Hobbes Thomas (1588 -1679)

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Hobbes Thomas (1588 -1679)
Materiale didattico elaborato da P. Carmignani
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Hobbes Thomas (1588 -1679)
1. MATERIALISMO
È un materialista ed un meccanicista. La realtà naturale è dunque costituita da materia che si muove.
Quando definiamo qualcosa “spirito” (ad es. Dio, l’anima, gli angeli) non intendiamo, per H., una sostanza
particolare diversa dalla materia (vedi ad es. il dualismo cartesiano), ma semplicemente appelliamo questi
enti in tal modo perché ne vogliamo sottolineare l’enorme distanza da noi; è quasi una sorta di “titolo” che
attribuiamo loro per evidenziare la nostra piccolezza, limitatezza ed imperfezione.
Di fatto per H. la realtà è costituita da corpi naturali e da corpi artificiali (automata) L’uomo può conoscere i
corpi naturali attraverso una scienza deduttiva rigorosa che si basi su leggi di tipo matematico. Essendo un
materialista esclude la sostanza e sostiene che la scienza debba occuparsi esclusivamente della materia
(corpi) e del movimento.
2. ANTROPOLOGIA
Il meccanicismo riguarda anche l’uomo inteso quindi come una macchina; H. spiega in modo meccanicistico
(ovvero come moti di reazione) le sensazioni, e le funzioni psicologiche che si riducono a moti particolari
della materia e non ad espressione di una sostanza pensante1.
2.1 Gnoseologia
L’uomo conosce a partire dall’esperienza, ma non per questo possiamo affermare che H. sia un
empirista. Infatti il sapere consiste nel conoscere le cause generative dei fenomeni. La
conoscenza si articola in:
a)
Dimostrazioni a priori di tipo deduttivo che procedono dalle cause agli effetti [matematica,
etica, politica]
b)
Dimostrazioni a posteriori che procedono dagli effetti e risalgono alle cause
[le scienze
naturali]
Per H. le prime conducono a conclusioni necessarie, le seconde a conclusioni probabili; infatti
l’autore delle cause nelle prime è l’uomo, nelle seconde è Dio: H. intende dire con questo che si può
avere conoscenza necessaria solo di ciò di cui siamo autori; di tutto il resto si può avere solo una
conoscenza probabile2
Per H. la ragione è calcolo (es. uomo = corpo + razionalità); la ragione è anche capacità di valutare
i pro e i contro quando si deve prendere una decisione.
H. è un nominalista; per cui la realtà è costituita di individui (corpi); i nomi sono convenzioni che
appellano un individuo o un concetto astratto, universale.
2.2 Morale
Il bene sommo per l’uomo-corpo è la vita, il male maggiore è ovviamente la morte; tutte le azioni ed
i comportamenti umani sono quindi compresi in questa ottica.
3. POLITICA
H. è l’autore a cui è stato attribuito il merito di avere applicato “il metodo razionale” nella filosofia politica.
Filosofia Politica è la parte della filosofia che si occupa di individuare, attraverso una dimostrazione, i
fondamenti razionali dello Stato, la sua legittimazione, le sue finalità…
H. applica il metodo della dimostrazione alla politica; infatti egli deduce rigorosamente delle conclusioni da
premesse; le sue dimostrazioni, quindi, devono avere un valore di universalità e necessità.
1651 Hobbes pubblica il “Leviatano” la sua opera politica più famosa. Nell’introduzione H. propone
un’analogia fra i corpi naturali ed i corpi artificiali. L’uomo è un corpo naturale, creato da Dio, e la sua vita è
un moto di membra; anche dei corpi artificiali, costruiti dall’uomo, possiamo dire che hanno una vita che
corrisponde al loro movimento (es. orologio). Lo Stato dice è un corpo artificiale creato dall’uomo, H.
stabilisce una comparazione fra corpo naturale (uomo) e corpo artificiale (Stato). [leggi Introduzione]
H. è vissuto nel contesto della guerra civile inglese ed è convinto che solo un potere forte possa garantire
meglio la pace e la civile convivenza fra gli uomini. Hobbes è un teorico dell’Assolutismo politico ma, a
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In questo Hobbes è diverso da Cartesio
La scienza della natura, dunque, conduce solo a conclusioni probabili perché l’autore della natura è Dio e solo Lui può
discendere dalle cause (premesse che Egli ha posto e dunque sa) alle conclusioni. L’uomo può conoscere la Natura solo
risalendo dall’effetto (esperienza) alle cause. Mentre in logica, matematica, morale e politica è l’uomo stesso l’autore per
cui in questi ambiti si può avere una conoscenza che conduce a conclusioni necessarie.
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differenza di altri autori, giustifica il potere del sovrano non in termini religiosi, ma in termini contrattualistici.
Lo Stato non è altro che un contratto fra singoli che decidono individualmente di rinunciare al loro diritto
naturale alienandolo ad un Sovrano che diventa un “Dio terreno”.
Hobbes propone una condizione naturale [stato di natura] in cui i rapporti umani non sono regolati da una
razionalità naturale bensì dalla forza, dalla diffidenza reciproca e dalla competizione per la sopravvivenza
[homo homini lupus]; gli uomini sono descritti come individui a-sociali mossi dalle passioni, fra cui spiccano
l’egoismo ed il desiderio di possesso.
In questo Hobbes è molto lontano da Aristotele, Grozio e Locke.
In questo “stato di natura” gli uomini sono così uguali che nessuno è in grado di prendere il sopravvento
definitivo sugli altri, per cui si ha una condizione duratura di bellum omnium contra omnes.
Il diritto di natura consiste nella libertà di ciascuno di usare il proprio potere per preservare la propria vita
senza limitazione alcuna [leggi capp. XIII-XIV].
Nello “stato di natura” non possono esserci attività economiche, né proprietà, né ingiustizia. Infatti
solamente dove vi sono regole condivise che rendono possibile una convivenza pacifica, tutto ciò potrebbe
essere garantito.
H. è convinto che un accordo, un patto, può essere mantenuto dai contraenti solo se c’è un potere che con
la forza e la paura li costringe a ciò [“I patti senza la spada sono vane parole” ].
Lo “stato di natura” è una congettura mentale, non è condizione storica del passato, né convivenza di
popolazioni primitive.
Hobbes fa derivare lo “stato di natura” e la condizione umana da un contesto ipotetico di anarchia, quindi di
guerra di tutti contro tutti3.
Per fortuna gli uomini sono spinti ad uscire dallo “stato di natura” grazie alla ragione naturale concepita
come una facoltà di calcolo; essa è in grado di prevedere i vantaggi e gli svantaggi. La ragione opera
attraverso leggi di natura che non vanno intese in modo tradizionale4, ma come regole necessarie a
migliorare la vita umana, poste dalla ragione secondo un sistema di calcolo di vantaggi e svantaggi.
Per questo gli uomini, grazie alla ragione naturale, sono spinti per sopravvive ad uscire dallo “stato di
natura” ed a formare una civitas, una società civile. [leggere cap. XVII]
Le leggi di natura più importanti sono 3:
a) Perseguire la pace con ogni mezzo; in caso di conflitto difendersi con qualsiasi mezzo sia
ritenuto più idoneo a garantire la sopravvivenza
b) Essere disposti a rinunciare al proprio diritto per quanto anche tutti gli altri rinuncino al loro.
Ovvero non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.
c) Rispettare i patti
Il pactum hobbesiano ha le caratteristiche del pactum subiectionis, patto di soggezione. Esso non può
essere revocabile perché contratto individualmente da ogni uomo che rinuncia al suo diritto naturale a favore
di un sovrano. Per essere revocato non basterebbe la maggioranza, ma l’unanimità dei contraenti, ora ciò
non è ragionevolmente credibile contraenti non possono essere tutti d’accordo, di fatto non è revocabile.
Il potere del sovrano è irrevocabile, indivisibile ed assoluto. Il sovrano è al di sopra delle leggi; egli
ha il controllo della Chiesa, la religione è instrumentum regni.
La libertà del suddito permane là dove la legge non esplicita nulla. Un suddito non è tenuto ad ubbidire al
sovrano quando questi gli comandasse di uccidersi o di uccidere le persone a cui vuol bene. Ciò andrebbe
contro la ragione naturale.
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È possibile fare un riferimento alla situazione internazionale. In mancanza di un diritto internazionale i rapporti fra gli
Stati sono regolati dalla guerra , dunque, dalla legge del più forte. Hobbes era particolarmente convinto che in assenza
di un potere forte nessun progresso sociale e convivenza civile potesse esserci. È questa la realtà di una guerra civile
paventata da Hobbes
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Legge di natura, in questo senso, è la forma oggettiva in cui la natura stessa si organizza.
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HOBBES : LEVIATANO
INTRODUZIONE
La natura, cioè l'arte, con la quale Iddio ha fatto e governa il mondo, come in altre cose
anche in questa è imitata dall'arte dell'uomo, che può costruire un animale artificiale.
Infatti, se la vita non è che un moto di membra, la cui origine è in qualche principale
organo interno, perché non possiamo dire che tutti gli automata - macchine, che si
muovono da sé, con molle e ruote, come un orologio - hanno una vita artificiale?
Poiché cosa è il cuore, se non una molla, e che sono i nervi, se non delle corde, e che le
giunture, se non delle ruote, che mettono in moto tutto il corpo, quale fu concepito
dall'Artefice? L'arte fa anche di più, poiché imita quel razionale e più eccellente lavoro della
natura, che è l'uomo. Poiché con l'arte è creato quel gran Leviatano, chiamato uno Stato
(civitas), il quale non è che un uomo artificiale, benché di maggiore statura e forza del
naturale, per la protezione e difesa del quale fu concepito. In esso la sovranità è un'anima
artificiale, come per dar vita e moto a tutto il corpo; i magistrati e gli altri ufficiali giudiziari
ed esecutivi sono le giunture; i premi e le pene..... sono i nervi, che fanno lo stesso
nell'organismo naturale; la prosperità e la ricchezza dei singoli membri sono la forza; la
salus populi (la salvezza del popolo ) i suoi affari; i consiglieri dai quali sono suggerite
tutte le cose necessarie a conoscersi, sono la memoria; l'equità e le leggi un artificiale
ragione e volontà; la concordia è la salute; la sedizione è la malattia; la guerra civile la
morte. Infine i patti ed i concordati, con i quali le parti di questo corpo politico furono
dapprima aggregate, messe insieme ed unite, sono come il fiat pronunciato da Dio nella
creazione. [p. 3]
Capitolo XIII
La natura ha fatto gli uomini così eguali, nella facoltà del corpo e dello spirito, che,
quantunque si trovi spesso un uomo più forte o più intelligente di un altro, tuttavia in
complesso la differenza tra uomo ed uomo non è tanto notevole che un uomo possa
pretendere per sé un beneficio, il quale non possa pretendere un altro egualmente. [p.
106]
..... È manifesto da ciò che, durante il tempo, in cui gli uomini vivono senza un potere
comune, che li tenga in soggezione, essi si trovano in quella condizione, che è chiamata
guerra, e tale guerra è di ogni uomo contro ogni altro uomo;…[p. 109]
......Da questa guerra di ognuno contro ognuno risulta anche questa conseguenza: che
niente può essere ingiusto. L'adozione del diritto e del torto, della giustizia e dell'ingiustizia
non ha luogo. Dove non esiste legge, non esiste ingiustizia. Forza e frode sono in guerra le
due virtù cardinali. La giustizia e l'ingiustizia (…) sono qualità che si riferiscono gli uomini
in società, non in solitudine. Un'altra conseguenza dello stesso stato di guerra è che non
esiste proprietà, né dominio, né mio e tuo distinto, ma ogni uomo si tiene quello che può
prendere, e per il tempo che può tenerselo. [pp. 111-112]
Capitolo XIV
il diritto di natura, che gli scrittori comunemente chiamano ius naturale, è la libertà che
ciascun uomo ha di usare il suo potere, come egli vuole, per preservare la sua natura, cioè
la sua vita, e di fare per ciò qualunque cosa, secondo il suo giudizio e la sua ragione, egli
crederà che sia il mezzo più adatto a quello scopo.
Per libertà s’intende... la mancanza di impedimenti esterni. [pp. 112-113]
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Capitolo XVII
La causa finale, il fine o scopo degli uomini (…) è la previsione della propria conservazione
e di una vita più contenta, cioè a dire il desiderio di uscire da quella miserabile condizione
di guerra, che è la conseguenza necessaria delle passioni naturali degli uomini, quando
non v’è un potere visibile per tenerli a freno e per costringerli, con stimolo della punizione,
a mantenere i loro patti e ad osservare le leggi di natura.
Poiché le leggi di natura - come la giustizia, l'equità, la modestia, la pietà, ed infine il fare
agli altri quello che vorremmo fosse fatto noi - in se stesse, senza il terrore di un qualche
potere, che le faccia osservare, sono contrarie alle nostre passioni naturali, che ci
trascinano alla parzialità, all'orgoglio, alla vendetta e simili; ed i patti, senza la spada, non
sono che parole, senza alcuna forza per rendere sicuro un uomo. [p. 146]
... Il solo modo per stabilire un potere comune, che sia atto a difendere gli
uomini dalle invasioni degli stranieri e dalle offese scambievoli, e perciò ad
assicurarli in tal maniera, che, con la propria industria e con i frutti delle
proprie terre, possano nutrirsi e vivere in pace, è di conferire tutto il proprio
potere e la propria forza ad un uomo o ad un'assemblea di uomini, che possa
ridurre tutti i loro voleri, con la pluralità di frutti, ad un volere solo(....)
Questo è più che consenso o accordo: è una reale unificazione di tutti quelli in
una sola medesima persona, fatta per mezzo di un patto di ogni uomo con ogni
uomo, in tale maniera, come se ognuno dicesse all'altro: Io autorizzo e cedo il
mio diritto di governare me stesso a quest'uomo o a quest'assemblea di uomini,
a questa condizione, che anche tu offra il tuo diritto a lui, ed autorizzi tutte le
sue azioni allo stesso modo. Ciò fatto, la moltitudine così unica in una persona è
detta uno Stato, in latino civitas. Questa è l'origine di quel grande Leviatano, o
piuttosto di quel Dio mortale al quale noi dobbiamo, al disotto del Dio
immortale, la nostra pace e la nostra difesa, poiché, a causa di questa autorità
datagli da ogni singolo uomo nello stato, esso usa di tanto potere e di tanta
forza, a lui conferita, che col terrore è capace di disciplinare la volontà di tutti
alla pace interna ed al mutuo aiuto contro i nemici esterni. Ed in esso è
l'essenza dello Stato, che è una persona, dei cui atti ciascun individuo di una
grande moltitudine, con patti vicendevoli, si è fatto autore, affinché possa
usare la forza ed i mezzi di tutti loro, secondo che crederà opportuno, per la
loro pace e per la comune difesa.
Colui, che rappresenta questa persona, è chiamato sovrano e si dice che ha il
potere sovrano; ogni altro all'infuori è un suddito. [pp.151-152]
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Capitolo XXI
la libertà di un suddito è perciò solo in quelle cose che un sovrano ha omesse, nel regolare
le loro azioni, quale la libertà di comprare e vendere, e di fare un qualunque contratto con
altri, e di scegliere nella propria abitazione, il proprio pasto, il proprio modo di vivere; di
istruire ai propri figli, come ciascuno piace, e simili. [p.188]
La libertà, di cui è così frequente ed onorevole menzione nelle storie e nella filosofia degli
antichi greci e romani, e negli scritti e nei discorsi di quelli, (…), non è la libertà dei privati,
ma la libertà dello Stato, che è la stessa di quella, che avrebbe ogni uomo, se non vi
fossero le leggi civili, né Stato del tutto. [p.189]
…Ogni suddito ha libertà in tutte quelle cose, il diritto delle quali non può essere trasferito.
(…) Infatti, col riconoscere che lui mi uccida, io non sono obbligato ad uccidermi io stesso,
quand’egli me lo comanda. Una cosa è dire: Uccidi me, o un mio familiare, se ti piace,
un’altra è dire: Io ucciderò me stesso o un mio familiare. Segue da ciò che nessuno è
obbligato ad uccidere se stesso o un altro uomo…..[p.192]
[da Thomas Hobbes Leviatano, Biblioteca filosofica Laterza, Roma-Bari, 1974]