L`autrice, i suoi personaggi ei suoi lettori

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L`autrice, i suoi personaggi ei suoi lettori
A t t u a l i t à c u l t u r a l i
La creatrice de “la signorina Prim” spiega come nasce un romanzo
L’autrice, i suoi personaggi e i suoi lettori
Natalia Sanmartín Fenollera1
B
uongiorno a tutti. È un piacere per me
essere qui, nell’Università Pontificia della Santa Croce, in una città meravigliosa come è Roma, e grazie agli organizzatori di
questo VI convegno su Poetica e Cristianesimo,
ai quali, in particolare, sono grata per questo
invito2.
Quando mi hanno chiesto di tenere questo
discorso mi hanno proposto di spiegare il processo di scrittura di un romanzo. Un romanzo
che, nel mio caso, è il primo, quindi la ragione
per cui mi trovo qui non è una lunga e prolifica
esperienza come scrittrice. No, il motivo per cui
mi trovo qui oggi, in un convegno che s’intitola
Poetica e Cristianesimo, è che questo romanzo,
che si intitola El despertar de la señorita Prim
(edizione italiana: Il risveglio della signorina
Prim), deve molto alla poetica e molto al cristianesimo. Quando ho cominciato a scrivere
il libro, non sapevo nemmeno se sarebbe stato
pubblicato in Spagna, ma quel che in nessun
modo avrei potuto immaginare è che sarebbe
stato tradotto in otto lingue, tra le quali italiano
e inglese, e che sarebbe stato venduto in più di
70 paesi.
Perché non potevo immaginarlo? Non solo
per il fatto che è un primo romanzo, ma perché
la mia intenzione mentre lo scrivevo era raccontare una storia, come anche mettere in discussione certe idee che oggi siamo soliti dar per
scontate e incontestabili. Cosicché imposterò
questo intervento quasi quasi come un roman1
 Traduzione dallo spagnolo a cura di Caterina Giannoni.
 Il presente testo, che qui offriamo in anteprima italiana,
è il contributo di Natalia Sanmartín Fenollera al VI convegno “Poesia e Cristianesimo”, dal titolo originale “Escribir
una novela: la autora, sus personajes y sus lectores”. Il convegno, organizzato dalla Pontificia Università della Santa Croce, è stato ospitato nelle sue aule nei giorni 27-28 aprile 2015.
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zo giallo. Non cerchiamo un assassino, ma un
movente: perché un libro che contiene “indizi”
cristiani e mette in dubbio molti dei dogmi della cultura è stato accolto tanto calorosamente
in un mondo che in molti casi non comprende
nemmeno questi indizi e in altri li rifiuta?
Se dovessi definire Il risveglio della signorina
Prim, direi che è una storia apparentemente semplice, con questa semplicità dolce che
hanno i racconti, però disseminata di cannoni. Sono cannoni strani, perché sono coperti di
zucchero e cioccolato, come la casa di Hansel e
Gretel, però sono cannoni. La storia comincia
con l’arrivo di Prudencia Prim, una donna giovane, indipendente e piena di titoli accademici,
a San Ireneo di Arnois, un pacifico paesino i
cui abitanti hanno dichiarato guerra al mondo
moderno. La signorina Prim si è presentata in
risposta a un annuncio di lavoro pubblicato da
un uomo ferocemente antimoderno e fastidiosamente tradizionalista, che cercava una bibliotecaria che ordinasse i suoi libri. Lo scontro tra
queste due personalità, entrambe opposte e forti, e la convivenza con i singolari abitanti del luogo metteranno in discussione buona parte delle
ferme convinzioni dell’autosufficiente Prudencia Prim e cambieranno la sua vita per sempre.
Come vedete, non si tratta di un thriller, non
è un romanzo poliziesco, non è un romanzo
giallo, e non è nemmeno un romanzo erotico
o una narrazione storica. Cos’è, dunque? Sono
solita dire che è un racconto, nel senso che non
è un romanzo realista, nonostante parli di cose
profondamente reali. E possiede la licenza dei
racconti, che ci permettono di intensificare i colori su alcuni aspetti e attenuarli su altri, e che
garantiscono la libertà di ruotare i punti di vista
per richiamare l’attenzione su cose che a volte
accadono senza esser percepite.
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Quando ho cominciata a scrivere Il risveglio
della signorina Prim mi sono riproposta di raccontare una storia che potesse esser letta in tre
modi tra i quali ogni lettore potesse scegliere il
proprio. La prima di queste alternative, è leggere il romanzo come una storia costumbrista
(corrente letteraria in voga soprattutto nel XIX
nei paesi di lingua spagnola N.d.t.) ambientata
in un paesino peculiare e, parallelamente a questa, come una storia di amore. Questa è la lettura che hanno fatto molti lettori del libro. Una
lettura scialba, perché come storia di amore è
troppo contenuta per i canoni odierni e perché
il libro non è una storia d’amore. Almeno non
nel senso che oggi attribuiamo a questa definizione, nonostante contenga una storia d’amore
con la minuscola e un’altra di Amore con la maiuscola. Ma più tardi parleremo di questo.
Il secondo modo di accostarsi al libro – e
qui incontriamo già uno dei cannoni – è come una dichiarazione di guerra, come un grido di ribellione contro la modernità e i suoi
demoni. La storia propone lo scontro tra due
modi radicalmente diversi di vedere il mondo: quello tradizionale, che rappresentano
gli abitanti di San Ireneo, e quello moderno,
difeso dalla signorina Prim. Gli irenisti, così
chiameremo gli abitanti di San Ireneo, sono
profondamente ribelli, ma è una ribellione
alquanto particolare, perché non guarda in
avanti ma indietro, non rivendica il nuovo
ma il vecchio, non cerca il futuro nel futuro,
ma nel passato.
Questa idea di cercare il futuro nel passato,
sembra una contraddizione. Specialmente per
noi, che siamo soliti associare il concetto di
ribellione con l’idea di rifiutare o distruggere qualcosa di insoddisfacente per costruire al
suo posto qualcosa di nuovo e migliore. Però
in realtà, si tratta di una di queste idee che solitamente non vengono messe in dubbio e che
solo la storia insegna a mettere in dubbio. Se
pensiamo alla caduta di Roma, per esempio, e
ai secoli immediatamente successivi, ci imbattiamo nel fatto che i popoli romanizzati non
potevano guardare con brama al futuro, che
vedevano molto cupo, essendo in preda alle
invasioni delle tribù barbare che distruggevano tutto quel che incontravano sul loro cammino, guardavano, invece, al passato. Quelle
genti rimpiangevano i vecchi tempi caratterizzati dall’ordine, dall’amministrazione e dal
diritto che Roma era riuscita a diffondere in
tutti gli angoli dell’impero. Per loro, il progresso non stava oltre il tempo presente, ma
era rimasto nel passato.
C’è una desolazione commovente e terribile
nei testi che narrano di questo collasso, questo tramonto della civilizzazione. È la voce di
uomini che guardano al presente con orrore,
uomini che non possono nemmeno immaginare il futuro e
che piangono un passato ormai
perduto. San Girolamo, per
esempio, che tanto ha amato e
studiato, nella sua giovinezza,
i grandi autori latini, parla del
sacco di Roma perpetrato da
Alarico in toni tanto appassionati e strazianti:
Natalia Sanmartín Fenollera
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“La voce mi muore in gola e i singhiozzi interrompono le mie parole
mentre detto. La Città che conquistò il mondo, a sua volta cade sotto l’occupazione nemica”. (…). “La
luce più brillante dell’orbe, si è spen92 (2015/2)
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señorita Prim
Unido
de la
mera
dos
Thiele
ia,
Per i popoli di quei tempi, progredire non era
abolire vecchie strutture, né tantomeno guardare al futuro, quanto tentare di resistere alla
distruzione
e conservare
frammenti di civilizzaAtraída por un sugestivo
anuncio, Prudencia Prim
llega a San Ireneo de Arnois, un pequeño lugar lleno
zione.
un libro
di declarar
Chesterton che s’intitola
de encanto C’è
cuyos habitantes
han decidido
la guerra a las influencias del mundo moderno.
La
señorita
Prim
ha
sido
contratada
para
organizar
Una breve storia d’Inghilterra, che spiega molto
la biblioteca del Hombre del Sillón, un hombre
inteligente,
profundo y cultivado,
pero sin pizcaLo stesso Chesterton
bene
questo
paradosso.
de delicadeza. Pese a las frecuentes batallas dialécticas
con
su
jefe,
poco
a
poco
la
bibliotecaria
sosteneva,
con il buonirásenso che lo caratterizdescubriendo el peculiar estilo de vida del lugar
y los secretos de sus nada convencionales habitantes.
zava,
che la parola progresso, in sé stessa, indica
Narrado con ingenio, brillantez e inteligencia,
solamente
unaPrimdirezione:
El despertar de la señorita
nos sumerge en un avanti. Però solo uno
inolvidable viaje en busca del paraíso perdido, de
la
fuerza
de
la
razón
y
la
belleza
y de la profundidad tale direzione come
folle avrebbe considerato
que se esconde tras las cosas pequeñas.
obiettivo. Perché non è indifferente dirigersi
verso una valle in cui sgorgano latte e miele o
Autores Españoles
e Iberoamericanos
andar
verso un oscuro precipizio.
Gli abitanti di San Ireneo di Arnois, il paesino in cui arriva la signorina Prim, possiedono
questa convinzione, questa sensazione che la
civiltà attuale si trovi di fronte a un precipizio,
non a una valle fertile. Sostengono l’idea che
viviamo in un’epoca inquietante, un’epoca nella
quale sembra che il sole stia tramontando, un’epoca in cui le verità sono impazzite e gli uomini
hanno perso la capacità di riconoscerle.
Molti lettori mi domandano dove sia San
Ireneo e se esista un luogo come quello rappresentato nel romanzo o se sia semplicemente un’utopia. La risposta è che San Ireneo è un
luogo di fantasia, ma non è un’utopia, perché si
tratta di un tipo di comunità che è contenuto
nel DNA dell’Europa, nelle nostre fondamenta.
Un minuscolo paesino nato intorno a un polmone spirituale, che nel romanzo è una abbazia benedettina di rito romano tradizionale, nel
quale si conservano vecchie e sagge idee, come
quella che ci ricorda che la vita umana deve essere soggetta a un ordine per essere autenticamente umana. Un luogo in cui si coltivano le
relazioni di prossimità, esistono famiglie solide,
l’economia è piccola, un luogo che è abitato
da individui che conducono una battaglia per
NATALIA SANMARTIN FENOLLERA
e
El
despertar
de la
señorita
Prim

»La señorita Prim, que había escuchado
mucha atención la explicación de su am
suspiró con resignación.
»—Dígame, Horacio… ¿hay algo más qu
debiera saber sobre este pueblo?
»—Desde luego que lo hay, querida
—contestó él con un guiño mientras se
disponía a apurar su bebida—. Pero no
pienso decírselo.»
NATALIA SANMARTIN
FENOLLERA
despertar
mo
IDD
estado
«—A ver si entiende lo que trato de deci
Prudencia: uno no puede construirse un
mundo a medida, pero lo que sí puede h
es construirse un pueblo. Aquí todos
pertenecemos, por decirlo así, a un club
de refugiados. Su patrón es uno de los
escasos habitantes que tiene raíces famil
en San Ireneo. Él volvió aquí hace unos
y puso en marcha la idea. [...]
El
parte
o de
a
ta; di fatto, è stata tagliata la testa all’impero romano. Per dirlo chiaramente, il mondo muore con
una Città. Chi avrebbe pensato che Roma, che era
stata costruita per mezzo vittorie nel mondo intero, sarebbe caduta in modo da diventare allo stesso
tempo madre e tomba di tutti i popoli?”
PVP 18,90 €
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75-80
10014901
Ilustración de la cubierta: © Carlos Martín.
Fotografía del autor: © xxxxxxx.
Diseño de la colección: © Compañía.
Diseño de la cubierta: Departamento de Arte y Diseño del Área Editorial
Planeta, basado en el diseño original publicado por Odhams Press en 194
788408 059875
PP
La copertina della prima edizione spagnola
preservare un passato senza il quale non si può
comprendere il presente, né affrontare il futuro.
Gli ireniti sono sfuggiti a una vita moderna, a
un mondo smisurato e pieno di rumore, a una
cultura occidentale nella quale si è perduta la
dimensione umana e ci si è dimenticati un’altra
antica idea – perché belle sono le idee antiche
che sopravvivono alle giovani vite degli uomini – : quella che il mondo debba farsi a misura
d’uomo e non l’uomo a misura del mondo.
Vi ho parlato di tre letture. Ci rimane la terza, che è la più importante e allo stesso la meno evidente. Le avventure di Prudencia Prim
a San Ireneo di Arnois raccontano la storia di
una conversione religiosa, che non tutti i lettori
scoprono, poiché raccontata allo stesso modo
de La lettera rubata di Poe. È tanto presente, è
tanto in vista e così inserita nell’intreccio della
narrazione… che molti non la vedono.
Perché fare ciò? Riguardo uno dei miei
scrittori preferiti, il britannico Evelyn Waugh,
si narra che un giorno si trovasse a una festa,
quando una signora gli si avvicinò per complimentarsi del suo ultimo libro. Waugh, che era
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acido e corrosivo come pochi, le rispose in un
modo che fece esclamare all’ammiratrice, arresa: «Come è possibile che lei, tanto cristiano, sia
così sgradevole?». E lui le rispose: «Quel che lei
non sa, signora, è che prima di esser cristiano,
io a mala pena ero umano».
Nomino Evelyn Waugh e questa percezione
tanto chiara che egli aveva dell’effetto della grazia su sé stesso, perché Ritorno a Brideshead è
stato per me un modello tenuto di conto per
plasmare la storia della conversione che racchiude Il risveglio della signorina Prim. Waugh tentò,
con questo magnifico romanzo di far comprendere, fermo restando che risulti impossibile
spiegarlo, come la grazia ci guida attraverso gli
eventi della nostra vita, attraverso le persone che
conosciamo, attraverso le nostre gioie e le nostre tristezze attraverso la contemplazione della
bellezza e, ancor più, attraverso le nostre ferite
e le nostre cadute. Questo è ciò che, con tutte
le limitazioni che il tema richiede, ho cercato
di fare nel libro, ed è ciò che chiarisce il motivo per cui gli indizi di questa terza lettura non
siano visibili tanto quanto gli altri. Perché Dio
spesso non è evidente, sarebbe stato molto più
semplice se lo fosse, però la verità è che non lo è.
E questo è qualcosa che sanno in special modo
coloro che si sono convertiti: lo sperimentare
che la grazia agisce con dolcezza, parla sussurrando, parla all’orecchio, senza fretta, senza forzare, con delicatezza.
Lo stesso Waugh disse una volta che convertirsi è come salire per un camino e passare da
un mondo di ombre, dove tutto è come una
caricatura delle cose, al mondo reale. L’epitaffio
del cardinale britannico John Henry Newman
accoglie un’idea simile: “Dalle ombre e le immagini verso la verità”. Nelle Cronache di Narnia, di C.S. Lewis, incontriamo un personaggio
che ci spiega come le terre di Narnia siano una
“ombra”, una copia “della Narnia reale, che è
sempre è stata qui e sempre ci sarà”. E la signorina Prim rimane sconcertata quando un
pomeriggio quattro bambini le spiegano in un
giardino che il Vangelo è una favola “reale”, non
perché assomigli alle favole, ma perché le favole
assomigliano al Vangelo. È questa l’idea affasci-
nante, vedere la rivelazione come un mito reale,
che sostenevano Tolkien e Lewis.
È in questa terza lettura che si inquadra la
storia d’amore della signorina Prim. Prudencia
Prim percorre tutta la scala dell’amore nel romanzo. All’inizio della storia, quando arriva a
San Ireneo de Arnois, ama principalmente sé
stessa, protegge accuratamente la sua autostima ed è molto preoccupata per la sua dignità. Quindi scopre il secondo tipo di amore,
l’amicizia, conoscendo poco a poco gli ireniti
e integrandosi nel villaggio. Più tardi arriva il
terzo, l’amore tra uomo e donna. Un amore
che è davvero possibile quando si raggiunge il
quarto, che è la sorgente di tutti gli altri: l’Amore divino. È quindi quando tutto si ordina,
l’amore verso sé stessa, l’amore verso gli altri,
quando tutto occupa il suo posto e conosce la
sua misura, quando si incontra l’Amore con la
maiuscola.
Nella storia d’amore tra i due protagonisti del
libro, la signorina Prim e l’uomo che l’assume
per organizzare la sua biblioteca, c’è una lotta di
due personalità totalmente differenti. Differenti non solo per la loro concezione del mondo,
ma anche per il modo che ognuno ha di rapportarsi alla realtà. Lui rappresenta la ragione, una
ragione illuminata dalla fede – perché è convertito – che è l’unico modo in cui la ragione non
cada in tentazione di trasformarsi in un mostro
cieco. Lei rappresenta il sentimentalismo, che è
una vecchia patologia della ragione o, se preferite, dei sentimenti, che crescono, esondano e
occupano un luogo che non è loro destinato,
cosa che gli antichi avevano diagnosticato molto bene. La signorina Prim è molto sensibile,
ama l’arte e la bellezza, però pensa con il cuore
invece di pensare con la testa. E il cuore ha una
funzione meravigliosa e unica – amare – però
fallisce quando si utilizza per cose per cui non
è stato creato.
Parliamo di altri cannoni ricoperti di zucchero. Contro quali altri bersagli sparano gli ireniti?
Il femminismo come ideologia e, in special modo, l’educazione moderna sono alcuni di questi.
Una delle prime sorprese della signorina Prim è
che a San Ireneo di Arnois esiste un particolare
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sistema educativo che sorprende e scandalizza
la bibliotecaria. Gli ireniti educano in casa ed
educano in comunità. I bambini ricevono lezioni da vari abitanti del villaggio: chi si occupa
di biologia dà lezioni di biologia; chi è esperto
di letteratura, dà lezioni di letteratura; chi si
se dedica alla matematica, di matematica. C’è
una maestra nel paesino che insegna ai piccoli
il trivio, i tre strumenti – grammatica, retorica
e dialettica – che fino a non molto tempo fa si
consideravano imprescindibili per apprendere
a pensare. La lettura è assolutamente essenziale
in questa piccola comunità, con un fervore reverenziale per i classici. Fino al punto che suoi
abitanti proclamano orgogliosi che la maggior
parte di quello che il mondo chiama letteratura,
San Ireneo lo chiama “perder tempo”.
Molti lettori mi chiedono se la speciale relazione tra infanzia e letteratura che si ricrea nel
libro è possibile. I figli degli ireniti crescono
circondati da favole, da buona letteratura infantile, da vecchi poemi, saghe e leggende, e
da classici, molti classici. Sono bambini capaci di godere de Il Vento tra i salici, di Kenneth
Grahame, però anche di riconoscere dei versi
di Virgilio in latino. Crescono in un focolare
in cui si può apprendere ad amare Peter Pan,
Alice nel Paese delle Meraviglie o le favole, così
anche Odissea e Iliade, le saghe medievali, Robinson Crusoe o Oliver Twist. Altra utopia? Quel
che è sicuro è che se si considera la letteratura
infantile del secolo XIX o degli inizi del XX e
la si compara con molte delle opere che oggigiorno si scrivono per i bambini, si giunge alla
conclusione che o i bambini del nostro tempo
son meno intelligenti di come erano prima, o la
società li considera meno intelligenti di quello
che sono. Io credo che la seconda risposta sia
quella corretta.
A questo va aggiunto che ci siamo abituati a
chiamare utopie cose che i nostri predecessori
non consideravano assolutamente irraggiungibili. C’è un aneddoto, e questo è un esempio
tra molti, sull’infanzia che riguarda Tolkien e
che serve per illustrare questo pensiero. Tolkien
è stato educato in casa sotto la tutela della madre, una donna di classe media che aveva ri75-80
cevuto una buona istruzione. Con il suo aiuto
cominciò a leggere a quattro anni e imparò latino, francese e tedesco a sette, prima di andare
a scuola. Ronald Knox, altro convertito britannico la cui biografia è stata scritta da Evelyn
Waugh, è un altro esempio. A sette anni componeva teneri poemi in latino. E qui aggiungo
di Bernard Shaw, che era solito dire con l’ironia
che lo caratterizzava che anche la sua educazione terminò a sette anni, proprio il giorno in cui
i suoi genitori lo mandarono a scuola.
Io sono cresciuta in un tempo, gli anni settanta, in cui i libri non erano classificati per età e
nessuno si stupiva che un bambino desse un’occhiata a un’opera classica o addirittura che la
scarabocchiasse. Sono cresciuta in una famiglia
numerosa, in un ambiente rumoroso, libero,
quasi selvaggio, che si respirava allora nelle famiglie molto grandi. Sono cresciuta con molti fratelli e anche con molti poemi, leggende, favole e
classici, molti classici, alla portata dei bambini.
L’anno scorso, quando ho presentato Il risveglio della signorina Prim in Germania, ho avuto
una conversazione su questo tema con un anziano professore di letteratura che mi disse con una
tristezza enorme: «I bambini tedeschi non conoscono più a Goethe, già non si legge più Goethe». In un certo senso, noi europei ci siamo
convertiti in quei nani dei racconti che stanno
seduti sopra un tesoro e non hanno tempo per
goderselo. Un tesoro di tradizione e cultura di
un valore incalcolabile che è il miglior regalo che
ciascuno di noi possa fare ai suoi figli. Esiste una
vecchia Europa che si costruì con sogni e storie
favolose straripanti di eroi, boschi, dragoni, paludi, guerrieri, anelli magici, streghe e cavalieri, mostri, incantesimi, valore e sacrificio e che
hanno una forza tale che è difficile non sentirsi
sopraffatti. Questo linguaggio magico delle favole, dell’epica medievale e delle saghe nordiche
precristiane è un linguaggio straordinariamente
efficace per trasmettere verità che non sono facili da esprimere in altro modo ai bambini. Ricordo che la prima volta che lessi Beowulf, nella
versione di Tolkien, a quattro miei nipoti molto
piccoli, ascoltarono tutta la storia senza batter
ciglio. Questa forza è quasi un incantesimo el-
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fico, è meravigliosa. Un’altra delle battaglie di paradiso perduto, l’indefinibile sensazione di
San Ireneo passa per il preservare la magia che nostalgia che tutti portiamo scritta nel cuore.
esiste nell’infanzia. Noi ci siamo abituati al fat- Una nostalgia che a volte ha il sapore dell’infanto che i bambini siano continuamente presenti zia e che nemmeno il rumore, l’attività frenetinel mondo degli adulti, che siano il centro delle ca e la mancanza di misura di un mondo che
riunioni e molte volte delle conversazioni. Però ormai non ha più tempo per riflettere sopra le
non troppo tempo
vecchie domande,
fa, il mondo infanpossano far tacere
tile era qualcosa
del tutto. Il risvea parte, un paese
glio della signorina
caldo, sicuro e maPrim comincia con
gico. E questa mauna frase di Newgia proveniva, in
man, di uno dei
buona misura, dal
suoi sermoni scritnon essere espoti nella sua fase ansti agli interessi e
glicana, che spiega
ai problemi degli
magistralmente il
Foto
del
VI
convegno
su
“Poetica
e
cristianesimo”
adulti e dal non
perché di questa
essere considerati
ricerca, di questa
il centro di qualsiasi riunione. San Ireneo con- insoddisfazione perpetua che insinua l’essere
serva questa magia: quando la signorina Prim umano:
penetra nell’angolo del giardino in cui i bambini della casa giocano, entra in un mondo a cui
Credono di rimpiangere il passato, ma in realtà il
non appartiene e che ha le sue proprie leggi. È
loro rimpianto ha a che vedere con il futuro.
un’estranea, è un’adulta; e loro sono bambini.
Sono razze distinte e i loro mondi hanno logiConcludo questa conferenza con un altro
che distinte.
britannico, Robert Hugh Benson, altro conAl principio vi dicevo che avremmo parlato vertito molto speciale per me. Benson era figlio
di un movente che
dell’arcivescovo
spiegasse perché
di Canterbury e
questo libro, che
chierico anglicadifende la tradiziono, nato in epoca
ne contro il culto
vittoriana, e ha un
cieco del progresso
piccolo libro che si
ed è di per sé una
chiama Confessiostoria di converni di un convertito
sione, è stato ben
nel quale racconta
accolto da numequello che siamo
rosi lettori che
con la semplicità e
si allineano con
la bellezza magica
questo progresso e
di una favola.
non sono affatto
religiosi. Credo che la chiave sia che non si tratti
Tutti noi non siamo che un gruppo di bambini che
di una storia scritta specialmente per cristiani,
vagano nella campagna, sporchi per il viaggio, stanné ha alcuna intenzione di indottrinare. È un
chi e abbagliati dalla gloria.
racconto semplice che parla di qualcosa che è
Grazie a tutti.
stato nel cuore umano da sempre: la ricerca del
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