Dibattito/ Riapriamo le "Case chiuse"

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Dibattito/ Riapriamo le "Case chiuse"
Dibattito/ Riapriamo le "Case chiuse"
di LAURA FANO
Mentre in Italia viene presentata in Parlamento l’ultima proposta di legge per regolamentare la
prostituzione, bollata come “retrograda” dal senatore Carlo Giovanardi, che porta come
firmatarie le senatrice Maria Spilabotte,
Valeria Fedeli, Rosa Maria Di Giorgi, Monica Cirinnà, Sergio Lo Giudice e Alessandra
Mussolini, in Spagna, a Ibiza, spopola la cooperativa Sealeer, formata da donne che si sono
associate "per la prestazione di servizi sessuali" con l’obiettivo di «regolarizzare la
prostituzione» per avere gli stessi diritti e le stesse tutele di un qualsiasi altro lavoratore. Si
tratta di undici donne tra i 20 e i 30 anni - alcune dell'Est, altre spagnole e perfino qualche
italiana che si sono unite e sono riuscite a costituire un'organizzazione di lavoro associato, col
visto del Consiglio dell'economia e del commercio delle isole Baleari, per cercare di vedere
riconosciuti i propri diritti tra cui l'assistenza medica o il permesso per maternità e per malattia.
Un'associazione regolare di prostitute, che stabiliscono i propri orari, le tariffe e le condizioni
della prestazione sessuale, presieduta da María José López Armesto che ha già disseminate
sul proprio tavolo decine di richieste di donne che esercitano il mestiere e che desiderano
entrare a far parte del gruppo.
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Si riaccende, così, l'eterno, infuocato dibattito sulla prostituzione, che nel nostro Paese vede
coinvolte 60 mila persone e 9 milioni di italiani.
I giornali e la televisione ne parlano sempre più spesso, le vediamo di giorno, di notte lungo le
nostre strade, alle periferie delle città: donne, ragazze, bambine che si vendono, chi per
autodeterminazione, chi perché costretta da qualcuno; per molte la sola possibilità di lavoro. In
Italia le prostitute che lavorano sulla strada sono in prevalenza nigeriane, albanesi e dei paesi
dell’Est; tutte provengono da situazioni economiche, politiche, sociali molto diverse fra loro, ma
arrivano qui con un’idea che le accomuna: fare soldi, e se possibile farli in fretta. I motivi che
spingono queste donne a prostituirsi variano a seconda del paese di origine, della cultura e del
livello di miseria che si ritrovano addosso.
In Italia la prostituzione è regolamentata dalla legge Merlin, dal nome dell’ex maestrina
Angelina, detta Lina, diventata senatrice della Repubblica, che la propose e portò alla chiusura
delle case chiuse, con il divieto di praticare la prostituzione anche in case private. Gli ospitali
salotti avevano resistito per poco meno di un secolo. Erano stati istituiti, con il controllo dello
Stato, per iniziativa di un Padre della Patria: Camillo Benso Conte di Cavour, il 15 febbraio
1860, emanò alcune regole per proteggere la salute del popolo.
Il 20 settembre del 1958, anniversario di Porta Pia, dopo una furibonda campagna promossa
dalla socialista umanitaria, caddero, per 385 voti favorevoli e 115 contrari, le ultime “persiane
chiuse”, smontarono le insegne 687 “stabilimenti” e più di tremila signorine se ne andarono con
gli stravaganti vestiti da lavoro verso altre e più libere avventure. Indro Montanelli affidò a un
volumetto “Addio, Wanda” la sua nostalgia.
Oggi le “dame” si chiamano “lucciole”, “massaggiatrici”,“hostess”, “estetiste”, “accompagnatrici”,
le minorenni“stelle filanti” “lolite” e “baby squillo”; la loro età varia da 14 anni in su e la loro
clientela contempla dirigenti, professionisti, funzionari e impiegati.
Gran parte delle prostitute lavorano in strada e infilano nelle loro borsette fino a 500 euro a
notte, alimentando un giro di affari tra 2, 2 e 5,6 miliardi all'anno, che finiscono in parte nei
forzieri invisibili del crimine organizzato. I clienti sanno, a volte ascoltano o chiedono, osservano
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lividi e bruciature di sigarette sui corpi, auspicano che vengano rimessi in funzione, per loro e
per le donne, quegli spacci dell’amore che Giancarlo Fusco chiamava i “gloriosi casini”, ma
intanto continuano a porre la domanda più antica del mondo, sempre la stessa: "Quanto?".
Forse davvero è il caso, nel Paese del falso moralismo, della prostituzione intellettuale e politica
diffusa, di tessere un elogio di che non vuole pagare più le multe per adescamento, ma che
preferisce pagare le tasse.
Ed è quantomeno curioso che, nel tempo della crisi che ci ha reso poveri, spietati e feroci, la
politica risponda ad un problema vero con un riflesso condizionato obsoleto, e pensi di potersi
permettere ancora lusso di essere pregiudiziale e bigotta.
La legge che chiuse le case di tolleranza per combattere lo sfruttamento delle donne, ma che
non impedisce di vendere il proprio corpo, risale al 1958: era un altro secolo, era un’altra Italia.
Il mondo è cambiato; è cambiato il comune senso del pudore. “ Ciò che un tempo si chiamava”
amore Diceva Moravia “oggi si chiama sesso”, quel sesso che ha fatto tanta strada in tv e sul
web.
Ecco perché trovare nuove forme di regolamentazione per combattere lo sfruttamento meglio di
prima diventa un dovere e significherebbe produrre un enorme gettito per il fisco e garanzie
sanitarie e previdenziali per chi fa questo lavoro.
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