Arteterapia e Burnout

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Arteterapia e Burnout
Scuola di Specializzazione in Arteterapia
ArTeA
Arteterapia e Burnout
Relatore:
Corsista:
Dott. Luigi Castelli
Hanna Battisti
Anno Formativo 2011
Sede di Bolzano
Arteterapia e burnout
2
Cordiali ringraziamenti a:
Achille De Gregorio, presidente di ArTeA
Luigi Castelli, relatore della tesi
Thomas Benedikter, revisione linguistica
Patrizia Amort, revisione linguistica
Georg Reider, presidente del Centro Tau di Caldaro
Un ringraziamento speciale ai clienti dell‘atelier di arteterapia,
che hanno messo a disposizione le loro opere.
L‘indirizzo e-mail della autrice è: [email protected]
© Hanna Battisti, giugno 2011
3
Hanna Battisti
Introduzione:
La sindrome di burnout
e le vie dell'Arteterapia
La globalizzazione e la competizione nel mondo di lavoro sono fenomeni in continua
crescita nei nostri tempi nelle società occidentali. In un contesto di crisi economica e
di aumento della disoccupazione e della occupazione precaria crescono fenomeni di
stress. Molte persone hanno un forte senso di dovere verso se stessi e il datore di
lavoro. Queste persone sono tese a svolgere il proprio lavoro con un atteggiamento
perfezionista e con orari di lavoro intensi e prolungati. In più non ricevono il riconoscimento che ambiscono per questo impegno. Spesso non sono capaci di rilassarsi
nel tempo libero. Confrontate con questa pressione psicologica, queste persone spesso non resistono più e subiscono un esaurimento psichico che può sfociare in una profonda crisi. Fattori sociali e individuali sono i principali fattori della sindrome burnout.
Il Centro Tau di Caldaro, un centro di meditazione e programmi di rilassamento, da
qualche tempo sviluppa un programma per persone colpite dalla sindrome di burnout.
Questo programma prevede dei soggiorni residenziali plurisettimanali presso il centro,
sotto la guida di psicologi e medici specializzati.
Oltre alle cure psicologiche e alle tecniche di rilassamento l'arteterapia rappresenta un
elemento importante per rafforzare le risorse del cliente. Nella mia ricerca vorrei approfondire questo potenziale terapeutico dell'arteterapia nei confronti di questi clienti,
partendo dalla teoria di salutogenesi di Antoniovsky e dalla psicologia umanistica con
il metodo non-direttivo di Carl Rogers. Nella parte pratica referisco la mia esperienza
con quattro clienti con la sindrome di burnout.
Arteterapia e burnout
4
Indice
Introduzione: La sindrome da burnout e le vie dell’arteterapia
1
Motivazione
3
7
1.1 Perché questo argomento? Motivi personali
7
1.2 Motivi professionali
9
2
Il progetto ARS VITAE
12
3
La sindrome da burnout
14
3.1 Una definizione scientifica
14
3.2 Lo sviluppo e le fasi del burnout
15
3.3 Le possibili cause
19
3.4 Prospettive diverse
20
3.5 Come misurare il burnout?
23
Come si può contrastare il burnout?
25
4.1 Prevenzione
26
4.2 Trattamento del burnout secondo Volker Faust
26
4.3 Aiuti a disposizione su internet
29
4.4 Assistenza professionale
30
4
5
Excursus: Il concetto della salutogenesi
33
5
Hanna Battisti
5.1 Il senso della coerenza
34
5.2 Il fiume della vita
35
Le vie dell‘arteterapia
38
6.1 Che cosa è l‘arteterapia?
38
6.2 Usare un altro linguaggio
40
6.3 L‘arte tocca l‘inconscio della nostra anima
40
6.4 La sintesi magica
41
6.5 Il valore del “fare”
42
6.6 Il valore del “far ordine” nella psiche
43
6.7 Avvalersi dell‘energia e dei rituali dell‘espressione artistica
43
6.8 Rivolgersi alla parte sana della persona
43
6.9 Affrontare il mondo simbolico e reale
44
L‘approccio di ArTeA
46
7.1 Il setting
46
7.2 La fase di osservazione
47
7.3 Il biglietto da visita e il trattamento
48
7.4 Valutazione e conclusione del percorso
50
8
ll rapporto arteterapeuta – cliente secondo Carl Rogers
52
9
Le mie esperienze con altre scuole di arteterapia. Un confronto.
55
Arteterapia e burnout. Ipotesi per un lavoro arteterapeutico.
57
11.1 Ipotesi riguardo al cliente
57
11.2 Voler essere perfetti
58
6
7
10
6
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11
12
13
11.3 Voler fare una cosa “utile”
58
11.4
Il blocco creativo
58
11.5
Il calo di autostima
59
11.6
Il lavoro arteterapeutico
59
Metodi e proposte concrete
61
11.1 Colori e materiali
61
11.2 La fotografia
61
11.3 Il collage
62
11.4 La terapia recettiva
62
11.5 Temi ed interventi
63
Parte pratica
65
12.1 Due percorsi di arteterapia con l‘approccio di ArTeA
66
12.1.1 Martha
66
12.1.2 Lea
80
12.2 Due interventi arteterapeutici brevi
89
12.2.1 Anton
89
12.2.2 Kyra
97
12.3 Riflessioni sui percorsi di arteterapia
15
Conclusioni
107
7
1
Hanna Battisti
Motivazione
1.1 Perché questo argomento?
Motivi personali.
Nell’ambito della mia carriera professionale di insegnante in
una scuola
professionale ho notato che nelle professioni sociali sono ampiamente diffusi
degli „stressori“ che possono portare ad una situazione di burnout. Inoltre, nella
mia personalità ho notato alcuni tratti caratteriali considerati „fattori a rischio“
nella letteratura scientifica. Fra questi tratti si trova ad esempio la mia capacità di
entusiasmo, la mia propensione ad occuparmi intensamente di persone e materie,
fino al punto di identificarmi con esse.
Il sistema internazionale di classificazione ICD 10 (international classification of
disease) riconosce lo stato di generale esaurimento – cioè di sentirsi „bruciati“
(burnout) - quale forma di malattia nella diagnosi aggiuntiva Z 73.0. Questo tipo
di esaurimento può capitare soltanto a chi prima si è infiammato di entusiasmo
e passione per qualcosa. Questo entusiasmo mi è familiare da diversi contesti
sia professionali, sia privati in riferimento a rapporti interpersonali. Se questo
entusiasmo di seguito è frenato da una serie di delusioni, per esempio a causa
dell’assenza di ogni tipo di co-decisione all’interno del mio istituto, se quindi tutta
questa energia non riesce a trasformarsi in attività concreta, il fuoco rischia di
trasformarsi in un incendio. Ciò è dovuto da in parte a speranze illusorie e ideali
non realizzabili, con limiti travisati e non rispettati. In una prima fase tutto affascina,
tutto coinvolge e invita all’impegno. Nell’attività che ne consegue ci si spende per
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8
obiettivi in una misura che spesso supera le proprie capacità. Un processo che non
può che logorare le proprie forze ed energie.
Dall’altra parte il burnout ha molto a che fare con delle condizioni esterne che non
offrono sufficiente apprezzamento per l’impegno prestato e i risultati ottenuti. Per
fortuna, all’interno della mia professione, sono stata continuamente accompagnata
con una supervisione. Questa mi ha consentito di riconoscere e di riflettere i motivi
che si trovano alla base del mio impegno. Nell’ambito di un anno sabbatico sono
riuscita a sfruttare meglio le mie risorse e a costruire un contrappeso al mio lavoro
professionale. Ho imparato a valutare più realisticamente le mie competenze e
capacità e sono riuscita a definire più precisamente i miei limiti nei confronti del mio
datore di lavoro. Il passo comunque più importante fu quello di ripensare tutti i progetti
della mia vita cercando di individuare ciò che per me realmente conta di più.
La fotografia artistica per me è diventato uno strumento di espressione
Nell’anno sabbatico ho iniziato varie attività creative: dipingere, disegnare, fotografare,
tutto senza pressione esterna, senza incarico, senza temi prefissati. Si trattava di
pura attività creativa, fine a se stesso. Istintivamente in quel periodo spesso giravo
nei boschi, a contatto con la natura, spendendo tempo effettivamente libero, non
programmato per altre attività, come un bisogno essenziale. Ormai questa fase si è
conclusa da parecchio tempo.
Da quel momento in poi il lavoro di sviluppo delle mie risorse creative mi ha
continuamente accompagnato, diventando una seconda colonna a fianco del mio
9
Hanna Battisti
Il Centro Tau a Caldaro
lavoro professionale. I fattori di stress e fatica esistono tuttora, naturalmente, anzi,
sono accresciuti sia nella professione sia nella vita privata. È cambiato però, il mio
approccio personale alle circostanze strutturali date e ai miei limiti personali. La
fotografia artistica oggi si trova al centro dei miei interessi, e mi porta continuamente
a realizzare piccoli e grandi progetti, ad esempio mostre e pubblicazioni.
1.2 Motivi professionali
Nell’ambito della partecipazione al corso di formazione in arteterapia della scuola
milanese ArTeA ho potuto svolgere un tirocinio nel Centro TAU di Caldaro (BZ). Nel
Centro TAU, una cooperativa con la finalità di accompagnare persone in situazioni di
difficoltà quotidiane, si svolgono seminari spirituali, meditazione, corsi di rilassamento
e conferenze su tematiche legate alla salute. Il termine salute, in questo contesto, è
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usato in senso lato e integrativo. Inoltre, il Centro TAU offre anche terapie di gruppo
per persone in situazioni difficili e in fase di crisi personale. Le collaboratrici del Centro
lavorano per la cooperativa, che da parte sua fornisce i locali, il supporto organizzativo,
la pubblicizzazione dei servizi. La Cooperativa è ospitata dal convento dei Francescani
nel centro di Caldaro e offre vitto e alloggio a circa 20 persone. Dott. Georg Reider è
il responsabile del centro, affiancato da tre collaboratori a tempo pieno: un psicologo,
un’insegnante di meditazione e una segretaria organizzano i corsi e le varie proposte
di formazione permanente.
A partire dal febbraio 2010 anche il mio atelier è ospitato dal Centro TAU. Si tratta
di un ampio locale, con soffitto a volta, ben illuminato e dotato di acqua corrente.
In questo atelier possono lavorare al massimo otto persone alla volta. Come libera
collaboratrice del Centro TAU posso inserire i miei corsi nel programma generale
11
Hanna Battisti
Il Centro Tau a Caldaro e l‘atelier di arteterapia
del Centro. Ho arredato questo locale secondo i criteri di ArTeA e vi ho svolto il mio
terzo tirocinio con un’attività piuttosto varia. C’erano vari gruppi di adulti, ma anche di
bambini, che hanno partecipato alle mie „serate di atelier“. Inoltre sono state svolte
sessioni di accompagnamento per singole persone colpite da problemi specifici:
separazione e divorzio, problemi sul lavoro, di infanzia difficile e persone con sintomi
di esaurimento.
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2
12
Il progetto ARS VITAE
È da maggio 2010 che un gruppo di progetto del Centro TAU sta sviluppando un nuovo
concetto di cura per persone colpite da burnout. Come membro volontario di questo
gruppo di progetto sono motivata ad offrire un accompagnamento arteterapeutico
anche per questo genere di persone. Perciò è particolarmente interessante per
me, individuare e sviluppare percorsi e metodi di arteterapia che si prestano meglio
per questo gruppo di clienti. Si tratta di un progetto relativo alla permanenza di un
gruppetto all’interno del Centro TAU di tali clienti, che viene seguito dal nostro team
per alcune settimane. Già il nome scelto per questo progetto, ARS VITAE, esprime
il suo orientamento di fondo, teso a valorizzare le risorse dei singoli partecipanti. Il
progetto prevede un’organizzazione della giornata chiaramente strutturata con vari
elementi di benessere e un accompagnamento psicologico individuale. L’arteterapia
in questo quadro assumerebbe un ruolo centrale. Per questo progetto si attende
anche un finanziamento pubblico. Nel maggio 2011 dovrebbe partire il primo progetto
pilota.
Per me il tema „burnout e arteterapia“ rappresenta una scelta logica e coerente con
la futura attività prospettata. Il mio lavoro dovrebbe inanzittutto illustrare l’argomento
stesso, ma garantire anche una copertura scientifica del progetto ARS VITAE. È
sicuramente allettante sperimentare percorsi e metodi di arteterapia per tale tipo
di clienti all’interno di un programma di assistenza che dovrebbe portare ad un
miglioramento nell’arco di sette settimane circa. Si tratta di una sfida che accetto
volentieri. Non solo mi interessa la definizione scientifica, la sintomatica e la ricerca
sulle cause del fenomeno o della patologia, ma farà inoltre parte del mio compito
13
Hanna Battisti
accertare quali sono i percorsi e i metodi già esistenti e a quali risultati portano. A
questo scopo intendo verificare in primo luogo la teoria e le esperienze raccolte
nell’ambito della formazione di arteterapia ArTeA e nei tirocini, ma anche quelle nel
mondo germanofono e anglosassone.
Arteterapia e burnout
3
14
La sindrome da burnout
3.1 Una definizione scientifica
La sindrome da burnout o semplicemente burnout (letteralmente ‘bruciare a fondo’)
è lo stato di esaurimento fisico e emozionale. Le persone colpite da burnout si
sentono stanche e prive di energia. Spesso la sindrome da burnout colpisce persone
particolarmente impegnate e con particolari capacità lavorative. In generale, la
sindrome da burnout può colpire tutti. Questo stato di esaurimento psichico e fisico
totale nella maggior parte dei casi precede in forma strisciante in più fasi. Un carico
di lavoro estremo, ritmi accelerati, la paura e il mobbing sul posto di lavoro o la
disoccupazione sono fattori caratteristici, ma anche il mancato riconoscimento del
lavoro prestato e la crescente incapacità di riposare nel tempo libero. Tutto questo
può portare alla sindrome da burnout.
Il termine burnout descrive un processo che comprende molteplici stati psichici,
intellettuali e fisici, in cui le persone da una situazione di relativo benessere cadono
in stati sempre più critici, caratterizzati da ansia, tensione e esaurimento.1
Schaufeli e Ezmann2 riducono i sintomi del burnout ad una sintomatica essenziale,
cioè „sofferenza affettiva, cognitiva, fisica e comportamentale“. Questi sintomi
sono affiancati da un’efficienza ridotta sul lavoro e da una perdita di motivazione.
Di conseguenza “nella fase iniziale emergono atteggiamenti e comportamenti
inappropriati sul posto di lavoro che si addensano in una sindrome complessa di
sofferenza.“
1
Hans Finder e Edi Czamler, www.wikipedia.de; citato da: Thomas Bergner, Burnout bei
Ärzten, Schattauer Verlag 2006; idem: Burnout Prävention, Schattauer Verlag 2007
2
Schaufli e Ezmann, www.wikepedia.de
15
Hanna Battisti
Tutti questi concetti sottolineano la caratteristica progrediente del burnout. Il
cliente attraversa vari stadi fino ad arrivare al burnout totale o definitivo, cioè
all’esaurimento.
La decima edizione dell’ICD-10 (international classification of diseases) descrive il
burnout sotto la chiave diagnostica 273.0 come uno „stato di esaurimento totale“.
Questo stato cronico di esaurimento fu per la prima volta riconosciuto e descritto come
sindrome peculiare dallo psicoanalista Herbert Freudenberger3. Mentre Freudenberger
registrava questa sindrome fra le professioni sociali, oggi è generalmente assodato, che
tale stato di esaurimento può manifestarsi sia in quasi tutti i tipi di attività professionali
sia in situazioni di grave stress familiare e personale. Si tratta della frustrazione
perdurante di non poter raggiungere un obiettivo, legato ad aspettative piuttosto
alte nei confronti delle proprie capacità e prestazioni lavorative. Ne consegue una
sensazione permanente di eccesso di carico dal lavoro. I sintomi dello stato di burnout
sono multiformi, variando da persona a persona. Spesso si registrano depressioni,
insonnia, mal di testa e altre disfunzioni fisiche, a livello psichico emergono sentimenti
di colpa e timori di non poter soddisfare le aspettative poste. L’individuo vittima di
burnout si ritira dal suo ambiente sociale, e tende ad isolarsi senza chiedere aiuto.
Le aspettative troppo pesanti nella vita lavorativa sono solo una parte dei fattori che
causano il burnout. Non basta solo essere afflitti da stress sul posto di lavoro.
3.2 Lo sviluppo e le fasi del burnout
Esistono nella letteratura scientifica circa 30 modi diversi per suddividere le fasi
della sindrome da burnout. Ogni sistematica è simile nella sua descrizione delle
caratteristiche di fondo. Freudenberger, in un primo momento, descrisse due stadi
(più tardi arrivò a 11 fasi dettagliate):
− lo stadio di sensibilità: sentimenti negativi vengono rimossi ed ignorati, un
impegno forte sul lavoro con alto carico di lavoro e un continuo aumento delle
3
Freudenberger, Herbert J.; Richelson, Geraldine
Ausgebrannt. Die Krise der Erfolgreichen. Gefahren erkennen und vermeiden, 1980, pag. 34
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prestazioni lavorative richieste, ma anche stanchezza cronica;
− lo stadio privo di sensazioni: sintomi quali indifferenza e cinismo, attribuzione
di colpe, paura di non vedere riconosciuto il proprio lavoro, forte insicurezza.
Maslach distingue fra le seguenti fasi:
esaurimento emozionale e fisico
ritiro, sentimenti negativi, demonizzazione, cinismo
disprezzo di se stessi e di altri
Di seguito riporto un approccio attuale, articolato in sette fasi4
(1)I primi sintomi di allarme sono l’impegno rafforzato per obiettivi ed ideali, da
considerarsi non realizzabili o troppo ambiziosi. Ne consegue un lavoro sfrenato
quasi senza pause. L’individuo rinuncia in misura crescente alla ricreazione, al
tempo libero e al rilassamento. Si sente sempre più indispensabile. In questa
fase questi individui con il loro zelo si rendono sempre più insopportabili presso i
loro colleghi. Inoltre tendono a sminuire i risultati ottenuti dai colleghi in paragone
ai i loro propri risultati. La professione man mano diventa il contenuto principale
della vita dando luogo ad una sorta di iperattività. Di seguito l’individuo non si
preoccupa più dei propri bisogni e rimuove tutto ciò che non riesce, cioè tutti
gli insuccessi. Le amicizie vengono trascurate, perché dopo il lavoro ci si sente
solo stanchi ed esauriti. Esaurimento e stanchezza cronica si fanno man mano
evidenti anche sul posto di lavoro. Le persone si sentono prive di energia e
difficilmente riescono a concentrarsi. Di conseguenza queste persone soffrono
di insonnia e talvolta di vertigini.
(2)Nella fase progredita si osserva che la persona, nonostante il gran impegno
iniziale, non trova più la soddisfazione nel lavoro. L’impegno cede, e la persona
perde il suo interesse nei confronti del gruppo destinatario del suo lavoro, non
sviluppa più sentimenti positivi rispetto gli altri. Cerca la massima distanza
evitando i contatti sociali. Si rende conto di un atteggiamento negativo verso il
lavoro, verso i colleghi, il suo gruppo destinatario, esercita il suo potere, impiega
4
Www.wikipedia.de/hilfe-bei-burnout
17
Hanna Battisti
controlli e sanzioni. Non di rado diventa cinico. Evita in misura crescente di
affrontare i problemi personali. Parlare ed ascoltare diventa un problema,
quanto la comunicazione in quanto tale. Il soggetto si sente sfruttato e soffre
della mancanza di riconoscimento.
(3)Si nota una delusione dopo l’altra e il soggetto, costretto a liberarsi di un’illusione
dopo l’altra, rinuncia agli obiettivi, che si è posto nella vita. Si tratta di un processo
doloroso che lo rende insicuro e lo porta alla depressione e all’aggressione
verso se stesso. I suoi sentimenti di colpa, sorti per non riuscire a rispondere ai
propri ideali, mettono in crisi tutta la sua fiducia in se stesso. Si lascia andare
ad attacchi di collera verso se stesso e altri.
(4)Tali situazioni problematiche a lungo termine portano alla riduzione dell’impegno
e della capacità lavorativa, all’appiattimento dei rapporti sociali privati. I
sintomi di questo stadio sono i seguenti: perdita della capacità organizzativa,
insicurezze riguardo alla propria persona, incapacità di prendere delle decisioni
e infine perdita della capacità lavorativa a causa di mancanze cognitive. La
motivazione nei confronti del lavoro e per obiettivi oggettivamente posti viene
completamente persi, svanisce la creatività. Il lavoro viene ridotto al minimo
necessario previsto dalle norme. Ciò ha delle ripercussioni gravi sulla vita
privata. La persona si isola sempre di più verso l’esterno, non cura più le
amicizie, si lascia andare, si separa dal suo partner ecc.
(5)La vita emozionale e sociale diventa sempre più appiattita. Emergono sentimenti
di disinteresse, indifferenza e perdita del senso della vita.
(6)Si osservano reazioni psicosomatiche. Il sistema immunitario in generale è
indebolito, aprendo la porta a qualunque forma di malattia, di tensioni, di disturbi
del sonno, disturbi cardiovascolari, disturbi gastrici, ulcere e malattie al cuore. Il
consumo di alcol e droghe aumenta in questa fase.
(7)Disperazione nello stadio finale. L’atteggiamento verso la vita è completamente
negativo. Nei confronti della propria vita prevale il senso di impotenza e questo
porta alla sensazione che la propria vita sia priva di significato. Tutto ciò può
condurre al suicido.
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Hans Finder e Edi Czamber riassumono la sequenza delle fasi (derivato da T. Bergner)
nelle seguenti tre fasi:5
Prima fase: aggressione e attività
All’inizio si trova l’impegno passionale per un tema o un obiettivo. Non c’è ancora
sofferenza per alcun motivo. Le persone non riescono ad anticipare cosa le aspetta,
talvolta continuano con lo stesso ritmo lavorativo. Questa fase può durare a lungo,
qualche volta anche per anni. Queste persone sono piene di capacità lavorativa e si
sottopongono volontariamente a richieste ambiziose, anche nei confronti degli altri.
Caratteristiche frequenti sono una accresciuta attività e l’auto-percezione di essere
insostituibili. Queste persone di solito negano i loro bisogni personali oppure non se
ne accorgono più.
Seconda fase: ritiro
Nella seconda fase si svolge un tipo di ritiro. Le persone avvertono di aver esagerato
con i compiti che si sono posti, e quindi tendono a proteggersi. La propria dose di
lavoro giornaliero si riduce. La sensazione di essere insoddisfatti di sé e degli altri
aumenta. Prevale il sentimento pesante di avere sempre meno tempo. Queste persone
mentalmente sono spesso assenti e non accurate nello svolgimento del lavoro. Anche
nella vita privata cambia molto. I pasti vengono consumati in ritmi più frenetici, con
meno gioia, cala l’interesse a muoversi, ne risentono i rapporti interpersonali e le
amicizie. Aumenta la distanza nei confronti degli altri, si riduce la solidarietà e l’empatia
verso gli altri. Queste persone possono essere colpite da ansie e panico, con un
aumento di sintomi fisici.
Terza fase: isolamento e passività
Nella terza fase la sofferenza arriva a tal punto, tanto da spingere le persone verso
l’isolamento. Emerge sempre più spesso la sensazione di trovarsi bloccati, senza vie
5
Hans Finder e Edi Czamler, www.wikipedia.de; citato da: Thomas Bergner, Burnout bei Ärzten,
Schattauer Verlag 2006;
19
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d’uscita, talvolta affiorano tentazioni di suicidio. Per sopportare questo stadio alcune
persone tendono a diventare tossicodipendenti. La persona ha rinunciato agli obiettivi
posti per la propria vita.
3.3 Le possibili cause del burnout
Quali sono le cause per lo sviluppo della sindrome di burnout? Uno stato di esaurimento
non può essere ricondotto in modo generale e per tutti gli individui alle stesse cause.
Le persone reagiscono in forma diversa alle varie sfide poste dalla vita. È comunque
certo che le cause di uno sviluppo del tipo burnout può essere spiegato con fattori interni
ed esterni. Attualmente, in sintesi, esistono tre approcci per spiegare la sindrome:
− Approcci di psicologia differenziale, centrati sull’individuo (Freudenberger,
Schmidbauer6), cioè approcci legati al peso della personalità (sindrome del
soccorritore, iper-identificazione, idealismo, spirito di sacrificio).
− Approcci di psicologia del lavoro e dell’organizzazione (per esempio un
approccio focalizzato sull’ambiente abitativo e lavorativo della persona); si tratta
di approcci che individuano fra le cause del burnout la mancanza di sostegno
sociale, clientela aggressiva, mancanza di possibilità di carriera, mancanza di
spazio di manovra, peso psichico, assenza di possibilità di controllare e gestire
il proprio lavoro.
− Approcci sociologici e della scienza sociale: condizioni sociali generali, ad
esempio: aumento aspettative di flessibilità e mobilità, isolamento sociale e
crescente anonimità (“Wer ausbrennt, muss einmal gebrannt haben”7, cioè:
“Chi brucia a fondo, una volta deve aver preso fuoco per qualcosa”).
Il burnout è riconducibile a un duplice tipo di fattori causali. Da una parte le esigenze
eccessive del lavoro, dall’altra elementi caratteriali che spaziano dalla gran voglia di
6
Wolfgang Schmidbauer: Die hilflosen Helfer. Über die seelische Problematik der helfenden
Berufe, Hamburg 1987
7
Idem
Arteterapia e burnout
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impegno fino all’impossibilità di comunicazione. Il mancato riconoscimento da parte
dei superiori o dei colleghi sono altri fattori che favoriscono questo processo.
Il processo di burnout di regola inizia con una forte motivazione e gran disponibilità
non voler raggiungere il massimo e nel fare del proprio meglio. Senza accorgersene
questo diventa un eccesso di carico di lavoro che provoca paure ed una sensazione
di minaccia. La paura di mancare all’impegno e di non riuscire a svolgere il proprio
lavoro sufficientemente bene, nonché il mancato riconoscimento, causano stress e
attivano la cosiddetta “asse dello stress”. Questo termine circoscrive una reazione
fisica, di cui dispongono tutte le specie vertebrate, che ci aiuta in situazioni di minaccia
e prepara l’organismo per la lotta e la fuga.8
3.4 Le prospettive diverse sul tema burnout
Il tema burnout può essere considerato da prospettive diverse:
1) L’aspetto istituzionale: oggi sappiamo che lo stress in combinazione con la
mancanza di riconoscimento e la mancanza di partecipazione democratica con
grande probabilità portano al burnout. Lo stress è una caratteristica generale
della vita economica odierna, che in futuro si rafforzerà ancora. Lo stress da solo,
però, non deve necessariamente sfociare nell’esaurimento totale. La posizione
ed il comportamento dei dirigenti all’interno di un’azienda sono di importanza
fondamentale nello sviluppo della sindrome di burnout. Sono i dirigenti ad essere
responsabili dell’attribuzione equa dei compiti fra tutti i collaboratori dipendenti.
Spetta ad essi tenere conto delle attitudini dei collaboratori, in particolare quella
di non rifiutare nessun incarico e di assumersi carichi di lavoro eccessivi. Tuttavia
di regola i dirigenti tendono a delegare i compiti a quei lavoratori ritenuti i più
affidabili, disponibili e rapidi. Non di rado le prestazioni di tali collaboratori di
un’azienda si trasformano in un fattore scontato, non più messo in questione,
ma neanche sufficientemente apprezzato.
8
Vedi Hans Finder e Edi Czamber, 2006
21
Hanna Battisti
2) Dall’altra parte esiste una predisposizione individuale al rischio di essere
colpiti da burnout. Queste componenti consistono soprattutto nella tendenza
a non rispettare i propri limiti, nonché i limiti dei colleghi, l’incapacità di dire
NO. L’entusiasmo e la disponibilità al pieno impegno per un obiettivo preciso
possono spingersi a tal punto da far perdere di vista l’insieme. Perché faccio tutto
questo? Gli obiettivi centrali della propria vita non vengono più riconosciuti. Di
solito, le persone colpite da burnout sono persone con alta capacità lavorativa,
che non riescono a delegare il loro lavoro. Non solo vogliono svolgere bene il
lavoro, ma se fosse possibile anche quello di tutti gli altri.
3) Non bisogna infine, trascurare il contesto sociale che circonda tutti noi. Più
che mai nei paesi industrializzati oggi è essenziale la prestazione lavorativa. Il
sistema capitalista globalizzato, basato sulla competizione internazionale, sulla
concorrenza sui mercati e sul progresso tecnologico, non consente di riposare
sui risultati raggiunti. Sempre meglio, sempre più veloce, sempre di più in
termini di crescita quantitativa. Questo principio di fondo continua a muovere le
imprese, e le istituzioni, tese a tenere il passo e a modernizzarsi. Le imprese a
loro volta, trasmettono questi imperativi e condizionamenti ai loro dipendenti.
Alcuni grandi paesi emergenti come la Cina e l’India sono pienamente entrati
nella competizione mondiale e soprattutto la Cina è uno dei maggiori propulsori
della macchina economica mondiale. Il Giappone già da tanti decenni conosce
questi fenomeni: situazioni di concorrenza estreme, standard produttivi e
lavorativi molto elevati e una diffusa disponibilità di rinuncia alla vita privata,
comportando un forte tasso di crisi suicidali, già in età tenera. Ci sono esperti
che per il futuro prossimo proiettano un forte aumento del carico del lavoro sul
singolo lavoratore. La crisi economica e i successivi licenziamenti contribuiscono
a mantenere la mole di lavoro, che già oggi è ritenuta eccessiva in molti settori
produttivi e dei servizi, prima di tutto nell’ambito dei servizi sanitari e sociali.
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Fattori dell’ambiente lavorativo (fattori esterni)
Maslach e Leiter9 parlano di sei condizioni strutturali del mondo lavorativo, che a
lungo termine possono portare alla sindrome di burnout:
1) La mancanza di correttezza (fairness), rispetto e apprezzamento nei rapporti
interpersonali (enfasi esagerata sulla competizione invece di sostenere la
cooperazione all’interno di un’organizzazione).
2) Mancanza di controlli sui risultati del proprio lavoro e delle proprie azioni per le
quali si è responsabili.
3) Esigenze lavorative contraddittorie
4) Crollo della fiducia reciproca e quindi del sentirsi una comunità
5) Eccesso del carico lavorativo
6) Remunerazione insufficiente e mancanza di riconoscimento.
Fattori interni:
Vari fattori legati alla biografia individuale possono rendere la persona più vulnerabile
nei confronti del burnout:
perfezionismo
dubbi rispetto le proprie capacità comunicative
identificazione eccessiva con il proprio lavoro
aspettative verso se stessi non realizzabili
comportamenti coercitivi
idealismo
Persone dotate di questi tratti o orientamenti caratteriali fanno fatica a riconoscere i
propri limiti e a porre limiti agli altri. Si sentono responsabili per tantissimo e spesso
superano le proprie competenze e facoltà. Fanno fatica a pronunciare riconoscimenti
e sentono che stanno trascurando i loro bisogni.
Vanno menzionati altri fattori esterni. Per esempio, determinati gruppi professionali
sono caratterizzati da carichi ed esigenze specifici. Sono prima di tutto le professioni
9
Maslach C, Leiter MP, Dt.: Die Wahrheit über Burnout, Berlin: Springer 2001
23
Hanna Battisti
di assistenza sociale e sanitaria (“Chi aiuta colui che aiuta”), attivi in forte misura nei
rapporti interpersonali. Chi esercita tali professioni spesso deve affrontare un gran
numero di contatti e di rapporti professionali. Inoltre questi lavoratori spesso si trovano
in contatto con persone vittime di problemi personali difficili, situazioni familiari penose,
malattie incurabili.
3.5 Come misurare il burnout in modo scientifico?
Vari scienziati hanno sviluppato numerosi test per misurare lo stress e le situazioni di
tensione psichica e mentale, nonchè per descrivere i modi di reazione delle persone.
Vari tentativi di questo tipo, pubblicati su libri di scienza popolare o su riviste per
il pubblico generale, non sono scientificamente verificati. In questa sede vorrei
presentare solo due metodi, elaborati su base scientifica e generalmente riconosciuti
all’interno della disciplina medica e psicologica:
(1)Il Maslach Burnout Inventory (MBI)
Questo test, sviluppato da Maslach e Jackson, nel suo approccio fondamentale è
rimasto invariato dal 1981. Si tratta di una questionario per l’auto-valutazione le cui
domande si riferiscono alla vita professionale.
(2)Il Tedium Measure (“scala di tedio”)
La cosiddetta scala di tedio è composta da 21 singoli gruppi di tedio. L’esaurimento
fisico, emozionale e mentale è misurato secondo sette scale.
Entrambi questi test si prestano ad un’auto-diagnosi rapida, ma non rappresentano un
metodo di diagnosi clinica. Per riuscire a distinguere il burnout da altri tipi di disturbi,
andrebbe consultato il test MBI, il quale comprende tre componenti: l’esaurimento
emozionale, il rapporto di alienamento con i clienti10, un atteggiamento cinico verso i
colleghi e i clienti e l’auto-valutazione negativa della propria prestazione lavorativa. Il
sintomo cardinale è l’esaurimento perdurante.
10
Carl Rogers usa il termine cliente e non paziente, per sottolineare la specificità del rapporto
cliente-terapeuta nella psicologia umanistica che comprende il suo concetto delle tre qualità terapeutiche:
l‘autenticità, considerazione positiva e incondizionata e profonda comprensione empatica. (Authentizität,
Wertschätzung, Empathie) Nell‘ambito del burnout mi sembra giusto usare la terminologia di Rogers.
Arteterapia e burnout
24
Da una grande ricerca finlandese è emerso che il 20% dei lavoratori in osservazione,
colpiti da un leggero burnout, ed il 53% dei lavoratori con burnout forte soffrivano di
una depressione clinica. Fra i lavoratori senza burnout la depressione colpisce solo
il 7% dei soggetti. La conclusione è che la probabilità di contrarre una depressione
aumenta con il grado di burnout accertato.
25
4
Hanna Battisti
Come si può contrastare il burnout?
Secondo Hiller e Marqitz11 i programmi di intervento si concentrano su tre tipi di
intervento:
− rimozione degli stressori
− rigenerazione con sport e rilassamento
− disinganno (originalmente “tornare ad essere a digiuno”) e rinuncia al
perfezionismo.
Altre capacità di affrontare attivamente le difficoltà (coping) andrebbero sviluppate quali
certe competenze per superare lo stress e l’ansia, porre delle priorità, la capacità di
accettare limiti, autovalutazione realistica, l’attivazione di risorse interiori ed esteriori.
Si aggiunge la ricerca attiva delle cause dello stress e la digestione consapevole dello
stress accumulato. Occorre ritrovare il senso dell’umorismo, rilassarsi, evitare stressori
con comportamenti di prevenzione. Si suggerisce di rafforzare le capacità generali
di resistenza quali la resilienza psichica e fisica, costanza rispetto pressioni sociali,
autonomia interna e la capacità di mettere criticamente in questione autorità esterne,
gruppi e norme. Inoltre, si suggerisce di rafforzare la propria capacità di decidere, di
entrare in contatto con gli altri, di affrontare conflitti, di sviluppare più capacità affettive,
di percepire e esprimere sentimenti, capacità di risolvere problemi e di sviluppare una
visione creativa degli obiettivi per la propria vita. È richiesta più capacità di adattarsi e
flessibilità situativa in presenza di condizioni di vita che cambiano; capacità di amare,
sensualità e la capacità di entrare in rapporti, liberarsi dalla paura dei contatti sociali.
La capacità di dare e ricevere aiuto, il coraggio nell’espressione del proprio stato
d’animo, dei propri bisogni e desideri. Un’alimentazione equilibrata, movimento fisico
regolare, la riflessione sui rischi per la salute e la disponibilità di cambiare il proprio
stile di vita.
11
Hiller e Marqitz, citato da Karl Kuhn: Burnout – Ursachen und Prävention. Convegnio Bolzano, 15.10.2010
Arteterapia e burnout
26
4.1 Prevenzione
L’OMS definisce la salute psichica in questo modo: “Stato di benessere, in cui il singolo
riesce a sviluppare le sue capacità, ad affrontare le responsabilità normali della vita, a
lavorare in maniera produttiva e a contribuire positivamente alla vita della comunità”.
Non esiste salute senza salute mentale. A livello individuale la salute psichica è la
condizione affinché una persona possa realizzare il proprio potenziale intellettuale
e emozionale e possa trovare il suo ruolo nella società, nel lavoro, nella famiglia. A
livello di società la salute psichica rappresenta una risorsa per la solidarietà sociale,
per il benessere sociale ed economico. Per l’individuo ciò può significare avere tempo
e spazio, poter rilassarsi, esercitare sport e musica, meditazione, preghiera e sentirsi
distanti nei confronti del lavoro. Per il lavoro ciò può significare più lavoro in gruppo,
più scambio reciproco, più cultura di riflessione, più protezione sul lavoro, sviluppare
orientamenti, valori e supervisione.
4.2 Trattamento del burnout secondo Volker Faust12
Nel suo concetto di prevenzione Volker Faust parte dall’analisi della situazione. Il
primo passo per uscire da una situazione di burnout è un’analisi fondata della
situazione. Molte persone continuano a trascinare avanti questi problemi in uno stato
di esaurimento senza riflettere sulle possibili cause. Nell’ambito di un’analisi della
situazione bisogna tenere in considerazione tutte le circostanze: i fattori dell’ambiente,
i bisogni e gli obiettivi personali trascurati, le capacità non sviluppate, le idee non
realistiche e ostacolanti, principi dogmatici e griglie interpretative, informazioni
mancanti. Soprattutto c’è da chiedersi cosa nei comportamenti e nei ragionamenti di
una persona possa essere trasformato, per riguadagnare piena autonomia, controllo
e libertà per se stessi.
L’impiego delle proprie forze. Il burnout può colpire ognuno. Già a monte
bisogna riflettere come le proprie forze personali possano essere impiegate in
12
Volker Faust/www.psychosoziale-gesundheit.net/Int.1-Burnout-Syndrom.
27
Hanna Battisti
forma razionale. Ciò riguarda tutti gli ambiti della vita. È inutile che le persone
per un eccesso di impegno vengano bruciate già all’inizio. Le riserve di energie
individuali sono limitate.
Bisogna ripensare la scelta della propria professione. Il lavoro attualmente
svolto ripaga ancora oppure sono cambiate le preferenze personali nel corso
dell’attività professionale? Questa professione effettivamente è coerente
con i desideri sviluppati da giovane oppure ci si è semplicemente cascati a
casaccio? Queste sono domande di fondo che vanno chiarite. In certi casi
occorre prendere atto di fatti dolorosi e accettare delusioni.
Bisogna rivedere la valutazione di se stessi, rendendosi conto di non poter
realizzare tutto, di essersi aspettati troppo da parte di se stessi. Aspettative
esagerate verso se stessi richiedono una correzione riguardo alle proprie
capacità, alla propria stabilità psichica, la propria energia fisica, le condizioni
psico-sociali dell’ambiente di lavoro e private.
Un modo di vivere più sano. Benché tutti gli uomini siano d’accordo
nell’affermazione che la salute è il nostro bene supremo, la realtà spesso
è diversa. Le regole più semplici per una vita sana non vengono rispettate.
Queste sono specificamente:
- sonno in misura sufficiente: un bisogno accettato da tutti, ma spesso
non rispettato. Tuttavia la rigenerazione procurata dal sonno è uno degli
interventi di prevenzione più efficaci contro i fenomeni di logoramento ed
esaurimento della vita quotidiana. Durante un lavoro stressante spesso
l’individuo non riesce più a portare il corpo e la mente in uno stato di
tranquillità. Spesso ne scaturisce insonnia. Perfino nel loro tempo libero
tali persone preferiscono attività che non sono veramente ricreative, quali
ad esempio il consumo eccessivo di Internet e TV. Anche le vacanze sono
accompagnate da stress di viaggio per l’andata e il ritorno e, stando alla
filosofia oggi diffusa, va intensamente sfruttato con tutti i tipi di attività.
- Forme di trattamento fisico quali i massaggi delle spalle e della nuca,
Arteterapia e burnout
28
bagni Kneipp, bagni termali. Non hanno un effetto immediato, ma sono
efficaci a medio termine.
- Attività fisica: non si intende agonismo sportivo o i vari tipi di sport a
rischio, logoranti, oggi di moda. L’organismo ha bisogno di attività regolari
in misura ragionevole per ricaricare le sue riserve, non un’iperattività
puntuale. Potrebbe bastare una passeggiata quotidiana. La luce del
giorno ha un impatto positivo sull’umore di fondo dell’uomo, e soprattutto
nella stagione fredda protegge dalla “depressione invernale”. Il lavoro
nel giardino ha una sua funzione equilibrante. Inoltre anche il nuoto, la
ginnastica, andar in bici ecc.
Bosco e aperta campagna. Ricerche scientifiche confermano che le passeggiate
nella natura offrono le migliori condizioni per rigenerarsi. Soprattutto il microclima
dei boschi è un luogo ideale per la rigenerazione.
Alimentazione sana. Oggi sappiamo tantissimo di nutrizione sana, ma i testi di
consultazione disponibili sul mercato spesso non coincidono. Tuttavia esistono
alcune regole di fondo: evitare troppo e troppo poco peso, mangiare prodotti
integrali, garantire un’alta proporzione di frutta e verdura, evitare prodotti troppo
raffinati e alimenti in scatola.
Il consumo di alcol e caffè andrebbe limitato al minimo necessario, droghe e
nicotina evitate del tutto.
Tecniche di rilassamento ad esempio lo yoga, l’allenamento autogeno, il
rilassamento progressivo dei muscoli secondo Jacobson e altri. Ciò che conta
è di allenarsi in queste tecniche per tempo per averli accessibili come risorsa
nel caso di stress eccessivo.
Attività di tempo libero al di fuori dell’attività professionale, sono molto
importanti. Gli hobby e altre occupazioni di tempo libero possono essere un
compenso, un aiuto o perfino una seconda colonna della propria personalità.
Inoltre, questo tipo di attività “senza scopo” preciso crea la distanza necessaria
rispetto ai pesi sopportati sul lavoro. Tali attività liberamente scelti secondo
29
Hanna Battisti
i propri gusti sono una terapia efficace. “Gli hobby sono paragonabili a una
riserva patrimoniale, risparmiata per i tempi difficili sotto il profilo psico-sociale
che arrivano comunque dopo la fine dell’attività professionale”
Prendersi cura dei contatti sociali. I rapporti interpersonali all’interno e oltre
la famiglia sono sempre un correttivo, se il proprio sviluppo gira a vuoto un
una spirale di stress. Quando una persona regolarmente si sente stanca,
fiacca (“cotta”), insoddisfatta e depressa i contatti interpersonali facilmente si
perdono. Non si rischia più di esporsi e ci si ritira in se stessi. Ciò in ultima
analisi comporta conseguenze serie, come il rischio di isolamento. “I contatti
vanno accuratamente coltivati, soprattutto in tempi difficili”.
4.3 Aiuti disponibili su internet
Per la terapia del burnout ci sono aiuti disponibili su Internet.13
www.hilfe-bei-burnout.de è un sito che offre assistenza online per persone minacciate
da burnout. Sono sorti numerosi siti Internet e forum Internet in cui è possibile attuare
uno scambio con altri interessati. Si tratta però di considerare non solo un trattamento
dei sintomi del burnout, ma di vederlo in tutta la sua complessità e conformazione
individuale.
Trovare il proprio ritmo
Per mantenere sani il nostro corpo e la mente abbiamo bisogno dell’alternanza fra
tensione e distensione. Ognuno deve trovare il suo ritmo individuale. È riprovato da
parte della neurologia che il nostro cervello elabora le nuove informazioni e percezioni
sensuali solo in uno stato di calma mentale, successiva all’attività. Se questa fase
di riposo e distensione mentale viene a mancare, non siamo più capaci di integrare
nuove informazioni nel cervello.
Ridurre il multitasking
Oggigiorno tutto dovrebbe funzionare in contemporanea: rispondere alla posta
13
Www.hilfe-bei-burnout.de
Arteterapia e burnout
30
elettronica, telefonare, ascoltare radio....La continua tensione è negativa e comporta
una permanente mancanza di attenzione. Pur essendo un’esigenza crescente della
nostra vita quotidiana, il multitasking rende malati. Si può paragonare il multitasking a
un programma di emergenza, il cervello riesce ad eseguirlo per un po’ di tempo, ma
non in continuazione, altrimenti accelera l’esaurimento.
Ridurre la raggiungibilità permanente
Le nuove tecnologie di comunicazione ci seducono ad essere raggiungibili dovunque
e sempre. Non di rado le persone dimenticano che spetta a loro poter decidere,
quando, per chi e in che modo essere raggiungibili. Chi crede di dover essere sempre
raggiungibile, sia per far funzionare il suo lavoro che la sua famiglia, si ritiene troppo
importante e indispensabile.
Delegare lavori
Le persone colpite da burnout generalmente non sono capaci di delegare il lavoro. Ciò
si fonda sull’ipotesi soggettiva, ma errata, che gli altri siano meno bravi e più lenti a fare
il lavoro in questione. Dietro questo atteggiamento si nasconde un’autovalutazione
sbagliata che parte dal ritenersi indispensabili.
Porre delle priorità
Nella vita continuamente siamo tutti tenuti a porre delle priorità. Solo in base a questa
conoscenza possiamo programmare le attività giornaliere secondo priorità razionali.
In questa programmazione va inserito anche il tempo libero per la ricreazione e per i
rapporti importanti.
4.4 Assistenza professionale
Ci vuole comunque un’assistenza professionale. Riposo più esteso è di aiuto nelle
fasi iniziali, ma non basta nel caso di burnout progredito e più acuto. In questo caso
bisogna ricorrere ad una psicoterapia. L’obiettivo dev’essere quello di conoscere
31
Hanna Battisti
meglio i propri limiti, di valutare meglio le proprie capacità e di chiarire priorità ed
obiettivi della propria vita. Le terapie del burnout si basano sui concetti di salutogenesi,
coping, auto-efficacia, empowerment e resilienza.14
Il trattamento mirato sul caso specifico
Si ricorre per prima cosa a trattamenti autonomi di psico-igiene. Sono i migliori
all’inizio dei problemi, cioè nella prima fase del burnout.
Diverse forme di terapia possono aiutare a chiarire la situazione momentanea
dell’interessato e a far luce sulla genesi del disturbo. Va riflettuto sui vari fattori
di disturbo di carattere individuale e sociale. Suggerimenti orientati secondo una
terapia comportamentale vanno bene per ricomporre le energie ed i compiti,
per esempio dedicando più tempo ai rapporti interpersonali e al tempo libero,
meno tempo al lavoro. Va elaborato un calendario dei programmi giornalieri
e settimanali, tenendo conto di fasi di riposo. Vanno apprese tecniche di
rilassamento che riducono lo stress.
Un elenco dei sintomi di allarme. È sempre presente il pericolo di cadere in
vecchi errori. Perciò insieme all’interessato va stilato un elenco individuale
dei sintomi di allarme, abbinato a relative strategie di comportamento. Questo
elenco va continuamente verificato e integrato. Una terapia di burnout non può
essere un intervento terapeutico passeggero, bensì uno sforzo a lungo termine
per cambiare il proprio stile di vita e l’autovalutazione/autostima.
Analisi della situazione lavorativa. Le condizioni del lavoro sono le cause più
frequenti che comportano burnout. Perciò è necessario tenerle in considerazione,
privilegiando i seguenti aspetti: “Aspettative esagerate, mancanza di sostegno
da parte dei superiori, carico di lavoro eccessivo, conflitto con i colleghi,
insoddisfazione, rassegnazione e amareggiamento.”15
La terapia fisica (vedi sopra) è di grande importanza, ma di regola incontra
forti resistenze fra i clienti di burnout, giacché per tali terapie è richiesta molta
14
Idem: Volker Faust
15
Idem: Volker Faust
Arteterapia e burnout
32
pazienza, affidabilità e costanza, ma anche iniziativa propria. I clienti burnout
tendono a voler ristabilire in breve tempo il vecchio livello di prestazione, come
se l’individuo fosse una macchina che può far una breve fermata ai box per
ripartire subito dopo a tutta velocità.
La terapia farmacologica è osteggiata da molte persone, perché richiede il pieno
riconoscimento della presenza della malattia. Tuttavia nel giusto dosaggio è
del tutto efficace, ma andrebbe svolta sotto la guida di un medico. L’efficacia
è garantita nel caso dell’impiego di psicofarmaci derivati da erbe medicinali,
stabilizzanti e euforizzanti, farmaci naturali tranquillizzanti.
Misure del datore di lavoro: Il datore di lavoro ha il dovere di trovare un rapporto
responsabile con i suoi dipendenti. Oggi ci sono molti fattori che rendono il
clima aziendale più pesante ed ostile. Le condizioni della concorrenza sui
mercati peggiorano, l’andamento dell’economia richiede risparmi. Le esigenze
lavorative nei confronti dei collaboratori aumentano.
Salutogenesi invece di patogenesi: la teoria della salutogenesi di Aaron
Antonovsky degli anni 1970, perfezionata negli anni 1990, ha trovato riscontro
nei risultati della neurofisiologia moderna, e attingendo anche ai concetti della
ricerca sulla resilienza e dell’empowerment si possono individuare dei modelli
focalizzati sulle risorse della persona, tese a rafforzare e sostenere queste
risorse.
33
5
Hanna Battisti
Excursus:
Il concetto della salutogenesi
Aaron Antonovsky16 (1923-1994), uno psicologo anglo-israeliano, negli anni 70 usa il
concetto della salutogenesi per descrivere le origini della salute (deriva dalla parola
latina salus, salutis = salute, e dalla parola greca genesis = origine, inizio, derivazione)
invece della patologia. Con questo concetto apre una nuova possibilità di pensare la
cura della salute delle persone e la prevenzione delle malattie. Il concetto implica
un nuovo modo di affrontare la tematica della sanità e della malattia delle persone.
Secondo Antonovsky ognuno di noi è più o meno sano e più o meno malato in ogni
momento della vita. Ci sono fasi segnate da più malattia e quelli da più salute, ma
non esisterebbe mai lo stato di piena salute. Nel suo concetto il paradigma della
salute quindi si presenta come un continuum tra salute e malattia che può variare nel
corso di una vita. L’individuo è capace di intervenire sul proprio stato di salute in ogni
situazione della sua vita e può ricorrere a risorse esterne per spostarsi verso il polo
della salute.
Il concetto di salutogenesi è stato apprezzato negli anni 90 solo in Germania. Dovuto
alla crisi economica e alla necessità di risparmio pubblico la salutogenesi è stato
favorito da diversi paesi a livello internazionale. La sensibilità verso questo nuovo modo
di pensare ultimamente è aumentato. Le domande nel settore sanitario cambiano.
Non si chiede più «Quali sono le cause della malattia, e come si possono prevenire?»
ma: «Quali sono le fonti della salute, come si crea, e come può essere rinforzata?»17
Nell’ambito delle sue ricerche scientifiche Antonovsky valutava lo stato di salute di
16
17
http://de.wikipedia.org/wiki/Aaron_Antonovsky
Monica Eriksson, Bengt Lindstrom: http://issuu.com/fiocruz/docs/salutogenesis
Arteterapia e burnout
34
donne anziane in Israele, che avevano sopravvissuto i campi di concentramento.
Aveva scoperto che il 29 per cento delle donne era in buone condizioni di salute, sia
psichica, mentale che fisica. Nel corso degli anni avevano sviluppato una capacità
di adattamento. Erano in grado di creare la propria vita, nonostante tante di esse
avessero subito gravi condizioni nel passato. Ciò lo ha portato a chiedersi, perché
alcune persone sono in buona salute ed altre invece si ammalano. Gli „stressori“,
anche quelli più forti, non sempre portano verso la malattia. Che cosa allora mantiene
una persona in stato di salute e un’altra in quello di malattia?
Antonovsky scopre che le risorse di una persona (General Resources of Resistance)
sono di grande importanza nel discorso della salute. Lo stressore esterno non è l’unico
fattore decisivo in questo sviluppo. Il cosiddetto „coping“ positivo è una possibilità
innata nell’essere umano.
5.1 Il senso di coerenza
In questo ambito Antonovsky concettualizza il costrutto del senso di coerenza (Sense
of Coherence). Questo senso esprime la capacità generale di orientarsi nel mondo. Il
senso di coerenza descrive nella sua dimensione cognitiva la capacità di comprendere
la realtà, nella dimensione motivazionale di elaborare il proprio orizzonte di vita e
nella dimensione comportamentale di adattarsi alle difficoltà di vita e allo stress che
emerge in situazioni sofferenti. Il „senso di coerenza“ aiuta a sviluppare delle strategie
di resistenza.
In concreto i fattori del senso di coerenza possono essere descritti così:
− Understandibility o il senso di comprensibilità: è la capacità di capire gli
avvenimenti della propria vita, anche se piena di sofferenze. Si tratta di una
funzione prevalentemente cognitiva. Chi riesce a capire che cosa accade,
riesce ad affrontare meglio le situazioni più difficili.
35
Hanna Battisti
Manageability o il senso di affrontabilità: si tratta della sensazione di poter
−
avere un certo controllo sugli eventi e nelle situazioni difficili. Anche se succede
in un modo ridotto o addirittura solo nella fantasia, è sempre un riferimento
alle risorse che possiede. Aumenta subito l’autostima di una persona, giacché
„esercitare un controllo aiuta a vivere meglio e in maniera più salutare“.
− Meaningfulness o il senso di significatività: Se una persona è capace di trovare
un significato nella situazione che vive è più capace e motivato per affrontare le
situazioni difficili e di impegnarsi per degli obiettivi.
5.2 Il fiume della vita
Antonovsky nella sua descrizione usa la metafora del fiume per dimostrare lo schema
per lo sviluppo della salute. Invece di cercare di creare ponti per evitare che le persone
cadano nel fiume, Antonovsky è convinto che sarebbe meglio aiutare le persone ad
imparare a nuotare. Questo sta a dire, che nella vita non si può evitare lo stress. La
vita stessa ci offre in continuazione situazioni ed episodi di stress esterno ed interno.
La psiche di solito è capace di affrontare e digerire una dose di stress limitata nel
tempo.
Eriksson e Lindstrom18 usano la metafora del fiume per dimostrare le caratteristiche del
sistema sanitario e della salute pubblica. La storia del sistema sanitario si è sviluppata
nelle seguenti fasi:
1) cura e trattamento,
2) protezione dello stato di salute/prevenzione delle malattie,
3) educazione alla salute/promozione della salute,
4) miglioramento della percezione di salute/del benessere/della qualità della vita.
18
Eriksson e Lindstrom: http://www.salutogenesis.fi/eng/Accepted_abstracts.44.html
Arteterapia e burnout
36
Prima fase: cura o trattamento delle malattie
Usando la metafora del fiume in questa ottica le persone devono essere salvate
dall’annegamento. Questo succede usando tecnologie, medicinali e medici ben
qualificati.
Seconda fase: protezione della salute, prevenzione
In questa fase si mira a tutte le persone. L’atteggiamento della medicina è quello di
limitare i rischi di malattia. Rimanendo nella metafora del fiume, gli agenti della salute
cercano di costruire delle barriere per evitare che le persone cadano nel fiume. Le
persone stesse sono attive per evitare le malattie e si sentono responsabili per la loro
salute. Gli interventi di prevenzione si rivolgono a persone singole ed a gruppi.
Terza fase: educazione alla salute
L’educazione alla salute e la promozione attiva della salute hanno tutte due una lunga
storia nel settore della sanità pubblica. Si basano sull’informazione della popolazione
sui rischi della salute. Gli individui sono coinvolti di più nella realizzazione di dialoghi e
informazioni sulla salute. La salute viene considerata come un diritto umano. Questo
vuol dire per tutti, che vale la pena occuparsi del benessere e della qualità di vita. Il
professionista si definisce come supporto, mentre la gente agisce attivamente. Le
persone si sforzano a compiere una scelta consapevole rispetto ai fattori determinanti
della propria salute. Si attivano per non cadere nel fiume.
Quarta fase: miglioramento della percezione di salute
L’ultima fase è descritta come un processo di autopercezione di ogni singolo cittadino.
„L’obiettivo ultimo della promozione della salute è creare i prerequisiti per una vita
felice. La percezione di un buono stato di salute è un fattore determinante della qualità
della vita.“ Per realizzare questa meta è necessario analizzare i determinanti che
possono generare salute e migliorare la qualità di vita di un individuo, rendendosi
37
Hanna Battisti
conto che i fattori di salute sono diversi per ogni soggetto. È importante che questi
fattori contribuiscono allo sviluppo del senso di coerenza.
Mentre nell’ottica tradizionale delle prime tre fasi medici e cittadini evitano di cadere
nel fiume, la quarta fase evidenzia un’ottica nuova: non si tratta più di non cadere nel
fiume, ma di nuotare dentro.
Eriksson e Lindström descrivono il nuovo paradigma della salutogenesi in questo
modo: Il fiume scorre „ verticalmente rispetto all’osservatore. Lungo la parte frontale
del fiume, vi è una cascata che segue continuamente l’intera distesa del fiume. Ciò
significa che il flusso principale e la direzione del fiume non è la cascata. All’origine,
noi siamo nel fiume e galleggiamo nel flusso. La direzione principale è la vita non la
morte o la malattia nella cascata. Alcune persone nascono e rimangono nella parte
superiore del fiume dove si può nuotare con tranquillità e le opportunità della vita sono
buone e dove ci sono molte risorse a disposizione. Alcune invece nascono già nella
cascata, laddove è più difficile sopravvivere ed il rischio di ammalarsi è maggiore. Il
fiume è pieno di rischi e di risorse. Tuttavia l’esito è ampiamente basato sulla nostra
abilità di identificare ed usare le risorse per migliorare le nostre opzioni di salute e per
la nostra vita.“19
L’arteterapia può utilizzare il modello del fiume e specialmente la descrizione della
quarta fase per definire il modo di lavorare con persone con la sindrome da burnout.
Si tratta, cioè, di attivare soprattutto le risorse psichiche di una persona.
19
Idem: Eriksson e Lindstrom
Arteterapia e burnout
6
38
Le vie dell‘arteterapia
Che cos’è l’arteterapia? Quale è l’approccio della scuola di ArTeA? Quali altri modelli
d’arteterapia si trovano? Vorrei iniziare con la descrizione dell’approccio di ArTeA, la
scuola che ho deciso di frequentare per la mia formazione professionale. Negli anni
precedenti ho conosciuto altre scuole che si sono sviluppate in altri paesi europei,
come il “Malatelier” di Arno Stern20 e l’arteterapia basata sulla psicologia “Gestalt” di
Hilarion Petzold21. Recentemente si è sviluppata a Dresden22 in Germania una scuola
sistemica orientata alle risorse. Si tratta di un metodo di terapia breve simile a quei
metodi oggi diffusi nelle psicoterapie. Di seguito vorrei presentare un piccolo paragone
tra le diverse scuole che ho conosciuto. Il paragone si basa sulla mia esperienza
personale e non vuol essere una ricerca scientifica, spezzerebbe i limiti del mio tema
sul burnout. La scuola ArTeA accoglie tante esperienze e gruppi di clienti. In particolare
per quelli colpiti della sindrome da burnout mi sembra interessante e utile aggiungere
altri punti di vista e metodologie, che possono arricchire l’approccio ArTeA.
6.1 Che cosa è l’arteterapia?
L’arteterapia usa l’espressione artistica come veicolo di terapia personale o di gruppo.
Le finalità degli interventi arteterapeutici possono essere preventive, riabilitative e
terapeutiche. Gli utenti sono diversi: giovani e anziani con le loro problematiche,
20
2008²
Arno Stern, Die Expression. Der Mensch zwischen Kommunikation und Ausdruck, Franfurt
21
Hilarion Petzold: Die neuen Kreativitätstherapien. Handbuch der Kunsttherapie. Band I und
II. Junfermann, Paderborn 1990
22
Heike Schemmel u.a., Kunst als Ressource in der Therapie, Praxisbuchder systemisch-lösungsorientierten Kunsttherapie, Tübingen 2008
39
Hanna Battisti
pazienti psichiatrici e persone con handicap. Nella cosiddetta area del benessere23 si
incontrano persone con problematiche diverse, tra cui tutti i tipi di nevrosi. Le persone
dell’area del benessere ricorrono all’arteterapia per affrontare problemi specifici della
vita quotidiana e sociale, tra i quali il divorzio, il lutto, l’esaurimento, le ansie.
L’arteterapia è a priori multidisciplinare e l’arteterapeuta riunisce almeno tre abilità nella
sua persona. Gestisce la parte artistica nella conoscenza delle tecniche artistiche e
dell’uso dei materiali e dispone di una competenza psicologica e pedagogica nel seguire
gli utenti nel percorso dell’arteterapia. In più conosce il linguaggio delle immagini, che
a differenza delle parole, ci trasportano informazioni ed emozioni sintetiche e globali.
L’arteterapeuta, nella decodifica, si riferisce al modello polisegnico nella lettura dei
quadri, conduce l’utente nel percorso e interviene secondo il metodo di arteterapia (vedi
in seguito una descrizione precisa). Il prodotto grafico-plastico che fa da mediatore nel
rapporto tra l’utente e l’arteterapeuta, attiva le risorse creative e mette in evidenza le
emozioni da elaborare. Il setting di arteterapia trasmette protezione e contenimento,
anche perché rispetta i meccanismi di difesa che emergono nel contesto dinamico.
In questo modo le immagini mettono in evidenza desideri, traumi, ansie e problemi
psichici rimossi nell’anima. L’attività creativa dà spazio di esprimere tutte queste forze
interiori che spingono verso la luce della coscienza, forze e energie che grazie all’aiuto
dell’arteterapeuta diventano gestibili.
Il percorso arteterapeutico creativo rafforza gli aspetti positivi e l’autostima dell’utente.
Valorizza i risultati creativi che „parlano“ con e anche di lui stesso. Diversamente da
altre terapie c’è un prodotto visibile a cui riferirsi che non si perde nel tempo. Diventa
una specie di prova per contenuti preoccupanti della psiche e documenta un percorso
curativo.
Per tutto ciò è fondamentale un rapporto di fiducia tra l’arteterapeuta e il cliente. Achille
De Gregorio scrive: „L’arteterapeuta deve saper accogliere, legittimare, amplificare i
23
Si chiama “Area del benessere” il campo di arteterapia che agisce in un ambito non istitutionale con gente senza diagnosi ma spesso con problematiche varia provocate dai cambiamenti nella vita privata
o lavorativa, dall‘amore, da malattie ecc.
Arteterapia e burnout
40
messaggi dell’altro con parole, disegni, proposte. Per farlo deve avere una sensibilità
estetica capace di raccogliere non il bello o il gradevole allo sguardo, ma il comunicativo,
il significativo. L’arteterapeuta deve quindi avere un senso estetico diverso da quello
classico: la sua lettura dell’opera è affidata alla relazione con il paziente, e l’uso dei
materiali è più libero che tecnico.“24 In più l’arteterapeuta deve gestire bene la relazione.
Ciò significa conoscere le premesse di un accompagnamento terapeutico: l’autenticità,
considerazione positiva e incondizionata e profonda comprensione empatica.25
6.2 Usare un’altro linguaggio
“L’arte agevola le forme di ricordo, permette la conoscenza della realtà e prepara
all’invenzione del nuovo.”26 afferma Achille De Gregorio per descrivere la funzione
dell’arte nell’arteterapia e non solo in quel contesto. L’arteterapia si avvale di tutte
le forme di espressione artistica, copre tutte le forme di arte figurativa e plastica con
materiali quali penna, pennarello, colori, inchiostro di China, carta collage, ceramica,
cartapesta, legno, pietra e altri materiali che sono applicati da tempo nell’arte
figurativa. In tempi più recenti anche la fotografia e il video hanno conquistato sempre
più importanza. Tutte queste forme sono accomunate dal fatto che si avvalgono di un
altro linguaggio, di un’altra “grammatica” rispetto alla parola espressa a voce. Questo
altro linguaggio ha integrato elementi figurativi, associativi e fantastici, per cui riesce
ad allargare il repertorio del linguaggio quotidiano a una dimensione integrale, simile
al sogno.
6.3 L’arte tocca l’inconscio della nostra anima
Un’opera d’arte valida ci tocca nel più intimo dell’anima, ci commuove senza poter
spiegare in dettaglio il perché. L’artista nella lavorazione competente con i materiali
24
2010
Achillle De Gregorio: appunti personali della formazione triennale di ArTeA, Bolzano 2008-
25
Carl Rogers: Die nicht direktive Beratung, München, 1972; (originale: Counselling and Psychotherapy, Boston 1942)
26
Achille De Gregorio: Il sistema del modello polisegnico, 2009
41
Hanna Battisti
creativi secondo C.G. Jung riesce a collegarsi con il subconscio “collettivo”27. Secondo
Jung il processo creativo è un animazione della parte subconscia dell’archetipo.
Agnese Galotti scrive: “Il concetto di Archetipo è ciò su cui Jung fonda il proprio
pensiero, insieme a quello di Inconscio Collettivo, cui è strettamente connesso. Mentre
nella formulazione freudiana l’inconscio è luogo in cui si vengono a trovare quei
contenuti un tempo coscienti e successivamente rimossi, allontanati dalla coscienza
in quanto inaccettabili, Jung ne amplia la portata distinguendo fondamentalmente due
livelli dell’inconscio: Uno strato per dire superficiale dell’inconscio è senza dubbio
personale: noi lo chiamiamo inconscio personale. Esso poggia però su uno strato
più profondo che non deriva da esperienze ed acquisizioni personali ma è innato.
Questo strato più profondo è il cosiddetto inconscio collettivo, che non è di natura
individuale ma universale.”28 Attraverso l’opera comunica il proprio mondo interiore e
allo stesso tempo esprime qualcosa di generalmente valido che ci riguarda e ci tocca.
Perciò già l’ammirazione di un’opera d’arte può avere un effetto terapeutico, perché
ci commuove e apre la mente per un linguaggio visivo che raccogliamo con gioia.
Ciò vale sia per le grandi opere d’arte del passato, sia per le opere moderne, a volte
scomode e difficili dei nostri tempi.
Bisogna dire che c’è una differenza tra un artista che crea un’opera d’arte con tutte le
caratteristiche descritte e un cliente di arteterapia. Il cliente non sempre raggiunge il
livello subconscio collettivo descritto da Jung, ma in ogni caso il subconscio personale.
Secondo Arieti il prodotto di un cliente di arteterapia si può definire creatività ordinaria,
mentre la creatività straordinaria si verifica nell’artista. La creatività ordinaria ognuno
la può esprimere. La sintesi magica vale per tutte le persone creative.
6.4 La sintesi magica
Era Silvano Arieti che descrive la creatività come sintesi magica. “La creatività è uno
dei mezzi principali attraverso i quali l’essere umano si libera dai vincoli non soltanto
27
C.G. Jung: Archetypen, München 1990
28
Agnese Galotti, dispensa per la formazione permanente di arteterapia, Bolzano 30/4/2011
Arteterapia e burnout
42
delle sue risposte condizionate ma anche delle sue scelte abituali.”29 Descrive il
pensiero logico comune appoggiandosi alla psicologia di Sigmund Freud come
processo secondario, mentre il processo primario sarebbe il linguaggio dell’inconscio.
Arieti aggiunge il processo terziario: “Io ho proposto l’espressione processo terziario
per indicare questa particolare combinazione di meccanismi del processo primario e
secondario.” Il creativo integra “i processi logici normali in ciò che sembra una sintesi
magica dalla quale emerge il nuovo, l’inaspettato e l’auspicabile.”30
6.5 Il valore del “fare”
L’arteterapia promuove nel cliente le capacità di espressione artistica. Esercita
l’espressione artistica e l’uso di materiali artistici, si forma – in altre parole – la mano,
l’occhio e il cuore entrando in rapporto con la storia dell’arte. L’arteterapia consente
di acquisire competenze espressive, che il cliente impara a padroneggiare sempre
meglio. Ciò soddisfa per più versi: da una parte il cliente vive l’esperienza di migliorare
le sue capacità espressive, potendo vedersi confermato nella produzione di opere
sempre più riuscite. Ciò non significa che si tratta solo di produrre opere d’arte. Non è
questo il vero scopo dell’arteterapia.
Dall’altra parte il cliente riesce in misura crescente a comunicare qualcosa di sé
attraverso il linguaggio visivo. Impara ad esprimersi con mezzi artistici, profondamente
legati al suo subconscio, che altrimenti non troverebbero nessuna espressione.
Il prodotto (l’opera) del cliente in arteterapia è subordinato al processo, tant’è vero che
si tratta di procurare un sollievo e una cura, non una formazione artistica.
L’arteterapeuta ha la conoscenza delle condizioni specifiche di singole patologie
psichiche e di sofferenze psichiche e sa offrire materiali e tecniche appropriate al
caso specifico. Costruisce un rapporto terapeutico e estende la capacità comunicativa
non-verbale, mentre il prodotto creativo serve da anello di congiunzione e mezzo di
comunicazione.
29
Silvano Arieti, Creatività. La sintesi magica, pag. 4
30
Idem, pag. 13
43
Hanna Battisti
6.6 Il valore del “far ordine” nella psiche
In quest’ottica il lavoro nell’arteterapia significa uno sforzo comune per raggiungere un
ordine mentale, un controllo del caos interiore che fa soffrire, una verifica di possibili
approcci e soluzioni di un problema. L’intento centrale non è il prodotto in quanto
tale, ma l’avvicinamento all’esperienza interiore dell’uomo nel corso della creazione
artistica. Perciò è compito dell’arte facilitare il cliente nella scoperta delle sue capacità
espressive.
Gli strumenti e le strategie dell’arteterapia consentono che prodotti artistici – una
visualizzazione e materializzazione di questi processi – possano esprimere desideri,
nostalgie, traumi, stati di insoddisfazione e problemi che altrimenti rimarrebbero
nascosti.
Nell’ambito di un rapporto terapeutico protetto, di comune accordo e grazie a un
metodo individualizzato, il cliente vive l’esperienza di poter rafforzare le sue capacità
espressive tramite segni, forme e materiali, e di conseguenza trova un nuovo modo di
affrontare le sue sofferenze.
6.7 Avvalersi dell’energia e dei rituali dell’espressione
artistica
All’interno di un setting appropriato il cliente si rende conto di cosa esprime in forma
artistica. In questo processo non è l’interpretazione psicologica o il lavoro artistico
che si trovano al centro dell’attenzione, ma un metodo dinamico di decodificazione
dell’espressione figurativa e grafica quale specchio dei processi interiori del cliente31.
L’energia e i rituali, che nascono durante quest’esperienza, vanno utilizzati e trasformati
in un codice comunicabile a terzi.
6.8 Rivolgersi alla parte sana
L’arteterapeuta stringe una specie di alleanza con la parte sana del cliente. Stimola la
31
Descriverò più avanti il modello polisegnico per la decodifica come viene usata
nell‘arteterapia di ArTeA.
Arteterapia e burnout
44
sua appropriazione di un nuovo linguaggio creativo e di un modo di pensare e invita
all’espressione individuale e autentica. L’arteterapeuta padroneggia la semiotica
dell’arte e decodifica non singole immagini, ma processi dinamici e serie di immagini.
Conosce i tipici meccanismi di difesa, gli stereotipi e le convenzioni congelate.
Accompagna il cliente a superare questi ostacoli ed inghippi per raggiungere il
suo modo di esprimersi strettamente personale. A questo scopo promuove la cura
dell’immaginario e della formazione di simboli: un processo che coinvolge il cliente in
modo consapevole, ma anche nel subconscio. Questo processo gli consente di aver
accesso al suo immaginario interiore in modo chiaro anche nel futuro e di affrontare i
suoi problemi.
6.9 Imparare ad affrontare il mondo simbolico e reale
Ogni persona conosce la distinzione fondamentale fra il mondo reale quotidiano e
il mondo simbolico-fantastico dei sogni e della fantasia. L’arteterapia interviene in
entrambi questi mondi a seconda dei deficit che cerca di far emergere. Quei clienti
che si rifugiano in un loro mondo di fantasia, ma non riescono a tenere le redini
nella vita quotidiana, imparano man mano una rappresentazione del mondo reale
delle esigenze reali e dei rapporti umani. Altri clienti funzionano benissimo in questo
modo esteriore, ma sono afflitti da paure, ansie e preoccupazioni. Per questi ultimi è
importante allargare la mente, far volare la fantasia, farsi trasportare dai sentimenti e
guadagnare più libertà interiore.
L’arteterapia in linea di principio è un percorso all’allargamento delle loro capacità
espressive e al rafforzamento delle risorse. In momenti di stress l’arteterapeuta
consente distensione e sollievo, sposta l’attenzione su un’attività piacevole, sulle
proprie capacità e rafforza la consapevolezza del proprio valore. Occuparsi di arte
aiuta a trovare più distanza da problemi quotidiani e ad attingere a nuove energie.
Le biografie delle persone continuano ad essere gravate da momenti di crisi, che
possono essere legate ai rapporti con gli altri, con il coniuge o partner o con i figli.
45
Hanna Battisti
Possono essere causate da svolte drammatiche del destino, malattie o dalla morte
di una persona cara. L’occupazione con l’arte può aiutare a comprendere meglio le
crisi, ad affrontarle in modo creativo, ad individuare nuovi percorsi e vie d’uscita e a
superare un lutto.
Talvolta capitano periodi caratterizzati da disturbi depressivi che possono durare a
lungo, causati da diversi fattori esterni o interni. In queste fasi le persone sono di
pessimo umore, senza motivazione, incapaci di percepire sentimenti. L’arteterapia
in questi casi ha a disposizione strumenti recettivi32 di esercizio dell’attenzione per
incoraggiare le persone all’attività creativa e a riconquistare l’autostima.
32
Vedi la terapia recettiva di Achille De Gregorio che descrivo in un altro contesto.
Arteterapia e burnout
7
46
L’approccio di ArTeA
Di seguito descrivo gli elementi principali dell’approccio di ArTeA, come li ho acquisiti
nella mia formazione triennale.
7.1 Il setting
Esistono diversi tipi di atelier con compiti diversi. Lo scopo di un atelier può essere
educativo, socializzante, riabilitativo, artistico oppure terapeutico. Il setting cambia
secondo l’orientamento e le finalità delle attività nell’atelier.
Quando si tratta di affrontare la sindrome da burnout il tipo di atelier e il setting sono
considerati arteterapeutici. I problemi e i contenuti del subconscio sono gli oggetti
dell’attenzione. La persona e le sue risorse sono al centro del rapporto terapeutico.
L’arteterapeuta segue il processo creativo. Per i clienti colpiti dalla sindrome da
burnout spesso si offre un setting individuale e non di gruppo.
L’atelier socializzante mette il gruppo e la sua comunicazione al centro dell’attenzione.
Questo può essere utile specialmente nel lavoro con persone con handicap, dove il
fare arte vive soprattutto nell’incontro di gruppo. Anche nell’area del benessere nel
lavoro con adulti o anziani l’aspetto sociale può essere importante. L’atelier che funge
come bottega d’arte si rivolge ad altri utenti: si fa arte per preparare una mostra e allo
stesso tempo ad una soddisfazione che si basa sul prodotto artistico.
Il setting arteterapeutico – cioè quello che in questo contesto ci interessa di più - si
svolge in un ambiente più intimo, dove il prodotto creativo dell’utente non viene messo in
scena. Il luogo dell’arteterapia dev’essere un posto, dovo ognuno è riconosciuto, dove
si lavora concentrati e accompagnati dall’arteterapeuta dotato di empatia. L’atelier
47
Hanna Battisti
funge come contenitore affettivo. Si lavora in gruppo o individualmente. L’atelier è
accogliente, offre posti di lavoro ben illuminati, materiali in “quattro angoli”33.
Il mio atelier nel Centro Tau a Caldaro è sostanzialmente attrezzato come suggerito
da ArTeA: Si tratta di uno spazio accogliente, non tanto grande, che offre sufficiente
spazio per quattro posti di lavoro. C’è l’angolo con i materiali secchi per il disegno e
la grafica, l’angolo con i materiali da dipingere con acqua, un angolo per la plastica, la
creta e nel mio caso per il lavoro con cartoni in modo tridimensionale. Ci sono, inoltre,
ampie scorte di vecchie riviste illustrate per il collage, un computer e una fotocamera
nell’angolo dei media. Inoltre posso utilizzare materiali della natura, perché l’atelier si
trova in mezzo a un giardino ampio che appartiene al convento dei frati francescani.
Il rapporto è, come vediamo dopo, fondamentale. Durante il percorso l’arteterapeuta
agisce con due codici diversi: il “codice paterno” stabilisce le regole, provvede ai
processi dell’arteterapia e ai materiali e stimola il cambiamento. Il “codice materno”
invece accompagna con stima e empatia, stabilisce un’atmosfera accogliente, alimenta
e osserva il cliente.34
7.2 La fase di osservazione
Nella prima fase di orientamento nell’arteterapia è importante farsi un quadro
possibilmente completo della persona e del suo contesto di vita. Bisogna ricercare
informazioni e mettere a fuoco il problema. Oltre all’anamnesi dell’utente, per me è
importante anche stabilire insieme un obiettivo terapeutico. ArTeA consiglia di offrire
materiali e colori di diversi tipi (“angoli”) per almeno 5 – 6 incontri per capire il cliente
33
I quattro angoli , un concetto di ArTeA che simboleggia aspetti della nostra vita: la vita del
pensiero rappresentato da materiali secchi di grafica e disegno; il corpo e la vita sessuale rappresentato dalla
platica, la creta ecc.; le emozioni rappresentate da materiali e colori da usare con acqua; l‘immaginario rappresentato dai media, il collage, la fotografia, ecc.
34
Vedi Carlo Guzzi, opuscolo della formazione triennale di ArTeA, Bolzano 2009
Arteterapia e burnout
48
e le sue preferenze creative e individuare materiali con cui si trova a suo agio. In
questa prima fase l’arteterapeuta non interviene, ma lascia al cliente la libera scelta
dei materiali e colori. Usa una griglia di osservazione in tre ottiche35:
a) L’analisi relazionale che include tutte le sensazioni suscitate, le associazioni visive,
gli atteggiamenti nel setting, eventualmente le dinamiche nel gruppo, i transfert e
contro transfert36.
b) L’analisi fenomenologica riguarda il processo creativo e osserva tecniche e
materiali. Gli elementi del linguaggio da analizzare sono la linea (il tratto, la pressione,
il movimento, l’andamento ecc.), il colore (accordi, contrasti, luminosità ecc.), la
forma (regolare/irregolare, aperta/chiusa, verticale/orizzontale), la materia (spessa,
coprente, durezza, volume, tondo, basso, ecc.), lo spazio (vuoto, pieno, horror vacui,
affollato, equilibrio ecc.), luci e ombre, composizione, presentazione del significato.
c) Nell’analisi psicologica l’arteterapeuta osserva i collegamenti con le verbalizzazioni,
con opere precedenti, temi e simboli ecc.
I quatto angoli con i materiali diversi comunicano con gli stati mentali e i bisogni della
persona: Chi sceglie i materiali secchi lavora prevalentemente sul mentale, chi usa
volentieri i colori d’acqua lavora sull’emozione. Chi invece preferisce i media e il collage
lavora sull’immaginario, sulle fantasie e idee. La plastica favorisce l’elaborazione
corporea. Le quattro aree includono le esperienze di fondo di ogni vita umana.
7.3 Il biglietto da visita e il trattamento
La fase di osservazione finisce con il cosiddetto biglietto da visita,37 cioè un quadro che
spicca dalla serie di quadri iniziali, perché in qualche maniera particolare, simbolico,
coinvolgente. Quest’opera trasmette qualcosa dell’interiorità del cliente. Il biglietto da
35
Achille De Gregorio: Sistema e contesto dell‘arteterapia, 2010
36
Termine che si trova nella teoria di Sigmund Freud e che descrive un aspetto del rapporto
terapeuta-cliente ma anche nella vita quotidiana, visto che le persone tendono di proiettare le proprie emozioni
sull‘altro. Freud, Sigmund: Das Ich und das Es und andere metapsychologische Schriften, Frankfurt a.M, 1981
37
Achille De Gregorio: Il modello polisegnico, 2009
49
Hanna Battisti
visita emerge spontaneamente dopo un certo periodo di fiducioso accompagnamento
nell’atelier. Il cliente spesso non si rende conto della specificità di quest’opera e
l’arteterapeuta deve essere in grado di identificarla. Si può dire che il biglietto da visita
all’arteterapeuta apre la strada per un intervento terapeutico: inizia il trattamento.
La decodifica viene sempre applicata sulla serie di immagini, mai su un’immagine sola.
La decodifica contiene l’esame e l’analisi delle opere, il processo di creazione e l’esame
del significato. Guardiamo l’organizzazione grafico-plastica, la rappresentazione
visuale e la iconografia dinamica. Prima dell’intervento bisogna però fare la decodifica
dell’opera significativa. Qui ci aiuta il modello polisegnico38 con le tre ottiche dell’analisi
fenomenologica ed estetica, l’analisi degli aspetti relazionali e degli aspetti psicologici.
Si decide, inoltre, l’ambito espressivo del cliente: guardando la fase di osservazione
complessiva si può vedere l’organizzazione grafico-plastico che usa il cliente:
• usa i mezzi creativi per una liberazione caotica,
• usa l’arte per rafforzare le sue difese,
• usa pittografie,
• oppure un’espressione strutturata.
Nella fase di trattamento l’arteterapeuta decide in base della fase di orientamento e
soprattutto al biglietto da visita come proseguire. Determina il percorso proponendo
mezzi e materiali secondo la necessità arteterapeutica. Le funzioni di questo processo
sono le seguenti:
L’arteterapeuta si chiede se il cliente nelle immagini esprime un mondo interiore o
un mondo esteriore. Se il cliente articola un mondo interiore quale funzione assume
il processo di rappresentazione?
a) Nella funzione strumentale vediamo che usa l’arte per liberarsi di emozioni.
b) La funzione regolatoria crea un mondo compensativo rispetto ai problemi
reali.
c) La funzione immaginativa sogna un futuro luminoso e sereno in contrasto al
38
Idem, Achille De Gregorio
Arteterapia e burnout
50
presente.
Se vediamo che il cliente parla di un mondo esterno l’opera può avere
a) una funziona comunicativa (che si registra spesso nel caso delle persone con
handicap, ma anche con anziani e adulti in un atelier socializzante).
Oltre a quanto descritto la rappresentazione visuale può essere anche
b) personale,
c) conoscitiva. 39
L’arteterapeuta prosegue intervenendo in quattro diversi modi secondo la necessità
del processo arteterapeutico e la personalità del cliente:
• a) il cavallo di Troia
• b) l’organizzazione
• c) disorganizzazione
• d) il labirinto.
Questi modi descrivono anche le capacità di elaborazione simbolica e di strutturazione
da parte del cliente.40
Bisogna fare un percorso di riorganizzazione estetica, capire e decifrare i messaggi
inviati all’arteterapeuta e reintegrare le motivazioni psicologiche del cliente.
7.4
Valutazione e conclusione del percorso
In questa fase descrivo i risultati possibili del processo arteterapeutico sullo sfondo
dei criteri e obiettivi nell’arteterapia secondo ArTeA. Ad esempio si spiega se nella
fase di trattamento i seguenti obiettivi sono realizzati quanto riguarda il rapporto col
mondo interno e esterno:
− Il percorso ha trasformato le emozioni del cliente in modo positivo?
− È stata effettuata una elaborazione simbolica del problema?
39
Idem, Achille De Gregorio
40
Idem, Achille De Gregorio
51
Hanna Battisti
− Il cliente si è costruito una realtà interiore con la quale può convivere meglio?
− Il livello di autonomia personale e delle relazioni sociali sono aumentati?
− Il livello di coscienza dei propri problemi è cresciuto?
Questi interrogativi forniscono la griglia principale di valutazione del risultato finale
del processo.
Arteterapia e burnout
8
52
Il rapporto arteterapeuta – cliente
La psicologia non-direttiva
di Carl Rogers
Nella mia esperienza di psicologa e di tirocinante in arteterapia tante volte mi è stata
confermata l’importanza del rapporto arteterapeuta-cliente. Creare un ambiente
accogliente, guadagnare la fiducia del cliente nel percorso e nell’intervento: tutto ciò che
può essere utile per l’efficacia della terapia va preso seriamente in considerazione.
Nella mia formazione primaria il concetto di Carl Rogers ha assunto particolare
significato. Il seguente capitolo sta a sottolineare l’importanza del rapporto
nell’arteterapia, a cui Rogers a prestato tanta attenzione.
Carl Ramson Rogers (1902-1987), uno psicologo americano, ha fondato la terapia
non-direttiva ed appartiene alla corrente umanistica della psicologia. La sua “Clientcentered-Therapy”, la terapia centrata sul cliente, diventa la terza colonna della
psicologia (a fianco della Psicoanalisi e del Behaveiorismo). Si basa su un quadro
della personalità umana, secondo la quale l’individuo tende all’autorealizzazione.
L’accompagnamento ideale di uno psicoterapeuta (nel nostro caso di un arteterapeuta41)
significa empatia, stima e autenticità. Così l’arteterapeuta crea le condizioni necessarie
per una crescita personale. A differenza di Freud, crede nella tendenza fondamentale
dell’organismo di attualizzare le proprie risorse. Nell’approccio terapeutico non usa
le tecniche psicoanalitiche dell’interpretazione, ma l’empatia come concetto centrale
creato da lui. L’empatia è una comprensione profonda del cliente e del suo modo di
essere, cioè un’assenza di giudizio. In questo modo l’arteterapeuta è in grado di sentire
41
Siccome si tratta di una tesi in arteterapia applico la teoria di Carl Rogers su questo quadro professionale, anche se Rogers parla di terapeuti in generale. Vedi: Rogers, Carl: Therapeut und Client.
Grundlagen der Gesprächspsychotherapie, Frankfurt 1983
53
Hanna Battisti
le emozioni e i turbamenti del cliente senza proiezioni. Empatia significa rispetto
della libertà e dell’autodeterminazione. In fondo, nel rapporto terapeutico due esseri
umani si incontrano e credono alla forza interiore della crescita. Quello che conta è il
mondo soggettivo e fenomenologico dell’individuo. Ognuno di noi, in fondo, è capace
di riflettere, di darsi obiettivi e fare scelte autonome. L’arteterapeuta non dovrebbe
cercare di manipolare il cliente, ma facilitare un processo decisionale autonomo.
“Quando le persone non si preoccupano eccessivamente delle valutazioni, delle
esigenze e delle preferenze altrui, la loro esistenza risulta guidata da una tendenza
innata all’autorealizzazione.”42 La persona deve assumersi la responsabilità della
propria vita. Solo in un’atmosfera terapeutica calda e empatica il cliente sviluppa la
sua capacità di crescita e di autorealizzazione. Secondo Rogers “il terapeuta dovrebbe
possedere tre qualità fondamentali: l’autenticità, la considerazione positiva e
l’incondizionata e profonda comprensione empatica. L’autenticità, talvolta chiamata
congruenza, comprende la spontaneità, l’apertura e la genuinità. L’arteterapeuta non
ha niente di fasullo, non si nasconde dietro una facciata professionale, e rivela i suoi
pensieri e sentimenti al cliente in maniera informale e schietta.”43 La considerazione
positiva e incondizionata è il modo di vedere l’individuo, cioè un concetto
umanistico dell’individuo che è dotato di auto-riflessione e di auto-realizzazione.
L’empatia significa entrare nel mondo del cliente e vedere le cose con i suoi occhi.
Da questo approccio risultano i seguenti tre orientamenti:
• Il rapporto tra l’arteterapeuta e il cliente dovrebbe essere di stima, empatia e
autenticità. L’arteterapeuta rispetta i tempi del paziente. Secondo l’approccio
di Carl Rogers la terapia (e quindi anche l’arteterapia) ha un carattere
accompagnatorio, non di confronto, non esigente.
• Il lavoro arteterapeutico dovrebbe orientarsi secondo le risorse, cioè dovrebbe
42
1983
Carl Rogers: Therapeut und Client. Grundlagen der Gesprächspsychotherapie, Frankfurt
43
Carl Rogers: www. wikipedia.it
Arteterapia e burnout
54
far tesoro dei risultati della salutogenesi e della teoria della resilienza.44
• L’arteterapia dovrebbe promuovere la decisione libera del cliente e quindi
rafforzare la sua autostima.
44
Resilienza é un termine usato in psicologia. Wikipedia.it definita così: “La resilienza viene vista come la capacità dell‘uomo di affrontare e superare le avversità della vita (...) di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive
che la vita offre, senza perdere la propria umanità. Persone resilienti sono coloro che immerse in circostanze
avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.” Il termine resilienza
diventa importante anche nel trattamento della sindrome da burnout.
55
9
Hanna Battisti
Le mie esperienze con altre scuole
di arteterapia - Un confronto
In precedenza ho sperimentato in prima persona l’atelier di pittura (Malatelier) di Arno
Stern. Elena Nicolay, un’arteterapeuta svizzera, gestisce da anni un’atelier di pittura
a Coira. Negli anni 2005 e 2006 sono stata sua cliente.45 Nel 2008 ho frequentato
il Malatelier di Ellen Stören, un’arteterapeuta svedese, che vive presso Bolzano, con
frequenza settimanale per alcuni mesi.
Nel mio tirocinio a Bad Bachgart nel 2009 ho conosciuto Walter Grünfelder, arteterapeuta
formato presso l’istituto Apakt a Monaco46. Mentre nell’atelier di pittura si usa solo un
tipo di colori e si dipinge su pareti in un atelier piccolo senza finestre, l’arteterapeuta
Walter Grünfelder, applica metodi della psicologia umanistica e psicodinamica e animava
i clienti a dipingere con temi ed interventi psicologici. Un colloquio collegato permette
un’autoriflessione del cliente. Tutte e due le esperienze erano a loro modo interessanti
e piuttosto molto diverse dall’approccio di ArTeA.
Era importante per me conoscere e poter paragonare i diversi approcci di arteterapia.
In seguito cerco di visualizzare i loro concetti fondamentali in uno schema sinottico, che
è il risultato della mia esperienza.
45
46
Nel „Malatelier“ usualmente si lavora per tre o quattro giorni in seguito, ogni due o tre mesi.
www.apakt.eu; l‘approccio di APAKT viene descritto come psicoterapia con mezzi d‘arte
56
Arteterapia e burnout
Prospetto comparativo.
ArTeA
Fondamenti teorici
Psicologia dinamica di
Sigmund Freud,
Teorie filosofiche e estetiche
di Arnheim e Arieti
Principio curativo
Psicologia dinamica:
Arteterapia è introspezione
e comunicazione tramite il
mezzo creativo. La sintesi
magica.
Il prodotto creativo evidenzia
l‘inconscio di una persona.
Dipingere è già un atto di
riparazione.
Malatelier
Fondamenti teorici
Psicologia dinamica di
C.G. Jung e il concetto di
arteterapia di Arno Stern
Principio curativo
La psicologia di C.G. Jung:
Dipingere è la
comunicazione del
subconscio con la parte
conscia della persona.
Dal subconscio arrivano a
galla messaggi della storia
personale e simboli del
collettivo. Mentre dipingiamo
si trasformano le emozioni.
L‘arteterapeuta
L‘arteterapeuta
accompagna il cliente e
aiuta a percepire le
interviene secondo il metodo emozioni del cliente durante
preciso di ArTeA, tramite i
il processo pittorico. Conta
quattro angoli e il materiale il gesto e la sensazione
a disposizione nell‘atelier. Il corporea durante la pittura.
percorso è diviso in tre parti: L‘arteterapeuta aiuta a
osservazione, trattamento
verbalizzare e dipingere le
e valutazione. Non si lavora emozioni.
su un immagine, ma sul
percorso intero. Il cliente
arriva nel processo creativo
alle ferite subconsce e
impara a simboleggiarle.
Il prodotto creativo
Il prodotto creativo
viene sottomesso alla
è importante come
decodifica secondo il
riflessione di luci e colori che
Modello Polisegnico.
lasciano tracce nell‘anima
del cliente.
L‘atelier di arteterapia
Il Malatelier
è praticabile per tutti i tipi di viene offerto a bambini e
utenti:
adulti con inquietudine o
Pazienti psichiatrici, persone stress e problemi di vita
con handicap, anziani,
quotidiana,
giovani, nell‘area del
ma non a pazienti psichiatrici
benessere
o anziani.
Viene proposto nell‘area del
benessere.
Kunsttherapie Apakt
Fondamenti teorici
Elementi della psicologia dinamica,
sistemica e interazionale. Si
riferisce a Freud, Adler, Jung e
Stierlin.
Principio curativo
Psicologia Umanistica, Gestalt e
Psicologia Integrativa di Hilarion
Petzold.
Il cliente è consapevole di
sé, riflessivo e capace di
un’introspezione profonda. Può
comprendere la sua situazione
psichica e le ferite interne con
l‘aiuto di esercizi creativi condotti
da un arteterapeuta.
L‘arteterapeuta
offre temi precisi da elaborare che
riflettano la situazione nella propria
famiglia da bambini o il proprio
corpo, la sessualità, l‘amore ecc.
Dopo la fase creativa continua con
la fase di riflessione sul prodotto
e su temi ricorrenti. Così ogni
incontro è un unità chiusa.
Il prodotto creativo
viene interpretato secondo i
temi che emergono. Talvolta si
tratta solo di gesti che provocano
emozioni forti.
La Kunsttherapie
è adatta a persone con capacità
di introspezione. Metodo praticato
in cliniche, nella riabilitazione, nelle
consulenze, con anziani, nelle
scuole, con adulti e nel campo
lavorativo.
10
57
Hanna Battisti
Arteterapia e burnout
Persone colpite da sintomi da burnout si sono impegnate eccessivamente nella
vita professionale e hanno chiesto troppo a se stessi. Si trovano ingabbiate nel
circolo vizioso di voler soddisfare tutte le aspettative e hanno toccato i loro limiti.
Sono cronicamente stanche con il sistema psichico-mentale fuori controllo. Queste
persone devono imparare ad essere presenti senza obblighi, ad avvalersi di forme e
colori senza scopo e costrizioni. L’arteterapia può allenare la capacità di percezione
e può riavviare la percezione del proprio sé. Può trasmettere tranquillità e accogliere
la persona in un ambito protetto. Può rafforzare la coscienza di sé e in un secondo
momento motivarlo ad uno sguardo sul proprio passato. L’arteterapia è orientata verso
le risorse e vuole rafforzare la persona in ciò che può fare bene.
L’obiettivo dell’arteterapia è l’autoaiuto. Chi ha imparato il linguaggio dell’espressione
artistica e sa muoversi in esso, può impiegarlo anche dopo. Per questa persona è una
risorsa permanente a cui può attingere anche nel futuro.
10.1 Ipotesi in riguardo al cliente
Vorrei articolare delle ipotesi in merito al gruppo delle persone colpite da burnout.
Queste persone
si trovano in uno stato in cui non sono in grado di assumersi obblighi e non
riescono ad affrontare richieste poste ad essi;
rifiutano di prestare alcun tipo di servizio. Sarebbe sbagliato caricarle con una
qualsiasi richiesta;
sono impaurite e insicure. Hanno una bassa autostima;
si sentono depresse e demotivate, senza energia;
spesso non sono più in grado di prendere le decisioni più semplici. Si sentono
Arteterapia e burnout
58
scoraggiate e incapaci di rispondere a degli impegni;
tendono a ritirarsi e a tagliare i contatti;
vorrebbero essere avvicinate in modo individuale secondo i loro bisogni.
affrontano degli incarichi di lavoro in misura solo limitata.
hanno bisogno di sostegno e affermazione.
10.2 Voler essere perfetti
Nell’ambito dell’arteterapia può essere evidente un forte desiderio di fare le cose in
modo perfetto. Questo atteggiamento può creare un ostacolo o una resistenza contro
le forme tradizionali di arteterapia. Queste persone rifiutano l’uso delle matite o dei
colori temendo di “fallire” o di essere valutate. Sono troppo fissate sui risultati, che
credono dover essere piacevoli, sulla prestazione, e non riescono a lasciarsi andare
nel gioco con colori e forme e alla guida del subconscio.
10.3 Voler fare una cosa “utile”
Spesso le persone esaurite dal lavoro e dalle necessità quotidiane non riescono più a
rilassarsi nelle sperimentazioni senza scopo prefissato e senza compito. Si attaccano
all’idea di fare progressi veloci e visibili per uscire da una situazione insopportabile.
Non trovano la fiducia nell’inconscio che prima o poi si fa vedere e scorre come un
fiume.
10.4 Il blocco creativo
Le persone con la sindrome da burnout spesso si sentono bloccate, non solo nella
vita quotidiana e nel lavoro, ma in generale. Già molto prima non sentono più impulsi
creativi in generale. Si può dire che proprio la mancanza di creatività viene sentita come
mancanza di vitalità. Rimane solo l’esaurimento, la stanchezza, la depressione.
59
Hanna Battisti
10.5 Il calo di autostima
È evidente che una persona afflitta da tali sintomi a lungo termine perde l’autostima. Si
sente insicura e spesso anche colpevole rispetto il suo ambiente sociale, per cui cerca
di non causare preoccupazioni agli altri. Ha bisogno di sostegno e accompagnamento
empatico, ma raramente riesce a chiedere qualcosa. Si ritira racchiusa nell’idea di
trovarsi in un impasse irreversibile.
10.6 Il lavoro arteterapeutico
L’arteterapia, in corrispondenza ai risultati e alle impostazioni di ArTeA Milano, dovrebbe
iniziare con una fase di osservazione, offrendo al cliente materiali dei quattro angoli e
forse in più materiali non convenzionali. Si potrebbe ricorrere a materiali della natura,
fiori, erbe, sassi, sabbia, materiali che non suscitano esperienze creative del passato
e non ricordano atteggiamenti di doveri lavorativi. Nell’accompagnamento di clienti
con burnout l’arteterapeuta deve essere molto attento nella fase di osservazione.
Innanzitutto è importante stabilire un buon rapporto di fiducia tra arteterapeuta
e cliente, all’insegna dei valori di empatia e stima, così come lo descrive Carl
Rogers.47
Secondo il modello di Antonovsky48 l’arteterapeuta dovrebbe lavorare sulle
risorse e sui “tesori” del cliente. L’obiettivo dell’arteterapia deve essere quello
di riscoprire e recuperare la creatività e la vitalità persa nel profondo inconscio,
invece di gravare nelle ferite infantili.
Per favorire la comunicazione tra la parte conscia e il subconscio della persona
descritta nella sintesi magica di Arieti49, è importante seguire le premesse e le
impostazioni del metodo di ArTeA.50
Il linguaggio creativo e simbolico sviluppato nel percorso arteterapeutico
consente al cliente un nuovo modo di comunicare e in seguito di affrontare il
47
Vedi: Carl Rogers, 1983
48
Vedi Antonovsky, pag. 27 della tesi
49
Silvano Arieti: Creatività. La sintesi magica, senza data
50
Achille de Gregorio: Il modello polisegnico
Arteterapia e burnout
60
suo problema.
L’arteterapeuta deve aprirsi nei confronti del tema biografico del cliente.
L’arteterapeuta deve aprirsi ai simboli della memoria collettiva e spirituale,
descritti da C.G.Jung.51
La verbalizzazione è un punto importante nell’arteterapia. Questa riguarda
meno il risultato creativo e nemmeno l’interpretazione dei contenuti (come
viene fatto spesso nel modello di Petzold), ma un accompagnamento empatico
sul livello emozionale della persona.
Il rilassamento mentale e fisico è fondamentale per i clienti colpiti da burnout.
Nel programma di ARS VITAE52 del Centro TAU sono previsti diversi tipi di
rilassamento.53
51
Nel suo libro “Der Mensch und seine Symbole” C.G. Jung descrive i grandi simboli
dell‘umanità, ma non si tratta di un elenco da usare rigidamente. Jung apre con I sui studi sulla memoria collettiva la mente attraverso la cultura umana eredita da popoli passati e presenti in tutti i posti del mondo.
52
Progetto ARS VITAE del Centro Tau, vedi capitolo 2
53
La mia collega Martina Gallmetzer è insegnante di meditazione, training autogeno e di MBSR
e si referisce nel suo lavoro alla meditazione Vipassana che deriva dalla tradizione buddhista e al MBSR, Mindful Based Stress Redaction, sviluppato da Jon Kabat-Kinn; vedi: Kabat-Kinn, Jon: Gesund durch Meditation.
Gesund durch Selbstheilung, München 2011
61
11
Hanna Battisti
Metodi e proposte concrete
Per affrontare il problema del burnout, l’arteterapia può dare un impulso importante.
Nella metodologia mi appoggio al modello di ArTeA decritto nel capitolo 8. Sono
convinta che un percorso intero, accompagnato con empatia e stima abbia la forza
di migliorare la situazione di un cliente di burnout. In seguito descrivo delle proposte
concrete adatte, a mio parere, a un percorso di arteterapia con questa clientela.
11.1 Colori e materiali
Ho già descritto nei capitoli 7 e 8 come dovrebbe essere attrezzato un atelier secondo
l’istruzione di ArTeA: i quattro angoli che contengono quattro aspetti terapeutici
paragonabili a farmaci per il corpo. I materiali secchi, la matita, il grafico per favorire
un trattamento del pensiero e della mente, i materiali e colori da usare con acqua
per la vita emozionale, il collage e i media per la cura dell’immaginario e l’argilla o la
cartapesta per la percezione e l’elaborazione corporea. Tutto questo è a disposizione
nel mio atelier.
11.2 La fotografia
La fotografia appartiene all’angolo dei media che sostiene la funzione immaginativa
di una persona. Ho deciso di usare la fotografia, perché si tratta di un mezzo ormai
usato quotidianamente da tutti. Non è più uno strumento di una élite o di un’esperta,
come una volta. Oggigiorno la macchina fotografica è stata così semplificata nel suo
uso, che persino un bambino è capace di usarla. Il mondo digitale ci offre una serie di
possibilità nell’elaborazione creativa. Ci sono vari modi di lavorare con la fotografia in
arteterapia. Claudine Vacheret ha sviluppato il fotolinguaggio®, che mi sembra utile
Arteterapia e burnout
62
anche per l’arteterapia.54 In America è conosciuto il metodo di fototerapia55, applicato
in psicoterapia. Sono convinta che la fotografia presenti una soglia meno alta da
superare rispetto ad altri mezzi creativi (ad esempio la pittura).
11.3 Il collage
Il collage e le fotografie lavorano sull’immaginario di una persona. Certe volte il cliente
si sente di sfogliare delle riviste a disposizione nell’atelier, perdendosi in pensieri
ed emozioni. Raccoglie immagini che colpiscono, senza accorgersi del perché. Si
lascia andare alle emozioni e ai ricordi da essere provocate. Alla fine raccoglie, mette
insieme e compone cosa ha trovato. Le immagini trovate non le attacca solo a caso su
un foglio, ma si sente di “fare ordine”, di dare un significato personale. In questo tipo
di attività esprime la sua creatività e anche la sua parte subconscia.
11.4 La terapia recettiva
La terapia recettiva56 è un metodo di arteterapia ben studiato e con grande affinità
con la fotografia e il collage, ma è allo stesso tempo riconducibile a tutte le quattro
aree dell’arteterapia, perché contiene immagini di ogni area, perciò di ogni esperienza
umana. Il metodo comprende circa 120 immagini di arte tradizionale e contemporanea,
di pittura, illustrazione, foto e fumetti.
Le immagini sono divise in quattro aree:
1. La prima area riguarda la percezione sensoriale, corporea, del sé, degli altri e
del tempo.
2. La seconda area si riferisce al pensiero, alla dimensione dell’intellettuale o
dell’immaginario.
54
Si tratta di un metodo di lavoro con la fotografia concepito per gruppi. Vedi: Maria Clelia
Zurlo e Claudine Vacheret: Il fotolinguaggio. In: La Professione di Psicologo Rivista dell‘Ordine dei Psicologi
n. 01/2009
55
La fototerapia si basa sostanzialmente su vecchie fotografie biografiche, prese dall‘album di
famiglia. Vedi: Linda Bermann: La Fototerapia in psicologia clinica. Trento 1996
56
Achille De Gregorio: Arteterapia Recettiva. Le immagini che curano, ArTeA formazione 2010
63
Hanna Battisti
3. La terza area si avvicina all’affettività con gli aspetti depressivi e relazionali.
4. La quarta area parla della volontà, degli aspetti delle pulsioni.
Queste immagini vengono proposte in forma di museo d’arte, un gioco che prevede
di “comprare” le opere più significative e “belle” o significanti. Le immagini si
possono suddividere in due parti: quelle che riguardano il mondo interiore (con le
sue funzioni catartiche, regolatorie o immaginative) e quelle del mondo esterno
(con le sue funzioni interattive, personali o conoscitive). In più ci sono anche
quadri con diversi concetti di difesa: la diversione, l’ottimismo, l’ansia ecc. La
scelta del cliente avviene in modo subconscio. Con l’aiuto dell’arteterapeuta il
cliente mette in fila e compone le sue immagini scelte (ca. una decina) e con esse
racconta una storia. Spesso si riesce a focalizzare la ferita, lo stato d’anima, il
trauma. La terapia recettiva è difficile da applicare soprattutto perché oltre alla
conoscenza della tecnica e della comunicazione c’è un grande pericolo di transfert
e contro transfert. Inoltre vedo il pericolo della proiezione e del pregiudizio su una
persona.
11.5 Temi ed interventi
L’arteterapia secondo l’approccio di ArTeA evita di dare temi o esercizi nel lavoro con
clienti, specialmente nella prima fase di osservazione. Può essere che nell’intervento
terapeutico della fase di trattamento sia utile dare un tema o intervenire con una
proposta concreta. Ho trovato dei temi e interventi che si prestano bene per essere
utilizzati nel metodo di ArTeA, come ad esempio quelli di Udo Baer57 che offre degli
stimoli interessanti. Qui alcuni esempi:
− Il Triptychon: Si tratta di un intervento che riguarda solo la forma e non il
contenuto della proposta terapeutica. Il cliente prende un foglio e lo divide in tre
parti. Di seguito il cliente decide se usare le tre parti per raccontare una storia
oppure aspetti di uno stato d’animo. Può essere uno stimolo in un momento
57
Vedi: Udo Baer: Gefühlssterne, Angstfresser, Verwandlungsbilder. Kunst- und gestaltungstherapeutische Methoden und Modelle, Neukirchen, 2010³
Arteterapia e burnout
64
del percorso, quando tre aspetti di una cosa, di uno stato d’anima o di una
situazione della vita quotidiana sono da elaborare. Possibili sono: passato presente - futuro; tema – passaggio – contrario; madre – io – padre; lavoro
– io – famiglia. La scelta dei temi però non viene decisa dell’arteterapeuta, ma
del cliente.
− “An hua” o l’elaborazione del segreto: Nella Cina antica usavano “An hua”
nell’elaborazione della porcellana. Scrivevano o disegnavano messaggi segreti
sull’argilla e li coprivano con una smaltatura. Il codice velato si presentava solo
guardando attraverso l’oggetto di porcellana in controluce. Udo Baer inventa
una variante interessante per l’arteterapia. Suggerisce al cliente di nascondere
il suo segreto sotto uno strato di colore bianco spalmandolo con colori pastosi
in modo che dopo la procedura intera viene visibile solo in basso rilievo. Anche
qui è decisivo cogliere il momento giusto per applicare lo stimolo An hua. Dire
e non dire, rendere visibile e nascondere – questi possono essere metodi
interessanti nel contesto delle resistenze.
− Quadro con cornice: Nel percorso della terapia succede spesso che i contenuti
del subconscio che emergono nel dipingere o nel dipinto provocano ansia e
resistenze. Si tratta in tanti casi della paura di perdita di controllo. Udo Baer
inserisce in questo caso un piccolo intervento che però cambia tanto. Chiede
al cliente di dipingere una cornice. La cornice contiene lo spazio ansioso e dà
sicurezza. Secondo la scelta del cliente questa cornice può essere molto fine
oppure grossa, ampia, spaziosa.
65
12
Hanna Battisti
Parte pratica
Nella parte pratica descrivo alcuni esempi di lavoro arteterapeutico con clienti con la
sindrome da burnout oppuro nel lavoro di prevenzione di questa sindrome. Il Centro
Tau, un centro di spiritualità e benessere, è frequentato anche da persone, che si
interessano dell’arteterapia. Così durante il mio tirocinio avevo la possibilità di cogliere
esperienze soprattutto nell’area del benessere in cui si offrono di regola programmi
di breve durata. Perciò mi vedo confrontata di adeguare i tempi a quanto richiesto dai
clienti.
Il lavoro arteterapeutico nel Centro Tau
Diversamente da altre strutture pubbliche di terapia residenziale dell’ospedale, al
Centro Tau le persone vengono per libera scelta e di iniziativa propria. Normalmente
pagono le tariffe del Centro, oppure usufruiscono tariffe ridotte per persone meno
agiate. Queste condizioni sono importanti perché selezionano già il tipo di clienti:
si trovano generalmente in grado di poter pagare i servizi del Centro Tau. Inoltre la
clientela in linea di massima è capace di rendersi conto del loro malessere.
Però non hanno tanto tempo. Se in psichiatria le persone rimangono per anni e si può
sviluppare un percorso lungo, al Centro Tau i clienti chiedono un percorso più sintetico
e chiedono risultati immediati della cura. Dobbiamo lavorare secondo le esigenze
della clientela. Siccome l’arteterapia con clienti con la sindrome da burnout è una
cosa nuova che oggigiorno si manifesta in un altro ritmo nel mondo di lavoro e anche
privato, aggiungo al percorso di ArTeA e al polisegnico alcuni metodi ed esercizi che,
a mio avviso, sono praticabili per i clienti con burnout in tutte le fasi della malattia. I
quattro esempi di percorsi brevi di seguito descritti, ognuno diverso dall’altro, illustrano
il mio lavoro arteterapeutico, svolto in veste di tirocinante al Centro Tau.
Arteterapia e burnout
66
12.1 Due percorsi di arteterapia con l’approccio
di ArTeA
12.1.1 Martha58
Colloquio iniziale verbale
Martha all’inizio dell’incontro dell’arteterapia dice: “Mi sento proprio esaurita, è ora
di fare qualcosa per me stessa, finalmente. Troppi doveri predominano la mia vita
quotidiana.” Martha ha 46 anni, un’espressione decisa. È sposata e ha un figlio di 14
anni. È docente universitaria e inoltre politicamente molto impegnata. Ultimamente
suo padre – la madre è già morta da anni – ha bisogno di assistenza. Martha, figlia
unica, si sente responsabile e al momento dell’inizio dell’arteterapia, ogni giorno sta
insieme al padre per almeno 1 o 2 ore. Martha non regge più. Mi dá l’impressione
di una persona con lo spirito aperto con tanti interessi intellettuali. Nell’arteterapia
cerca uno spazio personale. Sta cercando un luogo per sviluppare la sua creatività
- un settore dimenticato e poco curato nella sua vita dominata da compiti e doveri.
Le sue capacità intellettuali, la voglia di argomentare e riflettere sono attributi tipici
di Martha.
In precedenza lei ha sviluppato un idealismo nel fare e nell’organizzare che si
manifesta specialmente nel suo impegno politico. Si occupa di tante cose per gli altri,
per il bene comune, per un’idea più grande, per le cose “buone” e “giuste”. Si tratta
di una persona molto capace e organizzata che si occupa di tante cose nella vita. Si
nota anche una forte presenza del Super Ego59 nella sua vita personale: porta vestiti
“etici”, si alimenta in modo biologico ed usa soprattutto mezzi di trasporto pubblico.
Ora, con la malattia di suo padre, si assume una responsabilità aggiunta. Sente
quasi fisicamente il peso del suo nuovo incarico.
58
Ho modificato il nome e alcune circostanze per motivi di privacy
59
Termine che usa Sigmund Freud per indicare la parte della moralità di una persona. Il Super Ego si
forma nell‘infanzia sotto l‘influenza dell‘educazione famigliare e del mondo sociale con le sue regole del comportamento. Vedi: Freud, Sigmund: Das Ich und das Es und andere metapsychologische Schriften, Frankfurt
a.M, 1981
67
Hanna Battisti
Diagnosi
Martha, secondo la diagnosi del burnout descritta sopra, si trova all’inizio della prima
fase:
Il processo di burnout di regola inizia con una forte motivazione e una gran
disponibilità di voler raggiungere il massimo e nel fare del proprio meglio.
Senza accorgersene questo scaturisce in un eccesso di carico di lavoro
che provoca paure ed una sensazione di minaccia. La paura di mancare
all’impegno e di non riuscire a svolgere il proprio lavoro sufficientemente
bene, nonché il mancato riconoscimento, causano stress e attivano la
cosiddetta “asse dello stress”. Questo termine circoscrive una reazione
fisica, di cui dispongono tutte le specie vertebrate, che ci aiuta in situazioni
di minaccia e prepara l’organismo per la lotta e la fuga.60
Nel caso specifico la cliente non ha una storia clinica alle spalle, né disturbi psichici
emersi in precedenza.
L’inizio
Come cominciare? L’inizio di un percorso arteterapeutico è sempre delicato.
L’arteterapeuta e il cliente non si conoscono e ci vuole del tempo per avvicinarsi e
prendere fiducia. All’inizio presento me stessa e l’atelier, spiego come è attrezzato
e le possibilità che offro. Lascio spazio al suo racconto della sua situazione di vita e
della sua esperienza personale (o anamnesi personale e familiare) per costruire un
rapporto di fiducia e familiarità con la persona.
Il setting
Propongo a Martha un lavoro arteterapeutico individuale che lei subito accetta. Per
iniziare stabiliamo una serie di dieci incontri una volta la settimana. La cliente è curiosa
del processo arteterapeutico.
60
Vedi Hans Finder e Edi Czamber, 2006
Arteterapia e burnout
68
L’obiettivo dell’arteterapia
Quale potrebbe essere l’obiettivo del lavoro arteterapeutico di Martha?
Nel nostro colloquio iniziale cerco di indagare sulle aspettative della cliente e a quale
traguardo vorrebbe arrivare. A questa domanda Martha afferma di avere soprattutto
bisogno di uno spazio personale per riprendersi dalle fatiche quotidiane. Stabiliamo
l’obiettivo di attivare le sue risorse personali.
Fase di osservazione
Faccio vedere a Martha i materiali a disposizione e osservo la sua grande disponibilità
a provare i materiali. Non c’è niente che rifiuta. I suoi quadri sono ben strutturati e
spesso eseguiti in base a un concetto sviluppato prima. Il suo lavoro creativo è legato
al mondo interno e all’immaginazione.
Temi e ricorrenze
Le prime opere che Martha realizza nella fase di osservazione descrivono alcuni
aspetti della sua vita presente: La panchina delle filosofe, dove descrive gli incontri
mensili di donne filosofe ai quali lei stessa partecipa. Subito dopo disegna una catena
che verso la parte destra del quadro si spezzano. Nel primo collage mette insieme la
cartolina dell’angelo Uriele e l’immagine di Henri Matisse col titolo Le Rève (Il sogno).
Un altro suo collage fa emergere una nostalgia di un viaggio realizzato a New York,
dove si è sentita libera e diversa dal solito. La città grande con tante possibilità, con
un futuro aperto, essere un’altra, costruirsi un’altra identità. In ogni quadro emerge
un aspetto di questa nostalgia forte: poter ritirarsi, essere un’altra, liberarsi da doveri,
sperimentare con identità nuove, sentirsi leggera, essere meno determinata dalla
mente, essere più sensuale ecc.
Nel trattamento l’argomento del Alter Ego e del second life diventano importanti.
Le vite che una persona potrebbe vivere nutrono sempre la fantasia. Chi sarei, se
avessi scelto un’altra vita? Dove mi avrebbe portata un’attività professionale total-
69
Hanna Battisti
mente diversa, una forma di vita diversa, un marito diverso, un paese sconosciuto?
Sarei la stessa oppure un’altra? Molte di queste domande, senza parole, sono contenute nelle suo opere riconoscibili all’occhio dell’arteterapeuta.
Si tratta di domande che fanno pensare a bisogni di un periodo sensibile di cambiamento, di desideri emergenti nuovi.
C.G. Jung con il suo concetto della tipologia di personalità61 distingue due modi principali di affrontare la vita: il modo estroverso e il modo introverso. Afferma che nella
metà della vita di una persona il modo sta cambiando. Secondo Jung il Sé62 spinge
nell‘arco di una vita a completarsi. Questo vuol dire che ogni persona, o meglio ogni
Sé di una persona sta cercando di realizzare anche l‘opposto del suo atteggiamento
attuale, sempre in servizio di raggiungere il livello di una persona ricca, evoluta e
saggia. Il Sé di una persona vuole essere realizzato in pieno. La soglia tra i 40 e 50
anni (a metà cammino della vita) si presenta come una fase sensibile, in cui si apre
la mente per cambiamenti. Questo si verifica anche nella cliente.
61
Vedi: C.G. Jung: Typoligie, München 1990
62
Il concetto del Sé non è solo una questione di identità, ma una visione ampia di un nucleo vitale
nell‘anima di ogni persona che predomina l‘orientamento e che contiene una forte tendenza di realzzarsi durante la vita. Vedi: Jung, C.G.: Bewusstes und Unbewusstes, Frankfurt a.M. 1987
Arteterapia e burnout
70
Le prime opere spontanee
nella fase di osservazione
Analisi fenomenologica:
- lascia tanto spazio intorno al disegno
- usa la tecnica a pastelli d‘olio,
- disegna le linee sottili
- usa il disegno
Analisi relazionale:
- è concentrata mentre lavora
- ha un‘espressione serena
- sà subito che cosa dipingere
- è pronta a scegliere un tema
- è decisa a spiegare e interpretare i contenuti
- dopo il disegno con gli anelli spezzati si sente angosciata, però supera subito il momento d‘imbarazzo,
dedicandosi ad un altro quadro
- sceglie due cartoline d‘arte, le compone come un
collage semplice e le appiccica su un foglio.
Analisi psicologica:
- temi sono le routine quotidiane, la ricerca delle risorse personali
- disegna la panchina dove è seduta con le amiche a discutere su temi filosofici
- gli anelli che si spezzano le provocano angoscia; c‘è qualcosa che si spezza
- le cartoline con l‘angelo Uriele e la donna nuda sognante tranquillizza la cliente. È contenta di aver trovato queste immagini.
La cliente si esprime in modo strutturato.
71
Hanna Battisti
Le opere significative e il trattamento
L‘angelo Uriele
L‘angelo Uriele e la donna nuda che dorme sono due cartoline che Martha trova nel mio atelier tra le riviste per il collage
e le compone, affermando che questa compressione le fa
impressione: L‘angelo appartiene a un mondo surreale. La
donna nuda e sensuale dorme e quindi anche lei appartiene
ad un altro mondo: il mondo dei sogni.
L‘angelo Uriele sulla immagine è un affresco del periodo romanico del dodicesimo
secolo di grande valore artistico63, il cui originale si trova nel convento di Marienberg
in Val Venosta nel Sudtirolo vicino alla frontiera svizzera.
Uriele, uno dei quattro arcangeli, significa letteralmente „la luce di Dio“ e secondo la
fede della chiesa ortodossa del est accompagna i morti fino alla luce di Dio64. Uriele
non è menzionato nella Bibbia, ma viene venerato nella chiesa ortodossa e nelle chiese libere degli Stati Uniti dell‘America, per esempio nella „Church of Uriel“. Un dettaglio interessante è che la chiesa cattolica ha vietato l‘adorazione dell‘angelo Uriele con
il Concilio di Roma dell‘anno 745.65 Il Concilio sostiene che Uriel non sia un angelo,
ma in verità un demone. Nonostante ciò l‘adorazione di Uriel continua ad esistere nella fede della gente comune. Gli attributi di Uriele sono la fiamma e la spada, qualche
volta anche un fiore di ferro. Nell‘occultismo Uriele possiede l‘energia per difendersi
contro la perdita di forza e contro l‘immobilità. Viene descritto come ispiratore nei
passaggi sensibili di cambiamento e guida attraverso le difficoltà e i rischi che questi
passaggi contengono. È anche il protettore della creatività.
63
Vedi: Leo Andergassen. Südtirol. Kunst vor Ort, Bozen 2002
64
Vedi: www.wikipedia.org: Uriel e www.marienberg.it
65
Idem
72
Arteterapia e burnout
La donna nuda sognante
Henri Matisse (1869-1954) creò quest’opera con il titolo “Le
rève” nel 1935 nel suo periodo artistico del Fauvismo. Era il
suo periodo “selvaggio” (fauve in francese), in cui si libera
dall’Impressionismo e cerca un nuovo stile più semplice,
armonioso, ridotto a linee e forme. Si tratta di un nudo di
Lydia Delectorskayev, la sua modella russa, che più tardi sarebbe diventata la sua
amante.66
Il cactus tropicale
Un altro quadro significativo nel percorso arteterapeutico di Martha è un collage: un
cactus tropicale enorme con tre rami che porta in cima tre cose: in mezzo un’immagine
della città di New York, a sinistra un viso dipinto con colori intensi con lo sguardo
pensieroso in basso, alla destra una spirale indefinibile che sembra un batterio o un
embrio. Tutto è montato su uno sfondo galattico di tempesta, fuochi e ghiacciai. Tutto
insieme fa pensare ad un grande universo in movimento furioso.
66
vedi www.wikipedia.org: La pagina di Henri Matisse. „When in 1943, the aging Matisse sought refuge
from bombardments in Nice, it was with the aid of Lydia Delectorskaya that he was able to continue to work
in the villa Le Reve in the tranquil town of Vence. His model since 1935, the highly efficient young Russian
woman became his assistant and controlled all aspects of running his home and atelier. Less and less mobile,
the artist expressed it simply, „sans elle, la maison n‘existe plus.“ For Matisse, she was by turns Mme Lydia,
the saint or the Bolshevik.... Whatever it took, for “maison” as anyone who appreciates Matisse must know, was
an essential concept for the artist who repeatedly drew his inspiration from the interiors he occupied and the
harmonies of objects he constructed there.“
73
Hanna Battisti
Il centro fisico dell’opera è sicuramente il ramo del cactus in mezzo che divide il
quadro in due parti e che tiene sulla sua cima l’immagine della città di New York.
Il centro percettivo però è il viso dipinto con colori. Non sembra un trucco, ma una
maschera un po’ trascurata che copre il viso di una donna con lo sguardo pensieroso
o triste. Questo è anche il centro psicologico del quadro. Più in basso a sinistra si nota
un altro viso coperto da un velo, come lo portano le donne islamiche. Solo gli occhi
sono visibili.
In questo quadro c’è una simbolica particolare, coinvolgente e più elaborato e
simbolico rispetto alle opere precedenti. Achille De Gregorio descrive il biglietto da
visita come “il buco nella rete, l’apertura della porta che l’utente azzarda per invogliarci
ad entrare.”67
Qui si vede molto bene la rappresentazione del mondo interiore nella funzione
immaginativa. La cliente dimostra interesse per un’espressione immaginativa68 ed è
soddisfatta del risultato.
Nel percorso di questo collage la cliente si lascia andare e per la prima volta non sa
in anticipo il tema e il contenuto. Per la prima volta la cliente non riesce a spiegare e
a trovare interpretazioni per l’opera. Ciò significa che appaiano anche dei contenuti
subconsci.
Gli aspetti dell’immaginario che usa sono la rotazione, il pericolo, l’energia, la velocità,
l’ansia. C’è un’atmosfera cosmica, di inquietudine, tristezza, agitazione.
Per iniziare con il trattamento sarebbe possibile seguire diverse strade. C’è l’angelo
Uriele, la donna nuda sensuale di Matisse, c’è il viso pitturato e il viso velato. Poi si
avverte chiaramente tutta questa energia visibile, che può essere visto come qualcosa
67
Cartella di arteterapia 2010, elaborato da Achille De Gregorio e Lorena Pischedda
68
La funzione immaginativa riguarda la rappresentazione, i funzioni e lo stile personale. Vedi: Achille
De Gregorio, 2009
Arteterapia e burnout
74
di pericoloso. Io però scelgo la cosa meno angosciante per il mio intervento, per
evitare un eventuale blocco creativo e anche per dare la possibilità di ritrovare le
risorse della persona. Scelgo New York, l’immagine centrale in alto nel quadro. È una
cosa realistica che la cliente aveva già menzionato in precedenza.
Il processo dell’arteterapia con Martha si basa sul mondo interiore e svolge una
funzione immaginativa.
Nel mio intervento arteterapeutico seguo questa strada: cerco di focalizzare il
tema “New York”. Forse si sintetizza come simbolo di tutto ciò che lei sogna e che
probabilmente in questo momento della vita le manca.
75
Hanna Battisti
Il tema New York reattiva nella sua mente non solo il ricordo di un viaggio piacevole,
angosciante e avventuroso allo stesso tempo. Provoca anche pensieri non piacevoli
che spesso ritornano nella sua vita: “Faccio la mia vita di routine, assolvo tutti i compiti
e i doveri, mi sento responsabile per altri, forse anche troppo. Sono una persona troppo
seria.” Tutto ciò non piace a Martha. “Sto male pensando a una persona responsabile
che si occupa solo dei suoi doveri”. La vita scorre e ora Martha vorrebbe andare oltre i
suoi limiti. Le piacerebbe fare qualcosa di nuovo, eccitante, essere allegra, fuori testa,
piena di gioia di vivere.
Nel viaggio a New York aveva realizzato una parte nuova in se stessa e aveva assunto
tanta autostima. Si sentiva coraggiosa, libera, piena di nuove possibilità.
Le risorse di una persona vanno scoperte o almeno intuite prima di andare nel profondo
della psiche e prima che emergano delle ferite. Ciò significa proteggere la cliente e
darle uno strumento potente di auto-regolamento.
Martha accetta molto volentieri il mio suggerimento di dedicarsi al tema “New York”.
Usa materiali che trova nell’atelier. A mia sorpresa non prende riviste per formare un
collage, ma sceglie carta di seta, carta colorata preziosa, foglie di fiori e compone
tutto quanto in un assemblage. Nel collage piazza anche i noccioli dei ciliegi che
sta mangiando mentre lavora, per non essere troppo armoniosa, dice. Vuole inserire
qualcosa di coinvolgente, di stupendo. Alla fine copre tutto il lavoro con una carta bella
sottile in modo che, appena uno apre e chiude l’opera, il velo si svela.
Martha non è del tutto contenta con il suo lavoro compiuto durante le due ore di
arteterapia. “È diventato troppo dolce, armonioso”, dice, “mi manca un tocco più
sfacciato.”
Racconta che non ama molto la sua parte armoniosa e responsabile. “Già per tutta la
vita gli altri mi conoscono così”, dice, “ma so che esiste anche un’altra parte in me.”
Arteterapia e burnout
76
Martha in fondo vorrebbe costruirsi un’altra identità. Ricordo la donna velata nel
biglietto da visita. Non è molto piacevole sentirsi coperta e non riconosciuta nel suo
vero Sé.
Come sarebbe essere un’altra? Come cambierebbe la vita, se io fossi un’altra? Come
si presenterebbe un Alter Ego? Sono queste le domande che io mi pongo pensando
a Martha. Esiste il gioco del second life nell’internet, a cui tanti giovani partecipano. Si
costruiscono un’identità nuova e vivono un’altra vita. Tanti psicologi criticano questo
gioco, tant’ è vero che i giovani si perdono in una vita virtuale che li parta a fuggire una
realtà poco affascinante.
Per Martha invece può essere ispirata dal gioco della second life in arteterapia, penso.
In realtà la cliente non accetta il termine second life. Perciò decidiamo di proseguire
con il termine Alter Ego.
Martha compone un assemblaggio di scatole e oggetti trash e costruisce un’opera
tridimensionale. È soddisfatta e spiega che vuole presentare diversi luoghi: quello di
lusso, quello armonioso, quello nascosto, quello banale, ecc. Rifiuta di orientarsi ad
ideali e norme e lo afferma verbalmente, ma vorrebbe la piena vita. In una vita piena
si trovano aspetti divergenti e non solo armoniosi. Anche le scatole dell’assemblage
messe insieme non sono legate l’una all’altra. Ma c’è comunque qualcosa che contiene
tutto, una scatola grande.
Nel momento dell’incontro finale ritorno all’immagine della donna dei sogni di Henri
Matisse e l’angelo Uriele. Se finora abbiamo chiarito l’aspetto del Super Ego, ora
analizziamo il tema della transizione (fase sensibile di cambiamento e l’angelo Uriele)
e delle esigenze nuove del Sé (Donna nuda sognante). Con il mio intervento finale le
due cartoline scelte diventano ispirazione e guida.
77
Hanna Battisti
Verifica
Martha ha usato materiali e colori diversi e le sue esperienze con materiali e
composizioni nuovi – collage, trash e assemblage – sono aumentate.
Nell’ultimo quadro di Martha ritornano le ali dell’angelo Uriele, grandi e volanti.
L’angelo, dotato di energia per sostenere la transizione, diventa un simbolo positivo
per la cliente.
Come ho descritto prima, la cliente si trova in una fase di travaglio, per quanto riguarda
la sua vita interiore e l’identità personale. La sua espressione creativa entra soprattutto
nella funzione immaginativa. Da una vita centrata sulle aspettative del Super-Ego, da
un’etica legata ai rapporti umani, la cliente vede emergere un altro aspetto della sua
psiche. Questo aspetto nuovo viene rappresentato da “New York” e dalla donna nuda
sognante di Henri Matisse. Potrebbe essere definito come un mondo diverso e lontano.
Uriele con i suoi attributi di guida rafforza la cliente in un periodo difficile. Le donne
nella metà della vita cambiano anche biologicamente, siccome finisce il periodo della
fertilità. Per tante donne la menopausa, che può durare anche a lungo, si manifesta
anche come un cambiamento psichico, paragonabile alla pubertà. Come all’inizio
della mestruazione delle ragazze giovani, anche la fine del periodo di fertilità, può
provocare incertezze, ansie e crisi. Questo periodo però contiene anche una grande
chance per trasformarsi e per sviluppare una maturità e saggezza più ampia.
Nella visione di C.G. Jung si tratta, come abbiamo visto, di completare il Sé con tutte le
Arteterapia e burnout
78
sue possibilità e le sue contraddizioni e poli opposti. Ciò significa che proprio attorno
alla metà della vita emergono domande e bisogni nuovi, qualche volta accompagnati
da crisi. Possono emergere anche ferite, dolori e traumi vecchi, finora rimossi, che
proprio in questo momento di transizione si fanno vivi per essere visti ed elaborati.
Nel caso della cliente si nota un cambiamento rispetto il suo Super-Ego, cioè nel suo
atteggiamento nei confronti delle aspettative degli altri. Non accetta più di essere
dominata da essi, ma si sente più libera e desidera di aprirsi verso un mondo meno
rigido, meno razionalista, più sensuale. Martha elabora la propria visione di se stessa:
chi sono veramente? Come potrei essere oltre la mia vita reale? La cliente risponde
a queste domande con opere significative che raffigurano l’angelo Uriele, la nuda
sognante, New York. Il tema dell’Alter Ego diventa importante nel trattamento.
Nel percorso arteterapeutico certamente sarebbe stato anche possibile seguire
le ferite che si evidenziano in alcune opere: ci sono gli anelli spezzati (secondo
quadro), le lacrime rosse (quarto quadro), l’atmosfera fulminante del collage del
cactus tropicale oppure il viso velato, i pezzi di filo ramato che traforano il cartone.
Nel percorso si trovano degli elementi che fanno pensare a ferite possibili, che
potrebbero essere analizzati in profondità. Siccome avevamo stabilito solo dieci
incontri, mi sembrava più utile cercare ed accentuare le risorse e le prospettive
positive della cliente.
Mi riferisco al concetto della salutogenesi di Antonovsky (pag. 30) che nella seconda
fase del concetto descrive la protezione della salute e la prevenzione: rimanendo
nella metafora del fiume, l’arteterapeuta cerca di costruire dei ponti per evitare
che le persone cadano nel fiume. Antonovsky afferma l’importanza delle categorie
understandibility, managebility e meaningfulness per un concetto della salute: è
importante che la cliente sia in grado di spiegare ciò che accade nella sua vita, di
controllare gli eventi attuali e di trovare un significato per rafforzare la resilienza69
della cliente.
Per valutare il risultato del percorso arteterapeutico di Martha uso la griglia che
69
www.wikipedia.it - resilienza
79
Hanna Battisti
Achille De Gregorio descrive nel suo modello polisegnico70:
La trasformazione delle emozioni: Posso confermare che le emozioni della cliente si
siano trasformate in modo positivo. All’inizio del percorso Martha si sentiva stanca
ed esaurita. Nel corso delle dieci settimane di arteterapia è riuscita a sviluppare più
leggerezza. Partecipa con piacere e alla fine si apre un nuovo punto di vista del quale
Martha è soddisfatta. L’angelo Uriele, trasformatore e guidatore nei tempi sensibili,
riappare nell’ultima opera della cliente.
La formazione simbolica: è stata effettuata un’elaborazione simbolica della situazione
di crisi.
La costruzione della realtà interiore: la cliente ha raggiunto un livello superiore di
conoscenza della propria situazione con la quale può convivere meglio.
70
Achille De Gregorio: Il modello polisegnico, 2008
Arteterapia e burnout
80
12.1.2 Lea71
Colloquio iniziale verbale
È marzo quando Lea arriva nel mio atelier. Si è rivolta al Centro Tau dopo aver letto
l’annuncio del progetto ARS VITAE sui giornali locali. Una donna di quasi 40 anni
con un sorriso convincente. Non sembra una persona che abbia bisogno di aiuto.
Racconta delle barzellette, ride su di sé e sembra leggera. Sembra incuriosita al
processo di arteterapia.
Nel primo colloquio però afferma che ha molto bisogno di uno spazio per se stessa.
È madre di una piccola figlia di 3 anni, lavora come assistente sociale, benché fosse
diplomata in fisioterapia. È sposata e suo marito al momento non è contento del suo
lavoro. Per spiegarci meglio la cliente dice: “A tavola si parla solo del suo lavoro,
io non ci sono più.” Il marito non è felice e sta cercando un altro lavoro. Lea è una
persona con grandi capacità lavorative, ha studiato in Germania e in Svizzera ed è
sempre preoccupata di fare il suo meglio. Attualmente non può dedicarsi all’attività
professionale in modo pieno, perché la bambina chiede tanto tempo. Nella sua cantina
ha ancora tutti i colori e materiali che le piacerebbe usare, ma non trova il tempo. A
sua casa sua non ha neanche un angolo che offrisse un po’ di spazio per dipingere.
Si sente esaurita dalle fatiche che la circondano nella vita privata e lavorativa. Lea è
una persona colta con una grande cultura e con una creatività per il momento rimossa.
Il lavoro a Lea di solito piace tantissimo, benché richiedesse tantissimo impegno.
Il momento dell’inizio dei nostri incontri dell’arteterapia è condizionato da un fatto
aggiuntivo. Lea e la sua famiglia si sono trasferiti in un’altra città. Il trasloco è stato
preparato a lungo. La famiglia mette tante speranze in una casa più grande. Adesso
71
Nome e alcune circostanze sono cambiate per motivi di privacy.
81
Hanna Battisti
però non si sente affatto liberata e più leggera. Durante il nostro colloquio Lea mi
appare più vulnerabile. Ciò mi porta a correggere la mia prima impressione.
Il setting
Lea chiede un lavoro arteterapeutico individuale. Stabiliamo una serie di dieci incontri
una volta la settimana.
Diagnosi
Lea non sembra una persona con la sindrome da burnout. Al primo incontro si presenta
come una persona tanta occupata e presa dai doveri familiari senza tempo per se
stessa. Secondo la diagnostica delle tre fasi del burnout però entra sicuramente nella
prima, forse anche nella seconda fase:
All’inizio si trova l’impegno passionale per un tema o un obiettivo. Non
c’è ancora sofferenza per alcun motivo. Le persone non riescono ad
anticipare cosa le aspetta, talvolta continuano con lo stesso ritmo
lavorativo. Questa fase può durare a lungo, qualche volta anche per
anni. Queste persone sono piene di capacità lavorativa e si sottopongono
volontariamente a richieste ambiziose, anche nei confronti degli altri.
Caratteristiche frequenti sono un’ accresciuta attività e l’autopercezione
di essere insostituibili. Queste persone di solito negano i loro bisogni
personali oppure non se ne accorgono più.
Nella seconda fase si svolge un tipo di ritiro. Le persone avvertono di aver
esagerato con i compiti che si sono posti, e quindi tendono a proteggersi.
La propria dose giornaliera di lavoro si riduce. La sensazione di essere
insoddisfatti di sé e degli altri aumenta. Prevale il sentimento pesante di
avere sempre meno tempo. Queste persone mentalmente sono spesso
assenti e non accurate nello svolgimento della vita quotidiana.72
72
Qui riporto la descrizione delle 3 fasi del burnout secondo Hans Finder e Edi Czamber che ho descritto nel capitolo 3.2
Arteterapia e burnout
82
L’inizio
Come cominciare? Lascio spazio al racconto di Lea, della situazione e dell’esperienza
personale (o anamnesi personale e familiare) per acquisire più fiducia e familiarità
con la persona. La cliente non ha una storia clinica, né disturbi psichici in precedenza.
Ha tante esperienze nell’attività creativa.
L’obiettivo del percorso arteterapeutico
Quale potrebbe essere l’obiettivo del lavoro arteterapeutico con Lea? Oltre al tempo
dedicato solo a se stessa e al lavoro creativo che da tanta le manca, Lea si aspetta
dal percorso arteterapeutico anche la scoperta delle cause del suo malessere. Le
risorse creative ci sono, “ma non trovo il tempo”, dice “c’è qualcosa che non mi
soddisfa.”
La fase di osservazione
Nella fase di osservazione sperimenta con diversi materiali. Sa usarli ma non è
soddisfatta con il risultato. Anche durante il lavoro creativo si sente stanca e non
soddisfatta. Lea è sempre stata una persona creativa e aperta alle cose nuove della
vita, è ricca di esperienze e capacità di auto-riflessione. Nella diagnosi del burnout
si trova nella prima o seconda fase e quindi nell’arteterapia si tratta piuttosto di un
lavoro di prevenzione del burnout.
Per caratterizzare il modo di esprimersi nel creativo si può dire che compone le opere
in modo organizzato e sa usare i materiali e i colori.
Nel primo quadro, che vale anche come biglietto da visita, si trovano degli elementi
sconosciuti, forse gioielli preziosi, ma nascosti. Registro nella fase di osservazione
una ricerca inquieta e riflessiva del nascosto delle sue opere.
83
Hanna Battisti
Analisi delle prime opere
spontanee
Le prime opere dimostrano un interesse per
l‘espressione emozionale, specialmente nel
quarto quadro. La cliente non è molto soddisfatta con i risultati e dopo ogni lavoro si sente stanca. Parla di limiti e di gabbie. Desidera
un foglio più grande per espandersi nel gesto.
Usa le tecniche secche, il collage e la pittura
acrilica.
Con le prime opere usa l‘arte al servizio per le
difese73, un labirinto74 che aggira la sua insoddisfazione senza entrare nel merito.
Analisi fenomenologica:
- Tutto il quadro è pieno di colori, non c‘è
spazio bianco.
- Lea sa usare i materiali e sa sperimentare
con i colori.
- Lea usa luci e ombre, colori con contrasti.
- Lea usa volentieri colori complementari.
Analisi relazionale:
- È concentrata mentre lavora.
- Viene all‘atelier stanca della giornata.
- Si mette subito a lavorare.
73
L‘arte al servizio delle difese riguarda la strutturazione delle opere, vedi: Achille De Gregorio, 2009
74
Il labirinto riguarda l‘iconografia dinamica, i contenuti e la presentazione, vedi: Achille De Gregorio, 2009
Arteterapia e burnout
84
- Cerca di capire le sue opere a livello intellettuale.
- Dopo il dipinto spesso si sente stanca e insoddisfatta.
Analisi psicologica:
- Non esprime temi visibili e concreti.
- Si esprime in modo astratto.
- Cerca di interpretare le sue opere.
- È inquieta.
- Sta aspettando qualcosa del subconscio che venga a galla.
Il biglietto da visita
Guardando il percorso di Lea, già il primo disegno potrebbe essere il biglietto da
visita. Dopo questo primo quadro però non sono ancora sicura e proseguo con
l‘osservazione, dando alla cliente la possibilità di esprimersi con tutti i tipi di materiali e colori, come lo consiglia ArTeA. È il primo quadro al quale la cliente si riferisce
nell‘intero percorso: Ripete degli elementi di ricerca, le forme e anche i colori.
Il primo quadro dà l‘impressione di un animale che sta perdendo una zampa o un
dente. Nella parte a destra le parti che sembrano di materiale organico si disperdono e si spargono nello spazio. Senza il mio intervento la cliente collega nelle opere
successive questi dettagli in cerca di significato. Fa ingrandimenti di dettagli, senza il
mio intervento. Nel terzo quadro sviluppa un fiore o un animale, oppure un‘eruzione
di un vulcano. L‘opera potrebbe raffigurare anche una ferita. Nel quarto quadro la
ricerca della cliente si presenta come una prigione. „Il rosso forse è l‘amore imprigionato?“, riflette. Per liberarsi dell‘angoscia dipinge il quinto quadro armonioso e con
tracce d‘oro. Ci infila delle parole (dove è rimasta? Che cosa sto cercando? Chi sei?
Chi sono io? Perché?), che fanno pensare ad una ricerca personale inquieta. Ma la
cliente non è soddisfatta.
Decido di intervenire la prossima volta con un esercizio che dovrebbe aiutare la a
cliente a rilassarsi.
Il trattamento
85
Hanna Battisti
Il mio intervento è questo: Uso l’esercizio An hua descritto da Udo Baer (vedi pagina
51) e cerco di avvicinarla ad un messaggio subconscio in un modo indiretto. Può
dipingere e di seguito nascondere tutto sotto uno strato di colore. Decido di integrare
questo metodo per sostenere la ricerca della cliente. Come già emerso dal primo
quadro la cliente sembra essere in cerca di qualcosa di nascosto che non può né
articolare né dipingere. Osservo il suo atteggiamento di ricerca intellettuale. L’esercizio
An hua riesce a trattare con i contenuti del subconscio senza pericolo di apparire
troppo presto.
Già C.G. Jung descrive nella sua opera “Realtà dell’anima”75 che le resistenze sono
utili per proteggere la persona per non essere invasa da contenuti subconsci. Il
subconscio ha le sue regole, agisce con i suoi ritmi e non deve essere forzato.
An hua è, a mio avviso, uno strumento utile contro le resistenze. Gli occhi di Lea si
ravvivono dopo la mia proposta di An hua. È subito disposta a lavorare e a cercarsi dei
materiali trash. Lavora con grande concentrazione e soddisfazione. Costruisce una
grande assemblage. Mi chiede come si può fare ad evitare i pensieri. Ma nell’arteterapia
i pensieri possono venire ed andarsene come le nuvole nel cielo, mentre le mani si
occupano dell’opera.
Alla fine di questa sequenza Lea per la prima volta sembra davvero soddisfatta. Ha
coperto con un velo bianco e sottile una cosa bizzarra, stravagante, indescrivibile e
inspiegabile. Alla cliente sono venuti dei pensieri nuovi: forse non tutto deve venire
a galla? Forse fa bene, accettare l’insaputo per vivere senza troppa preoccupazione
attraverso se stessa e gli altri? Sono pensieri che le tolgono un grande peso. Lea è
una persona con un forte senso di responsabilità, anche troppo. Con la famiglia e il
lavoro non riesce più a tenere il controllo che finora era abituata. La vita prende la
sua strada e non tutto si può capire e gestire. Fa bene lasciar scorrere le cose senza
troppa preoccupazione e fatica.
75
Titolo di un libro di C.G. Jung tradotto liberamente. C.G. Jung: Wirklichkeit der Seele, München, 1990
Arteterapia e burnout
86
L‘esercizio An hua
Poi si nota la sua nuova qualità di fare qualcosa con le mani. C’era un lungo periodo,
ormai quasi dimenticato nella vita di Lea, in cui aveva lavorato con le mani con grande
soddisfazione. Adesso esercita un lavoro sociale, dove il verbale e la burocrazia
stanno al centro. Mentre nella sua professione originale di fisioterapeuta il contatto
vivo con le mani le dava molta soddisfazione, ora si accorge che da tanto tempo le
manca proprio questo.
È importante che l‘arteterapia porti a una fiducia negli eventi e fenomeni del percorso.
Bisogna rispettare i tempi di ciò che viene a galla. Ciò che si trova ancora nascosto
nel subconscio di una persona può restarci per rivelarsi al momento giusto. Così la
cliente mai viene affrontata troppo con contenuti non piacevoli, senza essere in grado
di gestirle.
L‘arteterapeuta può essere vista come un‘accompagnatrice e qualche volta come una
levatrice. In corrispondenza al concetto di Rogers (pag. 43), l‘arteterapeuta è presente
con un atteggiamento di empatia. Secondo Rogers il terapeuta dovrebbe possedere
tre qualità fondamentali: l’autenticità, considerazione positiva e incondizionata e
profonda comprensione empatica.
Per l‘incontro successivo con Lea decido di darle del materiale plastico in modo che
lei possa lavorare con le mani. La cliente può costruire con le proprie mani una cosa
tridimensionale. Preparo un filo metallico che si usa nella coltivazione delle vite, (Lea
87
Hanna Battisti
è cresciuta in una famiglia di contadini), una tenaglia, ma anche delle perle per fare
gioielli, carta e colla ecc. La cliente lo accetta volentieri, lavora concentrata e non
finisce il suo lavoro nell‘arco di un incontro. È soddisfatta e mentre lavora appaiano
tanti ricordi da tempi remoti, quando faceva lavori artiganali.
Verifica
Lea inizia l‘arteterapia gravata da un senso di insoddisfazione e frustrazione. La sua
vita quotidiana è piuttosto normale: la piccola famiglia, il lavoro, la casa, il trasloco.
Sente un peso imprecisato che non riesce a spiegarsi. Osservo che Lea sta ricercando
con inquietudine delle spiegazioni, probabilmente nascoste nel suo inconscio.
Già nel primo quadro si mostra il biglietto da visita. Lea esprime in modo astratto
qualcosa che la mette in ansia: sulla parte destra del quadro c‘è un oggetto spezzato,
nella parte sinistra lo stesso oggetto è intero. Non intervengo subito e lascio spazio ad
alcune opere nella fase di osservazione. Lea ha una buona padronanza dei materiali
e dei colori e registro che ha pure una certa esperienza in questo campo. La sua
ricerca ansiosa e gli elementi “spezzati” del primo quadro si ripetono in ogni quadro
sucessivo in qualche maniera: Si ripete la forma quadrata, il colore, la differenza tra la
parte destra e sinistra. Dopo il quarto quadro finalmente decido di intervenire e vedo
che era necessario. L‘esercizio An hua porta effettivamente ad un rilassamento delle
Arteterapia e burnout
88
ansie. Inoltre la cliente scopre il valore del lavoro manuale, ricordando un‘attività creativa
e anche professionale che stava facendo una volta. Alla fine si dedica con passione ad
un‘assemblage con fili di ferro e pietre preziose. La cliente supera le ansie e si lascia andare
ad un‘attività più giocosa.
Il percorso arteterapeutico piuttosto breve ha trasformato le emozioni della cliente in modo
positivo. Lea è riuscita ad elaborare simbolicamente le sue ansie ed a trasformare la ricerca
inquieta in un gioco piacevole. Non abbiamo toccato né i suoi rapporti professionali né il suo
rapporto con il marito. Con l‘esercizio An hua poteva elaborare la sua inquietudine rispetto
ai contenuti subconsci, ma non i contenuti stessi. Evidentemente il tempo non era ancora
maturo per raggiungere il tema profondo.
Il suo percorso arteterapeutico non si è ancora concluso, ma continuerà in autunno.
89
Hanna Battisti
12.2. Due interventi brevi nell’ambito
del progetto ARS VITAE
In questo capitolo descrivo due percorsi che rispettano i tempi del progetto ARS
VITAE nel Centro TAU. Le necessità e le forme organizzative al Centro Tau qualche
volta richiedono metodi e interventi inusuali. Ciò è legato soprattutto al fatto che le
persone con la sindrome da burnout si fermano poco tempo nel Centro, di solito
solo per 5-7 settimane. Inoltre bisogna tener conto che, lavorando in un équipe, la
figura professionale dell’arteterapeuta non decide in modo solitario in base a una
teoria prefissata. L’arteterapeuta si adegua ai tempi e alle strutture organizzative e ai
tempi dei clienti. Solo insieme si raggiunge un miglioramento dello stato di salute del
cliente.
12.2.1 Anton76
Colloquio iniziale
Nell’inverno 2010 Anton, un insegnante trentenne, viene nell’arteterapia perché
lo manda la moglie, afferma. “È tutto normale”, dice, “io sto bene, ma la moglie
è preoccupata. Dice che sono cambiato, che parlo poco. Insomma, vengo per
accontentarla, ma dipingere non mi piace affatto.” Anton ha sentito dire, che al Centro
Tau c’è una arteterapeuta che lavora con la fotografia ed è solo questo che lo interessa.
Arriva con una macchina fotografica di livello professionale e con attrezzature speciali.
Sa tutto della tecnica fotografica e dell’elaborazione con il programma photoshop.
Usa la macchina fotografica nel suo tempo libero a livello amatoriale. “Però”, precisa
Anton, “da tempo non ho più usato la macchina fotografica.”
76
Nome e alcune circostanze sono cambiate per motivi della privacy.
Arteterapia e burnout
90
Il setting
Anton non soggiorna nel Centro Tau in forma residenziale e non partecipa al programma
ARS VITAE. Come accennato sopra non è interessato dei colori e pennelli, né vuole
occuparsi di collage oppure del lavoro con l’argilla. È solo la fotografia che la interessa.
Io accetto queste sue preferenze e rifiuti e propongo un lavoro con la fotografia. Così
il setting con Anton è questo: Ci troviamo una volta ogni settimana per vedere le sue
nuove foto. Ogni volta mi porta una centinaia riprese sulla sua chiavetta che in seguito
guardiamo sullo schermo del computer. Lavoriamo insieme per due mesi col ritmo di
un incontro per settimana.
Diagnosi
Anton si occupa tantissimo della sua professione. Ha scelto questo lavoro per passione
ed è molto bravo e capace. I suoi alunni lo amano molto. Tutto va benissimo, almeno
finora, ma durante l’anno scolastico in corso ha notato un’aggressione contro i colleghi
e gli alunni. Non sopporta più i commenti e spesso dá i voti bassi. Ci sono inoltre dei
litigi con il preside, che decide tutto da solo. Non c’è modo di partecipare alle decisioni
della vita scolastica.
Un mese fa è successo per la prima volta: durante una conferenza all’improvviso
senza segno di allarme è caduto dalla sedia. Gli esami medicinali durante la sua
permanenza all’ospedale non hanno indicato una malattia fisica. Da quel giorno in poi
Anton pensava a nient’altro che questo poteva succedergli un’altra volta. Sono rimasti
spaventati Anton e di sua moglie. Un medico gli ha consigliato di lavorare meno, di
andarsene di più nel bosco. Gli ha diagnosticato un burnout nella seconda fase con un
andamento atipico, come succede più spesso agli uomini che alle donne. Anton non
si era accorto del suo esaurimento ed era andato avanti con il suo carico di lavoro,
perdendo successivamente la soddisfazione del lavoro a scuola. Alla fine il suo corpo
gli aveva mandato un messaggio. Anton non voleva rivolgersi ad uno psicologo. “Non
91
Hanna Battisti
ho bisogno di uno psicologo che pesca nella mia anima delle cose che non esistono.”
Temeva che la sua posizione e i suoi argomenti contro il preside non venissero presi sul
serio. Non voleva affrontare delle malattie che, nella sua prospettiva erano disfunzioni
del sistema e della gerarchia. Nonostante ciò, su consiglio di un amico si rivolse al
Centro Tau con un certo scetticismo.
A questo punto vorrei ricordare i fattori esterni di un burnout, descritti da Maslach
e Leiter (pag. 19): Maslach e Leiter77 parlano di sei condizioni strutturali del mondo
lavorativo, che a lungo termine possono portare alla sindrome di burnout:
7) La mancanza di correttezza (fairness), rispetto e apprezzamento nei rapporti
interpersonali (enfasi esagerata sulla concorrenza invece di sostenere la
cooperazione all’interno di un’organizzazione).
8) Mancanza di controlli sugli effetti del proprio lavoro e delle proprie azioni per le
quali si è responsabili.
9) Esigenze lavorative contraddittorie
10) Crollo della fiducia reciproca e quindi del sentirsi una comunità
11) Eccesso di pensum lavorativo
12) Remunerazione insufficiente e mancanza di riconoscimento.
Il rapporto terapeutico
Anton ha preso fiducia, viene volentieri, quindi è fiero quando mi mostra le foto. È
motivato e prova persino gioia quando arriva all’arteterapia. La sua autostima aumenta
già dopo pochi incontri.
Fase di osservazione
In questo caso Anton non è disposto a provare i materiali utilizzati nell’arteterapia. Si
limita alla fotografia che è uno strumento che sostiene principalmente l’immaginario.
Non racconta tanto della sua vita. Non riesce bene a vivere le emozioni, stando a
77
Maslach C, Leiter MP, Dt.: Die Wahrheit über Burnout, Berlin: Springer 2001
Arteterapia e burnout
92
quanto afferma sua moglie non riesce ad esprimerle. È molto introverso e non mostra
emozioni. Osservo che la sua risorsa principale è quella che ha fiducia nel rapporto
terapeutico e nell’arteterapia. Un rapporto che si costruisce man mano guardando
insieme le sue foto.
La fotografia è la sua passione. Da dieci anni appartiene a un Club di fotografi amatoriali.
Ha piena padronanza degli aspetti tecnici e delle forme di rappresentazione della
fotografia, ma vuole scattare solo delle foto perfette e belle.
Nella fase di osservazione, che in questo caso dura pochissimo, Anton mi porta un
centinaia di foto digitali. Vedo che il cliente ci mette tanta precisione nella realizzazione
delle foto. “Si vede”, dico, “che Lei si intende di fotografia.” Spiccano dettagli perfetti
e regolari, messi a fuoco in una composizione armoniosa. Anton è esperto della
fotografia ed è molto fiero di farmi vedere il suo archivio fotografico.
Le opere significative
Nella fase di osservazione le opere significative si registrano fra quelle foto turistiche
e perfette.
Un vero e proprio biglietto da visita non riesco ad individuare, ma una decina di foto
con dei contenuti un po’ diverse, meno perfette nel taglio e con soggetti meno piacevoli
e armoniosi. Io incoraggio il cliente ad andare avanti in questa direzione.
Il trattamento
Nel mio primo intervento chiedo ad Anton di scattare solo 20 immagini. Dieci che
secondo lui sono belle e perfette e dieci che sono meno perfette e fanno vedere dei
soggetti inusuali.
Queste foto con soggetti inusuali possono entrare nel concetto “non-luoghi”.78 Anche nel
78
Il concetto del „non-luogho“ è molto presente nella fotografia artistica contemporanea. Georg
93
Hanna Battisti
Arteterapia e burnout
94
concetto della fotografia del soggettivo79 il cliente potrebbe trovare un’ispirazione.
Anton è sorpreso. “Questo, veramente non ho mai fatto”, dice e gli torna molto difficile
fare delle foto “imperfette” e con soggetti “non belli”.
Dopo un paio di settimane riesce a vedere anche nel “non bello” e nei non-luoghi
degli aspetti interessanti. Ma che cos’è il brutto? Come mai è considerato brutto?
Con quali criteri ragioniamo così?
Questo intervento serve solo a cambiare la visione fotografica troppo fissata sugli
ideali della fotografia amatoriale: far vedere un mondo esterno bello e immacolato.
Serve come preparazione per usare il mezzo della fotografia come strumento
soggettivo che esprime il proprio mondo interno e il suo stato d’animo.
Il mio secondo intervento, che ritengo il più importante, è il compito di fotografare
qualcosa che abbia da fare con lui stesso come persona. Un sentimento. Uno stato
d’anima. Una piccola storia della sua vita attuale. All’appuntamento successivo mi
porta una serie di foto di foglie d’autunno già senza umidità e colore. Poi vediamo
le foto di crepe e tracce di scritte su una parete. Nell’incontro arteterapeutico mi fa
vedere delle immagini astratte con un sole chiaro in mezzo. Il sole invernale si vede
anche nella serie seguente che mostra un elemento in più: uno steccato.
Anton è contento con le sue fotografie e afferma che queste abbiano da fare con
la sua personalità. Lo invito a fare un piccolo libretto, un flexagon o un leporello80
per presentare le sue foto. Così fa qualcosa con le sue mani. Sceglie il colore del
cartone e alla fine desidera scrivere un bel pensiero sotto il suo lavoro. “È un regalo
per mia moglie”, dice, “la amo molto, anche se lo esprimo poco.”
Malfertheiner per esempio si occupa della vita che si svolge sotto i piloni dell‘autostrada e si accorge che si
tratta di un paesaggio dimenticato e trascurato. È un paesaggio selvaggio in mezzo alla civilizzazione. Vedi:
Fotografia giovane, fotoforum, Bolzano 2010
79
La fotografia del sogettivo viene realizzata da tanti fotografi artistici attuali, preferibilmente donne.
Vedi: Sissa Micheli, Margit Santer, Cäcilia Lobis-Mian, fotoforum Bolzano 2000-2010
80
Si tratta di lavori di carta simile ad origami.
95
Hanna Battisti
Verifica
Che cosa è successo durante il percorso con Anton? Forse Anton non è un cliente
classico. Lui stesso all’inizio afferma di non sentirne un malessere. Solo durante il
percorso si evidenzia la sua situazione a scuola e la sua ansia per la salute. La moglie
per prima nota un cambiamento di Anton. In realtà Anton ha dedicato troppo tempo
al suo lavoro. Il carico di lavoro è aumentato sottilmente. La scuola e gli effetti della
riforma chiedono sempre di più. I litigi e la sua insoddisfazione con il sistema pesano.
È senza accorgersi che Anton ha perso la gioia per il lavoro. Però se ne accorgono
anche i colleghi e gli alunni. Alla fine Anton cade dalla sedia e si verifica un episodio
psicosomatico che gli fa paura. A casa Anton è diventato sempre più distratto e senza
la capacità di godere le cose che una volta apprezzava tanto.
Il percorso con Anton è stato soddisfacente. Poteva raggiungere un’altra qualità nel
fotografare. Adesso è capace di incontrare se stesso nell’atto fotografico e nel prodotto
fotografico.
La foto con il sole invernale e lo steccato in primo piano dichiara come “la sua foto
più importante”: fa vedere un sole freddo irraggiungibile, in analogia al suo stato
personale. Ha trovato un simbolo per il suo stato d’animo ghiacciato. “E ora
Arteterapia e burnout
96
vado in cerca di un sole riscaldante”, dichiara. Anton ha trovato un modo di esprimersi
tramite la fotografia ed è riuscito a scoprire un nuovo significato in quest’attività.
Alla fine Anton si rende conto di tutto questo e ringrazia la moglie di aver notato il suo
cambiamento.
97
12.2.2
Hanna Battisti
Kyra81
Kyra ha 45 anni e soffre di depressione. Si rivolge ad una psicologa del Centro Tau
per una terapia personale. Dopo un po’ di tempo la psicologa le consiglia a prendere
anche un paio di ore di arteterapia. Ho un colloquio con la psicologa, che conosco
come collega nel Centro Tau. Mi racconta di Kyra, la cui diagnosi è un burnout nella
fase 382, suggerendola come cliente adatta all’arteterapia. Kyra da giovane aveva
studiato architettura a Venezia. Dopo si era sposata e ha avuto 4 figli. Non ha mai
esercitato una professione a lungo periodo. Ogni incarico è fallito dopo poco tempo.
La psicologa è convinta, che con l’arteterapia Kyra potrebbe trovarsi a suo agio,
pensando alla formazione nel settore artistico della cliente.
Accetto e fissiamo un primo incontro con la cliente per un colloquio iniziale. Viene
una persona timida e ritirata. Parla poco della sua vita. I figli fra poco escono di casa
e vanno a studiare. Sente un vuoto profondo dentro di se. Era una vita senza fiato
finora, mi racconta, tutta la responsabilità per l’educazione dei figli, il marito che lavora
tanto, la casa, la suora. Ha avuto episodi di depressione in precedenza. Al momento
prende medicinali contro la depressione e perciò si sente sempre stanca e senza
energie. Non riesce a provare né gioia, né rabbia, sembra che abbia perso la capacità
di emozionarsi per qualsiasi cosa.
Il setting
Il setting di arteterapia è diverso: Due volte alla settimana ci vediamo per fare una
passeggiata nel giardino guardando le piante.
81
Nome e alcune circostanze sono cambiate per motivi della privacy.
82
In questo caso non ho la conoscenza della storia completa della cliente. Mi riferisco al racconto della psicologa che la segue nel Centro Tau.
Arteterapia e burnout
98
Le prime foto di Kyra
Fase si osservazione
Già dall’inizio è chiaro: la cliente rifiuta tutti i materiali e colori che ho a disposizione.
Sembra essere priva di energie e non vede il senso di attivare la sua creatività. Sono
confrontata con una situazione molto usuale nella fase tre della sindrome da burnout.83
Che cosa fa un arteterapeuta in questo caso?
Mi viene l’idea di fare una piccola passeggiata nel giardino del Centro Tau. Volker
Faust scrive (pag. 22):
“Potrebbe bastare una passeggiata quotidiana. La luce del giorno ha un
impatto positivo sull’umore di fondo dell’uomo, e soprattutto nella stagione
fredda protegge dalla “depressione invernale”. Il lavoro nel giardino ha una
sua funzione equilibrante.”
83
Vedi pag. 21 di questa tesi
99
Hanna Battisti
Il giardino del Centro Tau è veramente una risorsa eccellente. Si trova proprio davanti
all’ingresso dell’Atelier. Oltre il giardino che coltivano i frati, dove crescono verdure e
cereali, esiste anche una parte che possiamo usare come spazio per coltivare le erbe
medicinali. Una biologa del paese di Caldaro84 si occupa delle erbe.
La natura come complice: Forse la bellezza di questo giardino ampio e le sue
possibilità di rilassarsi e di contemplare fanno bene anche alla nostra cliente. E forse,
penso dopo il primo incontro, si può sviluppare un percorso arteterapeutico un po
insolito. Penso alle possibilità della fotografia. Penso che in questo caso la fotografia
sia veramente un beneficio. Non bisogna toccare materiali e colori, non costruire un
quadro, una prospettiva, una composizione. Nonostante ciò la cliente si dedica ad
un’attività creativa: osserva, distingue, decide l’inquadratura, seleziona. Sono convinta
che quest attività aiutano molto per elaborare e a ricrearsi un immaginario.
84
Karin Weissensteiner si occupa delle erbe e fa seminari nel centro Tau
Arteterapia e burnout
100
Con questi pensieri in testa usciamo a fare un giro nel giardino del convento.
Non verbalizzo le mie idee per non confrontare troppo la cliente. La mia visione
di un percorso con Kyra non deve predominare il vero incontro con la persona e
l’osservazione profonda. In ogni caso bisogna osservare bene la cliente ed entrare
con empatia nel suo vissuto. Prima di tutto conta la comprensione.85
La cliente accetta la mia proposta di vedere il giardino. Aggira con interesse le
piante medicinali. Mi accorgo che è brava a conoscere i nomi delle piante e sa
descrivere il suo effetto di cura per la salute.
Kyra è una paziente residenziale al Centro Tau. È una delle persone che partecipano
al programma ARS VITAE e vivono nel Centro in modo molto semplice. Ha un
sostegno psicologico e fa parte di un gruppo di meditazione. Il resto della giornata
aiuta un po’ in cucina e nel giardino. Dorme tanto e non si possono verificare
iniziative proprie.
85
Vedi: Rogers, Carl: Die nicht direktive Beratung, München, 1972; (originale: Counselling and
Psychotherapy, Boston 1942)
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Hanna Battisti
L’osservazione in questo caso sono due incontri con la cliente nel giardino. Non
facciamo niente salvo l’incontro con le piante. Alla cliente non interessa tanto l’orto
ampio con le verdure, neanche le bellissime piante di rose. Non è interessata agli
alberi di frutta, né alle viti di uva ai kiwi. Aggira invece più volte le piante medicinali
e si siede su una panchina dove può guardare anche le montagne lontane. Solo
la terza volta decido di portare due macchine fotografiche piccole; una per me e
l’altra per lei. Le spiego che mi occupo di fotografia e che fotografare può essere un
attività curativa.
Trattamento
Con il mio primo intervento introduco l’idea della fotografia. Andiamo a fotografare
nel giardino senza tema. In seguito le guardiamo sul computer dell’atelier e le
stampiamo. Kyra non dá tanta importanza alle foto che ha fatto. Non è né contenta
né infelice. Sembra indifferente.
Al prossimo incontro mettiamo a fuoco le piante medicinali. Si potrebbe raccogliere
piante medicinali e fotografarle.
Arteterapia e burnout
102
103
Hanna Battisti
Si potrebbe descrivere le caratteristiche di queste piante, dico, dopo un paio di giorni.
Si potrebbe anche fotografarle e metterle insieme in un album. Si potrebbe fare
qualche disegno o un collage. Questo sono le idee che pian piano introduco nell’arco
di alcune settimane.
Verifica
Kyra ha trovato un’attività che le piace. Usava la macchina fotografica, descriveva
e metteva qualche immagine, raccolta dalla riviste per il collage insieme alle piante.
Ma non usava né matita, né colori. Questa strada rimane chiusa. Nonostante ciò
sono convinta che la cliente abbia approfittato del mio intervento. Certo, non è stato
solo merito mio. C’è un team che appoggia la cliente: la psicologa, l’insegnante di
meditazione. L’intervento arteterapeutico è stato solo un piccolo contributo che ha
avuto il suo beneficio. Kyra ha trovato, anzi ritrovato nelle piante medicinali un campo
che la interessa. Alla fine di iniziativa propria ha portato un libro che descrive i fiori di
Eduard Bach86.
Il lavoro con Kyra è durato poco. Dopo tre settimane è tornata a casa. Così non
era possibile seguire un percorso intero. Ma sono fiduciosa quando penso a Kyra.
Ho conosciuto una persona molto gentile e pieno di sensibilità per gli altri. Kyra ha
scoperto una nuova risorsa: il grande legame con la natura e specialmente con le
piante medicinali.
Si può dire che la cliente ha trovato nel Centro Tau un posto tranquillo e curante, al
quale potràuò rivolgersi anche in futuro.
86
Secondo la teoria di Dr. Eduard Bach degli anni 50, certi fiori di erbe contengono sostanze che curano
la psiche. Ha individuato 38 fiori che corrispondono ogniuno ad uno stato d‘anima. I fiori di Bach oggi si
possono comprare nelle farmacie in dosi omeopatici. Vedi: Mechthild Scheffer: Bachblütentherapie, Monaco,
1993²
104
Arteterapia e burnout
Il giardino del Centro Tau
105
Hanna Battisti
12.3 Riflessioni sui percorsi arteterapeutici
Lavorare con clienti che soffrono della sindrome da burnout è diverso, e come ho
dimostrato, richiede metodi ed idee adeguate allo stato attuale del cliente. Si lavora in
un settore che si potrebbe posizionare solo in parte nella cosiddetta area del benessere.
Nella prima e nella seconda fase della sindrome da burnout si tratta di clienti con
sintomi di esaurimento e stress, ma del resto sono ben capaci di affrontare la loro
vita. Vengono con tante risorse, che al momento sono nascoste e non disponibili.
In questi casi l’arteterapia è lo strumento ideale, perché focalizza proprio le risorse
di una persona. Dall’altra parte ci sono anche i clienti che si trovano nella fase tre.
La sindrome da burnout spesso si manifesta in malattie cosiddette nevrotiche, In
questi casi le paure e le ansie e talvolta una depressione trascinata appesantiscono
le persone in tal modo, che non riescono più a gestire la loro vita quotidiana. Talvolta
sotto la depressione si nasconde un trauma profondo, che probabilmente viene a
galla trattando la sindrome da burnout. Per questo gruppo di persone e molto utile
trovare una situazione di time out, quindi un luogo dove possono rimanere senza
stress e lontani dalla quotidianità.
La maggior parte dei clienti desidera un lavoro individuale e un rapporto di fiducia con
l’arteterapeuta. La fase di osservazione usualmente è più breve in questo campo,
perché le persone sono motivate e disposte a cambiare qualcosa nella loro vita.
Hanno la capacità di riflessione e accolgono ogni intervento con grande disponibilità.
Aspettano che l’arteterapeuta abbia la capacità di ascoltare e di vedere le vie da
seguire. Aspettano un intervento significativo. Hanno bisogno di una prospettiva, di
un obiettivo e sono pronti a riflettere della propria biografia. Si fidano all’arteterapeuta
che interviene e fa proposte. È importante che l’arteterapeuta sappia la strada da
seguire.
Qualche volta l’arteterapeuta è costretto a servirsi di metodi e vie inusuali e nuove, ed
è necessario integrare esercizi di altre scuole, come abbiamo visto, o inventare nuove
forme di attività creative con materiali che corrispondono alla clientela. Non sempre
Arteterapia e burnout
106
l’arteterapia è al centro degli elementi che fanno guarire le persone con la sindrome
da burnout. Spesso è solo uno dei fattori che curano.
Nel Centro Tau è l’insieme di terapie e trattamenti, l’insieme di circostanze che curano.
Sicuramente l’ambiente, il giardino curato, l’atmosfera tranquilla, la meditazione
influiscono lo stato d’animo dei clienti. L’esclusione del mondo quotidiano del cliente
crea un isola di quiete e pace che cura. È una forma di sabbatical che libera la mente
e dá energie nuove. Forse ogni tanto farebbe bene a noi tutti un ritiro di questo
genere - preferibilmente prima che si verificano sintomi di esaurimento.
Con questo discorso non vorrei sostenere la tesi di alcuni psicologi e datori di lavoro,
che nella sindrome da burnout si tratta solo di una debolezza di una persona, la
quale non sopporta le situazioni di stress. Sicuramente c’è una certa predisposizione,
come abbiamo detto nel primo capitolo. Dall’altra parte non bisogna dimenticare le
condizioni di lavoro e vita nei tempi di oggi. Viviamo in un periodo e un mondo pieno
di competizione e di stimoli che chiedono tanta energia e flessibilità.
È umano invece, vivere tutti i due poli della personalità e della vita: la parte attiva e la
parte contemplativa, l’immersione nei compiti e obiettivi della vita e il ritiro, il riposo.
107
13
Hanna Battisti
Conclusione
Con questa tesi ho voluto sviluppare un argomento nuovo nell’arteterapia. La
sindrome da burnout è un fenomeno che si nota solo negli ultimi decenni nel corso
dei cambiamenti del mondo di lavoro. La globalizzazione e la competizione si trovano
in continua crescita e hanno un impatto molto forte sulla nostra vita quotidiana. La
sindrome da burnout, come descritto nel capitolo 3, non è solo una situazione di stress
causata da fattori esterni. Si tratta di un insieme di sintomi causati da fattori esterni, che
risalgono alle condizioni del lavoro e anche alla situazione di famiglia. Inoltre bisogna
tener conto anche delle cause interiori dell’individuo interessato, che spesso sono
una certa disposizione psichica, diffusa nelle professioni sociali, un forte idealismo
che porta ad un auto-sfruttamento, un senso di controllo, ideali irraggiungibili.
I motivi della scelta di questo tema provengono dal contatto con il Centro Tau di Caldaro,
un centro di formazione e meditazione, nel quale ho svolto il mio terzo tirocinio per
la formazione triennale di arteterapia di ArTeA. Il Centro Tau accompagna persone
in situazioni difficili, tra i quali anche clienti con la sindrome da burnout. Insieme
all’équipe abbiamo creato un programma terapeutico adatto per queste persone con
delle proposte specifiche per il burnout.
La sindrome da burnout in ogni persona si esprime in modo diverso. Dipende molto
dalla personalità, dall’età, dalla professione e dalla biografia individuale dei clienti.
Comunque, nello sviluppo di una sindrome da burnout si possono distinguere tre fasi:
la fase dell’attività eccessiva, la fase del ritiro, la fase dell’isolamento e della passività.
Arteterapia e burnout
108
Quest’ultima spesso porta ad uno stato di paralisi e le persone colpite entrano in un
pericolo grave di depressione e perfino di suicidio.
La sindrome da burnout si può contrastare nel miglior modo nella fase 1 o 2. Nella fase
3 ci vuole una terapia lunga e profonda, perché questa fase richiede un cambiamento
radicale della vita. Spesso le terapie sono comportamentali e di rilassamento e vanno
accompagnate da un time out totale.
Il miglior modo per contrastare il burnout è sicuramente la prevenzione. Antonovsky,
nel suo quadro del fiume della vita descrive come costruire ponti simbolici per evitare
che una persona cadesse nel fiume. Bisogna aumentare l’attenzione attraverso la
propria salute e prevedere i rischi personali. Inoltre è importante rafforzare le risorse
e la creatività di un cliente. Il senso di coerenza aiuta il cliente ad orientarsi nella vita.
Con le tre categorie (underständibility, managebility e meaningfulness) che descrivono
le premesse del senso di orientamento, Antonovsky sottolinea l’importanza dell’autoregolamento di una persona.
L’arteterapia può avere un ruolo importante nella prevenzione della sindrome da burnout
e nella sua cura. Nell’arte si usa un linguaggio non verbale, che stimola il mondo del
visivo, i ricordi, i sogni, il subconscio. Sul piano delle immagini l’anima si esprime
meglio e in modo più complesso che sul piano verbale. Le immagini raggiungono
uno strato più elementare e primordiale del nostro cervello. Così l’immagine riesce a
provocare sensazioni ed emozioni profondi che appartengono ad un altro periodo della
propria vita, spesso all’infanzia. Nell’uso di materiali e colori il cliente fa qualcosa con
le sue mani che poi diventa visibile sul foglio, lasciando delle tracce. In un certo senso
il cliente fa ordine nella sua psiche ed elabora il suo immaginario. Mette apposto il suo
mondo interiore e comunica con il mondo esterno. Vivendo la sua energia creativa
il cliente riscontra un aumento di autostima. Si rivolge alla parte sana della psiche.
109
Hanna Battisti
Crea un mondo simbolico e riesce a convivere meglio con la sua realtà interiore. Un
percorso arteterapeutico aumenta la sua conoscenza dei propri problemi.
Il ruolo dell’arteterapeuta è importante. Descrivo nel capitolo 9 l’approccio della
psicologia non-direttiva di Carl Rogers, uno psicologo umanistico americano (19021987). Rogers sottolinea l’importanza particolare del rapporto terapeuta-cliente.
L’accompagnamento di un cliente significa generare empatia, stima e autenticità.
Nella sua visione, che contrasta il concetto del psicoanalista staccato e distante, il
terapeuta si avvicina al cliente in modo che possa crescere la fiducia e il rispetto
reciproco, senza trascurare i momenti di transfert e contro-transfert.
Il rapporto tra l’arteterapeuta e il cliente quindi dovrebbe essere di stima, empatia e
autenticità. L’arteterapeuta rispetta i tempi del cliente e agevola le risorse. Insieme
al cliente decide gli obiettivi per il percorso di arteterapia. Questo vale specialmente
nell’area del benessere e nel trattamento della sindrome da burnout.
Durante la mia formazione e specializzazione svolta in questi ultimi anni ho avuto
occasione di conoscere bene l’approccio di arteterapia di ArTeA. Nelle esperienze
raccolte da tirocinante ho conosciuto diversi tipi di clienti o pazienti: malati psichici,
pazienti con sintomi psicosomatici, pazienti con disturbi alimentari. Nell’ultimo luogo
di tirocinio, nel Centro Tau di Caldaro ho incontrato persone che appartengono al
cosiddetta area del benessere. In questo periodo ho potuto conoscere anche altre
scuole arteterapeutiche con degli approcci validi. Aggiungo al sistema di ArTeA con il
suo modello alcuni esercizi che ho conosciuto durante il mio tirocinio accompagnato
da Walter Grünfelder (scuola di arteterapia APAKT, Monaco).
I clienti colpiti da sintomi da burnout si distinguono da altri clienti. Al Centro Tau
Arteterapia e burnout
110
ho avuto occasione di lavorare con alcuni di essi. La prima differenza riguarda il
tempo a disposizione dei clienti. Mentre in psichiatria le persone si fermano in forma
residenzialiea lungo, i clienti con la sindrome da burnout ci chiedono terapie più brevi
e risultati verificabili. Si tratta spesso di persone con un alto livello di formazione e
scolarità, di conseguenza nutrono aspettative alte.
Nella parte pratica di questo lavoro ho esposto quattro percorsi ed interventi molto
diversi l’uno dall’altro. È emerso che esiste una grande differenza secondo le fasi
descritte della sindrome da burnout, nelle quali i clienti si trovano. Nella fase 1 o
2 i clienti riescono ad approfittare molto dell’arteterapia, nella fase 3 bisognerebbe
lavorare a lungo periodo.
Dopo quest’esperienza sono convinta che ogni persona chiede il suo percorso specifico
individuale. Nella diagnosi del burnout in fondo si nascondono tante problematiche
della vita passata o presente di una persona. L’arteterapeuta deve avere una mente
aperta per affrontare ogni persona in un modo adatto ed individuale.
Con ogni persona si apre un nuovo mondo e l’arteterapeuta ha la fortuna di poter
entrare e visitare questo mondo come un viaggio in un paese estraneo. Ogni volta è
invitato ad imparare una nuova lingua, una nuova cultura.
111
Hanna Battisti
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