secondo Adriana e Federico

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secondo Adriana e Federico
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stile
secondo Adriana e Federico
DI VALENTINA GRISPO
Nonostante la passione smodata per le
tendenze modaiole e l’attenzione dimostrata per le stagionali fashion week, siamo
da sempre fermi sostenitori del motto “ la
moda che non nasce dalla strada è condannata a diventare démodé”. Non sono
infatti le passerelle a dettare le regole del
gioco, ma a proporre le idee, gli spunti per
look insoliti ed eccentrici, ci pensa la fantasia di chi vive la moda fuori dai catwalk,
lontano dall’industria della moda e dal rutilante mondo glamour. Cassa di risonanza a
modelli, gusti e stili siamo noi comuni mortali capaci di destreggiarci tra mercatini
vintage e catene low cost, che in nome
della lotta alla clonazione personalizziamo
il nostro look creando ciascuno il proprio
stile che non si nutre di make up artist e
stylist, ma esclusivamente dell’estro e della
fantasia e della voglia di essere notati nella
massa.
Adriana, potrebbe essere eletta manifesto
del look creativo che non conosce schemi e, nonostante anche nella sua mìse possano essere rintracciati i trend del momento, ad emergere è il suo stile che attraverso
l’uso di dettagli diventa assolutamente personale. E’ d’obbligo cominciare con quello
che è stato un vero e proprio tormentone
invernale, l’effetto smoky eyes. Letteralmente vuol dire “occhi fumosi”, si tratta
di uno sguardo profondo creato dall’uso
sapiente di ombretti, matite e mascara
tutto total black con un effetto decisamente seducente. Ottima la scelta di Adriana
di puntare esclusivamente sugli occhi,
lasciando il resto del viso al naturale. A ribadire la sua attenzione per l’aspetto maquillage, anche la scelta dello smalto nero, che
lo scorso inverno, con la consacrazione
del black satin di Chanel, è diventato un
must, soprattutto sulla manicure curata, ma
corta. Se per il trucco ha puntato sull’effetto
monocromatico dark, per l’abbigliamento
Adriana ha optato per le righe: la felpa, classica Converse con cappuccio, è ravvivata
da sottili righe di colori vivaci ed il motivo
stripes è ripreso volutamente, ma in nuance
differenti, nel dettaglio della calza evidenziata dallo
strappo sul ginocchio. I jeans, sdruciti e delavè
sono completati in vita da una cintura a doppia fila
di borchie quadrate in metallo. Un ultimo tocco
eccentrico, i lacci delle scarpe differenti.
Da un look che manifesta una personalità decisamente estrosa e sopra le righe ad uno stile sobrio
e minimal dove anche la scelta del colore è all’insegna della semplicità. Federico indossa una felpa
bianco ghiaccio firmata dal brand americano
Volcom, marchio molto in voga nella urban culture degli skater, caratterizzata da polsini elasticizzati
che richiamano il colore della stampa. In tinta con il
colore neutro anche i pantaloni, morbidi, taglio
retto che cadono su sneakers in suede nere con
dettagli bianchi. Il trionfo del minimalismo senza
scadere nella banalità.
DI SIMONA MASTRANGELO
.Famiglie e altri imprevisti - Shari Goldhagen.
.Una Barca Nel bosco - Paola Mastrocola.
.Scusa ma ti chiamo amore - Federico Moccia.
.L’inviato speciale - Evelyn Waugh.
.Madre del Riso - Rani Manica.
DIETRO IL BURQA
Batya Swift Yasgur
Edizioni
clandestine
In questi ultimi anni di Afghanistan se ne è parlato tanto.
Dopo l’11 settembre nomi
come Kabul e Kandahar ci
sono diventati improvvisamente familiari, sappiamo
cos’è il jihad e pensiamo
persino di poter discettare
sul Corano. Siamo abituati a
vedere intorno a noi donne
con il velo e a sentire le
polemiche che ciclicamente si sollevano in proposito. Probabilmente, però, quello che sfugge alla nostra percezione, è la reale
condizione in cui vivono le donne in Afghanistan e negli altri paesi
in cui è negata la libertà.
Per noi occidentali immaginare le vessazioni a cui queste donne
sono sottoposte e il coraggio e la forza inesauribili di cui danno
prova quotidianamente è piuttosto complesso. Se Hala, una delle
donne protagoniste delle storie narrate nel libro, afferma di stupirsi profondamente quando, giunta in America, sente frasi del
tipo “vorrei morire” o “è stato un incubo” in riferimento a situazioni
assai banali, è perché la sua esperienza di vita è stata talmente
dura da non consentirle di parlare con leggerezza. E la storia di
Hala, colpevole di aver aperto una scuola clandestina quando i
talebani avevano chiuso quelle pubbliche, perseguitata e costretta ad abbandonare il suo paese e i suoi cari per sfuggire alla
morte, è particolarmente significativa perché ci mostra in quale
modo vengano trattati i rifugiati politici negli Stati Uniti. Si, avete
capito bene. Stiamo parlando degli Stati Uniti, il faro della libertà.
Ecco, se vi dovesse capitare di arrivare lì senza documenti e chiedere asilo perché scappate da una persecuzione, sappiate che
quello che vi aspetta è la prigione. E se poi, dopo un certo periodo – parliamo di mesi, non di giorni – il giudice decidesse che
la vostra vicenda non è abbastanza drammatica, dalla prigione
sareste reimbarcati sul primo aereo in direzione casa.
Quello che consente a queste donne di non perdersi d’animo,
anche nei momenti più difficili, è la solidarietà, il legame quasi di
sangue che si instaura tra di loro, l’aiuto e il conforto che si danno
reciprocamente. Questa solidarietà, così profonda, oltre ad essere un istinto naturale, è anche un riflesso della cultura afgana, per
cui offrire ospitalità e aiuto in caso di bisogno sono valori fondamentali. Ne è prova la storia di Sulima, l’altra protagonista del
romanzo. Costretta, proprio come Hala, a scappare dall’Afghanistan per via del suo impegno per l’emancipazione delle donne,
si trasferisce in Europa e successivamente in America. Ma il suo
dramma è un marito che non riesce ad accettare di avere accanto
una donna che sappia realizzarsi autonomamente e che abbia un
lavoro più remunerativo e gratificante del suo. Percossa e umiliata
più e più volte da quest’uomo che dice di amarla, Sulima trova
la forza di rivolgersi alla polizia grazie all’amicizia e al sostegno di
altre donne che si prendono cura di lei. Queste due testimonianze, così toccanti e sincere, devono essere ascoltate.
Le più richieste su RadioGiovani
Top 5 libri by Giovani.it
DI ENRICO MAINERO
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.Nuvole e Lenzuola Negramaro (773 volte).
.Notte prima degli esami Antonello Venditti (488 volte).
.Sweet Dreams Eurythmics (402 volte).
.Happy Hour Ligabue (288 volte).
.La Mia Parte Intollerante Caparezza (231 volte).
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DIARIO
DI UN TOPO
D’APPARTAMENTI
Danny King
Kowalski Editori
Bex e Ollie sono colleghi. Al giorno
d’oggi, si sa, trovare lavoro è sempre
più difficile. Se poi uno è pure un po’
sfaticato, bisogna inventarsi qualcosa.
Trovare un socio, altrettanto sfaticato,
e mettere su un’attività, per esempio. Bex e Ollie hanno avuto un’idea
originale: rapinare appartamenti. C’è
parecchia concorrenza nel settore,
ma dopo un po’ ci si fa un nome e si
gode di una certa rispettabilità. Data,
oltretutto, dal rispetto di alcune regole base. In sostanza si tratta di rubare
videoregistratori, tv, stereo e simili, ma non fare danni o dispetti tipo fumare
nelle case e non infierire in presenza di situazioni di per sé difficili. Questo
significa che rubare a casa di un vedovo, è una cosa deplorevole. Ladri sì,
ma galantuomini.
Un romanzo che all’inizio diverte, anche per lo stile scanzonato. Dopo un
po’ di pagine, però, viene a noia perché i contenuti sono ripetitivi. Tutti gli
aneddoti sui furti commessi finiscono per somigliarsi e la lettura va avanti
a fatica. Le opinioni personali di Bex, che alterna i resoconti delle rapine,
a lunghe digressioni su tematiche varie, sanno di un anticonformismo un
po’ stantio e talvolta sembrano dei riempitivi poco amalgamati con il resto.
Insomma, letteratura con la elle minuscola.
UN OSSO IN GOLA
Anthony Bourdain
Marsilio Editori
Nella cucina di un ristorante fighetto
può succedere di tutto. Soprattutto
se il secondo chef, Tommy Pagano, è
il nipote di un noto mafioso della zona.
Questo Tommy, in realtà sarebbe un
bravissimo ragazzo, un promettente
cuoco, distante anni luce dai torbidi
intrighi familiari. Ma se lo zio gli chiede un favore, proprio quello zio che lo
ha fatto assumere al ristorante, come
si fa a dire di no? E qui cominciano i
guai. La cucina del ristorante diventa
la scena in cui si consuma un efferato
omicidio. Il coltello preferito del primo
chef, un altro bravissimo ragazzo con un piccolo problema di tossicodipendenza, l’arma del delitto. Se poi ci si mette di mezzo pure l’FBI, sulle
tracce dell’organizzazione mafiosa da parecchio tempo, il guaio si complica e Tommy si ritrova invischiato fino alle scarpe in qualcosa che è molto
più grande di lui. Salvare la pelle e non pestare i piedi a nessuno si rivelano essere due obiettivi difficilmente conciliabili. L’intricata vicenda prende corpo e si sviluppa tra chele d’aragosta, salsa basca ed altre pietanze
estremamente raffinate. Omicidi brutali, descritti con una generosa dose di
particolari al limite dello splatter, cedono spesso il passo a vere e proprie
lezioni di alta cucina. Un noir tagliente, sarcastico ed appassionante.
ELECTRIC PRESIDENT
“S/+”
GREEN CARNATION
The Acoustic Verses
ROBERT POST
Robert Post
Come un buon vino, questo è il classico
disco che migliora invecchiando. Con il
passare del tempo, ascolto dopo ascolto,
il lavoro degli esordienti Electric President
“S/+” acquista sempre più. Sia chiaro,
non si tratta di musica da ascoltare sotto
l’ombrellone senza prestare la dovuta
attenzione, ma di un complesso di canzoni che sintetizzano l’articolato incrocio tra
dedizione e spontaneità artistica. I ragazzi, perché si tratta di giovani ventenni (Ben
Cooper, mente degli Electric President, ha
appena ventitre anni) che mettono in piedi
un lavoro che sembra estraneo al lineare
scorrere del tempo: impossibile classificare la musica del gruppo in schemi preconfezionati e decisamente sconveniente
sforzarsi di trovare somiglianze con band
già affermate. Gli Electric President propongono lunghe cellule sonore dal sapore
elettronico, incastonate tra gemme acustiche di rara fattura. I soavi arpeggi delle
chitarre fanno spesso da introduzione ad
esplosioni sonore dall’energia devastante,
mentre melodie accattivanti segnano le
linee di passaggio di un cantato tanto puerile quanto particolare e caratterizzante. Un
lavoro che richiama la migliore tradizione
del cantautorato elettronico ma che infonde nell’ascoltatore la vitalità e la creatività
dei dischi acustici. Sebbene l’elettronica
rappresenti la vera spina dorsale del disco,
si noti infatti come la band riesca comunque a metterla a completa disposizione del
processo di espressione. Ten Thousand
Lines, Grand Machine No. 12 e Insomnia
sorprendono per semplicità comunicativa
e per la poetica ipnotica che trasmettono.
Un disco nel quale immergersi per apprezzarne tutto il retrogusto, proprio come
fosse un buon bicchiere di vino rosso.
Gli occhi si chudono e lo spirito vola in un’altra dimensione. Questa la prima sensazione
che trasmette “The Acoustic Verses”, quinta
fatica dei norvegesi Green Carnation. Il gruppo stacca la spina ai suoi amplificatori e sforna
un disco interamente acustico, dove aleggia
perpetuo un senso d’inquietudine e malinconia che ben si fonde con la dolcissima chitarra
acustica di Tchort e con la voce di Kjetil Nordhus. Si parte con due dei brani più ammalianti e fascinosi che l’album propone. Sweet
Leaf e The Burden Is Mine… Alone sono due
ballate dal sapore misterioso e romantico. Se
nella prima si avverte netta la presenza di una
melodia che ti entra in testa al primo ascolto,
la seconda rapisce i sensi con una cascata di
arpeggi acustici, tanto teneri quanto sperdutamente malinconici. Stupisce la facilità con la
quale la band riesca, in ogni suo lavoro, a concepire un sound sempre diverso, accostando
a volte, nell’ambito di una stessa produzione,
elementi lontani fra loro. Si passa quindi con
estrema naturalezza da fugaci influenze folk (il
tappeto acustico di Alone è bagnato da cellule dal sapore medioevale create dagli archi) a
tecniche d’arrangiamento che affondano nelle
radici prog della band (9-25-045 è una suite di
quindici minuti; divisa in tre parti, il pezzo cattura dal primo arpeggio di chitarra fino al fade
out finale). A completare il quadro la psichedelica malinconia di Maybe? e il piano di Childs Play Part 3 (un incedere impietoso verso
atmosfere dark e spettrali). Ogni singola nota
in questo disco sembra avere la possibilità di
trascinarci fuori dal tempo. Passione e spiritualità danno a “The Acoustic Verses” il passaporto per l’immortalità.
Quando la vena melodica di un artista
protegge dal freddo nordico. Robert
Post, giovane cantautore Norvegese, sembra costruire i pezzi contenuti
in questo suo primo album omonimo
seguendo i dettami di un antico antidoto contro il gelo della sua terra natale. Le
atmosfere solari del disco si mescolano
piacevolmente a momenti dal sapore
più introspettivo. Gli arrangiamenti dei
pezzi non saranno un inno alla rivoluzione ma il disco risulta ben suonato.
È proprio l’equilibrio fra arrangiamenti
classici e qualche trepidazione ritmica a
descrivere gli stati d’animo introspettivi
e romantici che nascono dai suoi testi.
La voce di Robert Post, che si sposa
perfettamente con le linee melodiche
che va disegnando, è soave e delicata,
quasi appartenesse ad un adolescente.
La semplicità dei pezzi non deve però
trarre in inganno: in ognuno di essi si
nasconde un ricercato equilibrio tra elementi pop e folk. Il singolo Got None,
che trova nella bella voce voce di Aimee
Man un punto di coesione, e High Tide
sono costruite con cura decisamente
sopra la media. Colpisce la malinconica Everything is Right, essenziale nella
scarna interpretazione voce e chitarra acustica, mentre la romantica More
& More paga un tributo ai Beatles del
“White Album”. Nel cuore di Robert
Post c’è insomma la capacità di fare
della belle canzoni, creando melodie
interessanti; vi riesce all’interno di un
disco mai troppo smielato o ammiccante, nel senso più negativo del termine.
.Qual’è
il migliore video musicale.
.del 2006 ?.
Manda la tua preferenza a:
[email protected]
I 5 film più attesi by Giovani.it
DI FULVIO ROSSETTI
.Harry Potter 5.
.SpiderMan 3.
.Twilight.
.Hostel 2.
.Armata delle tenebre.
DI VALENTINA GUIDUCCI
THEM
Dal 24 aprile
Stavolta non vi parlerò di amore e
romanticismo, nessun riferimento all’idilliaco mondo delle relazioni
sentimentali, non una parola sull’incantato quanto universale senso di
felicità da innamoramento, né una
su quel senso di dolore agrodolce
tipico delle pene d’amore. Niente
baci. Niente carezze né dolci effusioni. Nessuna donna che incontra
l’uomo della sua vita e nessun uomo
che sposa la donna perfetta. Questa
volta, ho deciso di parlare di horror,
di thriller. Ma la mia
vena poetica – anche
un po’ cinica, ormai
lo avrete capito – mi
costringe a restare
nel vecchio continente, quindi a presentarvi sì film horror, ma
europei, lasciando le
pellicole americane in
soffitta per un po’ di
tempo. Almeno per
questo numero di
Tribù. Ma veniamo a
noi. Il primo film che
vi presento è Them,
e ho scelto di iniziare
da questa pellicola solo perchè ho
una predilezione per i film ispirati a
fatti realmente accaduti.
Il tema in effetti non è nuovo – anche
perchè è davvero difficile trovare
un thriller fondato su una tematica
nuova, o no? – ed è la paura che
qualsiasi individuo prova di fronte
a qualcosa che non riesce a vedere, che percepisce, che avverte
ma non riesce a individuare perché
nascosto, e che probabilmente lo
sta osservando. Un presentimento,
un sesto senso che sente l’invisibile presenza di qualcosa o qualcuno
che rimane nel buio, ma che scruta
ogni nostro movimento. Il thriller di
.Qual’è
Palud e Moreau ha il pregio di essere
costruito bene, e non annoia. Fin dai
primi minuti infatti – dopo un folgorante incipit – non ci viene mostrato
nulla di chi, la sera del 6 ottobre del
2002, assale madre e figlia, rimaste
per strada con l’automobile in panne
lungo una strada isolata fuori città.
E nulla ci viene mostrato neppure
di chi, all’interno di una grande villa
alla periferia di Bucarest, provvederà in seguito a trasformare in un vero
e proprio incubo la tranquilla notte
di Clementine e del suo fidanzato
Lucas. Perché, grazie soprattutto
all’imperante clima di mistero, Them,
impreziosito anche
dal serrato montaggio di Nicolas
Sarkissian, rientra
in quella categoria
di spettacolo che,
attraverso la sola
forza delle immagini e facendo
ricorso a pochi e
marginali dialoghi,
difficilmente permette allo spettatore di staccare gli
occhi dallo schermo. E con l’unico scopo di farci
arrivare allo splendido quanto spiazzante epilogo della storia, capace
addirittura di spingere alla riflessione
– ebbene sì – che tutto sommato il
genere horror ha sempre il suo fascino. Non muore mai, né invecchia.
Già riesco a vedervi, dentro al cinema, paralizzati, silenziosi, che pensate: “chi è (o chi sono)?”, incollati
alle poltrone, bombardati da ombre,
soggettive minacciose, fughe nel
bosco immortalate da una macchina da presa impazzita (ve lo ricordate The Blair Witch Project?), porte
semiaperte e tende leggermente
mosse dal vento, sonoro che provoca microinfarti... Paura eh?
il migliorefilm del mese?
Manda le tue preferenze a:
[email protected]
GHOST SON
Dal 4 maggio
Era dal 1991 che Lamberto Bava non si dedicava
ad una pellicola di genere
horror, se escludiamo il truculento The torturer (2005),
concepito a bassissimo
costo appositamente per il
mercato dell’home video.
Ghost son, co-produzione
tra Italia, Sud Africa, Spagna e Gran Bretagna, vanta
uno stuolo di volti noti di
Hollywood, tra i quali spicca quella Coralina Castaldi-Tassoni che fu protagonista
dell’ottimo Demoni 2…L’incubo ritorna del 1986. Avete
presente?
Qui siamo all’interno di una fattoria persa nella savana
africana, e la bella Laura Harring del lynchano Mulholland
drive (vero capolavoro) veste i panni di Stacey. In seguito
alla morte del suo grande amore Mark – interpretato dal
John Hannah di Sliding doors – si trova in preda a visioni
che lo vedono protagonista. Finché si scopre inaspettatamente incinta, e non dà alla luce un bambino che
potrebbe essere il frutto proprio di un incontro d’amore
consumato con il fantasma dell’uomo.
Lo so: sembra un’idiozia! Ma in verità il prodotto in questione non si presenta affatto male. Ci sono belle scene
(ad esmpio Stacey che vede sé stessa, sdraiata sul
letto con Mark) ed è coinvolgente. Dopo tutto, e considerando che siamo in Italia, è apprezzabile un regista
che si cimenta nell’horror e che non faccia Argento di
cognome.
SPIDER MAN 3
Dal 1 maggio
E invece no. Ho avuto un altro
dei miei caratteristici ripensamenti! Anche stavolta devo
parlarvi di sentimenti. Poco,
senza esagerare. Spider Man 3
riporta agli onori di cronaca le
gesta del mitico Peter Parker,
sempre supereroe che lotta
contro il male e sempre innamorato della bella Mary J. Ma stavolta dovrà affrontare
una nuova difficoltà, e proprio quando sembrava aver
raggiunto quell’equilibrio tra i suoi doveri e il suo amore.
Il suo costume improvvisamente acquisisce nuovi poteri facendo emergere in lui dei lati oscuri della personalità
che lo porteranno a trascurare le persone a cui tiene
di più. Il nostro eroe si ritrova così a dover combattere
oltre che con due dei più potenti nemici mai incontrati
Sabbia e Venom (nomi orribili santoddio), anche con i
propri problemi personali per riconquistare le persone
che ama. E l’unica cosa che fa paura, oltre ai nomi dei
mostri, è l’ipotesi che ci propineranno il 4...
VIRTUAL MAGICIAN
Continua su GXT il filone di programmi dedicati allo
stravagante mondo della magia!
A maggio sarà in scena Marco Tempest, illusionista
davvero singolare che in VIRTUAL MAGICIAN regala
una serie incredibile di performance da primo premio.
Marco Tempest è tra i maghi più famosi ed apprezzati
al mondo perché ha saputo stravolgere gli equilibri che
regolano gli elementi naturali, trasformandoli in uno strumento per regalare emozioni. Dal vento, dall’acqua, dal
sole e dalla terra riesce a trarre sempre nuovi stimoli e
spunti per andare oltre i confini della magia tradizionale.
Ci troviamo qui di fronte a un vero “Guru” delle arti magiche che ha sovvertito le leggi della realtà e della fisica
per scuotere nel profondo le più antiche tradizioni o indebolire anche le più smaliziate certezze
del mondo moderno. Terreno d’azione delle sue incursioni, tra i luoghi più
celebri al mondo: Central Park, China
Town, Times Square. Ogni volta che
Tempest compare inaspettatamente
in pubblico, riesce a catalizzare subito
l’attenzione dei presenti con numeri
sorprendenti, che molto hanno a che
fare con il suo spirito libero.
Spettacolare, impenetrabile, misterioso. Marco Tempest ha tutte le caratteristiche e le qualità
che ogni grande mago dovrebbe avere in sé e arriva talmente lontano nelle sue performance, da sfidare la forza
di gravità, lo spazio, il tempo.
Seguendo Tempest in questo suo viaggio “virtuale” intorno al mondo, ci si avvicina un po’ di più al soprannaturale.
Da lunedì 7 maggio: dal lunedì al sabato alle h. 16:00
e lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato anche
alle h. 21:00
TNA PAY-PER-VIEW
GXT, canale 702 di Sky, è il canale di riferimento per
chi ama il wrestling con i 2 magazine dedicati alla WWE
(AfterBurn e Bottom Line) e con l’offerta completa della
TNA, la straordinaria federazione che ha rivoluzionato il
wrestling negli Stati Uniti.
Mutuata dalle storie e dagli incontri della WWE ma decisamente più fuori dagli schemi, la TNA ha aperto un
nuovo capitolo nel mondo dello sport d’azione.
La TNA, Total Non Stop Action, nasce dall’ esigenza
di tornare alle radici di quella che era una disciplina pura
e semplice e per questo più vera. Molti lottatori hanno
deciso di passare in TNA proprio per poter dare libero
sfogo alle proprie abilità tecniche senza dover sottostare
alle regole dello show-biz! E se ne vedono davvero delle
belle: acrobazie inaudite, salti mortali, nuovi atletismi; chi
ha amato la WWE non può fare a meno di sintonizzarsi su
GXT per seguire in esclusiva assoluta la TNA.
Su GXT ogni sera sono in onda 2 incontri consecutivi di
IMPACT ed XPLOSION ed ogni mese, completamente gratis, un evento PAY-PER-VIEW. Gli incontri PPV
della TNA, che negli USA sono a pagamento, sono i più
importanti della stagione: si risolvono le faide più importanti, lo spettacolo è massimo e le competizioni sempre
più avvincenti.
A maggio su GXT andrà in onda TURNING POINT, il
PPV di Monty Brown, l’indiscusso protagonista di questo evento! Qui Alpha Male è impegnato in un Serengeti
Survival Match contro il nemico di sempre Abyss. Grande attesa anche per il confronto tra Raven e DDP mentre
Randy Savage aiuta Jeff Hardy e AJ Styles contro i Kings
of Wrestling. Spettacolo nello spettacolo in cui l’unica
regola è vincere.
E ancora tanti saranno i match da brivido proposti ogni
mese da GXT: FINAL RESOLUTION, con l'Ultimate X,
match a stipulazione particolare tra le 3 stelle della X-Division AJ Styles, Chris Sabin e Petey Williams…una card
straordinaria che lascerà senza fiato tutti gli appassionati!
E poi Against All Odds, Destination X, Lockdown, Hard
Justice, No Surrender, una lunga serie di sfide tra i campioni più grandi, il massimo per tutti gli amanti della TNA.
PPV TNA Turning Point:
Domenica 13 maggio
alle 21:10
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PAGATI PER GIOCARE
Uno dei sogni che accomuna giovani e non è stato da sempre quello di poter giocare in santa
pace senza pensare agli impegni che la vita di propina, a cominciare dalla scuola, al lavoro
ecc. Ma immaginiamo invece che il gioco non solo sia una passione coltivata con amore,
ma che diventi esso stesso la fonte di sostentamento, il fulcro della propria vita lavorativa.
Proprio cosi: pagati per giocare! Niente male eh? Divertirsi ed essere pagati. Ma quanto vi
ho appena detto non è soltanto un sogno, ma tutto questo può diventare realtà. L’argomento
non è da prendere sottogamba, ma è assolutamente serio e viene affrontato in maniera
estremamente professionale nel nuovo libro che Multiplaye.it Edizioni sta distribuendo in
questi giorni in tutta Italia. Il suo titolo? Indovinate: Pagati per giocare. Nelle 270 pagine
di questo avvincente libro vengono prese in esame tutte le professioni legate al mondo dei
videogames, dal design, alla grafica, alla programmazione ecc. Se il vostro sogno è sempre
stato quello di lavorare nel mondo dei videogames non potete perdere assolutamente questa
occasione.
TWO
WORLDS
PRESENTAZIONE UFFICIALE
In occasione della presentazione
ufficiale in Italia di Two Worlds,
Multiplayer
ha
visitato
il
distributore ufficiale per il
nostro territorio, Newave Italia,
provando di persona il gioco ed
incontrando due responsabili di
Zuxxez Entertainment, la software
house tedesca che ha prodotto e
sviluppato questo attesissimo RPG
per PC ed Xbox360.
Nonostante il clima atmosferico
poco ospitale, nelle prime ore di un
piovoso pomeriggio primaverile,
siamo stati negli uffici di Newave
Italia in mezzo a tanti addetti del
settore accorsi a Firenze per
poter visionare in anteprima Two
Worlds, e per poter scambiare
due chiacchiere con i due uomini
di Zuxxez giunti per mostrare una
versione alpha del gioco a poco più
di un mese dalla pubblicazione.
Ad attenderci nell’atrio d’ingresso
di Newave ci sono due dei
responsabili dell’aziendaOttaviano
Di Bernardo e Lorenzo Pisaneschi,
PM del gioco, ci conferma in prima
battuta la pubblicazione per il 9
Maggio sia in versione PC che
Xbox360, con due edizioni Limited
stampate in pochissime copie che
festeggeranno il suo arrivo in Italia.
Appena saliti al primo piano notiamo che i
giornalisti invitati siano già numerosi; sono
presenti anche i traduttori della versione
Italiana, il team di Game Italian Translation.
La mole di lavoro di cui si sono fatti carico
è impressionante, per Two Worlds sono
state tradotte circa 180,000 parole in totale.
Il titolo Zuxxez sarà interamente localizzato
nella nostra lingua cosicché l’esperienza di
gioco rimanga intatta e pienamente godibile
da tutti. Particolare enfasi è stata infatti
data allo svolgimento della storia, la quale
prende vita in modo non lineare; come
il titolo suggerisce, nell’universo di Two
Worlds due fazioni si scontrano in un’eterna
lotta per la supremazia del mondo, ed il
nostro personaggio decide in ogni momento
da quale lato schierarsi: quello della luce o
quello dell’oscurità e del male. Questa scelta
influenza inevitabilmente la condizione
del mondo nel quale viviamo, modifica
e crea nuove quest, sfide e personaggi
alleati. In Two Worlds però è possibile fare
letteralmente quello che si vuole, anche
avere i piedi in due staffe e combattere per
entrambe le fazioni, cercando di soddisfare
più parti anche contrapposte, seppur
tutte disposte a ricompensarci per i nostri
servigi. Questa struttura offre innumerevoli
capacità di sviluppo della trama: l’ambiente
circostante, i personaggi e noi stessi siamo
in continuo mutamento durante tutta
l’esperienza di gioco.
All’interno di un dungeon
La presentazione inizia in una saletta appositamente
preparata per l’occasione ed attrezzata con un LCD a 42”, al
quale sono collegati sia un PC che l’Xbox 360. Con un ottimo
inglese, il PR della compagnia tedesca inizia ad illustrarci le
caratteristiche della versione PC, coadiuvato dalla presenza
di Ottaviano Dibernardo di Newave che, dopo un discorso
introduttivo, lascia la parola direttamente a Two Worlds.
Pur non disponendo ancora della versione definitiva, il gioco
mostra già discrete qualità tecniche. Le texture sono ben
disegnate e la loro qualità media è sempre piuttosto elevata,
segno che è stata posta grande attenzione e cura nello
sviluppo. Iniziamo all’interno di un Dungeon con la creazione
del personaggio: è possibile modellare da zero il protagonista
partendo da fisicità, classe, sesso ed altre caratteristiche.
Il character design è molto particolare, i volti sono rozzi,
sporchi e vissuti, e non ispirano certo alcun sentimento di
profonda bellezza estetica, mostrando il fianco a qualche
critica. Essendo sinceri, il character design è una delle poche
cose che non ci ha entusiasmato. La personalizzazione è
però ottima ed una volta completata la creazione passiamo
velocemente alla spiegazione sull’innovativo modo di
utilizzare il nostro inventario.
Quest’ultimo sembra trarre ispirazione da quello già viso in
molti altri Rpg: su schermo apparirà un ampio pannello a
celle quadrate che potranno essere riempite di oggetti, armi,
vestiti ed altro ancora, in base alla loro forma e grandezza.
Oltre alla gestione fisica dello spazio, ci sarà consentito un
peso massimo trasportabile che potrà però aumentare man
mano che la nostra forza fisica aumenterà. Il
doppio criterio per il trasporto di item ci è parso
molto comodo, ma soprattuto intelligente. Il
responsabile di Zuxxez, dopo aver enfatizzato
l’importante ruolo che gioca una trama non
lineare in un titolo di questo genere, inizia
poi a parlare di quello che secondo lui è il
secondo punto di forza: la spettacolarità dei
combattimenti; ci troviamo ancora all’interno
del primo dungeon quando un paio di scheletri
ci attaccano. Nella versione PC gli attacchi
e le magie sono gestite con delle macro
completamente editabili sulla tastiera, mentre
su Xbox 360 sarà nostro dovere attribuire
ogni azione speciale alla croce direzionale.
Il sistema sembra funzionare egregiamente
in ambedue i casi. I combattimenti sono
ben animati grazie alle numerose sessioni
di Motion Capture alle quali gli sviluppatori
hanno dedicato molta attenzione, l’azione
è spettacolarizzata e come ci confermano
uno degli obiettivi era quello di rendere il più
divertente possibile le fasi action. Ci ha colpito
molto la possibilità di buttare della polvere in
faccia all’avversario dando un calcio in terra,
ma soprattuto il fatto che questo attacco non
funzioni se il nostro avversario stia indossando
un qualsiasi scudo o protezione. Resta solo
da vedere quanto sarà divertente sulla lunga
distanza, soprattutto in relazione alla IA
degli avversari. Quest’ultimo sembra trarre
ispirazione da quello già viso in molti altri
Rpg: su schermo apparirà un ampio pannello
a celle quadrate che potranno essere riempite
di oggetti, armi, vestiti ed altro ancora, in
base alla loro forma e grandezza. Oltre alla
gestione fisica dello spazio, ci sarà consentito
un peso massimo trasportabile che potrà
però aumentare man mano che la nostra
forza fisica aumenterà. Il doppio criterio per
il trasporto di item ci è parso molto comodo,
ma soprattuto intelligente. Il responsabile di
Zuxxez, dopo aver enfatizzato l’importante
ruolo che gioca una trama non lineare in un
titolo di questo genere, inizia poi a parlare di
quello che secondo lui è il secondo punto di
forza: la spettacolarità dei combattimenti; ci
troviamo ancora all’interno del primo dungeon
quando un paio di scheletri ci attaccano.
Nella versione PC gli attacchi e le magie
sono gestite con delle macro completamente
editabili sulla tastiera, mentre su Xbox 360
sarà nostro dovere attribuire ogni azione
speciale alla croce direzionale. Il sistema
sembra funzionare egregiamente in ambedue
i casi. I combattimenti sono ben animati grazie
alle numerose sessioni di Motion Capture alle
quali gli sviluppatori hanno dedicato molta
attenzione, l’azione è spettacolarizzata e
come ci confermano uno degli obiettivi era
quello di rendere il più divertente possibile le
fasi action. Ci ha colpito molto la possibilità
di buttare della polvere in faccia all’avversario
dando un calcio in terra, ma soprattuto il fatto
che questo attacco non funzioni se il nostro
avversario stia indossando un qualsiasi scudo
o protezione. Resta solo da vedere quanto sarà
divertente sulla lunga distanza, soprattutto in
relazione alla IA degli avversari.
Innovazioni di Two Worlds
Sembra essere stata data un’incredibile
importanza alla varietà di oggetti, armi ed
equipaggiamento, reperibili nel mondo. Una
della novità di Two Worlds è la creazione di
item sempre nuovi e personali, mediante
la combinazione di altri due, un po’ come
avveniva nei primi Resident Evil, quando
mescolando una piantina verde con una
rossa si otteneva un siero molto più potente.
Il concetto è simile, ma portato all’estremo
grazie all’incredibile varietà offerta da un
gioco di questo tipo. Gli esempi possono
essere molteplici: unendo due pantaloni della
stessa classe con resistenza 2 si ottiene un
nuovo capo di abbigliamento con resistenza
potenziata a 4, oppure mescolando due pozioni
se ne può ottenere una più efficace. Ogni cosa
può essere combinata, anche se gli effetti
non saranno sempre positivi: ci fanno notare
che aggiungendo per esempio un elemento
negativo come un veleno, questi annullerà
ogni sorta di effetto benefico dell’altro.
Questo sistema di mixaggio è stato ideato,
a detta degli sviluppatori, per permettere al
giocatore una massima personalizzazione
dell’inventario e delle sue personali risorse, in
modo che l’esperienza di gioco risulti sempre
diversificata ed unica. Parlando delle magie,
ne sono presenti cinque classi principali:
acqua, terra, aria, fuoco e necromanzia.
Possiamo scegliere tre magie alla volta da
posizionare negli appositi slot, da combinare
con altri cinque sotto magie denominate
booster: ad esempio una fireball può essere
mixata con un booster per incrementarne il
raggio d’azione e diminuirne il dispendio di
mana. Volendo, poi, creare altre combinazioni,
tali boost possono essere dirottati su altri
incantesimi.
Multiplayer online
I due ragazzi di Zuxxez iniziano poi a
parlarci delle modalità multiplayer online
del loro titolo. Saranno presenti cinque città
che fungeranno da stanza virtuale nella
quale organizzare team di massimo otto
partecipanti e partire per le quest proposte,
delle istance in stile Guild Wars. Ci sono 5/6
quest principali in ogni città, ed altrettante
secondarie, per un totale di circa 60 missioni
da affrontare in compagnia dei nostri amici.
Zuxxez, se questa modalità dovesse avere
successo, ha previsto la pubblicazione di
nuove città e missioni da poter scaricare
come piccole espansioni. Come detto in un
box precedente, per la modalità multiplayer
sarà possibile impersonare qualsiasi razza
ideata per il gioco, con un’evoluzione
del personaggio del tutto indipendente
da quella della modalità single player.
Dopo la presentazione ufficiale avvenuta, ed
entrati in confidenza con il team, siamo riusciti
ad ottenere qualche informazione aggiuntiva,
venendo a sapere che entro fine anno è
prevista l’uscita di una versione PlayStation
3. I nostri sono rimasti positivamente stupiti
dalla calda accoglienza che il nostro paese
sta avendo nei confronti di Two Worlds,
dimostrata ampiamente dalla vivacità negli
ambienti degli appassionati e dall’alto
numero di preordini che sta avendo in questi
giorni. Il titolo Zuxxez si propone come uno
dei più interessanti di questa primavera e non
solo, soprattutto per i fan degli RPG sempre
affamati di nuovi titoli, sempre più raramente
in sviluppo. Si tratta indubbiamente di un
titolo da tenere d’occhio, e che promette di
riempire molte ore di qualsiasi giocatore che
abbia disossato Oblivion e Gothic, e che sia
in attesa di qualcosa di nuovo su cui mettere
le mani. Manca poco all’uscita, e a breve vi
faremo sapere qualcosa di più!
Play !
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ENEMY
TERRITORY:
QUAKE WARS - HANDS ON
Grazie ad un blitz presso gli studi londinesi di
Splash Damage, siamo riusciti a portare a casa
le sensazioni che cercavamo e speravamo di
trovare. Quake Wars ha fatto passi da gigante
in quest’ultimo anno e presenta tutti i sintomi
del capolavoro...
La pazienza è la virtù dei...
Per qualche ragione quello degli FPS è
probabilmente il genere che annovera il più
alto numero di giochi ritardatari, passati
alla storia anche per i loro plurimi rinvii.
Da Quake ad Unreal, da Daikatana a HalfLife 2, passando per (ha!) Duke Nukem
Forever, Prey e chissà quanti altri, sparare in
soggettiva è da sempre – paradossalmente
– un hobby che ha richiesto pazienza.
Quake Wars è solo l’ultimo di una lunga
serie insomma, anche se il suo slittamento
di un rotondo annetto, potrebbe far dubitare
qualcuno della capacità di Paul Wedgewood e
soci di gestire e portare a termine il progetto.
Dopo averlo provato con la giusta calma
però, ci sentiamo di conciliare le manie di
perfezionismo degli autori di Wolfenstein:
Enemy Territory… del resto, come ci insegna il
buon Caparezza, il secondo album è sempre il
più difficile nella carriera di un artista.
Quake va in guerra
La ventina abbondante di giornalisti europei
che affollava la sua sala riunioni non ha messo
a disagio Paul Wedgwood, l’affabile (e pieno di
sé?) proprietario di Splash Damage nonché
lead designer di Quake Wars, nonostante il
suo esordio sia stata una mezza scusa e una
giustificazione per il ritardo del titolo (anticipando
una domanda che sapeva essere nell’aria).
Con la calma misurata di chi è consapevole
che l’imminente sessione di gioco spazzerà
via i sorrisetti malcelati dei tiepidi detrattori
in sala, Paul ha esordito illustrando la ragione
di questo non trascurabile rinvio, non senza
togliersi la soddisfazione di tirare qualche
frecciatina compiaciuta ai producer di Activision
- anch’essi presenti - tanto per puntualizzare
che la capacità di Splash Damage di farsi
assecondare nei suoi “capricci” nasce dal
suo rapporto privilegiato con Kevin Cloud,
John Carmack e id Software in generale.
Ma procediamo con ordine. Per chi si fosse
perso le precedenti puntate, Quake Wars sarà
il seguito spirituale di Wolfenstein: Enemy
Territory, un mod gratuito sponsorizzato
da id Software e Activision, che Splash
Damage completò nel 2003, ottenendo
un successo a dir poco clamoroso.
Con una miscela di teamplay ben calibrato,
superbo level design e tutta la passione
di un gruppo di sviluppatori cresciuti sulla
scena dei MOD, Wolfenstein: ET pose le
basi del ben più ambizioso progetto che,
sfruttando l’engine di DooM 3, avrebbe
dovuto segnare la riconquista delle arene
multiplayer da parte di id Software e associati.
Titolo di combattimento multigiocatore
a metà fra Team Fortress e Battlefield,
Quake Wars presenta per la maggior parte
ambientazioni all’aperto pensate per gruppi
dai 16 ai 32 giocatori, abbondanza di veicoli e di
deployables, oltre che, ovviamente, una serie di
classi specializzate fra cui scegliere.
Più di ogni altro cosa però, vanta
qualcosa che gli appassionati chiedono
ormai
da
anni:
un’ambientazione
fantascientifica degna di questo nome.
E non una qualsiasi:
ambientato circa mezzo
secolo nel futuro, Enemy
Territory
ci
racconta
l’invasione
del
pianeta
Terra da parte degli Strogg,
antefatto agli eventi di
Quake 2. Se Quake 4 vi ha
lasciato indifferenti, questa
è l’occasione di rifarsi.
Inutile girarci attorno, le
impressioni a caldo che ci ha
lasciato la sessione di prova
delle mappe Valley e Sewer
(delle tre previste, a meno di
uno spettacolare black-out
evidentemente ispirato dalle
due dozzine di computer-ninja stipati nella
stessa stanza) sono quelle di un titolo eccellente.
Ogni aspetto e minuzia, dalle impeccabili
animazioni al design delle unità, dalle texture al
tipo e colore di illuminazione, è un’indicazione
dell’estrema qualità e cura certosina per i
dettagli che è un po’ la firma di questo titolo.
I videogiochi occidentali, con alcune debite
eccezioni, sono sempre stati accusati di essere
approssimativi in molti aspetti della produzione.
In questo caso, tuttavia, sembrava di vedere
materializzato e applicato agli FPS l’approccio
perfezionista di Blizzard Entertainment.
Quake Wars narra del fortunoso tentativo
dell’umanità di respingere l’invasione Strogg
e non potevano mancare riferimenti ai capitoli
successivi della saga, come ad esempio
la mappa dove l’obiettivo degli umani sarà
impossessarsi della tecnologia “Splipgate”
che permetterà loro, in futuro, di rispondere
attaccando direttamente il pianeta Stroggos.
Se quanto abbiamo provato è rappresentativo
del resto dei contenuti, questo titolo non
mancherà di locazioni epiche, nonostante
la scala sia indubbiamente più ridotta
rispetto alle mappe oceaniche di Battlefield.
Ma basta parlare, è il momento di andare a
mettere un’altra croce sul calendario, sperando
che l’attesa non si protragga oltre il necessario.
La speranza è di vedere il gioco sulla rampa
di lancio all’E3 e sugli scaffali per la fine
dell’estate, forse per poter rilasciare le
versioni per Xbox 360 e PS3 (in lavorazione
rispettivamente presso Nerve Software e
Z-Axis) in tempo per la stagione natalizia.
Auguriamoci che stavolta siano puntuali
Play !
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DRAGON BALL Z
BUDOKAI TENKAICHI 2
I Saiyan arrivano anche su Wii!
Dopo una fase di lancio corroborata dal successo
commerciale ma contraddistinta da una qualità
media altalenante per quanto riguarda i giochi,
Wii prepara il terreno per una seconda ondata di
titoli. In questo senso, l’impegno di NamcoBandai
non può che far felici i possessori della console
Nintendo, che potranno non solo giocare con tutti
i tie-in multipiattaforma, ma anche sperare in
qualche produzione pensata appositamente per
il peculiare sistema di controllo a rilevazione di
movimento. Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi 2,
dunque, è solo un primo passo.
Modalità di gioco
Ultima incarnazione dei giochi tratti da Dragon
Ball per le console “maggiori”, Budokai Tenkaichi
2 si presenta come un prodotto eccezionale sotto
il profilo della completezza e della longevità. La
modalità di gioco principale, infatti, ci permette di
rivivere le avventure di Goku e dei suoi compagni
dall’arrivo del primo Saiyan sulla Terra fino alle
ultime battaglie viste in Dragon Ball GT, passando
attraverso gli eventi narrati nei numerosi film
paralleli alla serie. Il tutto è organizzato in
“saghe”, ognuna composta da vari stage in cui
non bisogna necessariamente sconfiggere il
proprio avversario, piuttosto assecondare quanto
realmente accade nella storia. Si danno vita, così,
a battaglie senza quartiere all’interno di scenari
di generose dimensioni (seppure lungi dall’essere
enormi), talvolta mettendosi al comando non di un
solo personaggio ma di un gruppo, i cui membri
si avvicendano man mano che vengono sconfitti.
Procedendo nella storia, i personaggi utilizzati
“crescono”, migliorando in capacità offensiva e
difensiva e, di conseguenza, salendo di livello.
Esattamente come nel primo Budokai Tenkaichi, è
presente una modalità di gioco (“Evoluzione Z”) in
cui si acquistano, vendono e assegnano i cosiddetti
“Oggetti Z”, una lunga serie di potenziamenti che
possono rendere imbattibile anche il personaggio
meno dotato del lotto. Tali potenziamenti
possono essere utilizzati anche nello story
mode, aumentando così le possibilità di vittoria.
Ad affiancare l’enorme story mode abbiamo la
modalità “Battaglia Z Suprema”, una sorta di
survival mode in cui si affrontano combattimenti
via via più impegnativi per sbloccare il maggior
numero possibile di oggetti Z. C’è poi il sempre
presente “Torneo del Drago”, ovvero l’originale
Torneo Tenkaichi con tutte le
regole del caso: si viene sconfitti
quando si finisce KO ma anche
quando si tocca terra fuori dal
“ring”. E infine il “Duello”, che ci
permette di affrontare un amico.
Completano il quadro il doveroso
tutorial “Allenamento Supremo”, la già citata
“Evoluzione Z” e la “Biblioteca del Drago”, una
fonte inesauribile di informazioni circa l’universo
di Dragon Ball e i suoi personaggi.
Sistema di controllo
Come accennato in apertura, l’uscita di Dragon
Ball Z Budokai Tenkaichi 2 per Wii è una
conferma importante del successo commerciale
della console Nintendo. La serie è finora stata
un’esclusiva di PlayStation2, dunque l’annuncio di
questa conversione ha suscitato enorme curiosità
fra gli appassionati di DBZ, che per prima cosa
si sono chiesti come gli sviluppatori avrebbero
utilizzato il Wii-mote e il Nunchuck. Ebbene,
come tutti i videogame non nati su Wii (ad oggi la
maggior parte, in verità), Tenkaichi 2 propone un
sistema di controllo “ibrido”, che ricorre al sensore
di movimento solo in determinate situazioni. Nella
fattispecie, al Nunchuck è deputato il movimento
del personaggio, con tanto di scatto, mentre al Wiimote sono assegnate le numerose altre funzioni,
dall’attacco al blocco. L’uso coordinato dei due
dispositivi diventa necessario quando si ricorre
alle mosse speciali: premendo in contemporanea
il pulsante Z sul Nunchuck e il pulsante B sul
Wii-mote, il sistema di controllo si prepara a
rilevare i movimenti che eseguiamo per tradurli
in spettacolari colpi di energia. Un esempio
veloce: per lanciare la sfera Genkidama di Goku,
dopo aver caricato al massimo l’energia spirituale
dovremo premere Z e B, quindi prima agitare il
Nunchuck e poi tirare su il Wii-mote perché il
colpo venga effettuato. Ne risulta un approccio
più “scanzonato” rispetto alla versione PS2, per
certi versi più macchinoso (il blocco ottenibile
premendo Giù sulla croce direzionale, laddove
con A si attacca, è un insulto alle nostre capacità
psicomotorie) e per altri decisamente più grezzo
e, se vogliamo, divertente. Sicuramente la curva
di apprendimento del gioco, già consistente sulla
console Sony, su Wii diventa ancora più ripida e
serviranno non poche partite per padroneggiare
i movimenti del proprio personaggio. È forse per
questo motivo che NamcoBandai ha inserito la
possibilità di utilizzare il Classic Controller o il
joypad del GameCube in luogo del Wii-mote e del
Nunchuck, offrendo un’esperienza di gioco molto
simile a quella di PS2 e rinunciando, dunque, al
fattore innovativo.
Realizzazione tecnica
Per quanto riguarda la realizzazione tecnica,
DBZ Budokai Tenkaichi 2 si porta dietro, anche
in questo caso, un bagaglio di personaggi ben
disegnati, che mostrano ferite e lividi a seconda
delle botte prese e si muovono all’interno di
scenari vasti ma di qualità altalenante: le belle
pianure ricche di vegetazione e gli spaccati urbani
si frappongono a desolati paesaggi alieni, poveri
di elementi e colorati male. Le animazioni non
sono al top, ma risultano funzionali all’azione e
la loro qualità viene compensata dallo spettacolo
offerto dalle mosse speciali, davvero devastanti
(anche se non come quelle viste nel vecchio
Dragon Ball Z Budokai 3, che dal punto di vista
grafico rimane ancora una spanna avanti). La
qualità tecnica del gioco, purtroppo, non implica
uno sfruttamento adeguato delle capacità di Wii:
l’edizione europea non supporta la visualizzazione
in 480p (si rimane fermi ai 576i sui televisori
HD-Ready) né i 16:9. Di più, il confronto con la
versione PS2 viene vinto per pochissimo: i modelli
poligonali sono lievemente più definiti, mentre i
fondali hanno un antialiasing che ricorda tanto le
conversioni per GameCube. Il comparto sonoro è
rimasto invariato, conservando tutti i propri punti
di forza: il parlato in Inglese è fortunatamente
sostituibile con quello in Giapponese, gli effetti
sonori sono convincenti e le musiche riescono
ad appassionare quanto basta per affrontare i
combattimenti nel migliore dei modi. Tutti i testi
a schermo sono tradotti in Italiano.
Commento
Pur non sfruttando neppure lontanamente le
capacità tecniche di Wii, Dragon Ball Z Budokai
Tenkaichi 2 è un prodotto da tenere in debita
considerazione per alcuni motivi. In primis,
rappresenta un esordio per NamcoBandai, e il
suo immancabile successo di vendite (come per
tutti i giochi di Dragon Ball, del resto) porterà
all’arrivo di altri prodotti della casa giapponese,
speriamo pensati appositamente per Wii.
In secondo luogo, ora non è più necessario
possedere una PlayStation2 per accedere a
un tie-in così corposo e importante, che dà
agli appassionati della serie davvero tutto
ciò che hanno sempre desiderato, con più di
cento personaggi e decine di mosse speciali.
In conclusione, se vi piace Dragon Ball Z e
possedete un Wii, non c’è un motivo valido per cui
non dovreste acquistare DBZ Budokai Tenkaichi
2. Sperando che in futuro, insieme ai contenuti,
arrivi anche uno sfruttamento delle possibilità
tecniche della console.
Voto: 7.8