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Paola Molino
«Un organismo vivente con vita autonoma».*
Le biblioteche al centro di una scuola di dottorato
fra Osnabrück e Wolfenbüttel
Intervista al Prof. Wolfgang Adam con la partecipazione di Isabelle Bosch, Hanne Grießmann, Katharina Koitz, Anna Lingnau, Riecke Schole, Julian zur Lage.1
A
partire dallo scorso autunno è nata presso l’istituto interdisciplinare di storia culturale dell’età moderna di Osnabrück, in
cooperazione con la Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel, la scuola di dottorato Wissensspeicher und Argumentationsarsenal.
Funktionen der Bibliothek in den kulturellen Zentren der Frühen Neuzeit (Depositi del sapere, Arsenali di idee. Le funzioni della biblioteca
nei centri culturali della prima età moderna). Per i prossimi tre anni,
un gruppo di dodici dottorandi potranno condurre i propri progetti
di ricerca, usufruendo della ricca collezione di Wolfenbüttel, ma soprattutto della competenza dei ricercatori e dei bibliotecari da anni
Eco 2001.
Questa intervista è stata condotta grazie al generoso contributo della Fondazione Alexander von Humboldt, nell’ambito del progetto di ricerca The Ambivalence
of Knowledge: European Library Catalogues Facing the Early Modern World (15501650), ospitato dal dipartimento di storia moderna della Ludwig Maximilian Universität di Monaco.
*
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Bibliothecae.it, 5 (2016), 2, 384-400
DOI <10.6092/issn.2283-9364/6402>
Bibliothecae.it
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«Un organismo vivente con vita autonoma»
impegnati a catalogare e promuovere il patrimonio di questa istituzione. Il programma è finanziato dal Ministero per la ricerca e la cultura
del Land Niedersachsen.
Per capire come è nato il progetto, e quali siano le aspettative e i
percorsi dei giovani ricercatori, la redazione di «Bibliothecae.it» ha
incontrato ad Osnabrück lo scorso dicembre l’ideatore e coordinatore
della scuola, il Prof. Wolfgang Adam, docente di letteratura tedesca
della prima età moderna e specialista di storia delle biblioteche, insieme ad gruppo di dottorandi.
Professor Adam come è nata l’idea di una scuola di dottorato con al centro la storia delle biblioteche?
L’idea nasca da lontano e da una cooperazione lunga e continuativa
con la Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel. Nel 1994 l’allora
direttore Paul Raabe, che io considero come un maestro, mi ha invitato ad organizzare il congresso internazionale sulla vita di società
nell’età barocca.2 Da allora la collaborazione non si è più realmente
interrotta, fino al 2014, quando mi sono impegnato nel 38esimo corso estivo internazionale di Wolfenbüttel dal titolo La Biblioteca come
spazio delle idee / Die Bibliothek als Raum der Idee insieme alla collega di Bologna Giulia Cantarutti, Helga Meise di Reims e Dirk Werle
allora a Lipsia, oggi ad Heidelberg. Quel programma già conteneva
gli ingredienti essenziali della scuola di dottorato: prevedeva una call
internazionale, alla quale hanno risposto studenti da tutta Europa, e
vi erano alla base gli elementi intellettuali che hanno poi ispirato il
passo successivo, ovvero l’idea che le biblioteche non siano soltanto contenitori statici di idee. Ciò che interessa di queste istituzioni è
soprattutto l’elemento dinamico, la capacità che hanno di restituire
una determinata costruzione del passato, anche attraverso la damna-
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Adam 1997.
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tio memoriae. Mi è sembrato proprio nel corso della scuola estiva che
questa capacità di mettere insieme l’infrastruttura di Wolfenbüttel, le
nostre competenze di storici, filologi e letterati, portate ad un livello
internazionale, potessero insieme costituire una base per la scuola di
dottorato. Poi, chiaramente, c’è stata la cornice istituzionale e quella
finanziaria che ci hanno consentito di concretizzare questo proposito.
Il programma è finanziato dal Land Niedersachsen (del quale fanno
parte sia la biblioteca di Wolfenbüttel che l’università di Osnabrück,
ndr.) per 819.000 euro. Questo ci consente di avere 12 dottorandi
qui a Osnabrück, con una borsa di studio di tre anni, di sostenere i
viaggi negli archivi e nelle biblioteche, inclusa quella di Wolfenbüttel,
dove i ricercatori si impegnano a lavorare almeno tre mesi nel corso
dell’intero programma. Una risorsa esorbitante che ci ricorda come la
Germania resti un paese nel quale si investe in cultura e formazione.
Inoltre, la presenza dei finanziamenti regionali offre una terza possibilità rispetto alle altre due linee di finanziamento tradizionali a livello
nazionale e internazionale. Ma la cosa interessante è che ottenere un
finanziamento del Land non significa proporre un progetto provinciale, di interesse locale, al contrario. E anche le regole di valutazione
dei progetti sono analoghe a quelle del fondo nazionale per la ricerca
(DFG). Gran parte del sostegno al settore umanistico viene ad esempio nel nostro Land dalla fondazione Volkswagen che ha regole assai
severe, le proposte sono valutate da una commissione di esperti in
tutte le discipline, ed è molto competitiva.
All’interno di questo quadro così competitivo allora cosa ritiene che abbia convinto la commissione della validità di un progetto di storia delle
biblioteche?
Negli anni mi sono convinto sempre di più del fatto che alla base
di un progetto che funzioni, ci debba sempre essere un’idea che faccia
da miccia, che incendi gli animi. In questo caso la buona idea, che
abbiamo messo al centro, è quella del carattere dinamico delle biblio386
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teche, e della capacità che esse hanno di preservare, restituire o condannare all’oblio aspetti della storia di una determinata società. Questo il primo punto. Il secondo elemento che ha funzionato – e ancora
funziona – nel nostro progetto è l’interdisciplinarità, che nel nostro
istituto (fondato nel 1992 dal mio predecessore Klaus Garber e dallo
storico Anton Schindling) ha una natura particolare e una lunga tradizione. È particolare perché è di natura storico-culturale, e i lavori che
abbiamo già condotto insieme – come il manuale dei centri culturali
della prima età moderna, che non è solo un volume ma anche un progetto condotto con la mia collega Siegrid Westphal3 – sono una dimostrazione del fatto che il nostro approccio interdisciplinare non è né
naiv né di carattere puramente retorico. Al contrario noi pratichiamo
un’interdisciplinarità che si potrebbe definire ad alto rischio, perché
nel dialogo con i colleghi mettiamo in discussione categorie strutturali,
come i limiti cronologici e cerchiamo di ripensare il passato i termini
sincronici.4 Le biblioteche come oggetto di studio costituiscono un
laboratorio privilegiato per questo tipo di esercizio.5 Il terzo elemento
di successo è costituito senza dubbio dalla presenza di Wolfenbüttel
al centro della scuola. L’Herzog August Bibliothek, come molti sanno,
non è soltanto una biblioteca ma un centro di ricerca con un’infrastruttura ben consolidata e un team di esperti, come Volker Bauer, Jill
Bepler, Petra Feuerstein-Herz, Ulrike Gleixner, Christian Heitzmann,
Thomas Stäcker, che sono già nostri colleghi da anni, in grado di tradurre quel patrimonio in ricerca di alta qualità. Quello che la maggior
parte dei nostri colleghi impegnati in biblioteca non può fare nel sistema tedesco è seguire i giovani dottorandi, perché non sono abilitati a
farlo. La scuola consente tuttavia di scavalcare questo limite con una
tutela doppia, di un docente abilitato e un collega bibliotecario. Ecco,
questi tre elementi – l’idea della biblioteca come luogo dinamico, l’in Adam - Westphal 2012.
Wertheimer 2003.
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Zedelmaier - Mulsow 2001.
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terdisciplinarità e la presenza di Wolfenbüttel – hanno costituito i caratteri vincenti di un progetto che aiuta noi a posizionarci in maniera
convincente nel panorama accademico tedesco – che è sempre più
competitivo – e loro a rafforzare il carattere scientifico della biblioteca. Poi, per portare avanti un proposito del genere, deve funzionare
bene la chimica fra colleghi prima, e poi con i dottorandi. Da noi questo c’è stato, sia fra il team di Osnabrück e quello di Wolfenbüttel che
con i colleghi stranieri che costituiscono una sorta di advisory board.
Torniamo alla buona idea che sta alla base della scuola di dottorato,
quella delle biblioteche come organismo vivente e luogo della memoria...
Sì per me questo è un elemento fondamentale, l’idea che la biblioteca sia un luogo della memoria (attraverso cui ricordare e preservare)
ma anche del cosiddetto Lete (dimenticare, rimuovere).6 Le biblioteche rivelano sempre un elemento dinamico e ambivalente. In una
parola si tratta di analizzare storicamente, e nello specifico per l’età
moderna, quello che ci ha insegnato a vedere la cosiddetta Memoria
Forschung.7 Le biblioteche, gli archivi e i musei sono luoghi della memoria, in particolare le biblioteche sono predestinate a contenere il sapere ma anche a imporre delle scelte che riguardano il sapere. Si tratta
di un potere forte, con valenza politica, come indicato alcuni anni fa
da Christian Jacob e Marc Baratin.8 Queste scelte variano a seconda
dei contesti, geografici, nazionali, confessionali, religiosi, etc. Le biblioteche ci raccontano una storia entusiasmante, quando ci parlano
dei libri che escono forzatamente dal dibattito, perché una comunità
o anche un singolo intellettuale decidono di dimenticare (come ho
cercato di illustrare nel saggio su Wolfgang Ratke e la biblioteca del
Weinrich 1997.
Assmann 1992; Weinrich 1997.
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Baratin - Jacob 1996.
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Principe Ludwig von Anhalt-Köthen).9 Contemporaneamente, però,
segnalano anche l’orizzonte di possibilità, ciò che la biblioteca fino
ad un certo momento ha conservato e poi ha condannato all’oblio.
Questo orizzonte di possibilità ci può essere noto sia attraverso le biblioteche materiali, ancora esistenti, attraverso i cataloghi superstiti o
inventari ancora più astratti come quelli d’asta, che si riferiscono ad
esemplari che spesso non esistono più.
Nella presentazione generale del corso l’elemento dinamico della biblioteca è collegato alla formula della “anthropologische Bibliotheksgeschichte” di Elmar Mittler. Cosa si intende per storia antropologica delle
biblioteche?10
Aldilà dell’utilizzo di una serie di formule per la buona riuscita di un’application, ritengo che l’idea dell’antropologia del libro sia
una metafora. Nell’economia accademica le metafore hanno essenzialmente due funzioni: sono esplicative, ovvero in questo caso serve
ad illustrare il legame fra libro, biblioteca e società, oppure facilitano
l’accesso alla materialità, ad un oggetto del quale si vuole parlare. In
questo senso la metafora è riuscita bene nell’analisi di Mittler, ma noi
vorremmo andare oltre, affermando un’idea di dinamicità del libro e
della biblioteca. Se poi, più in generale, si intende come antropologia il comportamento dell’uomo in diverse epoche rispetto ai mezzi
di trasmissione del sapere allora questo è senza dubbio anche il mio
campo di ricerca.
In questa prospettiva però la scelta cronologica della prima età moderna
non costituisce un limite all’illustrazione del carattere dinamico delle
biblioteche?
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Adam 2008.
Mittler 2012.
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Certo non c’è dubbio che ci siano fenomeni legati alla storia e all’antropologia delle biblioteche che hanno ancora più valore se studiati in
una prospettiva di lungo periodo, tipo i roghi dei libri, la censura, o la
confisca delle biblioteche quando cade un regime, così come ci sono
periodi chiave, drammatici, nella storia delle collezioni europee (e
non) successivi all’età moderna, come la distruzione della biblioteca
di Strasburgo nel 1870 o di quella di Amburgo nel 1943. Non voglio
dire che tutto sia avvenuto nella prima età moderna, ma per la proposta della scuola di dottorato abbiamo puntato tutti (noi e i colleghi di
Wolfenbüttel) sulle nostre competenze, solo così potevano essere credibili. Detto questo poi vorrei anche aggiungere che ci sono temi che
riguardano l’età contemporanea (come il fattore nazionale nella storia
delle biblioteche) che possono essere studiati fin dall’età moderna.
Passiamo al secondo elemento. La natura interdisciplinare della scuola
di dottorato rispecchia anzitutto quella del vostro centro per la storia culturale dell’età moderna, che raccoglie filologi, linguisti, storici, teologi.
Un programma di dottorato sulle biblioteche in un centro di questo tipo
è una scelta originale e in controtendenza, in un’epoca in cui la biblioteconomia si allontana sempre più dalla storia culturale per divenire una
disciplina quasi soltanto tecnica.
Noi riteniamo che senza la dimensione storica la biblioteconomia
perda il legame, le connessioni, con le grandi questioni che da sempre
animano l’organizzazione delle biblioteche, ovvero quale identità vogliamo dare al sapere, cosa vogliamo ricordare, mantenere, perdere.
Una biblioteconomia che si concentra in maniera positivistica soltanto su nuovi strumenti catalografici si isola dal presente e nasconde la
propria debolezza dentro un particolarismo e un tecnicismo che non
hanno futuro. Non c’è dubbio che sia interessante interrogarsi su temi
quali le parole chiave da associare ad un testo, ma mi rifiuto di ridurre
il mio interesse per le biblioteche a questo.
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Nell’epoca della globalizzazione, della mobilità, nella Germania interculturale come spiegare alle nuove generazioni il valore di una biblioteca
o un centro di ricerca come Wolfenbüttel o come Gotha?
Mi sta rivolgendo in realtà più di una domanda, diciamo almeno
due. Il primo è un dubbio legittimo, a cosa servono queste grandi biblioteche oggi nella società? Il secondo è come integrarle nel presente. I centri come Gotha e Wolfenbüttel, un tempo sede del potere e
del sapere, consentono che materiali rilevanti nella costruzione dell’identità (nazionale, europea, globale) vengano re-inseriti nel discorso
quotidiano. Non si tratta tanto della vecchia formula della historia
magistra vitae quanto piuttosto di lavorare su una documentazione
che rivela strategie per la risoluzione dei problemi, alle quali è possibile orientarsi nel presente. Un buon esempio è proprio Osnabrück:
qui i trattati di pace del 1648 sono rimasti validi fino al 1806 e ancora oggi conservano un valore se si pensa alle grandi questioni, quali
l’emigrazione, la costruzione dell’identità nazionale. Ora, se i centri
di ricerca che conservano e valorizzano documenti fondamentali nel
dibattito della prima età moderna (dalla Riforma, al tema della tolleranza, alle differenze di sistemi giuridici) sono messi nelle condizioni
di poter agire all’interno delle università, se i materiali vengono messi
a disposizione dei giovani ricercatori, questo ruolo di orientamento
si rafforza, e soprattutto in questo modo rientrano nella società. Non
si tratta dunque nemmeno di affermare un primitivo riferimento alla
pratica: la dimensione storica serve a qualsiasi società per definire la
propria identità.
Infine una domanda per possibili dottorandi che dall’Italia si interessano al vostro programma di studio. Cosa offre Osnabrück come università? E quanto internazionale può ambire ad essere il vostro Promotionsprogram?
Osnabrück certo non può competere con i grandi centri universitari tedeschi, da Colonia a Monaco ad Amburgo, ma è un’università gio391
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vane, ha un buon rapporto docenti/studenti, le gerarchie sono meno
marcate che nelle università storiche, c’è una tradizione di studi sulla
prima età moderna, e in particolare di storia legale, legata ai trattati
di pace del 1648. Questo per dire che non siamo nella categoria di
“cattedrale nel deserto”, è una piccola città ricca di storia e di cultura. Le mancherebbe un fondo antico al quale attingere per gli studi
storici, ma ovviamo a questa mancanza attraverso la cooperazione con
Wolfenbüttel. La cooperazione significa tuttavia qualcosa di più che
avere accesso alle fonti. A Wolfenbüttel si trova un’infrastruttura accademica consolidata (con borse di studio, scuole estive, una vivace
comunità di studiosi da tutto il mondo), e, come spiegavo prima, un
comitato scientifico di esperti nella storia del libro e delle biblioteche.
Questo credo che sia uno dei tratti significativi della scuola: la biblioteca non pretende niente dai dottorandi, ma si mette completamente
a loro disposizione con i mezzi e gli strumenti che ha. Al contempo,
però, i dottorandi diventano ospiti d’onore della biblioteca, in grado
di stare dall’altra parte della barricata, entrare materialmente dentro
la collezione, acquisire una serie di conoscenze tecniche che, riteniamo, influiranno positivamente sulla qualità del loro lavoro. E consentiranno di risparmiare molto tempo. Poi ognuno di loro è libero di
vistare anche altre biblioteche e archivi. Ma lo faranno, speriamo, con
un atteggiamento diverso, più organico.
Detto questo, più in generale, siamo consapevoli dell’altissima
competizione fra scuole di dottorato, anzitutto in Germania, e poi anche l’estero. Si tratta di due ordini di problemi diversi. La Germania
produce oggi troppi dottorandi che non riesce a strutturare, e mancano le funzioni intermedie fra l’ordinario e il ricercatore precario.
Questo fa sì che i giovani per guadagnarsi da vivere si specializzano
sempre di più lavorando nei progetti, ma nel momento in cui devono
concorrere per una cattedra viene chiesto loro di essere il più generali possibile. Dunque in teoria con una scuola di dottorato come la
nostra non facilitiamo la formazione generalista ma contribuiamo a
questo specialismo. Dall’altro lato, però, rispetto a quando ero gio392
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vane io, le scuole di dottorato offrono il grande vantaggio di dare a
tutti la possibilità di scrivere la tesi senza costrizioni (insegnamento,
assistenza ad un docente etc.) e soprattutto è finita l’epoca in cui la
promozione era un fatto privato, finanziato dalla famiglia o attraverso
altri lavori, ma diventa responsabilità dell’università. Questo è molto
importante perché i temi storico-culturali hanno un futuro soltanto
se l’università si fa carico delle generazioni future, in grado formulare
idee nuove e trasmetterle. Per quello che riguarda l’estero invece il
problema è legato soprattutto ai diversi curricula universitari e la scelta dell’interdisciplinarità. Non è semplice trovare storici, germanisti
o filologi che si interessino di biblioteche, o bibliotecari che vogliano
scrivere una tesi di storia anche in Germania, ma in alcuni paesi, come
l’Italia, la Spagna o la Francia è il curriculum universitario a rendere
questa interdisciplinarità quasi impossibile. Questo, insieme alla barriera linguistica (il tedesco è essenziale per frequentare il programma),
potrebbe scoraggiare gli studenti a frequentare il programma, mentre
invece è nostro desiderio che sia il più aperto possibile a studenti di
tutta Europa e non solo. Il profilo internazionale per noi è essenziale,
ma siamo consapevoli che, aldilà della retorica, è un obiettivo difficile
da perseguire.
E i dottorandi chi sono e cosa ne pensano?
Oltre al Prof. Adam abbiamo incontrato ad Osnabrück un gruppo di
dottorandi che ha iniziato il programma fra aprile e ottobre dello scorso
anno:
Isabelle Bosch, ha studiato letteratura inglese, storia e lingue romanze a Osnabrück e a Siena. Attraverso l’analisi delle biblioteche
private appartenenti a nobili donne tedesche, si concentra nel suo
progetto sulla ricezione della letteratura relativa alla querelle des femmes, il dibattito sul ruolo della donna nella società, nella prima età
moderna. Oltre a rintracciare gli esemplari nei cataloghi superstiti,
si interessa anche alle pratiche di lettura e annotazione dei libri, e al
ruolo delle biblioteche private nel transfert culturale.
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Hanne Grießmann si è formata a Münster in filologia germanica,
storia moderna e contemporanea e filosofia, e ha lavorato come collaboratrice scientifica presso la Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel. Si dedica ora ad Osnabrück alla ricostruzione, anzitutto testuale, e poi anche del contesto storico-religioso, di un gruppo di libri
di preghiera giunti a Wolfenbüttel nel 1572 dai conventi femminili
delle agostiniane di Marienberg vor Helmstedt e Heiningen bei Wolfenbüttel. I libri di preghiera sono intesi come deposito di conoscenze
testuali provenienti da letture ulteriori e di fatto come vere e proprie
biblioteche in un unico libro.
Katja Jensch ha studiato all’Università di Greifswald storia dell’arte, storia ed economia aziendale, e si è laureata con una tesi in storia
della fotografia. È stata, fra le altre cose, la direttrice del centro culturale annesso al monastero di Malchow (in Mecklenburg-Vorpommern) e ha lavorato nell’archivio cittadino di Wismar come collaboratrice scientifica. Il suo progetto di ricerca si concentra proprio sulla
biblioteca del Tribunale di Wismar, fondato nel 1653 dalla corona di
Svezia come tribunale d’appello per le province svedesi nel territorio
del Sacro Romano Impero. Della biblioteca si analizza sia la tipologia
del fondo, che la figura di uno dei suoi primi artefici, il Vicepresidente del Tribunale, David Mevius, responsabile di una raccolta in dieci
volumi delle sentenze del tribunale fra il 1653 e il 1670.
Katharina Koitz è una medievista e ha studiato a Berlino, oltre a
storia, anche filologia. Nel suo progetto andrà alla ricerca di immagini, metafore e narrazioni dell’invalidità corporale come media della
propaganda protestante ortodossa e di matrice moralistica. Lo scopo
del progetto è ricostruire queste biblioteche di exempla sulle debolezze fisiche per rintracciare una semantica dell’invalidità e un determinato discorso sulla salute e la malattia e cercare di capire come si è
evoluto nell’passaggio dall’età moderna a quella contemporanea.
Anna Lingnau, con un Bachelor in Scienze bibliografiche a Mainz,
un Master in scienze archivistiche e storia moderna ad Heidelberg e
un’esperienza sul campo nel fondo antico della biblioteca universita394
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ria della stessa città, ricostruirà la collezione privata del diplomatico
Friedrich Rudolph von Canitz (1654-1699). La sua fonte di partenza
è il catalogo d’asta della biblioteca, essenziale per comprendere il rapporto fra attività politica, raccolta e uso dei libri.
Rieke Schole si è formata in storia, latino e teologia protestante a
Osnabrück e si dedicherà nei prossimi tre anni al dibattito sull’eucarestia, per come può essere ricostruito attraverso le pratiche di lettura, commento e annotazione di testi a stampa controversistici posseduti dai professori dell’Università di Helmstedt e oggi conservati a
Wolfenbüttel. In particolare si considerano le fasi di gestazione della
Formula di Concordia (1576) e la ricezione del Libro di Concordia
(1580) come momenti fondamentali per la costituzione del fronte
confessionale protestante.
Julian zur Lage si è laureato in storia moderna all’Università di Monaco di Baviera ed è arrivato ad Osnabrück per studiare il ruolo delle
biblioteche come depositi e strutture del sapere sul resto del mondo
nell’Europa dell’Illuminismo. In particolare si concentra sull’attività
di Julius August Remer (1738-1803), professore a Braunschweig e
Helmsted e storico universale.
Da una discussione collettiva con i dottorandi è emersa una soddisfazione generale per il programma, all’interno del quale sono liberi
di condurre le proprie ricerche fra Wolfenbüttel e le altre biblioteche,
ma che offre al contempo gli spazi e una struttura nella quale possono
scambiarsi idee, ricevere le attenzioni e le letture necessarie per portare avanti il progetto. Attualmente, il programma di dottorato prevede
circa un incontro al mese, strutturato in tre momenti: un lettorato su
un tema di carattere metodologico, una conferenza tenuta da un/a docente o un ricercatore esterno/a, specialista di storia delle biblioteche,
e un seminario generalmente animato dallo/a stesso/a docente che tiene la conferenza. Il lettorato costituisce l’occasione per sperimentare
e toccare con mano l’interdisciplinarità della storia delle biblioteche.
Anche se i temi da trattare in questa sede sono scelti collegialmente è
chiaro che a seconda del background di partenza e degli interessi di ri395
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cerca ognuno propone e si interessa di temi diversi, dal Kulturtransfer,
alla storia globale a quella di genere a quella del libro. A volte la varietà di tematiche affrontate sembra essere lontana dai singoli interessi
di ricerca, ma è sempre utile a rafforzare il bagaglio di conoscenze. Il
programma di storia delle biblioteche non è strutturato sul modello
delle scuole di dottorato anglosassoni con un vero e proprio piano di
studi, ma i dottorandi hanno l’impressione di partecipare attivamente
alla programmazione, che resta il più flessibile possibile per consentire loro di scrivere la tesi. Nella loro immaginazione Wolfenbüttel è
una grande possibilità e anche una palestra per allargare poi il raggio
d’interesse e d’azione anche ad altre collezioni.
Per saperne di più:
<http://www.ikfn.uni-osnabrueck.de/promovieren_am_ikfn/graduiertenprogramm_wua/forschungsidee_methode.html>
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BIBLIOGRAFIA
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Adam - Westphal 2012 = Wolfgang Adam - Siegrid Westphal (Hg.),
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Weinrich 1997 = Harald Weinrich, Lethe – Kunst des Vergessens,
München, C.H. Beck, 1997 (trad. it. Lete. Arte e critica dell’oblio,
Bologna, Il Mulino, 1999).
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Wertheimer 2003 = Jürgen Wertheimer, Germanistik, in Wozu Geisteswissenschaften? Kontroverse Argumente für eine überfällige Debatte, hg. Von Florian Keisinger, Steffen Seischab, Frankfurt a.M.New York, Campus 2003, p. 131-135.
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hg., Die Praktiken der Gelehrsamkeit in der Frühen Neuzeit, Tübingen, Niemeyer, 2001.
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ABSTRACT
A partire dallo scorso autunno è nata presso l’istituto interdisciplinare di storia culturale dell’età moderna di Osnabrück, in cooperazione con la Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel, una scuola di
dottorato dedicata allo studio delle biblioteche in età moderna. Per i
prossimi tre anni, un gruppo di dodici dottorandi potranno condurre
i propri progetti di ricerca, usufruendo del patrimonio della ricca collezione di Wolfenbüttel, ma soprattutto della competenza dei ricercatori e dei bibliotecari da anni impegnati a catalogare e promuovere
il patrimonio di questa istituzione. Il programma è finanziato dal Ministero per la ricerca e la cultura del Land Niedersachsen. Per capire
come è nato il progetto, quale idea di biblioteca vi sia alla base, e quali
siano le aspettative e i percorsi dei giovani ricercatori, la redazione di
«Bibliothecae.it» ha intervistato ad Osnabrück lo scorso dicembre l’ideatore e coordinatore della scuola, il Prof. Wolfgang Adam, docente
di letteratura tedesca della prima età moderna e specialista di storia
delle biblioteche, insieme ad gruppo di dottorandi.
Depositi del sapere, Cultura della memoria, Scuola di dottorato,
Herzog August Bibliothek Wolfenbüttel, Osnabrück
Last Autumn has been launched in Osnabrück a new graduate school,
in cooperation with the Herzog August Bibliothek in Wolfenbüttel,
entirely devoted to the history of early modern libraries. For the next
three years a group of 12 graduate students will work on their own
projects, using the rich collection from Wolfenbüttel and benefiting
from the expertise of scholars working in the library and engaged since
many years in the promotion of the rich heritage of the collection. The
graduate program is financed by the Ministery for research and culture
of the region Niedersachsen. In order to understand how the project was
conceived, what ideas underpin its creation, and what are the biographies
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«Un organismo vivente con vita autonoma»
and expectations of single students, Paola Molino (member of the
editorial board of «Bibliothecae.it») has interviewed the coordinator of
the program, Prof. Wolfgang Adam, specialist on early modern German
literature, and a group of students.
Repositories of knowledge, Culture of memory, Graduate school, Herzog
August bibliothek Wolfenbüttel, Osnabrück
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