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LA TUTELA DELL'AMBIENTE, COME “LIMITE” ALLA CELERITA' DEL
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO. IN PARTICOLARE: TRE ISTITUTI A
CONFRONTO (V.A.S., V.I.A. E A.I.A.)
A cura di ANDREA PITTONI
Uno dei settori in cui più si intersecano i profili relativi alla discrezionalità amministrativa e tecnica
è il diritto dell'ambiente.
Invero, se da un lato, sono sempre più imposti una serie di parametri oggettivi, quali limiti di
emissione o valori-guida, dall'altro il compito di ponderare i diversi interessi pubblici, scegliendo la
“strada” migliore, fa trasparire, anche in questo settore, un alveo di discrezionalità amministrativa
particolarmente ampia.
La rilevanza che ha acquistato negli anni il diritto ambientale è particolarmente evidente, non solo
dall'introduzione del c.d. “codice dell'ambiente”1, ma anche dalla scelta del legislatore di rallentare
il procedimento amministrativo a tutela di beni ambientali.
Tale scelta, in controtendenza rispetto agli intenti “semplificatori” che hanno colpito il
procedimento amministrativo negli ultimi anni, denota l'importanza che oggi riveste il diritto
ambientale2.
A titolo di esempio, si segnala l'art. 14-quater della legge n. 241/1990, il quale prevede
l'impossibilità di pervenire alla determinazione di conclusione del procedimento a maggioranza nel
caso in cui il dissenso provenga da un'amministrazione preposta alla tutela dell'ambiente.
Ancora, il settore ambientale è caratterizzato dalle limitazioni all'istituto del silenzio-assenso,
proprio a tutela degli interessi coinvolti costituzionalmente riconosciuti dall'art. 9 Cost3.
1. Anche se, come acutamente indicato da N. LUGARESI, Diritto dell'ambiente, III ed., Padova, p. 20, non siamo
propriamente di fronte ad un codice “in quanto manca, comunque, nell'impostazione della legge-delega, la coscienza, o
la volontà di considerare il diritto ambientale come branca autonoma del diritto”.
2. Si veda, in tal senso, T.A.R. Liguria, Sez. I, 1 agosto 2007, n. 1426, ove si afferma che l'ambiente è un valore
trasversale costituzionalmente protetto, in funzione del quale lo Stato può dettare standard di tutela uniformi sull'intero
territorio nazionale, anche incidenti sulle competenze legislative che secondo il rinovellato art. 117 Cost. spettino alle
regioni e alle province autonome su materie per le quali quel valore costituzionale assume rilievo.
3. In questo senso si consideri la disciplina contenuta all'art. 20, comma 4, della L. 241/1990 che non ritiene applicabili
i principi del silenzio-assenso assenso ad una serie di materie, tra le quali l'ambiente, il patrimonio paesaggistico, la
salute e la pubblica incolumità.
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Da qui, quindi, si deve partire per considerare i riflessi della disciplina ambientale sul diritto
urbanistico. Si riuscirà, così, a comprendere la decisione del legislatore di anticipare quanto più
possibile l'azione amministrativa rispetto all'inizio di un'attività potenzialmente lesiva di valori
ambientali.
E' questa la ragion d'essere della Valutazione Ambientale Strategica4, la quale, sulla base del
principio di prevenzione, impone che l'elaborazione e l'approvazione dei piani e dei programmi di
intervento sul territorio avvenga tenendo conto degli effetti sull'ambiente degli stessi 5.
Da qui l'esigenza di un controllo amministrativo che coinvolga una verifica di assoggetibilità6 su
piani e programmi che possono avere riflessi significativi sui beni ambientali.
Particolarmente importante è la natura della V.A.S., che va qualificata come parte integrante del
procedimento ordinario di adozione ed approvazione di piani, programmi o varianti; la
giurisprudenza, pertanto, è costante nel ritenere illegittima la deliberazione avente ad oggetto una
variante al p.r.g., adottata senza la preventiva V.A.S. (ex multis, T.A.R. per la Sicilia, sez. III, 31
ottobre 2011, n. 1934).
Circa le competenze, spetta al Ministero dell'ambiente, assistito dalla Commissione tecnica di
verifica dell'impatto ambientale, lo svolgimento della V.A.S.
Diversa dalla V.A.S. è la Valutazione di Impatto Ambientale7 che nasce già con l'art. 6 della legge
n. 349 del 1986, a recepimento di istanze sovranazionali8.
Il discrimen principale tra i due istituti è nell'oggetto. Se la V.A.S. riguarda piani e progetti di natura
prettamente pubblicistica, la V.I.A. concerne la descrizione e la valutazione degli effetti ambientali
di un progetto relativo a nuove opere (o modifiche sostanziali di opere esistenti) che possono avere
tanto il carattere pubblico quanto quello privato.
A differenza della V.A.S., la V.I.A. è un sub-procedimento che si inserisce nel procedimento
principale. Gli effetti finali, tuttavia, sono identici: entrambi comportano l'annullabilità del
provvedimento autorizzatorio per violazione di legge, ai sensi dell'art. 29, d.lgs. n. 152/2006, ma,
4. Da qui in poi V.A.S.
5. Si veda, in tal senso, l'art. 4, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 152/2006.
6. La verifica di assoggettabilità costituisce la fase preliminare, attraverso la quale si dichiara se il piano o il progetto
deve essere assoggettato a V.A.S (art. 12, d.lgs. n. 152/2006). In caso positivo, si proseguirà con il procedimento
indicato dagli artt. 13 e seguenti del c.d. “Codice dell'ambiente”).
7. Da qui in poi V.I.A..
8. Si fa qui riferimento alla direttiva n. 85/337/CEE.
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nel caso di V.I.A., facendo riferimento ad un procedimento autonomo, si ritiene che anche la
decisione finale debba essere impugnata con il ricorso principale.
Quanto al procedimento, anch'esso è specificatamente indicato dalla legge agli artt. 19 e seguenti
del d.lgs. n. 152/2006.
In controtendenza rispetto alla V.I.A. e alla V.A.S., è l'Autorizzazione Integrata Ambientale9 che
nasce per esigenze di semplificazione del regime autorizzatorio.
A differenza della V.I.A. - con la quale ha in comune che si rivolge sia a privati che a soggetti
pubblici - l'A.I.A. si occupa dell'impatto di una certa attività10.
Per questo motivo, la durata dell'A.I.A. è quinquennale, tranne ipotesi previste dalla legge in cui il
periodo di validità dell'autorizzazione è maggiore.
La sua mancanza non comporta l'annullamento del provvedimento “principale” ma sanzioni
amministrative (dalla diffida alla chiusura dell'impianto) o, nei casi più gravi, sanzioni penali (artt.
11 e 16 del d.lgs. n. 59 del 2005).
Da questa breve disamina degli istituti amministrativi volti alla tutela dei beni ambientali, si
comprende come l’amministrazione sia costretta a sacrificare la tutela di altri interessi
(semplificazione, celerità del procedimento amministrativo, produttività e così via) anch'essi
importanti e spesso costituzionalmente riconosciuti (si pensi all'art. 97 della Costituzione).
Da ciò deriva la complessità procedimentale ruotante intorno al diritto dell'ambiente che vede la
prolificazione di “procedimenti”, spesso in controtendenza rispetto alle esigenze di semplificazione
sempre più perseguite dal legislatore.
9. Da qui in poi A.I.A.
10. Le attività soggette all'A.I.A. sono quelle previste nell'Allegato I del d.lgs. n. 59 del 2005.
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