Albania, alla scoperta delle tante tracce fotografiche

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Albania, alla scoperta delle tante tracce fotografiche
Albania, alla scoperta delle tante tracce fotografiche
Scritto da Valeria Prina
Un Paese che il mondo della fotografia non ha reso finora protagonista. A volte però basta un
evento di portata internazionale per cambiare la situazione: basti pensare a quanto si è parlato
del Brasile in occasione dei Mondiali di calcio. Si può prevedere succederà anche all’Albania o
almeno a Tirana in occasione della visita del Papa prevista il 21 settembre. In attesa di vedere
come il tema verrà trattato anche da un punto di vista fotografico, chi scrive queste note ha
girato il Paese in cerca di tracce di genere fotografico. Oltre a trovare molti resti di un passato
storico che meritano più di uno scatto fotografico, oltre a contraddizioni che caratterizzano
Tirana rendendola anche un soggetto fotografico particolare, ho trovato tracce di una attenzione
alla fotografia che merita di essere raccontata.
La prima data da ricordare è il 1858: la fotografia in Albania ha una storia che risale addirittura a
quell’anno, quando l’invenzione era ancora decisamente fresca e l’Albania – o almeno quello
che sarebbe diventato il Paese al di là dell'Adriatico – era ancora parte dell’Impero Ottomano.
L’indipendenza sarà proclamata molti anni dopo, nel 1912, e addirittura la prima scuola che si
occupa di insegnare la lingua albanese, scritta con caratteri latini, è molto posteriore, fondata a
Korce
, nel Sud del Paese, il 7 marzo 1887.
Così la fotografia in Albania si intreccia strettamente con la storia della sua indipendenza. Ad
aprire il primo studio fotografico è Pietro Marubi, un ex garibaldino che scappa dall’Italia, arriva
nella cattolica Scutari, nel Nord del Paese, e ben presto diventa molto popolare. Con il figlio
adottivo e gli allievi, i Marubi sono ora noti come una dinastia di fotografi che ha lasciato un
patrimonio di oltre 20 mila negativi – per lo più in lastra - conservati nell'
Archivio Fotografico Marubi
, presso il
Museo Storico di Scutari
e considerati patrimonio mondiale dall’Unesco. Questa estate, dal 16 luglio al 7 agosto, per far
conoscere almeno in parte questo patrimonio fotografico a Scutari – e con una attenzione alla
fotografia come elemento di attrazione turistica - è stata organizzata la
Marubi Route
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, con l’esposizione nelle strade della città di una sessantina di gigantografie, ristampa di alcune
delle immagini selezionate dall’Archivio. In quest’ambito il 19 e 20 luglio è stato organizzato un
concorso che ha invitato tutti a fotografare a
Shkodra – Scutari
, appunto, secondo la grafia albanese: è il
Marubi Festival
, con anche quattro seminari in programma. Già nello scorso autunno, comunque, una
selezione di foto di Pietro Marubi era stata esposta a Firenze nell’ambito di una rassegna
dedicata ai Balcani. Non manca poi un bel libro in francese, facilmente reperibile in Albania,
dedicato alla dinastia di questo fotografo diventato albanese.
Quelle dei Marubi all’inizio sono foto pensate per realizzare cartoline postali da vendere in Italia,
ma ben presto le foto realizzate assumono un carattere simbolico con chiari richiami
indipendentistici. Del 1908, ad esempio, sono delle foto che simboleggiano la lotta contro
l’Impero Ottomano portata sul terreno delle idee, ma anche su quello delle armi. La fotografia
diventa così portavoce della rinascita albanese. Senza comunque sacrificare nulla da un punto
di vista formale, perché per realizzare i ritratti di gruppi in posa, che pure, come dicevamo,
hanno un valore simbolico, lo stesso fotografo dipinge dei fondali o utilizza elementi
architettonici da lui stesso studiati come architetto.
Dal 1896 anche i giornali appoggiano la nascita politica, culturale, artistica di una identità
albanese e una rivista, pubblicata a Sofia, chiede ai lettori di mandare immagini della propria
regione: facendo conoscere il Paese crea un sentimento di unità nazionale.
Una fotografia, dunque, che, oltre al valore commerciale, ha un importante risvolto sociale e
politico. È un aspetto che tornerà altre volte nella storia dell’Albania, utilizzato da più parti. Ad
esempio dagli italiani. Luigi Maria Ugolini è il protagonista di una serie di foto che si possono
vedere in un piccolo museo fotografico a
Saranda,
lungo la passeggiata di questa che è la più famosa località di mare del Paese: si era fatto
fotografare durante gli scavi che hanno portato al ritrovamento di
Butrinto
. Lui era un giovane archeologo italiano a cui l’Italia fascista, decisa a trovare una
giustificazione storica all’annessione dell’Albania, aveva affidato il compito di ritrovare i resti
romani di Butrinto. Gli scavi ebbero successo e la città romana venne riportata alla luce. Ora
Butrinto è patrimonio mondiale dell’umanità secondo l’Unesco, inserita in un fantastico Parco
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Nazionale: dalle antiche foto, dimostrazione del risultato degli scavi siamo passati alle foto
attuali che i turisti possono scattare fissando con i loro obiettivi i resti archeologici, ma anche gli
alberi secolari.
C’è chi, parlando di fotografia albanese, ricorda quando alcuni fotografi vennero mandati nella
Repubblica Popolare Cinese a onorare Mao, ricorrendo a pellicole bianco e nero usate con filtri
nei tre colori per non ammettere l’uso di pellicole a colori considerate prodotto di Paesi
consumistici. Foto che naturalmente, dopo la rottura anche con la Cina non più di Mao, vennero
fatte sparire. E naturalmente anche in Albania le mutate amicizie politiche facevano sparire
dalle foto i personaggi diventati sgraditi: un bell’esempio lo si ritrova nel libro dedicato alla
Dinastia Marubi con una foto scattata nel 1936 da
Kel Marubi
durante una cerimonia a Gjirokastra ritoccata nel 1980 per motivi politici in modo che il dittatore
Enver Hoxha
apparisse solo. Nei nostri anni a sparire è stato lui stesso e le sue tracce: statue rimosse,
mausoleo a lui dedicato a Tirana, la Piramide piena di graffiti, vetri rotti, marciapiede di fronte
sconnesso e, in questi giorni, all’interno, una mostra di video e arte sufficientemente disertata.
Rimangono invece molti di quel numero incredibile di bunker fatti costruire come sistema
difensivo, ma anche come dimostrazione di quanto fosse impossibile ed eccessivamente
costoso un attacco nemico.
Girando per Gjirokastra, la bella cittadina protetta dall’Unesco quasi al confine con la Grecia,
dove nacque Enver Hoxha, colpisce una scritta Kodak ormai quasi sbiadita, traccia di un
negozio di fotografia la cui chiusura sembra perdersi in un lontano passato. Chi scrive queste
note ha invece trovato alcuni negozi di fotografia in altre località. Uno l’ho trovato a
Korce
, chiaramente impegnato in fotografia di matrimonio, anche avvantaggiato dall’essere di fronte
alla Cattedrale Ortodossa. Altri, invece, a Tirana, dove, ad esempio, gli album dallo stile molto
semplice di produzione albanese si mischiano a quelli made in Italy, ugualmente dalle
caratteristiche economiche. Nelle librerie non mancano i libri fotografici: hanno per protagonista
il Paese nei suoi vari angoli, la dinastia dei fotografi Marubi, l’esilio di
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re Zog
con una ricostruzione degli avvenimenti che si avvale di tante foto.
Ma l’importanza dell’immagine, in questo caso la televisione, si è misurata anche verso la fine
degli anni ’80 quando gli albanesi, ricorrendo ad antenne satellitari di costruzione molto
casalinga (e naturalmente proibita), hanno iniziato a scoprire il mondo: hanno iniziato a
guardare la televisione italiana immaginando un Paradiso al di là del mare e imparando
l’italiano, che sarebbe poi servito per attraversare l'Adriatico e raggiungere l’Italia. Ora i
«padelloni», ormai non più clandestini, compaiono a tutti i piani di molte tra le case di periferia di
Tirana, mentre al centro stanno nascendo palazzi moderni in vetro, indice di un Paese che, sia
pure faticosamente, vuole cambiare. Intanto lo fa con semafori modernissimi che scandiscono i
secondi mancanti al passaggio dal verde al rosso e viceversa, mentre nelle strade molti tombini
appaiono scoperti. Ma queste sono altre storie degne, a loro volta, di fotografie come lo sono
quelle delle tante tracce di un lontano passato, carico di storia.
(data di pubblicazione: settembre 2014)
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