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LA VERIFICA DELL'"HOLDING PERIOD" PER L'ESENZIONE DA RITENUTA DEI
DIVIDENDI "MADRE-FIGLIA"
Corriere Tributario, 34 / 2005, p. 2738
Fiscalità internazionale
LA VERIFICA DELL'"HOLDING PERIOD" PER L'ESENZIONE DA RITENUTA DEI DIVIDENDI "MADRE-FIGLIA"
Alonzo Piero ; Committeri Gian Marco
Agenzia delle entrate, Direzione centrale normativa e contenzioso - Risoluzione 29 luglio 2005, n. 109/E
Non appare condivisibile la posizione dell'Agenzia delle entrate in merito alla non applicazione della
ritenuta sui dividendi Intra UE in "uscita" dall'Italia, poiché non sembra tener conto delle modifiche
normative intervenute.
L'Agenzia delle entrate, infatti, torna su una posizione già presa nel 2001, nonostante sia intercorsa la
riforma IRES e siano stati forniti, sullo specifico argomento, chiarimenti diametralmente opposti.
Con la risoluzione in commento, l'Agenzia delle entrate ha stabilito che il requisito della partecipazione
ininterrotta per almeno un anno, sancito dall'art. 27-bis, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973·[1] ai fini
della non applicazione della ritenuta sui dividendi Intra UE in "uscita" dall'Italia, deve essere
necessariamente soddisfatto al momento del pagamento del dividendo.
Ciò significa, quindi, che la società "figlia", residente, dovrebbe assoggettare il dividendo erogato alla
ritenuta prevista dall'art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973 (ovvero alla minore ritenuta fissata dalla
convenzione bilaterale per evitare la doppia imposizione in vigore con lo Stato membro di residenza della
"madre") qualora all'atto del pagamento la partecipazione non sia detenuta (dalla "madre" percettrice)
ininterrottamente per (rectius, da) almeno un anno.
L'esenzione da ritenuta, in sintesi, sulla scia di quanto già affermato dall'Amministrazione finanziaria
nella circolare 19 giugno 2001, n. 60/E·[2], "non può essere applicata direttamente dal sostituto
d'imposta italiano prima che sia trascorso il periodo di detenzione prescritto".
La risoluzione in commento
Con la risoluzione in commento, quindi, la posizione dell'Agenzia delle entrate "torna" ad essere quella
sancita nella richiamata circolare n. 60/E del 2001·[3] che si basava, giova chiarirlo subito, sulla
inidoneità della modifica apportata all'art. 27-bis, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973 dalla legge n.
28/1999 a giustificare una applicazione diretta da parte del sostituto d'imposta residente
dell'agevolazione (i.e. mancata applicazione della ritenuta) sui dividendi in "uscita" verso società "madri"
comunitarie.
Prima di esaminare il contenuto della risoluzione in oggetto, la quale peraltro sembra non aver tenuto
conto delle modifiche apportate al richiamato art. 27-bis del D.P.R. n. 600/1973 ad opera del D.Lgs. n.
344/2003, merita riprendere brevemente le precisazioni espresse dall'Agenzia nella circolare n. 60/E del
2001 che, di fatto, vengono "riesumate" nonostante medio tempore sia intercorsa la riforma IRES e siano
stati forniti, sullo specifico argomento, chiarimenti diametralmente opposti.
Come ricordato, infatti, la circolare n. 60/E del 2001 rispondeva alla domanda circa la possibilità per le
società "figlie" residenti di non applicare la ritenuta sui dividendi corrisposti a "madri" comunitarie anche
nell'ipotesi in cui "il requisito della partecipazione ininterrotta da almeno un anno non sia ancora
soddisfatto al momento del pagamento dei dividendi".
In quel contesto, nel giugno del 2001, venne chiarito che la modifica normativa intercorsa nel 1999, ad
opera della richiamata legge n. 28, non comportava "aperture" tali da giustificare una applicazione
diretta del "beneficio" da parte del sostituto d'imposta residente. Giova ricordare che la modifica di cui
trattasi aveva semplicemente eliminato nell'art. 27-bis, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973 il riferimento
temporale "alla data della relativa delibera di distribuzione", senza invece che fosse modificato il requisito
del possesso che doveva sempre sussistere "da almeno un anno"·[4].
La norma di riferimento, infatti, ha subito due modifiche rilevanti: la prima, nel 1999·[5], appunto, con la
quale è stato eliminato il riferimento alla delibera di distribuzione quale momento in cui doveva essere
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verificato il requisito del possesso ininterrotto "da almeno un anno"; la seconda, invece, molto più
recente, è quella operata dal decreto IRES nel 2003·[6], con cui al possesso ininterrotto "da almeno un
anno" è stato sostituito quello ininterrotto "per almeno un anno".
Tale ultima modifica appare di notevole importanza giacché ha mirato a sostituire il richiamo all'art.
96-bis del T.U.I.R. (in materia di tassazione dei dividendi "madre-figlia", abrogato dalla riforma IRES)
con la puntuale definizione dei requisiti necessari per la non applicazione della ritenuta sui dividendi in
"uscita".
L'equiparazione dei requisiti necessari per l'esenzione dalla ritenuta "in uscita" a quelli precedentemente
richiesti per la tassazione parziale dei dividendi "in entrata" incassati da soggetti residenti ha indotto il
legislatore a modificare anche il riferimento temporale che non richiede più il possesso "da almeno un
anno" bensì "per almeno un anno". Tale riferimento, a ben vedere, lascia certamente spazio ad una
interpretazione volta a ritenere che il requisito possa perfezionarsi successivamente all'incasso (o
pagamento) del dividendo.
Relativamente ai dividendi in "entrata", per la verità, tale principio era già stato sancito ad opera del
D.Lgs. n. 467/1997 che aveva modificato il comma 1 dell'art. 96-bis per tener conto dei principi espressi
dalla Corte di giustizia delle Comunità Europee nella sentenza del 17 ottobre 1996, causa 283/94·[7], in
forza dei quali "gli Stati membri non possono subordinare l'applicazione del beneficio della detassazione
dei dividendi c.d. "madri-figlie" alla condizione che la durata minima del possesso della partecipazione
(...) sia già trascorsa al momento della distribuzione dei dividendi stessi"·[8].
La posizione dell'Amministrazione finanziaria, sempre con riferimento ai dividendi incassati da "madri"
residenti e provenienti da "figlie" comunitarie, era nel senso di ritenere spettante l'esenzione del 95%
anche qualora al momento della distribuzione non fosse ancora maturato il periodo di possesso
ininterrotto "per almeno un anno", essendo infatti da computare anche "i giorni di detenzione
continuativa nei periodi anteriore e successivo alla data della delibera di distribuzione"·[9].
Tornando ai dividendi in "uscita" dall'Italia, la modifica introdotta ad opera del decreto IRES (a meno di
non volerla ritenere inutiler data·[10], contravvenendo così ai più elementari canoni ermeneutici)
dovrebbe condurre a soluzioni non dissimili rispetto a quelle pacificamente accolte per i dividendi in
"entrata", sebbene non si ignori la differenza tra la posizione del soggetto residente che beneficia di una
esenzione (parziale) nella tassazione dei dividendi percepiti - e che può, quindi, essere controllato al fine
di avere contezza (a posteriori) dell'effettiva spettanza del beneficio - e quella di un sostituto d'imposta
residente che non applichi la ritenuta sui dividendi erogati in virtù di un requisito (l'holding period) che
dovrà essere (eventualmente) realizzato dalla propria "madre" non residente.
La Circolare n. 49/E del 2004
Con la circolare 22 novembre 2004, n. 49/E·[11], l'Agenzia ha fornito chiarimenti in merito al nuovo
regime della trasparenza fiscale delle società di capitali, per la cui applicazione nei confronti dei soci non
residenti è prevista la necessità che "non vi sia obbligo di ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti" a questi
ultimi·[12]. Su tale aspetto in particolare la circolare chiarisce, in modo inequivoco, che "al socio estero è
riconosciuta la possibilità di non subire ritenute sui dividendi anche prima che sia decorso il periodo
minimo, purché la condizione richiesta per fruire di tale beneficio sia adempiuta anche successivamente
alla data della delibera di distribuzione"·[13].
Tale precisazione pareva, senza particolari perplessità, rivestire natura generale (vale a dire non
riconducibile esclusivamente all'ambito del regime opzionale della trasparenza fiscale) ed aveva, perciò,
indotto gli operatori a ritenere finalmente chiarito il regime dell'esenzione dei dividendi intracomunitari
da ritenute alla fonte.
Nella risoluzione in esame è stato, invece, ritenuto che le conclusioni appena ricordate "non sono in
contrasto con quanto sostenuto nella ricordata circolare n. 60/E del 2001" e ciò poiché la circolare n.
49/E del 2004 avrebbe un ambito "limitato" al regime della trasparenza fiscale, senza "disciplinare gli
obblighi del sostituto d'imposta".
Tale posizione, a ben vedere, non appare condivisibile, giacché risulta evidente come il chiarimento
contenuto nella circolare n. 49/E del 2004 sia di portata generale e riguardi, necessariamente,
l'adempimento del sostituto d'imposta residente.
La circolare n. 49/E del 2004, in sostanza, ha preso atto della modifica apportata all'art. 27-bis, comma
1, del D.P.R. n. 600/1973 ad opera del D.Lgs. n. 344/2003 che, diversamente, dovrebbe ritenersi come
meramente formale.
Va da sé che non può che aver maggior pregio una interpretazione (quale quella del 2004) volta a
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specificare il contenuto di una modifica legislativa rispetto ad altra (quella del 2005 in commento) che
potrebbe essere accettabile soltanto qualora tale modifica non fosse intervenuta.
La sentenza 17 ottobre 1996 della Corte di giustizia
La sentenza che ha dato origine ai citati interventi correttivi delle disposizioni in materia di tassazione dei
dividendi "madre-figlia", sia in entrata che in uscita, stabilisce alcuni princìpi che possono apparire prima
facie in contrasto tra loro.
Dapprima (punto 32) si afferma che "gli Stati membri non possono subordinare la concessione
dell'agevolazione fiscale (...) alla condizione che, al momento della distribuzione degli utili, la società
capogruppo abbia detenuto una partecipazione nella consociata per il periodo minimo fissato (...), purché
tale periodo venga in seguito osservato". Successivamente (punto 33) viene specificato che gli Stati
membri sono liberi di determinare "i criteri per garantire l'osservanza di tale periodo" e che, ancora, "la
direttiva non obbliga gli Stati membri a concedere l'esenzione fin dall'inizio di tale periodo (minimo,
N.d.A.) senza ricevere la garanzia di poter ottenere il versamento successivo dell'imposta per il caso in
cui la società capogruppo non rispetti il periodo minimo di partecipazione da essi fissato". Infine, viene
specificato che "non risulta dalla direttiva che gli Stati membri siano tenuti a concedere immediatamente
l'esenzione fiscale quando la società capogruppo si impegna unilateralmente a rispettare il periodo
minimo di partecipazione".
È chiaro, quindi, che sussiste un principio fondamentale, quello della spettanza dell'esenzione anche se il
requisito del possesso minimo matura successivamente al pagamento dei dividendi, cui si affianca un
corollario che lascia, comunque, liberi gli Stati membri di stabilire le procedure ed ottenere le garanzie a
tutela dei propri interessi erariali. Ciò non significa, peraltro, che in assenza di procedure stabilite si
possa tout court disapplicare il principio fondamentale.
Le possibili soluzioni
Tra le soluzioni possibili, oltre a quella di consentire alla "figlia" residente di rimborsare direttamente la
ritenuta alla "madre" dopo la verifica della maturazione del minimum holding period·[14] - già
espressamente prevista in materia di interessi e canoni intra UE per le ritenute applicate dopo il 1°
gennaio 2004 ma prima dell'entrata in vigore del decreto attuativo della direttiva n. 2003/49/CE·[15] sarebbe ipotizzabile anche quella di considerare comunque responsabile il sostituto d'imposta residente.
Ciò significherebbe che l'Amministrazione finanziaria potrebbe imporre al soggetto erogante i dividendi di
documentare il (successivo) avverarsi della condizione che ammette l'esenzione da ritenuta·[16].
Sarebbe, quindi, una procedura non così dissimile da quella generalmente consentita nell'applicazione dei
trattati bilaterali, ove il soggetto residente - sotto la propria responsabilità - applica direttamente le
disposizioni convenzionali, previo accertamento che la controparte non residente abbia i requisiti previsti
dalla Convenzione. Una volta posto l'onere in capo al soggetto residente sarà costui ad adoperarsi per
salvaguardare al meglio la propria integrità patrimoniale, ad esempio trattenendo (all'atto
dell'erogazione) una somma pari all'eventuale ritenuta (e sanzioni) che potrebbe essere richiesta
dall'Erario qualora la "madre" comunitaria non mantenga la partecipazione per il periodo minimo
stabilito.
Note:
[1] Nel testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 2, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 12 dicembre
2003, n. 344.
[2]
In I Quattro Codici della Riforma Tributaria big, Cd-rom, IPSOA.
[3]
Cfr. Par. 5, prima risposta.
[4] Nella circolare n. 60/E del 2001, invece, nel riportare il testo della legge vigente anteriormente alla
riforma del 1999, l'Agenzia indica erroneamente la sussistenza dell'avverbio "per" (anziché "da"), così
che la modifica intervenuta appare addirittura restrittiva, giacché il testo della legge post modifica riporta
l'avverbio "da" che, certamente, non lascia molto spazio ad interpretazioni volte a ritenere che il
possesso ininterrotto annuale possa essere integrato anche successivamente alla distribuzione del
dividendo. In effetti, dopo l'eliminazione del riferimento temporale alla delibera di distribuzione,
sembrava che il momento cruciale per la verifica del presupposto dovesse coincidere con quello del
pagamento effettivo del dividendo.
[5]
La modifica, in vigore dal 9 marzo 1999, è stata operata dall'art. 15, comma 1, legge 18 febbraio
1999, n. 28.
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[6]
La modifica, in vigore dal 1° gennaio 2004, è stata operata dall'art. 2, comma 1, lett. c), del D.Lgs.
n. 344/2003.
[7]
In I Quattro Codici della Riforma Tributaria big, Cd-rom, IPSOA.
[8]
Così, in termini, la relazione al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467.
[9]
C.M. 22 gennaio 1998, n. 36/E, in I Quattro Codici della Riforma Tributaria big, Cd-rom, IPSOA.
[10]
Così Assonime, Nota del 1° agosto 2005, pag. 2.
[11]
In I Quattro Codici della Riforma Tributaria big, Cd-rom, IPSOA.
[12]
Cfr. art. 115, comma 2, del T.U.I.R.
[13]
Circolare n. 49/E del 2004, par. 2.5.
[14]
Così M.Piazza, "Madri-figlie, resta la ritenuta", in Il Sole - 24 Ore del 30 luglio 2005, pag. 23 e
"Madri-figlie, dubbi sulle sanzioni per omesse ritenute", in Il Sole - 24 Ore del 2 agosto 2005, pag. 26.
[15]
D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 143, in vigore dal 26 luglio 2005.
[16]
A tale riguardo si osserva come non appaiano convincenti le motivazioni addotte nella risoluzione in
commento per giustificare il mancato riconoscimento della possibilità per il sostituto d'imposta residente
di procedere direttamente all'esonero dall'applicazione della ritenuta. Nella risoluzione in commento,
infatti, detta possibilità viene negata in considerazione delle difficoltà operative che verrebbero
addossate al sostituto, chiamato a verificare a posteriori l'avvenuto mantenimento dell'impegno assunto
dal socio non residente sotto il profilo del mantenimento per almeno un anno della partecipazione
qualificata. Per quanto attiene al controllo sul rispetto di tale impegno è stato, infatti, sostenuto che "il
sostituto d'imposta non avrebbe alcun potere-dovere di riscontro e la stessa Amministrazione finanziaria
incontrerebbe difficoltà nell'attivare controlli efficaci".
Ora, a prescindere dalle considerazioni circa l'asserita difficoltà di controllo da parte dell'Amministrazione
(che non può, in ogni caso, costituire valida e sufficiente giustificazione per negare l'accesso a un
beneficio), non è corretta l'affermazione per cui sul sostituto d'imposta che ha (dietro richiesta)
rinunciato ad assoggettare a ritenuta i dividendi "in uscita" non graverebbe alcun potere-dovere di
controllo. Come correttamente riconosciuto, infatti, "lo sgravio verrebbe concesso sotto la responsabilità
del sostituto d'imposta, come del resto si ritiene che accada in ogni caso di applicazione diretta dei
trattati per evitare le doppie imposizioni" (cfr. M. Piazza, Guida alla fiscalità internazionale, Milano, 2004,
pag. 468).
A tale riguardo è stato osservato come nella relazione governativa al decreto di recepimento della
direttiva madre-figlia (D.Lgs. 6 marzo 1993, n. 136) sia stato precisato che "l'esclusione della ritenuta
comporta la responsabilità della società figlia italiana nella sua veste di sostituto d'imposta, sicché resta
garantito il potere dell'Amministrazione finanziaria di recuperare, presso tale società, le ritenute
eventualmente non applicate in mancanza delle necessarie condizioni (cfr. Assonime, circolare 20 aprile
1994, n. 63, pag. 33).
Quanto alle lamentate difficoltà operative che l'Amministrazione finanziaria incontrerebbe nell'approntare
controlli efficaci circa l'avvenuto rispetto del periodo minimo di possesso della partecipazione qualificata
si rileva che una soluzione facilmente attingibile potrebbe essere rappresentata dall'acquisizione di un
certificato notarile rilasciato sulla base dei dati risultanti dal libro soci (trattasi di procedura
"ufficialmente" riconosciuta, in quanto accolta dall'Amministrazione nella R.M. 3 dicembre 1991, n.
475921 - in I Quattro Codici della Riforma Tributaria big, Cd-rom, IPSOA - relativamente alla
applicazione della cd. "liquidazione IVA di gruppo" nel caso in cui società non residenti facciano parte
della catena di controllo).
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