Sahrawi: la retromarcia dal referendum

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Sahrawi: la retromarcia dal referendum
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Giulia Olmi
Sahrawi:
la retromarcia dal referendum
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Da oltre 26 anni la crisi del Sahara Occidentale
passa attraverso ombre e luci, secondo le emergenze dettate dai riflettori internazionali che, come è noto, spesso confondono priorità umanitarie con priorità politiche. In questo momento di
grande orrore verso le capacità del terrorismo
arabo-integralista, le aspettative di un popolo
arabo-musulmano di circa 250.000 persone che
crede profondamente nella soluzione pacifica e
diplomatica di un conflitto, vengono drammaticamente ancora deluse. Nonostante le numerose dichiarazioni della Comunità Internazionale
sull’unicità della via referendaria come giusta
conclusione dell’ultimo processo di decolonizzazione africana ancora irrisolto, Kofi Annan, recentemente premiato per le capacità dell’ONU
di diffondere la pace, sembra non trovare di meglio che proporre alla Repubblica Sahrawi di an-
Foto: Giulia Olmi
Il presente dei Sahrawi
racchiude ancora una volta,
amaramente,
le dinamiche scolpite nella
storia di questa popolazione.
Le risoluzioni ONU, in
sostanza, riflettono infatti
una sola soluzione tra quelle
prospettate: l’annientamento
della Repubblica Sahrawi in
un’autonomia regionale
all’interno della monarchia
marocchina.
Campi Sahrawi
Senza spe
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nientarsi in una autonomia regionale all’interno
dell’avversaria monarchia alauita. Ossia di scegliere per una delle opzioni che il referendum
avrebbe dovuto porre, quella proposta dal Marocco, ma senza celebrarlo. È spesso inevitabile
passare attraverso un excursus storico, anche se
coinciso ed affrettato, quando si vuole scrivere
qualcosa sulla situazione del Sahara Occidentale,
magari solo allo scopo di aggiornare sugli ultimi
avvenimenti. Ma è ancor più spesso necessario,
con il passare degli anni e l’affievolirsi della memoria, il bisogno d’inchiodare nel presente la storia passata, racchiusa nei documenti sigillati da
codici d’archivio, per cercare di trovare un nesso
tra le prime risoluzioni ONU e le più recenti.
La decolonizzazione dell’ex Sahara Spagnolo resta ancor oggi incompiuta, pur collocata sin dall’inizio sotto l’egida delle Nazioni Unite che le
hanno dedicato numerose risoluzioni in cui fu ribadito il diritto all’autodeterminazione della popolazione. Ciò avvenne a partire dalla Risoluzione 2072 (XX) del 1965 e dalla Risoluzione 2229
(XXI) del 1966, arrivando fino alle ultime.
Tra queste vanno segnalate in modo particolare
le Risoluzioni 2711 (XXVII) del 1972, la 3162
(XXVIII) del 1973, dove la Spagna venne più volte invitata a prendere le misure utili e necessarie
all’esercizio di tale diritto, e la Risoluzione
690/1991, dove è contenuto il Piano di pace basato sulla realizzazione del referendum tramite il
quale la popolazione sahrawi dovrebbe scegliere tra integrazione al Regno del Marocco o far
parte della Repubblica Araba Sahrawi Democratica, proclamata per iniziativa del Fronte Polisario il 27 febbraio 1976,
e riconosciuto oggi
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OCEANO
ATLANTICO
MAR MEDITERRANEO
MAROCCO
ALGERIA
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da 78 paesi. Già in piena colonizzazione spagnola, dunque, si parlava di referendum.
Inoltre, date le note rivendicazioni territoriali del
Marocco, l’Assemblea Generale votò, con la Risoluzione 3292 (XXIX) del 1974, di domandare
un parere consultivo alla Corte Internazionale di
Giustizia (16 ottobre 1975). Un mese dopo, il 15
novembre 1975, pareri consultivi e risoluzioni
ONU a parte, fu firmato a Madrid un accordo tripartito tra Spagna, Marocco e Mauritania dove si
spartì a tavolino il territorio. Via libera alla “marcia verde” delle truppe marocchine che da allora fin ad oggi hanno inviato nelle zone occupa-
I riflettori
internazionali,
come è noto,
spesso
confondono
priorità
umanitarie
con priorità
politiche
te del Sahara Occientale circa 300.000 coloni e
stipulato con vari paesi, fuori da qualsiasi norma
giuridica internazionale, accordi di pesca e di
sfruttamento di fosfati e gas naturali. La “marcia
verde” marocchina fu deplorata dal Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite e al Marocco fu richiesto un immediato ritiro (Risoluzione 380 del
1975). L’accordo di Madrid è certamente in contrasto con il principio dell’autodeterminazione
‘
È necessario,
con il passare degli
anni e l’affievolirsi
della memoria,
il bisogno
d’inchiodare nel
presente la storia
passata, racchiusa
nei documenti
sigillati.
dei popoli proclamato
nella carta delle Nazioni Unite ed in particolare nella Risoluzione
1514 (XV) del 14 dicembre 1960, perché
decide le sorti del popolo sahrawi senza che
abbia avuto modo di
pronunciarsi. Così come sono in contrasto i
conseguenti accordi economici, stipulati per lo
sfruttamento delle risorse naturali del Sahara Oc-
Archivio CISP
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cidentale, secondo l’articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli (Algeri
1976), secondo cui la nullità dei trattati internazionali che contraddicono il principio di autodeterminazione dei popoli si estende anche ai
contratti conclusi con privati o fra privati.
Ma saltiamo invece ai giorni nostri, al 15 novembre 2001, 26 anni dopo queste onorevoli e
le ricchezze economiche nel Sahara Occidentale
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Si tratta di un territorio di circa 266.000 kmq, che affaccia sull’Atlantico per un migliaio di km, ed è compreso tra il Marocco, l’Algeria e la Mauritania. È un territorio in gran parte desertico, ancorché ricchissimo di risorse: i 100 km di coste costituiscono uno dei maggiori bacini ittici del mondo secondo le
stime della FAO. Si parla oggi di 630.000 tonnellate di pescato
e di circa 10 milioni di tonnellate annue di fosfato che porterebbero questa zona del nord-ovest africano al quarto posto
nella produzione mondiale.
Il 20 ottobre 2001 è stato firmato un accordo fra la Total
Fina Elf e l ‘ONAREP (Office National Marocain de Recherches
et d’Exploitation Pétrolière) per effettuare le prospezioni al
largo delle coste meridionali del Sahara Occidentale.
Tale accordo fa seguito ad un altro contratto risalente al 4
settembre 2001 tra lo stesso ONAREP e la società americana
Kerr Mc Gee per la parte settentrionale delle coste.
I confini del Sahara Occidentale, tracciati dalle diplomazie europee alla conferenza di Berlino del 1884-85 furono oggetto
di lunghe trattative tra la Francia e la Spagna e furono definitivamente stabiliti nella convenzione franco-spagnola del
1912. I confini per molto tempo furono ignorati dalle popolazioni che nomadizzavano nel territorio, ma nell’ultimo periodo della colonizzazione, a partire dagli inizi di questo secolo, divennero confini reali e attentamente sorvegliati, entrando a far parte del vissuto quotidiano della popolazione
che si andava sedentarizzando. La popolazione autoctona appartiene al ceppo delle tribù sahrawi, nomadi fino a tempi
recenti, organizzate da secoli in modo autonomo, con forme
proprie di lingua, cultura e organizzazione sociale, presenti
oggi con minoranze anche nel sud del Marocco, in Spagna
(soprattutto nelle Isole Canarie) e in Algeria. Durante il XIX
secolo, la popolazione che abitava questo territorio visse esperienze decisive che determinarono un orientamento autonomo rispetto alla popolazione marocchina.
Rimase, infatti, sotto controllo spagnolo dal Congresso di Berlino (1884) fino alla metà degli anni settanta. Alla fine degli
anni sessanta il popolo sahrawi appariva già largamente sedentarizzato e urbanizzato dotato di istituzioni ricalcate su
quelle tradizionali su cui la Spagna riorganizzò la propria amministrazione diretta della colonia.
Anna Bozzo, docente di Storia della Civiltà Arabo-Islamica
dell’Università di Roma Tre e Alberto Castagnola, economista.
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coraggiose prese di posizione delle Nazioni Unite, scritte nero su bianco, passate
alla storia e nascoste negli
archivi. Dal 1975 al 2001 sono passati sotto i ponti altri
fiumi di risoluzioni, pareri,
invasioni, deplorazioni, decisioni, accordi firmati, soldi
spesi, vite bruciate nel deserto. Eppure sembra che la
convinzione della Comunità Internazionale riguardo l’irrinunciabilità al diritto di autodeterminazione del popolo sahrawi, stia svanendo nell’aria facendo posto ad una determinata ed immediata volontà di concludere presto e senza irritare chi ha già un posto formale nella Comunità Internazionale e vantaggiosi accordi economici dalla parte del manico. Occorre ancora ricordare un altro pezzo di storia, il decennio
1991-1999 periodo di fervente lavoro dell’inviato speciale del Segretario Generale dell’ONU,
James Baker III, ex segretario di Stato americano,
che rivitalizzò il Piano di pace fermo da ben 6
anni con il successo degli accordi di Huston (settembre 1997). In quella sede si sciolsero clamorosamente i nodi della questione: il Marocco riconobbe il Fronte Polisario come interlocutore
politico, si concordarono i criteri di eleggibilità
dei votanti sui quali le Commissioni miste
Durante la
cosiddetta “marcia
verde”, le truppe
marocchine hanno
inviato nelle zone
occupate del
Sahara Occidentale
circa 300.000
coloni.
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Archivio CISP
d’identificazione avrebbero selezionato i 220.000
postulanti e fu stabilita la data del referendum:
il 7 dicembre 1998.
Nei campi del deserto algerino, dove ancora vivono 170.000 rifugiati sahrawi dal 1975, l’esplosione euforica avvolse tutti in una nuvola d’illusione: chi cominciò a smontare le tende, chi a
fare addirittura i bagagli, chi ad ammazzare le
bestie più vecchie, perché non avrebbero resistito al lungo viaggio di ritorno. Non si festeggiava già l’indipendenza, ma i bagliori della via
d’uscita da un oscuro esilio, che continua tuttoggi ad inaridire intere generazioni, grazie alla
dovuta e tanto attesa mediazione della Comunità Internazionale che aveva allora ritrovato, con
l’opportuna scossa americana, un impulso costruttivo. A dicembre del 1999, dopo 36 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, oltre 700 miliomi di dollari spesi dall’inizio del Piano di pace, 4
incontri diretti tra Marocco e Fronte Polisario, 12
centri di identificazione (4 nei campi, 4 nei territori occupati, 2 nel sud del Marocco e 2 in Mauritania), 220.000 persone identificate, le Nazioni
Unite pubblicarono la lista degli aventi diritto al
voto: 86.386, di cui buona parte costituita da sahrawi censiti dagli spagnoli poco prima del loro
ritiro. Blocco del Piano di pace: il Regno del Marocco non accetta tale risultato perché non sono
state riconosciute idonee dalle Commissioni almeno altre 130.000 persone.
A marzo del 2000, Baker visita le regioni
interessate e convoca una serie di riunioni
per riprendere il Piano di pace: giugno
a Londra, poi a Ginevra una riunione tecnica e
a settembre a Berlino, dove il Marocco
annuncia l’abbandono del Piano di pace
e propone una terza via come risoluzione
al referendum, ossia l’annessione al Marocco
senza consultazione referendaria.
L’inviato speciale, questa volta, pur di
sbloccare la situazione, fa compiere una
pericolosa inversione a “U” alla coerenza
delle 36 Risoluzioni ONU e “dubita
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Sembra che la
fortemente che il Piano di pace
convinzione della
possa essere applicato nella
Comunità
sua forma attuale”. Ogni aggiuInternazionale
stamento del Piano, continua il
riguardo
pensiero di Baker, sarebbe vo- l’irrinunciabilità al
tato ad una sconfitta perché “in
diritto di
fin dei conti ci sarebbe sempre
autodeterminazione del
un vincitore e un vinto”. Conpopolo sahrawi,
vinto da questa profonda costia svanendo.
statazione, nel suo rapporto
S/2001/613 del 20.06.01 al Consiglio di Sicurezza, Kofi Annan propone un
“Accordo Quadro” che accolga, da una parte, le
aspettative di autonomia regionale sostenute
da Marocco, Francia e Stati Uniti, e dall'altra,
continui a studiare le forme per la realizzazione del referendum, obiettivo che sembra ormai
appartenere solo al Fronte Polisario e all’Algeria. Il progetto di Accordo Quadro propone un
immediato periodo di transizione, in attesa che
si ridefiniscano di nuovo i connotati referendari, in cui la popolazione sahrawi rifugiata in Algeria si ricongiunga a quella già residente nei
territori occupati del Sahara Occidentale in
un’autonomia regionale amministrata da una
tanto oculata quanto preoccupante spartizione
di competenze e poteri (si veda riquadro).
Dopo lunghe e difficili discussioni il Consiglio
di Sicurezza riconferma all’unanimità (Risoluzione S/RES 1359 - 2001) il mandato di Baker
incentrato principalmente sull’applicazione del
Piano di pace e la ricerca di altre soluzioni politiche solo se formulate con il parere favorevole di entrambe le parti. Molti paesi europei,
anche a rischio di crisi diplomatiche con il Marocco, come nel recente caso della Spagna, si
sono uniti nel confermare la linea del Consiglio
di Sicurezza, sebbene la Francia non sembri per
ora volersi allontanare dall’idea dell’Accordo
Quadro. Il mandato della Minurso è stato prolungato fino al 31 gennaio 2002 per stato permettere a James Baker di compiere le consultazioni con le due parti.
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L’ “Accordo Quadro” di Kofi Annan
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Il Sahara Occidentale sarà dotato di:
Organo Esecutivo: eletto per 4 anni dalle 86.386 persone il
cui nome figura nelle liste provvisorie dell’ONU di elettori stabilite il 30 dicembre 1999. L’Esecutivo nominerà degli amministratori con un mandato di 4 anni.
Organo Legislativo: eletto sia dalle persone che avranno risieduto in maniera continuativa nel territorio a partire dal 31
ottobre 1998, che da quelle che figurano nelle liste di rimpatrio del 31 ottobre 2000. Ha un mandato di 4 anni.
Organo Giudiziario: i giudici, scelti tra i membri dell’Istituto
Nazionale di Studi Giudiziari, dovranno essere originari del
Sahara Occidentale. Questi tribunali costituiranno l’autorità
in materia di diritto territoriale.
Ogni legge promulgata dall’Assemblea e ogni decisione dei
Tribunali dovranno essere conformi alla Costituzione del
Regno del Marocco e rispettare le disposizioni vigenti in
particolare per quel che riguarda la protezione delle libertà
pubbliche.
Un referendum sullo statuto del Sahara Occidentale sarà organizzato entro 5 anni successivi alla sua data di applicazione. L’elettore deve aver risieduto permanentemente nel
Sahara Occidentale durante tutto l’anno precedente.
Gli Organi esecutivi, legislativi e giudiziari del Sahara
Occidentale avranno competenza esclusiva su:
Amministrazione governativa locale – Budget e imposte territoriali – Mantenimento dell’ordine – Sicurezza interna –
Protezione sociale – Cultura – Educazione – Commercio –
Trasporti – Agricoltura – Mine – Pesca e industria – Politica
ambientale – Alloggi e sviluppo urbano – Acqua ed elettricità
– Strade e altre infrastrutture di base.
Il Regno del Marocco eserciterà la sua competenza esclusiva su:
Relazioni esterne – Sicurezza e difesa nazionale – Ogni questione relativa alla produzione, la vendita, la proprietà e
l’uso di armi e/o esplosivi – Il preservamento dell’integrità
territoriale – Bandiera – Moneta – Servizi doganali – Sistemi postali e comunicazioni.
Per l’esercizio di tutte queste funzioni, il Marocco può nominare dei rappresentanti nel Sahara Occidentale.