Expertise Gentilini - Giorgio Baratti Antiquario
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Expertise Gentilini - Giorgio Baratti Antiquario
Scultore borgognone prossimo a Antoine Le Moiturier (Avignone 1425 ca. - Parigi ? 1495 ca.) Due Santi Vescovi, 1470 ca. Statue in pietra calcarea; cm 94,5 x 39 x 25 ca. / cm 94,5 x 30 x 31 ca. (base cm 28,5 x 23,5) Superbe e monumentali, nonostante le dimensioni contenute, queste due statue presentano le effigi di santi vescovi abbigliati con i consueti paramenti liturgici: la mitria, in entrambi i casi lievemente inarcata all’indietro con i lembi convergenti alle punte, e il pastorale, perduto, forse realizzato in metallo e impugnato con la mano destra, oggi mutila in entrambi i casi; ciascuno inoltre sorregge con l’altra il proprio attributo distintivo. Il Santo che suggeriamo identificare nel martire beneventano San Gennaro, è vestito di una cotta sovrammessa all’abito talare, lunga appena oltre le ginocchia, indossa un piviale dalla spessa cappa che ne copre le spalle e si distingue per la consueta iconografia che lo vuole raffigurato sbarbato e in atto di impugnare un’ampolla contenente il suo sangue. L’altro personaggio dai tratti più giovanili, purtroppo non identificabile per l’assenza di riferimenti iconografici specifici, è abbigliato con una dalmatica dalle vibranti increspature, sormontata da una voluminosa pianeta, e sorregge in mano, mantenendo una posizione ieratica verso lo spettatore, un libro, forse quello delle sacre scritture, completamento aperto. I due Santi, scolpiti in una pietra calcarea originariamente arricchita da una stesura policroma, come testimoniano esigue tracce di pigmento riscontrabili in alcune insenature delle vesti e dei copricapi, appaiono realizzati quasi a tutto tondo seppure solo sbozzati sul retro. Ciò lascia supporre che in origine dovessero occupare lo spazio esiguo di una nicchia oppure aderire ad una parete, forse posizionati al vertice di un tabernacolo o sulla balaustra di un imponente monumento; ubicazione che ne determinava una visuale privilegiata dal basso, come sembrano suggerire la direzionalità degli sguardi verso lo spettatore e l’incombenza di entrambe le teste dei Vescovi rivolte in basso. Come il San Gennaro anche il Vescovo con libro in origine presentava un’estensione ridotta del collo, poi modificata nel corso di un restauro, che ne determinava una postura del capo ribassata quasi ad incastonarsi, come quello del compagno, nella rigida e spessa bordura dell’abito. L’esuberanza plastica e la compressione anatomica dei corpi, lievemente inarcati sulle spalle quasi a voler gravare in avanti con il loro peso, le fisionomie caricate ed espressive dei volti, descritti da tratti somatici lineari e marcati, in particolare nel contorno degli occhi dalla forma a mezza luna rivoltata, così come il materiale in cui sono scolpite, una pietra calcarea molto porosa e dalla colorazione giallognola, suggeriscono una provenienza transalpina delle due eleganti sculture. La zona di origine sembra essere il Ducato di Borgogna, in Francia, regione che durante il corso del Quattrocento si distinse lungamente quale patria di un linguaggio particolarissimo, caratterizzato da un accentuato naturalismo e da un’espressività contenuta ma parimenti energica, conferita per via di un insistito plasticismo delle forme, grevi e compatte, seppur sempre eleganti e ponderate. Da Digione, capitale del regno, tale linguaggio si diffuse in maniera capillare e duratura grazie alla presenza, a partire dal 1389, di Claus Sluter (Harleem 1340 ca. - Digione 1405), il celebre maestro di origini fiamminghe che sul finire del secolo divenne il successore di Jean de Marville quale principale scultore attivo al servizio di Filippo l’Ardito duca di Borgogna. I due Santi nella monumentalità, nelle fisionomie asciutte dei volti evocano difatti ancora fresche memorie della tradizione scultorea sluteriana la cui eco, in seguito alle prestigiose imprese della Certosa di Champmol (1389-1395), del cosidetto Pozzo di Mosè (1395-96), o della Tomba di Filippo l’Ardito (Digione, Palazzo dei Duchi di Borgogna) iniziata nel 1404 e completata dopo la 1 sua morte da Claus de Werve, prosperò in maniera duratura e capillare anche oltre il Ducato di Borgogna, propagandosi nell’immaginario figurativo delle generazioni future d’artisti fin quasi al penultimo decennio del Quattrocento. Nelle figure dei nostri due Vescovi possiamo infatti scorgere i tratti di un linguaggio più maturo, come dimostrano il panneggiare realistico e solido, una più risoluta indagine anatomica e posturale, un’armonia proporzionale e un’articolazione spaziale dei movimenti. Elementi che suggeriscono una datazione più avanzata di almeno mezzo secolo rispetto alle ultime prove di Sluter e la mano di un artista formatosi sia sui testi fondamentali del maestro fiammingo, ma anche sulle orme di un goticismo più raffinato ed elegante che nel corso del quindicesimo secolo si poteva osservare sempre nella stessa Digione grazie alle prove offerte da uno scultore di origine spagnola, Jean de la Huerta (documentato a Digione dal 1431 al 1463), oppure in altre illustri corti francesi, in primis quella di Avignone. Proprio qui si formò il maestro al cui ambito intendiamo ricondurre la realizzazione delle nostre due sculture: Antoine Le Moiturier. Educatosi nella bottega dello zio Jaques Morel, Antoine, attivo per un ventennio in patria, dal 1465 traferì la sua attività proprio alla corte di Borgogna dove fu chiamato a sostituire l’aragonese Juan de la Huerta nell’esecuzione della Tomba di Giovanni senza Paura e Margherita di Baviera (1443-1470 ca.; Digione, Palazzo dei Duchi di Borgogna). Opera quest’ultima che, ispirata per volere del committente alla tomba del padre, Filippo l’Ardito, e concepita nelle sue forme iniziali da un’artista come il De la Huerta, il quale ben fondeva commistioni di cultura borgognona ad un naturalismo di marca sluteriana, raccoglieva in se una summa della cultura figurativa maturata nel ducato di Borgogna nel corso del cinquantennio precedente. Su questa via è stato possibile ricostruire l’evoluzione linguistica di Le Mouiturier e un corpus piuttosto omogeneo di opere sparse in varie chiese della Francia meridionale. Ad attestarlo sono numerose statue in pietra calcarea policroma, simili per tipologia e dimensioni ai nostri due Santi Vescovi, come il San Nicola di Moutiers-Saint-Jean, il San Vincenzo a Menetru-le-Vignoble (1460/70 ca.), il San Prudent a Malange (1460/70 ca.), il San Lorenzo a Chapelle de Fleurey (1465 ca.), tre Santi Vescovi (1470-80 ca.), due presso la chiesa di Lamargelle, un altro conservato ad Autun presso il Musée Rolin (1470 ca.), il San Denis al Museo di Moulins (1470/80 ca.) e il San Léger nella chiesa parrocchiale di Flammerans. Le sculture in esame sembrano rispondere ai modi espressi da Antoine le Mouturier dopo l’arrivo nel 1465 alla corte dei Duchi di Borgogna, quando la sua arte appare influenzata dall’incombente eredità figurativa diffusa nella regione da Claus Sluter e dai suoi fedeli prosecutori come Jean de La Huerta. In particolare i due Santi Vescovi si legano strettamente al nucleo di opere che la critica situa intorno all’ottavo decennio del Quattrocento, accomunate dalla medesima concezione volumetrica delle forme, ampie, compatte e monumentali, dalla predilezione per fisionomie asciutte e da una gestualità apparentemente impacciata che conferisce alle figure una forte carica emotiva, sebbene prive di indugi naturalistici ed accenti drammatici. Le due sculture in questione dialogano in maniera eloquente con il San Vincenzo di Menetru-leVignoble, con il San Prudenzio di Malange, con il Santo diacono di Peintre (Auxonne), o con il San Lorenzo presso la Chapelle de Fleurey a Mont-Saint-Jean, che presentano la medesima struttura anatomica dei corpi, massicci e avvolti in ingombranti abiti liturgici dalla consistenza granitica e tubolare. In particolare il confronto tra il San Gennaro e il Santo Diacono di Malange rivela la consueta reclinazione del capo ravvisabile in tutte le altre opere ricondotte al Le Moiturier, una similissima fisionomia facciale, squadrata e sintetica nei tratti somatici preponderanti nonostante lo 2 scarto d’età evidente tra i due personaggi raffigurati, così come la medesima postura ingobbita delle spalle, ampie e monumentali, che si alzano fino alla base del capo inglobandone il collo appena visibile. Ciò permette di considerare l’eventualità che le nostre due sculture, insieme ai Santi di Malange e Peintre, provengano dal medesimo complesso plastico; ipotesi che oltre al fattore stilistico e tipologico, conta anche sulla corrispondenza dimensionale delle statue, alte tutte all’incirca un metro. Pari affinità si riscontrano anche in altre due sculture riferite all’ambito di Le Moiturier e collocate in quel medesimo torno di anni: il Santo Vescovo della Galerie Sissman a Parigi, sebbene questo presenti una più dinamica e complessa articolazione dei panneggi, e il Santo Vescovo della chiesa parrocchiale di Messigny, praticamente sovrapponibile al nostro San Gennaro nella struttura anatomica e nel disegno delle vesti. Affinità che, per quanto ravvisabili anche in opere di una cronologia più avanzata, come i Santi Vescovi di Lamargelle o quelli ad Autun (Musée Rolin) e Moulins (San Denis ?), tenderanno a stemperarsi sul finire degli anni Settanta in una concezione dei panneggi più frastagliata e complessa, nella predilezione per silhouette più slanciate ed eleganti, in una resa più analitica e naturale dei tratti somatici, testimoni di un definitivo allontanamento del maestro dalla tradizione tardogotica di marca sluteriana esibita al tempo delle sue esperienze presso la corte di Digione. Giancarlo Gentilini David Lucidi Firenze, 13 giugno 2014 Bibliografia di riferimento: - H. David, De Sluter à Sambin. La fin du moyen âge, II voll., Parigi 1933. - T. Muller, Sculpture in the Netherlands, Germany, France, Spain: 1400-1500, London 1966. - P. Quarré, Jean de la Huerta and Burgundian sculpture in the middle of the fifteenth century, Dijon, 1972. - P. Quarré, La sculpture bourguignonne au XVe siècle, de Claus Sluter à Antoine Le Moiturier, in “Le Monuments Historiques de la France”, 19, 1973, pp. 38-44. - P. Quarré, Antoine Le Moiturier le dernier des grands imagiers des ducs de Bourgogne, Diijon 1973. - J. Boccador, Statuaire Médiévale en France de 1400 à 1530, II voll., Zoug 1974. - P. Quarré, J. Marilier, Y. Lehnher, Sculpture bourguignonne fin du moyen âge, Friburg 1976. - Quarré, Le Sculpture en Bourgogne, Friburg 1978. - P. P. Camp, Les imageurs bourguignons de la fin du Moyen Age, Dijon 1990, pp. 118-197. - M. Beaulieu, Dictionnaire des sculpteurs français du moyen age, Paris 1992, pp. 182-188. - L’art à la cour di Bourgogne. Le mecenat de Philippe le Hardi et de Jean sans Peur (1364-1419), catalogo della mostra (Dijon, Musée de Beaux-Arts, 28 maggio - 15 settembre 2004 / Cleveland, Museum of Art, 24 ottobre - 9 gennaio 2005), a cura di S. N. Fiegel - S.Jugie, Paris 2004. 3