vantaggio strategico della conoscenza. Le alleanze basate sulla conoscenza possono, inoltre, essere: a) exploration alliances: ricerca della conoscenza a monte del valore, sperimentazioni dal ritorno incerto; b) exploitation alliances: sono atte a sfruttare conoscenze già in possesso delle aziende, con ritorni orientati più al breve periodo. Spesso queste due strategie sono sequenziali. Collaborare per crescere Il limite dimensionale è un punto su cui spesso si realizzano alleanze per raggiungere la dimensione critica necessaria per competere in un settore, o per raggiungere economie di scala. La crescita può realizzarsi quindi: - per vie interne: aumento della propria capacità produttiva, scelte di diversificazione o di integrazione verticale; - per vie esterne: tramite M&A o alleanze. Cap. 3 - Tipologia e forme di alleanza Il termine alleanza definisce rapporti di collaborazione, di relazione sociale, anche senza formalizzare in modo strutturato il rapporto (simili ai clan). Possono essere di diverso tipo: 1) I vincoli si fondano su legami fiduciari, sulla reputazione con la comunque necessaria presenza di regole e servizi sanzionatori formalizzanti. 2) può prevedere un flusso di capitali e una nuova organizzazione (equity”); 3) situazioni intermedie. Al variare delle soluzioni, varia il grado di centralizzazione. A seconda del settore di appartenenza e della posizione occupata nella filiera produttiva distinguiamo: a) alleanze orizzontali: operano nello stesso settore e nella stessa posizione della filiera, sono fra competitor; Servono per: - sviluppo di competenze complementari; - ridurre il livello di competizione ed incertezza derivanti dalla crescente apertura internazionale dei mercati. - controllare una maggiore quota di mercato; - entrare in nuovi mercati geografici eludendo barriere legali o economiche; b) alleanze verticali: fra imprese dello stesso settore ma in una posizione diversa della filiera; si distinguono fra accordi a monte e a valle. Servono per: - ottenere economie di scopo, di scala o di esperienza - migliorare la qualità dei processi produttivi e ridurre i tempi dʼinnovazione; - efficacia della rete distributiva e approfondita conoscenza della clientela. c) alleanze trasversali: sono relazioni di collaborazione fra imprese di settori diversi, ad esempio, per beni e servizi complementari per contrastare gli effetti di interdipendenza competitiva. Le forme dellʼalleanza 1) rapporti equity: ciascuno mantiene la propria autonomia, ma prevalgono logiche gerarchiche nella nuova società (definizione di rapporti di forza e di partnership) Vantaggi: maggior controllo sullʼalleanza e sui partner. Svantaggi: chiudo lʼalleanza con maggior difficoltà, maggior rigidità (organigramma) 2) alleanza non equity: il rischio è non avere controllo sullʼalleanza, è basato sui rapporto sociali (clan). Principali rapporti di collaborazione: 1) joint venture: accordo equity per una nuova società avente ad oggetto un nuovo prodotto o servizio; 2) capital venturing: accordo fra un finanziatore e unʼimpresa; 3) GEIE (Gruppo europeo di interesse economico); 4) Associazione temporanea di impresa, tipica degli appalti (equity); 5) Consorzio (non equity): imprenditori organizzano tipicamente una fase comune della filiera; 6) Franchising: forma di collaborazione commerciale per la distribuzione o produzione di un bene o servizio (non equity); 7) Licensing: contratto per lʼutilizzazione di un brevetto o di un marchio (non equity); 8) Gruppo dʼacquisto: accordi fra imprese per la riduzione dei costi e lʼacquisto in comune di beni. Alleanze a seconda dellʼoggetto: Nella prospettiva Knowledege based, lʼalleanze hanno ad oggetto lʼaccesso alla conoscenza del partner. Scopi delle alleanze: 1) razionalizzazione dei costi dʼacquisto; 2) condivisione delle risorse tangibili e intangibili; 3) realizzazione di un progetto integrato; 4) ricerca e sviluppo; 5) entrata in nuovi paesi: internalizzazione; 6) ingresso in un nuovo mercato; 7) diversificazione; 8) risorse complementari; 9) ampliamento delle relazioni e delle attività; 10)finanziamento dello svilippo. Alleanze a seconda della strategia: a) strategie di costo (economie di scala produttiva o cognitiva); b) difendere delle posizioni di nicchia; c) logiche di differenziazione; d) strategie non mirate (esplorazione). Altri scopi: a) R&S; b) riduzione del time to market; c) creazione della massa critica per uno standard; d) learning by interacting. Cap. 4 - Gestire unʼalleanza Stabilita unʼalleanza, è necessario darle una struttura organizzativa: ruolo del partner, sistemi operativi per la distribuzione dei risultati, sistemi di integrazione e coordinamento. Alcuni fattori critici: 1) limitare la propensione alla replica organizzativa: rischio dʼappesantimento degli organigrammi e delle funzioni operative. Eʼ necessario dar dignità di organizzazioni quasi autonome: identità, autonomia (di risorse) e rindondanza (disporre di risorse in eccedenza del fabbisogno informativo normale). Individuare meccanismi di coordinamento Le forme contrattuali esplicitano e formalizzano gli impegni e gli obblighi dei partner. Le interdipendenze sono di varia natura: - generiche; - scambio di khnkw how; - frequenti interazioni (meccanismi di coordinamento più sofisticati, come il mutuo adattamento). Le fasi di creazione di unʼalleanza: - ricerche di mercato; - ricerche dei partner; - valutazione delle opzioni; - negoziazione; - business plan; - formalizzazione degli accordi; - implementazione della nuova struttura. 1) fase di costruzione di unʼalleanza: ricerca di mercato, rosa di opzioni e potenziali partner, valutazione degli stessi. Eʼ necessario valutare: - la compatibilità strategica ed organizzativa; - le motivazioni che guidano i partner. Questa fase iniziale potrebbe coinvolgere anche il patner: negoziazione con lo stesso, stesura del business plan, formalizzazione degli accordi e definizione della cornice dʼintervento. Condizioni per il buon fine di questa fase: a) trasparenza; b) conoscenza reciproca (no opportunismo); c) compatibilità degli stili direzionali; d) propensione alla co-progettazione. 2) fase di attuazione: implementazione della nuova struttura; 3) fase di verifica: finalizzata a testare i ritorni positivi e negativi e riscontrare eventuali problemi, per una eventuale ridefinizione degli accordi. Ci sono dei fattori di cui tener conto: - sussistenza degli obiettivi, impegni ed interessi di lungo periodo; - congruenza organizzativa; - visione olistica delle azioni e conseguenze; - capacità di valorizzare gli elementi e la rete di relazioni interpersonali. Per evitare problemi nella gestione dellʼalleanza è necessario definire: - la mission della nuova entità; - le risorse; - codice di comportamento; - livello di interferenza dei partner; - grado di autonomia dei manager della nuova entità; - meccanismi operativi; - modalità di controllo; - modalità di uscita. Vi è inoltre un problema di appropriazione della conoscenza: più marcate sono le asimmetrie informative più sono complesse e instabili le relazioni. Vi è inoltre il problema dei costi connessi allʼalleanza. Vi sono poi altri costi: a) costi di tempo; b) costi di rinuncia; c) costi di resistenza psicologica. Costi relativi alla promozione dellʼintegrazione culturale delle due società. Per gettare le basi del processo dʼintegrazione è necessario considerare tre elementi cardine: 1) la diversità, che dovrebbero essere considerare un fattore positivo, capace di rendere complementari le aziende; 2) lʼinterdipendenza; 3) la relazione fra la natura del business e le dimensioni dei due player. Strumenti per la gestione di unʼalleanza 1) le dimensioni dellʼintegrazione: - diversità; - interdipendenza; - relazione. 2) i livelli di integrazione: - strategica; - tattica; - operativa; - interpersonale; - culturale. 3) infrastrutture e sistemi operativi per lʼapprendimento. Perché le alleanze falliscono? 1) cambiamento di strategia di uno dei partner o divergenze strategiche; 2) superamento degli obiettivi preposti dellʼalleanza; 3) insufficiente commitment del maangement; 4) scarsa continuità dʼattenzione del management; 5) incompatibilità culturali; 6) scontro fra culture aziendali; 7) asimmetrie dʼapprendimento di benefici derivanti lʼalleanza. I fattori critici di successo: 1) sviluppi chiari e comuni obiettivi per lʼalleanza; 2) scelto di unʼappropriato modello di governance; 3) anticipazione di possibili conflitti. Come prevenire i fallimenti? 1) obiettivi chiari e condivisi; 2) modalità organizzative; 3) prevedere i potenziali conflitti e anticiparne la soluzione. Alleanze, reti ed innovazioni La cooperazione non può che favorire la creatività. Lʼalleanze nellʼinnovazione tecnologiche consentono di conseguire una riduzione dei costi attraverso la realizzazione di economie di specializzazione, economie di scala cognitive, la riduzione dei rischi fra i partner, lʼaffertmazione di uno standard, la riduzione del time to market, lʼeffetto network. Cap. 8 - Merger & Acquisition: perché Le crescita per linee interne consente lo sviluppo di nuove attività facendo il perno su capacità, competenze e risorse finanziarie, tecnologiche e manageriali già possedute dallʼazienda (crescita in proprio). Nel caso di crescita per linee esterne, lʼimpresa sviluppa la propria attività o entra in nuovi settori attraverso alleanze strategiche (“forma debole” di crescita per linee esterne) con altre imprese o mediante operazioni di fusione e acquisizione di imprese o di rami di esse (forma “forte” di crescita per linee esterne). Eʼ la capacità di creare valore e dipende dalla tecnologia e dalla profondità delle sinergie che lʼunione delle due realtà può produrre attraverso economie di specializzazione, di scala, di raggio dʼazione e/o dʼintegrazione e può realizzarsi sotto forma di: - crescita dimensionale; - diversificazione; - integrazione verticale; - internazionalizzazione. La crescita per linee interne La crescita per linee interne presuppone: - il possesso di risorse da investire nellʼaumento della capacità produttiva; - nelle diverse politiche finalizzate ad acquisire nuovi clienti; - espandere la quota di mercato; - entrata in un nuovo mercato. Essa necessita di tempi lunghi di attuazione, competenze e risorse in eccesso da parte dellʼimpresa. Eʼ inoltre necessario considerare costi per superare le barriere allʼentrata del mercato e il rischio che tali competenze non siano necessarie per competere con successo. Il vantaggio però è il corretto dimensionamento degli investimenti e lʼefficienza allocativa e lʼutilizzo di tecnologie dʼavanguardia, senza problemi di integrazione con una nuova struttura. La crescita per linee esterne Lʼalleanza rappresenta una forma di cooperazione finalizzata alla condivisione delle risorse e competenze importanti, senza lʼassunzione di rischi elevati. Attraverso M&A si persegue una strategia di crescita radicale e competitiva, e i vantaggi sono: 1) operazioni più rapide, operatività immediata della nuova realtà; 2) consente un miglioramento della redditività, tramite la razzionalizzazione delle strutture delle due imprese effettuate nel corso del processo dʼintegrazione, per rendere concrete le sinergie; 3) acquisire nuove risorse e competenze; 4) permettono lʼentrata e sviluppo dimensionale rapido in nuovi mercati geografici, superando eventuali barriere allʼentrata e con rischio inferiore rispetto ad un investimento diretto greenfield; 5) permettono lʼacquisizione di nuovi clienti e nuove quote di mercato, anche se ciò non è esente da rischi; 6) diversificazione del portafoglio di prodotti e servizi, sfruttando le conoscenze dellʼacquisita e riducendo il rischio (nella diversificazione per linee interne non si conoscono le competenze necessarie); 7) superamento o innalzamento di barriere allʼentrata in un mercato, come lʼacquisizione di un fornitore di una materia prima o di una catena distributiva importante. 8) permettono di acquisire eventuali concorrenti sul mercato e quindi ridurre lʼofferta totale e la competizione; 9) consentono di sfruttare un minor costo dʼacquisizione e ottenere vantaggi finanziari o fiscali, soprattutto per imprese “in difficoltà”. La scelta fra linee interne o esterne deve essere specificamente calata nel contesto dellʼazienda, tenendo conto della struttura organizzativa, delle disponibilità finanziarie, della situazione competitiva, della concorrenza e della struttura del settore. Le operazioni di M&A si caratterizzano per lʼasimmetria informativa fra venditore ed acquirente e per la sottovalutazione di alcuni problemi. Alcune conseguenze negative o rischi delle operazioni M&A: a) perdita di clienti che non accettano lʼoperazione; b) un aumento dei costi fissi totali con incremento del costo medio (sovradimensionamento degli impianti); c) aumento non preventivo dei costi durante la fase di integrazione; d) un rischio per gli investimenti nelle core activities dellʼimpresa (sottrazione di risorse), tanto più grande, quanto più vi è diversificazione; e) resistenze organizzative. Prospettive teoriche La crescita è condizionata ad un surplus di risorse e competenze, di mercato, tecnologiche e manageriali, oltre che finanziarie. 1. Teoria della dipendenza delle risorse La teoria sostiene che ciascuna impresa non è autosufficiente nella dotazione di risorse di cui dispone quindi ha necessità di procurarsele interagendo con altre organizzazioni. Ogni impresa presenta un certo grado di dipendenza dallʼesterno che è funzionale della criticità, scarsità e intensità delle risorse richieste. Ogni impresa infatti cerca di massimizzare il grado di dipendenza delle altre imprese nei suoi confronti e minimizzare la propria vs le stesse. La teoria giustifica quindi la crescita per linee esterne come forma di attenuazione della dipendenza verso lʼesterno. Maggiore è la necessità di controllare le risorse disponibili presso lʼimpresa terza e maggiore sarà lʼincentivo ad acquisirne il controllo. Inoltre le asimmetrie informative aumentano il grado di dipendenza e di vulnerabilità dellʼimpresa che è incentivata ad adottare le soluzioni basate sullʼintegrazione delle due realtà. 2. Economia dei costi di transazione In presenza di alcune condizioni basate sulle caratteristiche dellʼambiente (incertezza) e della natura umana (razionalità ed opportunismo), il mercato, inteso come meccanismo di coordinamento delle transazioni, è soggetto al fallimento. Quando vi sono investimenti idiosincratici, la gerarchia è più efficiente del mercato, in quanto sono presenti elevati costi di transizione. In questo caso le transazioni sono gestite in maniera più efficiente se avvengono entro la stessa impresa e se sottoposte a “gerarchia” quale meccanismo di coordinamento. Lʼentità dei costi di transazione dipende dal grado di specificità delle risorse coinvolte (ovvero che non hanno impieghi alternativi), dalla frequenza delle transazioni e dallʼincertezza legata sia alla complessità ambientale sia allʼesistenza di possibili comportamenti opportunitstici. Numerosi studi studiano la “potenza” di questa teoria nel posizionamento dei confini organizzativi. Lʼacquisizione è un tentativo di ridurre lʼincertezza ambientale e i comportamenti opportunistici della controparte. 3. La Teoria della complementarietà Il vantaggio competitivo può nascere dalla disponibilità di risorse complementari, che servono per generare valore al core business. Altra risorsa scarsa è il controllo della distribuzione. Secondo questa prospettiva, le sinergie che risultano dal processo di integrazione non dipendono dal grado di “complementarietà” che esiste fra prodotti, i processi, i canali di accesso al mercato e le competenze fra le due imprese. Al contrario, spesso lʼenfasi porta a “sovrastimare” le sinergie. Secondo Milgrom, due elementi sono complementari nel caso in cui aumentando lʼimpiego del primo, aumenta il rendimento che si può ottenere da un maggior impiego del secondo. La combinazione di due attività complementari dimostra un rendimento complessivo maggiore della somma dei rendimenti ottenibili da ciascuna attività se considerata individualmente. Nelle M&A, la complementarietà migliora la posizione competitiva fra due imprese. Le ragioni delle operazioni di M&A 1) logiche industriali: aumento della quota di mercato, complementarietà del business, integrazione verticale; 2) logiche finanziarie: takeover per realizzazione di plusvalenze finanziarie. Le ragioni finanziarie La motivazione finanziaria spinge a concludere lʼoperazione con orizzonte temporale limitato. In pratica, lʼacquirente cerca di recuperare lʼinvestimento mediante la cessione. Sorge il problema di misurare ex ante lʼammontare dei benefici. Le ragioni finanziarie sono sufficienti se: - il valore di mercato non è pienamente espresso dallʼattuale valutazione di borsa e il management dellʼimpresa acquirente sia in grado di farlo emergere. - lʼimpresa target è in perdita e acquisendola si sfruttano i benefici fiscaliM - lʼimpresa target può consentire un miglioramento della PFN e aprire la possibilità di nuove opportunità dʼindebitamento. - lo “spezzatino”, valorizzando individualmente gli asset di cui dispone. Le ragioni finanziarie comunque difficilmente da sole giustificano unʼoperazione simile. Le motivazioni strategico-industriali Hanno orizzonti di sviluppo più lunghi. Lʼinteresse è gestire lʼimpresa e generare maggior valore dallʼintegrazione delle due realtà. Il valore quindi risiede nel risultato di gestione. Le principali ragioni strategiche sono: 1) riduzione del numero dei concorrenti, compatibilmente con la normativa antitrust; 2) aumento della quota di mercato e conseguente ridefinizione del potere contrattuale nei confronti dei clienti e fornitori, oltre ai benefici dellʼinnalzamento delle barriere allʼentrata e al conseguimento di economie di scala. 3) innalzamento delle barriere allʼentrata, ad esempio acquisendo un fornitore di risorse strategiche o il controllo su una risorsa scarsa 4) diversificazione del portafoglio prodotti o servizi e diversificando il rischio, servendosi delle competenze della target; 5) rapida espansione dellʼambito competitivo mediante lʼingresso o lʼespansione in uno o più mercati geografici. 6) acquisizione di tecnologia più velocemente; 7) economie di scala, soprattutto per acquisizioni orizzontali, aumentando la quota di mercato e la base clienti servita, soprattutto se la dimensione è un fattore critico di successo e vi è una struttura di costo rigida); 8) economie di integrazione verticale con clienti o fornitori; tale operazione crea anche barriere allʼentrata per i concorrenti oltre che risparmi mediante produzione interna; 9) economie di raggio dʼazione: per imprese che hanno una correlazione tecnologico-produttiva o di marketing e che si rivolgono a clienti che presentano gli stessi bisogni. Si parla di “operazioni concentriche” o nel secondo caso di “conglomerati”: le imprese dispongono di risorse e competenze diverse e difficilmente replicabili nel proprio business da parte dellʼacquirente. Tali economie dipendono dal trasferimento di competenze manageriali, ovvero capacità di leadership. 10)economie di complementarietà: si fa una fusione con imprese con competenze specialistiche e che operano in mercati di nicchia specializzati, realizzando così risparmi in termini di investimenti in ricerca e sviluppo e consentendo un posizionamento dellʼimpresa in una nuova nicchia di mercato; 11)economie di integrazione manageriale, quando lʼacquirente ritiene di poter “gestire meglio” la target. Un quadro di sintesi Le motivazioni di M&A ruotano attorno a due concetti: massa critica e sinergie. Entrambe rispondono allʼaumento delle dimensioni dellʼimpresa. Lʼacquisizione consente di raggiungere massa critica per ottenere una posizione competitiva di rilievo nel settore. Si ha una massima critica iniziale, che assicura il livello di investimento minimo, correlata quindi al livello di barriere allʼentrata. Oppure acquisisci per raggiungere una “quota di mercato” critica cioè alla quota ce occorre per raggiungere fin dallʼingresso in un settore per evitare di essere in una posizione marginale o obbligati ad uscirne. In seguito attraverso investimenti sarà necessario mantenere questo livello. Tale livello cambia seconda del comportamento competitivo in un settore. Il concetto di “sinergia”: è un concetto importante per la determinazione del prezzo: determina la differenza fra il valore dellʼazienda singolarmente considerata e il valore della stessa inserita in una combinazione economica dellʼacquirente. Difficoltà di queste operazioni Le difficoltà di queste operazioni richiedono una duo diliegence. Inoltre lʼintegrazione finanziaria, strategica ed organizzativa richiede lʼintervento di un advisor che valuti le sinergie post fusione. Le ragioni delle difficoltà sono riassumibili di seguito: 1) mancanza di unʼadeguata riflessione strategica; 2) difficoltà collegate al processo decisionale che si può presentare frammentato per il coinvolgimento di manager e professionisti esterni; 3) la fase decisionale può essere inoltre fonte di aspettative ma anche di conflitti e resistenze al cambiamento durante la fase di integrazione; 4) difficoltà collegate al processo dʼintegrazione; 5) difficoltà collegata alla mancata leadership, dovuta alla mancanza di una visione chiara sul posizionamento strategico e sulla struttura organizzativa della realtà che nasce, o sulla compatibilità culturale; Cap. 9 - M&A tra opportunismo e pianificazione strategica Si può fare una classifica delle alternative di crescita che tiene conto di due variabili: 1) il grado di integrazione fra realtà aziendali; 2) le tipologie di transazione poste in essere; Ci possono essere le seguenti alternative: - fusioni; - acquisizioni; - joint-venture; - consorzi; - accordi. Le fusioni sono il massimo grado di integrazione e di concentrazione che presuppone il massimo grado di integrazione fra due o più realtà aziendali. Tipologie di fusioni 1) fusione per incorporazione; 2) fusione in senso proprio; Sono rilevabili poi diverse tecniche di acquisizione: - acquisizione tourt court o propriamente detta; - leverage buyout; - OPA; - OPAS (offerta pubblica di acquisto e di scambio)M - Ramassage; - Offerta pubblica di acquisto aggressiva; - Permuta; - Offerta pubblica di scambio; - Prestito obbligazionario a conversione programmata; - Fusione per incorporazione; - Fusione in senso proprio (o per concentrazione). Il processo di acquisizione fra opportunismo e pianificazione strategica Si tratta dellʼopportunità, della valutazione dei soggetti diversi e la determinazione di un impegno per la realizzazione dellʼoperazione. Il processo acquisitivo è condizionato dalla qualità del management, dalla leadership, e dalla capacità gestionale dellʼimpresa. Eʼ indirizzato allʼidentificazione, valutazione del potenziale di creazione di valore, delle sinergie. Le decisioni sono legate ad un processo di cambiamento organizzativo, si tratta di operazioni di allocazione di risorse con le seguenti caratteristiche: a) hanno natura sporadica; b) dipendono dalle esperienze dei manager; c) hanno natura opportunistica; d) devono essere concluse rapidamente; e) sono caratterizzate da un limitato accesso alle informazioni. Per questi motivi, il processo richiede competenze e capacità diverse da quelle ordinarie, oltre che il consenso della proprietà e della struttura organizzativa della target. M&A sono a metà strada fra opportunismo e pianificazione strategica. Lʼopportunismo è la molla che può far partire il processo decisionale e in particolare la valutazione dellʼoperazione, che però deve essere giustificata dal punto di vista strategico. I problemi dei processi decisionali delle acquisizioni 1) frammentazione dei punti di vista, vista la molteplicità delle competenze e soggetti coinvolti; la mancanza di queste competenze giustifica il ricorso a soggetti esterni, con lʼaumento del rischio di parzialità delle operazioni. 2) aumento delle spinte per la conclusione dellʼoperazione, rischio di decisioni premature; 3) ambiguità delle aspettative (sopratutto per la fase di integrazione); 4) varietà delle motivazioni del management. Il processo di acquisizione Il processo da dallʼidentificazione del fabbisogno di integrazione allʼacquisizione del controllo o della maggioranza del capitale, allʼattuazione dellʼintegrazione delle due realtà. Tre macrofasi: a) analisi e valutazione strategica; b) negoziazione e closing; c) integrazione ex post. Fase 1. Analisi e valutazione strategica Si parte dalla valutazione delle coerenza strategica dellʼalternativa di crescita per linee esterne. Obiettivo: definire il quadro ideale della target. Sottofasi tipiche: 1. impostazione strategica; 2. definizione degli obiettivi dellʼacquisizione e identificazione del profilo ideale dellʼazienda target; 3. ricerca e valutazione delle alternative. Eʼ necessario un audit strategico che guardi: - analisi del settore, della concorrenza, dei fattori critici di successo; - identificazione dei punti di forza, e debolezza dellʼazienda; - definizione delle possibili sinergieM - valutazione della coerenza dellʼoperazione rispetto alla strategia complessiva dellʼimpresa acquirente. A questo punto si stilano obiettivi e il profilo delle società ideali da acquisire. Poi si passa alla ricerca delle alternative disponibili, misurandosi con la realtà del mercato. I criteri di selezione sono: - grado di conoscenza della strategia; - presenza dei requisiti richiesti; - compatibilità organizzativa; - fattibilità finanziaria; - possibilità di contatto. Inoltre: - lʼoperazione è più complessa se riguarda lʼingresso in nuovi mercati dei quali lʼimpresa non ha adeguata conoscenza. - i partner devono essere selezionati sulla base delle forze potenziali. Fase 2. Negoziazione e closing Le parti devono ritenere congrue le condizioni di scambio. Sotto fasi: a) selezione delle imprese target: contattare direttamente le eventuali aziende o ricorrere ad una società esterna specializzata in acquisizioni; b) il rapporto fra le parti viene gestito tramite una lettera di confidenzialità, dove si esplicitano lo stato di avanzamento della trattativa. c) si affrontano gli aspetti finanziari: range di prezzo, stima del valore della società target e quantificazione dei benefici che lʼacquisizione è in grado di generare; d) esame delle conseguenze e criticità dellʼacquisizione. Determinato il prezzo, con la stesura della lettera dʼintenti il rischio di rottura fra le parti si riduce. La duo diligence Dopo la firma, si parte con il processo che ha come scopo la riduzione delle asimmetrie informative; consiste in un esame dettagliato e approfondito delle società oggetto dellʼacquisizione sotto un profilo commerciale, economico, contabile, fiscale e giuridico. Gli obiettivi della duo diligence sono: a) verificare la condizione della società target; b) identificare gli aspetti di natura legale; c) verificare la redditività dellʼazienda target; d) verificare la solidità patrimoniale e finanziaria; e) verificare eventuali modifiche al prezzo finale. Le migliori duo-diligence affrontano le seguenti questioni: - consumer; - competitor; - cost; - capability. Infine, determinato attraverso la duo diligence il valore della società stand alone e delle sinergie (al netto dei costi connessi per il loro ottenimento), si calcola il walk away price, oltre il quale si abbandona la negoziazione. Spesso inoltre si ricorre alle così dette check liste. Lʼesito positivo della duo diligence permette di passare alla predisposizione dellʼofferta: - oggetto dellʼacquisizione; - prezzo di riferimento; - condizioni contrattuali e di pagamento; - eventuali meccanismi di earn-out; - garanzie e clausole particolari; - validità temporale dellʼofferta. La negoziazione si parte a seguito della presentazione dellʼofferta e porterà alla definizione del prezzo finale e alla formalizzazione del contratto. A questo punto di apre la fase dellʼintegrazione. Cap. 10 - M&A: gestire lʼintegrazione Il livello di integrazione dipende da due fattori: a) mappa delle relazioni esistenti fra le attività, confronto fra le catene del valore; b) modello organizzativo, nuova catena del valore. Il processo di integrazione Se si trattasse di ragioni finanziarie, le due realtà possono conservare un elevato grado di autonomia, limitando di fatto il bisogno e la portata dellʼintegrazione. Stessa cosa può accadere per la diversificazione non correlata. Lʼintegrazione è una fase che porta alla progressiva perdita di identità di una o entrambe le parti coinvolte. Il processo deve avere una visione di lungo periodo, che si ponga lʼobiettivo di creare una nuova impresa. Lʼazienda deve portare a concretezza le motivazioni che lʼhanno spinta allʼacquisizione. Haspeslagh e Jemison sostengono che lʼintegrazione si svolge in tre fasi: 1) avvio dellʼintegrazione Obiettivo: istituzione di unʼatmosfera adatta alla gestione delle interazioni fra acquirente e impresa acquisita, basata su: - comprensione reciproca dellʼorganizzazione e della cultura; - volontà dei membri di collaborare; - capacità di trasferire e ricevere competenze; - risorse discrezionali per promuovere lʼatmosfera necessaria. - comprensione delle cause e degli effetti dei benefici attesi. Le leve prioritarie per unʼefficace avvio e mantenimento dellʼintegrazione sono: a) integrazione culturale e organizzativa trova due barriere alla sua attuazione: differenze culturali e che derivano dai modelli di comportamento delle persone e delle procedure organizzative interne. b) generazione di consenso: atteggiamento aperto e costruttivo del management, evitando imposizioni, attraverso un piano di comunicazione. c) trasferibilità di risorse e competenze, riguardo soprattutto lʼappropriabilità del know how d) contenimento di tempi di adattamento e risposta. 2) gestione dellʼintegrazione Si propone di materializzare i benefici identificati in sede di disegno strategico, identifica il livello di interdipendenza strategica, che permette il trasferimento di risorse e competenze, nonché lo sfruttamento di sinergie. Vi sono diversi approcci allʼintegrazione: - assorbimento: sono “eliminati i confini dellʼorganizzazione”, vi è unʼunificazione completa; - per conservazione: fine: è la salvaguardia dei benefici derivanti dalla realtà aziendale acquisita; - per simbiosi: sono complesse da integrare, forte trasferimento di capacità e competenze; - holding: nessuna integrazione se non dal punto di vista finanziario. 3) consolidamento dellʼintegrazione Il management deve assicurare che lʼacquisizione generi il cambiamento sperato e consenta di sviluppare il vantaggio competitivo atteso, consentendo così di acquisire maggior esperienza nelle procedure acquisitive (apprendimento). Lʼacquirente deve impegnarsi per creare unʼunica ed inimitabile combinazione di assets propri della target. Lʼequilibrio è ottenere il massimo livello di integrazione organizzativa e minimizzare dismissioni / sostituzioni delle risorse della target. Secondo una prospettiva Knowledge-based, il risultato del processo di acquisizione è influenzato dal grado con cui le aziende coinvolte sviluppano una capacità specifica di gestire le acquisizioni: - maggiore è lʼesperienza, maggiore è la performance; - più alto è il livello di conoscenze codificate, migliore è il livello di performance nei risultati economici; - lʼimpatto sulle conoscenze è maggiore, quando il livello di integrazione è maggiore; - maggiore è il livello di integrazione, migliore sarà la performance dellʼacquisizione. - più alto è il livello di performance dellʼacquisita pre acquisizione, peggiori saranno gli effetti derivanti dalla sostituzione del top management. La gestione strategica delle differenze culturali Lo scambio culturale, varia in funzione dellʼaffinità operativa. Occorre far conoscere reciprocamente le diverse culture, apprezzandone pregi e difetti. I manager devono dare lʼesempio creando un clima cooperativo: la condivisione di nuovi obiettivi comuni, la diffusione di nuovi valori, di una mission che orientano al cambiamento. Lʼintegrazione riguarda anche “aspetti organizzativi”: - “people duo diligence”; - compatibilità culturali; - creazione della motivazione nelle persone (senso dʼurgenza); - costruire la squadra, interfunzionale; - gestire i tempi; - attenzione agli aspetti intangibili. Cap. 12 - I processi di internazionalizzazione Internazionalizzare è un processo di espansione geografica delle attività economiche delle imprese oltre i confini nazionali degli stati di appartenenza. Negli anni ʼ70 comincia ad emergere il fenomeno della globalizzazione, processo attraverso il quale la catena del valore viene gestita su scala globale. Competere in una dimensione internazionale consente di: 1) beneficiare dei processi di apprendimento allargati; 2) rispondere a strategie di concorrenti già internazionalizzati; 3) ampliare lo sfruttamento dei vantaggi proprietari e conseguire una maggiore redditività; 4) soddisfare meglio le esigenze dei clienti internazionali; 5) cogliere al meglio i vantaggi del posizionamento geografico in differenti mercati; 6) presidiare segmenti internazionali di mercato. Le ragioni dellʼesistenza di unʼimpresa multinazionale Unʼimpresa multinazionale è quella che è impegnata in investimenti diretti allʼestero e che possiede e controlla attività in più di un paese. Le teorie spiegano queste operazioni sul piano dellʼefficienza e della massimizzazione dei profitti. Si possono riconoscere tre teorie: 1) teorie del vantaggio competitivo (Hymer, 1960): le multinazionali dispongono di determinati vantaggi (brevetti, esperienza, differenziazione, knok how di vendita) e per sfruttarli lʼimpresa estende le proprie attività in paesi cedendo i diritti sotto forma di licenza o gestendo direttamente le imprese estere (a seconda del grado delle imperfezioni del mercato). 2) teoria dellʼinternazionalizzazione: per via dei costi di transazione, lʼimpresa sostiene un costo organizzativo superiore al ricorso al mercato nella gestione interna. Lo strumento tipico è lʼinvestimento diretto. 3) teoria eclettica dellʼimpresa multinazionale (Dunning, 1998), spiega lʼinternazionalizzazione della produzione attraverso una pluralità di condizioni: - il possesso di vantaggi proprietari; - lʼesistenza di unʼeffettivo vantaggio; - fattori istituzionali e produttivi. Come internazionalizzare: modalità dʼentrata Differiscono in funzione del grado dʼimpegno (o commitment) richiesto allʼimpresa. Si possono individuare 4 modalità dʼentrata: 1) esportazioni Eʼ la modalità più diffusa, perché caratterizzata dal basso livello di commitment e dai veloci tempi di attuazione (accessibile quindi anche alle piccole imprese). Esistono tre varianti in funzione del controllo che lʼimpresa vuole mantenere e dellʼimpiego di risorse richiesto: a) esportazione indiretta Lʼimpresa fa uso di agenti, trading companies, buyers, ecc. Lʼorganizzazione del processo di vendita è delegato ad un terzo e lʼimpresa non sostiene alcun rischio aggiuntivo. Lʼopzione è veloce e a basso rischio, adatta alle imprese che adottano unʼapproccio graduale. Però, non permette allʼimpresa di mantenere alcun controllo sul processo di vendita e di distribuzione e nessuna possibilità di ricavare informazioni dai mercati, ne di instaurare rapporti con la clientela. b) esportazione collaborativa Lʼimpresa stringe un accordo con organizzazione terze finalizzato alla promozione, vendita e distribuzione dei propri prodotti. Lʼimpresa evita di sopportare lʼinvestimento legato alla costruzione di una filiale di vendita, pur mantenendo un certo controllo sulle attività di vendita. I prodotti venduti potrebbero essere complementari. c) esportazione indiretta Quando lʼimpresa possiede una propria organizzazione di vendita (filiale commerciale). Questa è una strategia che comporta un certo investimento estero da parte dellʼimpresa che mantiene un controllo delle attività di vendita e distribuzione e può beneficiare di un miglior apprendimento dovuto allʼacquisizione di informazioni sullʼandamento del mercato estero e sulle nuove opportunità di sviluppo. 2) accordi contrattuali Sono contratti di produzione, licensing e franchising. Ricorre a questi contratti quando un investimento diretto allʼestero non è giustificabile, perché: - il mercato estero è troppo piccolo per giustificare lʼinvestimento; - il rischio associato al paese estero è troppo elevato; - altri motivi. a) contratto di produzione Lʼimpresa mantiene il controllo delle attività di markting, distribuzione, e di servizio al cliente finale, trasferendo allʼimpresa locale la responsabilità del processo di produzione. Vantaggi: - elevata flessibilità; - beneficio di basse barriere allʼentrata; - vantaggi localizzativi del paese dove viene effettuata la produzione; - evitare il pagamento di tariffe sulle esportazioni. Svantaggi: - comportamenti opportunistici; - perdita del controllo del processo produttivo; - possibili effetti di perdita e di spillover di conoscenza. b) accordi di licensing Il licensor trasferisce ad unʼaltra impresa in un paese estero la tecnologia di prodotto o processo a fronte del pagamento di un compenso sotto forma di royalties e una somma fissa pagata allʼinizio del rapporto. Per il licensor i vantaggi sono: - velocità dʼentrata nel mercato; - bassi costi dʼinvestimento; Svantaggi: - comportamenti opportunistici; - perdita di opportunità di profitto; - danneggiamento dellʼimmagine del brand. c) franchising Viene usato da imprese che affidano a soggetti esteri per la gestione delle attività di distribuzione e vendita dei prodotti. 3) joint-venture internazionali Quando unʼimpresa trasferisce allʼestero dei segmenti della propria catena del valore senza sostenere da sola i relativi costi e rischi, ma mantenendo un controllo maggiore rispetto a quello garantito da altre modalità dʼentrata. Eʼ prevista la costituzione di una società oppure la semplice definizione di accordi contrattuali. Tre motivazioni: a) joint-venture con imprese locali, come unica forma ammessa; b) accesso a risorse complementari, come la distribuzione o la conoscenza del mercato nazionale, mentre la multinazionale fornisce le conoscenze tecniche, organizzative e a volte il marchio. c) per ridurre i rischi legati allʼingresso in un mercato estero, soprattutto se lʼinvestimento finanziario è elevato e i ritorni incerti. Molto spesso le joint venture finiscono per via di difficoltà nelle comunicazioni, differenze culturali, stili manageriali diversi, obiettivi incompatibili. Se invece viene superato il primo periodo, la joint venture va verso un periodo di stabilità, dopo di che decade. Per evitare ciò è necessario cambiare o allargare lo spettro degli obiettivi della stessa. 4) investimenti diretti allʼestero Quando unʼimpresa vuole mantenere il controllo diretto delle attività svolte nel paese estero senza dover sopportare rischi dʼopportunismo/ conflittualità con altri partner. Comporta maggiori rischi e maggior mobilitazione, anche finanziarie. Può manifestarsi sotto la forma di: a) acquisizione di unʼimpresa già esistente; garantisce un accesso rapido a fronte di problemi di integrazione post-acquisizione. Lʼonerosità dellʼacquisizione deve considerare anche difficoltà di trasferimento del know how tecnologico, ecc. b) investimento greenfield (costruzione ex novo di una consociata estera). Esso richiede più tempo, favorisce il processo di integrazione e coordinamento della nuova unità con quelle dellʼimpresa internazionale. Inoltre il greenfield presenta la seguenti problematiche: - la gestione di tutti gli aspetti relativi allʼinvestimento in quellʼambiente; - costruzione fisica degli impianti, stabili ecc. - gestione delle risorse umane. La scelta delle modalità dʼentrata Dipende da diversi fattori: a) condizioni esterne: caratteristiche del mercato e politiche, se il mercato è attrattivo o meno; b) condizioni competitive: presenza di concorrenti internazionali spinge lʼimpresa ad adottare strategie simili per mantenere la propria competitività; c) condizioni interne: orientamento strategico dellʼimpresa e obiettivi del management. Perché internazionalizzare Sono individuabili 4 obiettivi strategici: 1) sviluppo in nuovi mercati per mantenere il vantaggio competitivo; 2) accesso a risorse locali, bassi costi di manodopera, risorse naturali, competenze tecnologiche di eccellenza (obiettivo: riduzione dei costi di produzione); 3) apprendimento; 4) favorire il coordinamento delle proprie attività internazionali. Approcci per spiegare lʼinternalizzazione 1) approccio delle forze competitive: Porter, miglioro la mia posizione competitiva rispetto alle cinque forze; 2) approccio resource based view, per accedere a risorse specifiche. Cap. 14 - Scelta dei mercati e delle strategie localizzative Dove internazionalizzare: valutazione e scelta del paese di entrata La scelta non è facilmente reversibile e determina lo sviluppo futuro dellʼimpresa. Essa è il risultato di un attento processo di analisi di attrattività, delle opportunità e dei rischi associati ad un mercato internazionale. La scelta di un mercato è influenzato dai seguenti fattori: a) lʼorientamento strategico dellʼimpresa, propensione ad assumere rischi. Lʼimpresa sceglierà mercati simili per cultura, lingua, grado di sviluppo economico e modalità di conduzione degli affari, se sarà avversa al rischio; viceversa sceglierà invece mercati diversi, in relazione alle interdipendenze con i mercati in cui è già presente; b) caratteristiche del mercato e dellʼindustria: sono importante il potenziale di mercato e il grado di interdipendenza e integrazione fra i mercati. c) natura dellʼambiente competitivo: struttura del settore e strategie dei concorrenti, grado di concentrazione, risorse naturali presenti, presenza di infrastrutture e industrie di supporto, valutazione della reazione dei concorrenti. Il vantaggio competitivo delle nazioni Il vantaggio competitivo di una nazione può realizzarsi in funzione della dotazione di fattori rilevanti (Porter, 1990). Ci sono 4 caratteristiche di un paese individuabili: 1) condizione dei fattori di produzione (solo per le imprese che non operano nel campo della conoscenza); 2) condizioni della domanda: dimensioni della domanda domestica: il mercato può essere dʼimpulso alla qualità e allʼinnovazione dei prodotti e processi. 3) settori collegati e di sviluppo: esistenza di imprese internazionalmente competitive collegate con il settore, come lʼesistenza di un sistema di fornitura; 4) strategia e struttura dellʼimpresa e della conoscenza (sistema competitivo): pratiche imprenditoriali e modalità organizzative, come per lʼItalia, lʼelevata personalizzazione del prodotto, marketing di nicchia, rapidità di cambiamento e una estrema flessibilità. Presenza di unʼintensa concorrenza e di forti rivali locali. Quadro internazionale: tempi dʼentrata Lʼimpresa deve scegliere i timing dʼingresso. Lʼopportunità del mercato si apre quando la domanda comincia ad essere significativa ed esiste uno spazio competitivo dove può entrare lʼimpresa. Dal punto di vista dei tempi dʼentrata, le strategie internazionali si definiscono: a) entrare prima vs entrare dopo i concorrenti: adottare la strategia del first mover, ossia entrare prima dei concorrenti, oppure del follower. Il vantaggio del first mover è accedere per primo alle risorse locali, alla possibilità di stabilire sia la presenza del proprio marchio che dei propri standard. Gli svantaggi sono invece legati ai forti rischi e allʼimpossibilità di potere imparare dalle esperienze altrui. b) adottare unʼentrata incrementale vs adottare unʼentrata simultanea. Se incrementale, lʼazienda consolida la propria posizione, beneficia di un processo dʼapprendimento; se simultanea affronta contemporaneamente più mercati per massimizzare la velocità e raccogliere le rendite associate alle proprie competenze chiave. c) concentrazione vs diversificazione: nel primo caso, lʼimpresa concentra i propri sforzi e le sue azioni verso pochi mercati nazionali, molto simili fra loro e non lontani; nel secondo, gestisce un portafoglio di mercati, molto differenti fra loro. La prima è meno costosa e cʼè il rischio di concentrarsi su mercati che presentano gli stessi rischi economici. I principali modelli di internazionalizzazione A seconda: - del coordinamento delle attività; - della configurazione dispersa o concentrata delle attività; distinguiamo: a) investimenti allʼestero ad elevato coordinamento; b) strategia globale pura; c) strategia locale con unità in ciascun mercato; d) strategie di esportazione con marketing decentrato.