“Adottare” come stile di vita

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“Adottare” come stile di vita
D a l D avl i vvi ov o
GENTE PER GLI ALTRI
di Silvano Gianti
“Adottare”
come stile
di vita
I coniugi Monica e Matteo Beretta:
dall’esperienza con Paula,
la loro figlia cilena,
al progetto “Spazioaperto”
B
iassono, meglio Biasòn secondo il dialetto
brianzolo, è uno dei comuni della provincia di
Monza-Brianza, all’interno del Parco regionale
della Valle del Lambro. Tanto verde e vista
riposante. Non sembra manco vero che la città
di Milano è appena là, a pochi chilometri. Qui è tutta
un’altra vita.
In questo paesetto con poco meno di dodicimila abitanti
abita la famiglia Beretta: papà Matteo specialista in
anestesiologia e rianimazione all’ospedale di Carate
Brianza, mamma Monica e Paula la loro figlia. Una
bella famiglia, simpatica, ricca di vivacità e di iniziative.
Sono sposati da quattordici anni e da sette hanno
adottato Paula, nata in Cile, allora aveva nove anni e già
un’adozione fallita alle spalle.
«Quando l’abbiamo conosciuta, Paula era diffidente,
iperattiva, ma bellissima, in tutti i sensi! – racconta
Monica –. Ci avevano tanto decantata la bellezza
commovente del primo incontro, ma, a dire la verità, il
nostro non è stato esattamente un incontro “da favola”:
per i gusti di Paula, io avevo i capelli troppo corti ed
ero troppo alta. Viceversa il papà è stato subito di suo
gradimento (perché, secondo lei, le assomiglia), anche
se ha cercato di impiccarlo con la cravatta. Non sempre
il nostro crescere insieme come famiglia è stato
semplice, abbiamo avuto litigi violenti, io sono perfino
dimagrita dieci chili. Qualche amico si è allontanato.
Paula non aveva regole, nessuno le aveva mai insegnato
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a voler bene all’altro; ma anche noi dovevamo
imparare a essere genitori. Molte volte abbiamo vissuto
l’esperienza della fatica e del perdono».
Paula era vissuta in un centro per bambini in affido,
la prima adozione era fallita, ma ora Monica e Matteo
volevano farle sentire tutto il loro affetto, volevano
che si sentisse loro figlia a tutti gli effetti in un “per
sempre” vero. Ma attuarlo con una bambina che era stata
ripetutamente tradita da altre persone non era semplice:
c’era da mettere in conto fallimenti e ripartenze.
In questo periodo avviene per i due coniugi l’incontro
con Famiglie Nuove che «ci ha aiutato a diventare
una famiglia “per sempre”, perché abbiamo imparato
a rinnovare il nostro amore di marito e moglie giorno
per giorno. Ci era di guida il testamento di Chiara
Lubich: “Siate una famiglia”. Abbiamo capito cos’è
una comunione di vita, di esperienze e di anima. E poi,
insieme ad altre coppie è davvero più facile e bello».
Dopo questo allenamento, questo costante vivere
rinnovati dall’amore evangelico, a conclusione di un
incontro di famiglie in casa Beretta, Paula sorprende
tutti con questa frase: «Non è poi così male avere
amici così veri, con i quali si può parlare di Gesù e di
argomenti profondi».
Papà Matteo definisce così questa adozione: «Uno
stile di vita fatto di accoglienza e di ascolto dell’altro.
Mentre crescevamo insieme come famiglia, la nostra
esperienza ci proiettava sempre più fuori dalle mura
di casa: volevamo continuare ad “adottare” i bisogni
intorno a noi. Ci siamo messi in gioco ed è nato, con
l’aiuto di alcuni amici, un nuovo progetto che abbiamo
chiamato “Spazioaperto”. Una volta al mese, sfruttando
i locali messi a disposizione dalla nostra parrocchia,
abbiamo così iniziato degli incontri conviviali tra
famiglie. E, attorno a un grande tavolo, abbiamo
cominciato a condividere problemi, risorse, esperienze,
proponendo testimonianze di vita, argomenti di
dibattito. Abbiamo esteso l’invito a persone di ogni
condizione. È nato così un tempo e un luogo dove
chiunque può accogliere ed essere accolto, senza
pregiudizi, ed essere un dono per l’altro».
Paula, la “figlia cilena” di Monica e Matteo Beretta
(a fronte), impegnati in vari progetti solidali.
Col tempo “Spazioaperto” è diventato sempre più un
momento di condivisione profonda, di umanità vera,
dove si costruiscono relazioni, nascono amicizie, si
sciolgono nodi, ci si diverte e si riflette. C’è chi ha
trovato un lavoro o risolto un problema, chi è uscito
dalla propria solitudine. E si sono vissute esperienze
davvero commoventi. Richard, della Costa d’Avorio, ha
sposato Iwona, della Polonia: lontani tutti e due dalle
loro famiglie, a “Spazioaperto” ne hanno trovato una. Il
loro matrimonio è stato un momento di profondissima
gioia per tutti. Un papà rimasto recentemente vedovo
ha vissuto una sera di serenità giocando a carte con
gli amici che non vedeva da tempo, assieme alle sue
due figlie. Una famiglia di religione musulmana, che
attraversa un momento difficile anche per via della
crisi economica, si è presentata, proprio la sera in cui
si recitava il rosario: si sono trovati a loro agio e hanno
promesso di ritornare.
In sala operatoria Matteo addormenta pazienti, per
evitare i dolori del bisturi, ma fuori dal lavoro, per
hobby, oltre a una vita molto impegnata a servizio
della parrocchia, scrive libri che rasserenano i lettori
e appassionano anche chi non è così interessato di
storia locale. Il primo è nato mentre Matteo era col
gesso alla gamba, e lì, condividendo le giornate con
Paula e facendo il genitore a tempo pieno, gli è venuta
l’idea di scrivere I celti a Lissone e dintorni, poi In
canotto lungo il Lambro, e ora Appunti di viaggio
lungo il Lambro che non c’è. Il ricavato delle vendite
Matteo, Monica e Paula lo hanno interamente devoluto
a sostegno di attività solidali, per vari progetti sociali
in Cile e le adozioni nel mondo. «Ci piace – confidano
i Beretta – che, partendo da una piccola realtà locale
come la nostra, si possa arrivare ad amare Paesi
lontani. È come abbracciare il mondo. È il nostro modo
di attuare in concreto, nel nostro piccolo, anche un po’
l’Economia di Comunione».
Paula è di corsa, la scuola è finita e le attività in oratorio
sono il suo impegno e anche il suo svago per questi
mesi estivi. Ha scoperto quanto sia bella questa sua
famiglia, dove “Gesù è di casa”, come dice lei: «Vivere
così per me significa amare la mia famiglia come lui
ci ha amato, accogliere tante persone per quello che
sono; ed esse si sentono a loro volta amate come se
fossimo una sola famiglia. Io ho avuto altre esperienze
adottive, ma quando sono arrivata nella mia famiglia,
ho capito subito che c’era qualcosa di diverso. Nelle mie
esperienze precedenti mi riempivano di cose e di parole,
ma non mi davano la cosa più importante: l’amore, e
questo è l’amore di Gesù».
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