giornata violenza donne e intervento Morrone
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giornata violenza donne e intervento Morrone
Conferenza Internazionale sulla Violenza contro le donne Farnesina, 10 Settembre 2009 Relazione sulla giornata Una donna in Africa portò sua figlia dalla persona che l’avrebbe a sua volta introdotta nella tenda dove, insieme ad altre bambine, sarebbe stata operata. Quella bambina morì. La mamma lo venne a sapere solo il giorno successivo: le fu mostrato solo dove era stata sepolta. Quella bimba aveva 8 anni. Anche la seconda figlia della donna si sottopose all’intervento mutilatorio. Questa volta andò bene. Ma quella donna non riesce a dimenticare il suo dramma, il dolore per la prima figlia e la paura per la seconda. Le hanno cambiato per sempre l’esistenza. Quella bimba di 8 anni deve rimanere nel ricordo di tutti noi. Affrontare temi sociali ed umani carichi di sofferenza come quello appena riportato, proponendo strategie di contrasto globali in un confronto aperto a più Paesi possibili, è l’impegno che l’Italia ha assunto durante la Presidenza del G8. La Conferenza Internazionale sulla Violenza contro le donne, svoltasi presso la Farnesina nei giorni 9 e 10 Settembre, ha avuto come scopo principale quello di muovere la comunità generale a trattare un dramma che per sua natura possiede caratteristiche universali. Lo sfruttamento del sesso debole, nella sua forma più ampia, colpisce trasversalmente tutti i ceti delle nostre società, manifestandosi come una delle più insidiose e inaccettabili violazioni dei diritti umani e come una delle forme di discriminazione più diffusa. L’INMP, per la persona del suo Direttore Generale, professor Aldo Morrone (il cui intervento riportiamo integralmente all’interno della pagina del sito), ha partecipato ai lavori della seconda giornata, dove le problematiche legate alla donna si sono focalizzate nelle aree del pianeta più povere, le regioni africane, le cui questioni socio-sanitarie e culturali si riflettono nel quotidiano occidentale e sulle quali l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà interviene da anni con strategie multidisciplinari. La sessione della seconda giornata, dal titolo Investire nel Futuro, ha avuto due temi principali: La Bambina Negata, in quanto discriminazione e perdita dei diritti; e la sciagura delle Mutilazioni Genitali Femminili subite da milioni di bambine ogni anno in tutto il mondo. Il dibattito ha subito individuato nella parola “strategia” il termine chiave per cercare una via d’uscita. Per l’avvocato dello Yemen Shada Nasser contrastare la violenza può avere successo se è chiaro che in certe società si è vittime solo perché si ha la sola colpa di nascere e appartenere ad un genere ritenuto culturalmente “inferiore”. Determinante è intervenire attraverso piani di educazione socio-sanitari specifici. Un coinvolgimento cosciente della Comunità Internazionale è la strada da seguire per cambiare la condizione di milioni di bambine, soggette ad ogni forma di violenza. Con forza Najat M’jiid Maala, Relatore Speciale Consiglio Diritti Umani dell’ONU per la Prostituzione Minorile e la Vendita dei Bambini, ha chiesto un intervento a livello internazionale che dimostri tutta l’indignazione verso il danno psicofisico che subiscono le bambine nel mondo, specie per quelle portatrici di handicap. Non esistono poi norme nazionali armonizzate e regolate da un diritto transnazionale che abbiano un supporto tecnico dedicato alla prevenzione, all’educazione e alla sanità, ma solo una serie di interventi segmentati. E non è un metodo che funziona. Il mondo sembra avere coscienza sul fenomeno ma non abbastanza da interporsi con forza nel garantire a tutti, bambini e bambine, i fondamentali Diritti Umani. C’è ancora troppo silenzio sulle violenze fatte e troppa tolleranza verso chi si macchia di violenza. Ma la violenza inizia ancor prima di nascere se si appartiene al mondo femminile. Eugenia Maria Roccella, Sottosegretario del Ministero Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, affronta un aspetto nascosto perché non visibile nei dati statistici: gli aborti selettivi. La bambina negata in questo caso grida il suo bisogno di luce. “Indubbiamente – precisa l’Onorevole – la tecnologia di oggi offre enormi opportunità di salute e sicurezza nel momento del parto, risulta quindi paradossale che diventi anche strumento di morte data la possibilità di conoscere in anticipo il sesso del nascituro ed essere utilizzata in alcune nazioni come controllo sulle nascite.” Anche in questo caso, e sarà ricorrente in tutti gli interventi, la Comunità Internazionale viene chiamata in aiuto e posta contemporaneamente sul banco degli imputati per la sua indifferenza. Esiste la negazione alla vita anche quando una bambina non viene registrata alla nascita, diventando di fatto solo un corpo senza presente e costretto ad un futuro di sfruttamento nei campi o, peggio, nel mercato della tratta (in Italia si va dalle 20 alle 30 mila donne indotte a guadagnarsi da vivere sulla strada). Phillys Chesler dell’Università di New York City centra il suo intervento sui delitti d’onore: atti premeditati all’interno della famiglia e spesso applauditi dalle comunità d’appartenenza. Si stimano, nell’arco di dieci anni, dal 1989 al 1999, circa 117 morti e 267 incidenti che hanno come vittime le donne (il 69% delle quali è minorenne). “È il prezzo della libertà” – puntualizza la Chelser – “che può essere interrotto con la creazione di una rete di sostegno alle famiglie dove esistono dinamiche di scontro generazionale per un intervento di supporto che giunga fino alla sostituzione del gruppo famigliare d’origine”. L’intervento della professoressa americana ha promosso un dibattito fra i congressisti che ha reso noto l’esempio particolarissimo del Camerun, dove nonostante il 52% delle donne in famiglia venga violentata, il 24% delle adolescenti palpate e l’1,4% mutilata, lo Stato ha intrapreso un percorso giuridico di riconoscimento delle norme internazionali (MGF ed educazione) e della condizione di sfruttamento della donna, influenzando anche i Paesi confinanti. Ma è l’Islam il protagonista di un aspro confronto tra le relatrici: ad essere attaccati sono quei comportamenti rivolti contro la donna quando questa rompe la posizione ed il ruolo che la società le ha assegnato. Non si può negare, comunque, come sottolineato da diverse relatrici, che in molti Paesi la giurisdizione sulla famiglia discenda direttamente dai principi religiosi e sempre in Occidente l’84% degli omicidi d’onore vengano commessi da uomini musulmani. La sessione sulle Mutilazione Genitali Femminili si è proposta di discutere in modo costruttivo un fenomeno vasto e complesso che riguarda non soltanto i Paesi dove la pratica si fonda su antiche tradizioni, ma anche in tutti i Paesi che accolgono la popolazione migrante. L’abbandono della pratica mutilatoria costituirebbe un grosso passo in avanti verso la realizzazione dei tre Obiettivi di Sviluppo del Millennio: la promozione dell’uguaglianza tra i sessi e lo sviluppo delle donne; la riduzione della mortalità infantile; il miglioramento della salute materna. Si sente forte il bisogno di unire gli sforzi abbandonando qualsiasi aspetto che riguardi la cultura, la nazionalità o altro, e concentrandosi sulla denuncia dell’atto violento in sé: un atto che viene praticato in 27 Paesi e in tanti altri in Occidente dalle comunità di provenienza. Il dialogo come strumento di lavoro per abbattere la cultura del silenzio, quella si pericolosa, della sopportazione, dell’umiliazione e della passività alla violenza. Aspetti che distruggono l’armonia della donna, della famiglia e di un’intera comunità che vive nella paura. In Europa sono 180 mila le donne che subiscono una mutilazione, in Italia 40 mila ed in Germania 35 mila, a fronte delle milioni di bambine che ogni anno subiscono la lacerazione del corpo. Elham Manea, politologa e scrittrice, sottolinea come le parole siano strumenti e devono essere utilizzate dai e sui governanti per attivare gli strumenti legislativi e formativi determinanti alla cessazione della pratica. Parole che devono fare attenzione anche ai principi religiosi che hanno tolto alle donne il diritto della scelta, in Italia come in Arabia. Una Conferenza Internazionale non cambierà il corso degli eventi se non si attua una vera e seria strategia che coinvolga tutti i Paesi dove le MGF esistono. L’Occidente non può imporre i suoi valori, ma sicuramente può fornire gli strumenti adatti per aiutare l’inversione di tendenza. In questo caso l’Italia, nel corso della sua presidenza per il G8, ha lanciato un segnale importante affinché il tema sul rispetto dei valori umani venisse messo in agenda dei lavori. Questa Conferenza può risultare efficace se riuscirà a mettere in rete, in una collaborazione fattiva, tutte le rappresentanze internazionali intervenute, con campagne informative ed educative atte a ribaltare le convinzioni errate delle persone.