Mandela, l`apartheid e il nuovo Sudafrica

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Mandela, l`apartheid e il nuovo Sudafrica
Vita Nuova
Approfondimenti - Percorsi
2 maggio 2014
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Una storia ancora tutta da scrivere
Mandela, l’apartheid e il nuovo Sudafrica
I
di Stefano Fontana
si ritira dalla vita pubblica solo nel
2004 e fino ad allora continuava ad
avere una influenza politica più che
simbolica.
n carcere per 27 anni, simbolo
della lotta contro l’apartheid,
premio Nobel per la pace nel
1993, presidente del Sudafrica
dal 1994 al 1999, alla sua morte
Mandela fu celebrato dai grandi del
mondo che accorsero alle sue esequie e la BBC in una nota lo paragonò nientemeno che a Gesù Cristo.
Ma siccome non era Gesù Cristo,
anche per Mandela vale quanto vale
per tutti gli altri uomini: nella sua
vita ci sono luci ed ombre. Senza
nulla togliere alle luci, è però il caso
di evitare che un eccesso celebrativo
faccia dimenticare le ombre. Questo
si sono posti di fare i tre autori di un
libro che va controcorrente in modo
salutare. Brienza, Cavallo ed Ebrahime riscrivono la storia di Maniba
senza trionfalismi e con i piedi per
terra, il che vuol dire dati alla mano.
Ne risulta un quadro variegato tutto
da leggere.
La disgregazione della
famiglia e la lotta all’Aids
Una veloce biografia
Mandela nasce il 18 luglio 1928 nella
provincia del Capo Orientale. Nelson è il suo nome anagrafico, Maniba è il nome all’interno del clan di
appartenenza. Era di famiglia nera
benestante e studiò in un istituto
abbastanza elitario di Alice. A 22
anni, quando scopre che il suo clan
aveva combinato il suo futuro matrimonio, fugge a Johannesburg dove si
guadagna da vivere come guardiano
notturno. Si iscrive a legge ed entra
nel ANC, l’African National Congress,
il partito che difende i diritti della
popolazione nera e nel 1944 fonda la
Lega giovanile del partito. Conosce
Joe Slovo, futuro leader del partito
comunista sudafricano a cui rimarrà
legato in molte battaglie. Si sposa
per la prima volta. Dall’unione nascono quattro figli ma dopo due anni
il matrimonio finisce nel divorzio. Nel
1952 fonda il proprio studio legale e presta assistenza ai neri che si
oppongono al regime segregazionista.
Nel 1958 si sposa con una donna più
giovane di lui di 18 anni e leader della sezione femminile del partito con
la quale avrà due figli. Ma dopo due
anni di matrimonio burrascoso divorzierà nuovamente. Nel 1960, a seguito del massacro di Sharpeville in cui
la polizia apre il fuoco sui dimostranti, Mandela sceglie la via della lotta
armata e nel 1963 viene condannato
all’ergastolo per cospirazione. Rimane in carcere per 27 anni, fino all’11
febbraio 1990, quando il presidente
de Klerk ne ordina il rilascio. Ancora
nel 1985 aveva dichiarato al Times
che in Sudafrica non c’era spazio
per la lotta pacifica. Nella sua autobiografia “Lungo cammino verso la
libertà” edita in Italia da Feltrinelli,
dichiara di aver partecipato all’attacco terroristico del 20 maggio 1983 a
Pretoria dove morirono 19 persone.
Il 26 e 27 aprile 1994 si tengono le
elezioni presidenziali e Mandela viene
eletto. Il 10 maggio egli pronuncia il
suo discorso di insediamento in cui
annuncia l’impegno per costruire
una “nazione arcobaleno”.
Mandela e il comunismo
Gli autori del saggio mettono in
evidenza che il merito maggiore di
Mandela fu il suo ruolo di pacificato-
re dopo il rilascio dal carcere e dopo
la sua elezione a Presidente della
Repubblica nel 1994. In precedenza,
tuttavia, egli non era stato sempre
pacifista né pacificatore. Aveva militato nel braccio armato dell’African
National Congress, che allora era
finanziata dall’Unione Sovietica e, in
questa veste, collaborò con il partito comunista del Sudafrica per la
realizzazione di numerosi attentati
terroristici. Il partito riceveva finanziamenti anche dalla Cina e dalla
Germania orientale. Mandela aveva
sempre esaltato il regime comunista
di Fidel Castro a Cuba e, una volta
presidente, confermò pienamente
l’appoggio del Sudafrica al regime
castrista. Nella sua biografia ci sono
molti elementi che testimoniano la
sua simpatia, se non proprio adesione, all’ideologia comunista. Questo
suo passato nulla toglie all’opera di
pacificazione nazionale da lui operata
affinché il nuovo Sudafrica potesse
vivere in pace, ma a sua volta questa
sua opera non dovrebbe cancellare la
verità storica del suo passato.
La difficile costruzione
del nuovo Sudafrica
La creazione di una “nazione arcobaleno” incontrò più difficoltà di quanto
si pensi, a causa anche di errori di
impostazione che hanno caratterizzato anche la presidenza Mandela,
nonostante si siano manifestate
soprattutto con i successori. Gli
autori del saggio che stiamo esaminando rilevano che il partito vincente
ebbe oltre il 60 per cento dei voti e si
trasformò presto in un partito-Stato.
Dentro il partito si scatenarono lotte
di potere, aggravate anche da feroci
rese dei conti tra le varie etnie delle
componenti nere del partito stesso.
Nei confronti degli Afrikaner si attuò
una nuova discriminazione e venne
potenziata tramite politiche apposite
una borghesia nera di nuovi ricchi
che esercitò un apartheid al contrario. Dopo la fine dell’apartheid un
milione di bianchi ha lasciato il Sudafrica, dal 1994 al 2000 sono stati
uccisi millecinquecento agricoltori
bianchi.
Le cose peggiorarono con i successori di Mandela, Mbeki e Zuma. Il
Sudafrica, tentando di costituirsi
come potenza regionale, appoggia la
sanguinaria dittatura di Mugabe nel
vicino Zimbabwe, firma una collaborazione militare con Cuba, convalidandone la politica africana, mentre
si moltiplicano all’interno i casi di
corruzione e di nepotismo. Dallo
Zimbabwe arrivano sei milioni di
immigrati clandestini, la criminalità
aumenta e a Johannesburg ci sono
ormai 17 omicidi al giorno e uno stupro ogni 26 minuti.
È sbagliato attribuire a Nelson Mandela tutto quanto è successo in Sudafrica durante la sua presidenza e
soprattutto con i suoi successori. Gli
autori del saggio sono molto obiettivi nel dare a ciascuno il suo. È però
un dato di fatto che Nelson Mandela
La nuova Costituzione del Sudafrica
promulgata da Mandela il 10 dicembre 1996 conteneva già le condizioni giuridiche per la legalizzazione
dell’aborto e per il riconoscimento
del “matrimonio” tra omosessuali.
L’aborto viene legalizzato immediatamente, il 1° febbraio 1997. Il 30
novembre 2006 viene approvata la
legalizzazione delle unioni omosessuali, mentre già dal 2002 era stata
ammessa l’adozione dei minori. Accade così che la “nazione arcobaleno”,
che doveva significare la convivenza
pacifica delle etnie, si è trasformata nella nazione che ammette tutti i
tipi di famiglia. Il movimento LGBT
celebra in Mandela “l’uomo che ha
lottato al suo fianco”.
La Chiesa cattolica del Sudafrica,
che aveva attivamente partecipato
alla ricostruzione del Paese dopo la
fine dell’apartheid, ha più volte segnalato il progressivo peggioramento
della situazione, soprattutto riguardo
alla famiglia.
Il Sudafrica è il primo Paese al mondo per malati di Aids e per decessi
annui. Gli autori del saggio documentano però che in ciò ci sono delle
notevoli responsabilità politiche.
Dapprima si puntò esclusivamente
sulla politica del preservativo, poi
si tentò di nascondere e addirittura
di negare il drammatico fenomeno,
quindi si rifiutarono i programmi di
prevenzione della sanità internazionale, poco o nulla si è fatto sul piano
della mentalità, in un Paese in cui
esistono ancora credenze tribali secondo le quali violentare una vergine
fa guarire dall’Aids. Nelson Mandela
ha fin dall’inizio appoggiato il suo
successore, Mbeki, nonostante le
accuse di corruzione, frode e riciclaggio di denaro sporco e non mosse
mai nessuna critica nei confronti
delle colpevoli politiche anti-Aids del
regime.
Una figura sfaccettata
Mandela è quindi una figura dalle
varie facce. Idealista ma anche spregiudicato amministratore del potere.
Di convinzioni comuniste ma anche
liberista in economia, almeno durante il suo mandato presidenziale.
Amico della Chiesa cattolica a parole
ma convinto assertore del laicismo
più avanzato nel campo del diritto
alla vita e della famiglia. Pacifista ma
anche terrorista, collegato in qualche
modo con il sistema del comunismo
internazionale. Promotore di giustizia ma anche uomo dalla vita privata
contorta e uomo di potere che convisse con la corruzione, il nepotismo
e le violenze interne alla comunità
nera. Infine, concludono gli autori
di questo saggio, un uomo che ha
lasciato un Paese devastato: Aids,
disoccupazione, corruzione, criminalità.
G. Brienza - R. Cavallo - O. Ebrahime, Mandela, l’apartheid e il nuovo Sudafrica. Ombre e luci su una storia
ancora tutta da scrivere, Prefazione di Rino Cammilleri,
D’Ettoris Editori, Crotone 2014, pp. 140, euro 12,90.