Lettera circolare

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Lettera circolare
Roma, 1 agosto 2005
Il Direttore Generale
ALLE ASSOCIATE
Dividendi erogati da una società “figlia” italiana ad una società “madre” comunitaria –
Esonero dall’applicazione della ritenuta – Requisito del possesso ininterrotto della
partecipazione per un periodo di almeno un anno – Art. 27-bis del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600 – Direttiva 435/90CEE del Consiglio del 23 luglio 1990 (c.d. “direttiva
madre-figlia”) – Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 109/E del 29 luglio 2005
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Vi trasmettiamo, in allegato, il testo della risoluzione n. 109/E del 29 luglio u.s., con la
quale l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il regime di esonero dall’applicazione della
ritenuta sui dividendi corrisposti da una società “figlia” residente in Italia alla propria società
“madre” residente in altro Stato dell’Unione europea di cui alla direttiva 435/90/CEE del
Consiglio del 23 luglio 1990 (c.d. “direttiva madre-figlia”), può trovare applicazione solo se al
momento dell’erogazione dei dividendi sia già stato soddisfatto il requisito dell’ininterrotto
possesso della partecipazione “per almeno un anno”.
La precisazione si è resa necessaria a seguito della modifica apportata all’art. 27-bis,
comma 1, lett. d) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dall’art. 2, comma 2, lett. c) del d.lgs.
12 dicembre 2003, n. 344, con la quale è stato previsto che ai fini dell’applicabilità del regime
di esenzione in esame la partecipazione deve essere detenuta ininterrottamente “per almeno
un anno” e non già, come prevedeva la previgente normativa, “da almeno un anno”. Tale
innovazione, in effetti, come già segnalato nella nostra precedente circolare n. 32 del 14
luglio 2004, aveva fatto sorgere il dubbio che, a seguito della riforma IRES, il predetto regime
di esenzione dall’applicazione della ritenuta potesse operare anche nel caso in cui al
momento del pagamento dei dividendi non fosse ancora decorso il periodo minimo annuale
di detenzione della partecipazione, sempre che, naturalmente, tale periodo di possesso si
completasse successivamente.
Come rilevato, peraltro, nella citata nostra circolare n. 32, questa soluzione
interpretativa, pur trovando un significativo riscontro nella nuova formulazione della norma
(che altrimenti risulterebbe inutiliter data)(1), non appariva del tutto univoca. In tale
occasione, ricordavamo, infatti, che la Corte di Giustizia europea aveva al riguardo affermato
che gli “…Stati non sono tenuti, in forza della direttiva, a concedere l’agevolazione in modo
immediato quando la società capogruppo s’impegna unilateralmente a rispettare il periodo
minimo di partecipazione…” (cfr.: sentenza del 17 ottobre 1996, cause riunite C-283/94,
291/94 e 292/94, Denkavit) e che, pertanto, la necessità di applicare la direttiva anche
quando al momento dell’erogazione del dividendo non fosse ancora maturato il periodo
minimo di possesso non comportava necessariamente l’obbligo dello Stato della fonte di
omettere, in via procedimentale, l’applicazione delle ritenute: questo impegno, difatti, come
era stato già posto in evidenza anche dall’Amministrazione finanziaria nella circolare
ministeriale n. 60/E del 19 giugno 2001, ben poteva essere rispettato in sede di successivo
rimborso. Inoltre, evidenziavamo che l’interpretazione sopra riportata dava luogo a difficoltà
di coordinamento con l’onere posto a carico del sostituto d’imposta (cfr.: comma 3, dell’art.
27-bis del d.P.R. n. 600 del 1973) di acquisire – precedentemente all’erogazione dei
dividendi – la documentazione attestante la sussistenza dei requisiti posti dalla norma, tra i
quali, appunto, quello della decorrenza del periodo annuale di ininterrotto possesso; difficoltà
di coordinamento che avrebbero potuto essere superate soltanto ritenendo sufficiente, per
l’adempimento di tale onere, una mera dichiarazione di impegno da parte della società
“madre” a detenere le partecipazioni nella “figlia” sino al compimento del periodo richiesto
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) Come segnalavamo nella nostra citata circolare, peraltro, la nuova formulazione del citato comma 1 dell’art. 27bis è del tutto simile a quella che disciplinava, prima della riforma IRES, i dividendi, in entrata, distribuiti da
società “figlie” comunitarie (art. 96-bis del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, “TUIR”, nella versione previgente al
d.lgs. n. 344 del 2003); dividendi per i quali, giova ricordare, l’esenzione da imposizione per il 95% del loro
ammontare operava anche nel caso in cui al momento della loro distribuzione non fosse ancora maturato il
periodo di ininterrotto possesso della partecipazione “per almeno un anno”: ai fini della determinazione del
suddetto periodo minimo, infatti, dovevano essere computati “i giorni di detenzione continuativa nei periodi
anteriore e successivo alla data della delibera di distribuzione” (cfr.: circolare ministeriale n. 26/E del 22 gennaio
1998).
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dalla norma. In linea generale, mettevamo anche in evidenza come di una tale eventuale
finalità innovativa della norma non risultasse, comunque, alcuna traccia nella relazione
governativa al provvedimento di modifica e, pertanto, auspicavamo un chiarimento ufficiale
da parte dei competenti organi.
Aggiungiamo per completezza che indicazioni, comunque, a sostegno della
immediata applicabilità del regime di esenzione anche in mancanza del decorso del periodo
annuale di possesso della partecipazione sembravano emergere dalla successiva circolare
dell’Agenzia delle Entrate n. 49/E emessa il 22 novembre 2004, laddove è stato affermato –
con riguardo all’accesso del socio non residente al regime della tassazione per
trasparenza(2) – che “… al socio estero è riconosciuta la possibilità di non subire ritenute sui
dividendi anche prima che sia decorso il periodo minimo, purché la condizione richiesta per
fruire di tale beneficio sia adempiuta anche successivamente alla data della delibera di
distribuzione”.
Con la risoluzione in oggetto, invece, l’Agenzia ha precisato che il regime di esonero
dall’applicazione della ritenuta si rende operante solo se al momento dell’erogazione dei
dividendi risulti già soddisfatto il requisito dell’ininterrotto possesso della partecipazione “per
almeno un anno”. A sostegno di questa tesi, l’Agenzia riporta la cennata posizione della
Corte di Giustizia secondo la quale, come detto, “…gli Stati non sono tenuti a concedere
l’agevolazione in modo immediato…”; alla luce delle segnalate difficoltà di coordinamento
con l’onere documentale posto a carico del sostituto d’imposta, peraltro, l’Agenzia mette in
evidenza che qualora l’esenzione dalla ritenuta venisse concessa sulla base del semplice
impegno a voler mantenere il possesso della partecipazione per almeno un anno, il controllo
a posteriori dell’effettivo mantenimento di tale impegno non sarebbe agevole, non avendo il
sostituto d’imposta alcun potere-dovere di riscontro ed essendo difficoltoso per
l’Amministrazione finanziaria attivare “controlli efficaci”.
Vale notare che secondo l’Agenzia le suaccennate precisazioni effettuate nella
circolare n. 49/E in tema di regime di trasparenza fiscale delle società di capitali non
sarebbero in contrasto con quanto sostenuto nella ricordata circolare n. 60/E del 2001; ciò in
quanto l’affermazione secondo cui “l’opzione per la trasparenza si considera validamente
esercitata qualora la condizione richiamata dalla norma (la non applicazione della ritenuta) si
verifichi entro il primo periodo di trasparenza … significa che il mancato pagamento del
dividendo (pagamento che segna il momento in cui è dato riscontrare il presupposto della
non applicazione della ritenuta) non è di ostacolo ad esercitare provvisoriamente l’opzione, la
quale – come si è detto – si intende sottoposta alla condizione risolutiva che entro il primo
anno di trasparenza debba applicarsi la ritenuta sui dividendi”.
Probabilmente, l’Agenzia intende in questo modo porre su un piano diverso le due
discipline della trasparenza fiscale e della “direttiva madre-figlia”: mentre per l’esenzione
dall’applicazione della ritenuta sui dividendi erogati a società “madri” comunitarie è
necessario che il periodo minino di possesso ininterrotto della partecipazione sia già decorso
al momento del pagamento del dividendo, la trasparenza fiscale può essere attivata anche
se al momento dell’esercizio dell’opzione tale periodo non sia ancora maturato (salvo poi
considerare non perfezionata l’opzione stessa se il requisito della detenzione ininterrotta non
risulti soddisfatto entro il primo periodo di trasparenza(3)).
Al riguardo, occorre ribadire, tuttavia, che nella circolare n. 49/E viene esaminata
anche la specifica questione dell’applicazione della ritenuta, affermandosi esplicitamente che
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) È appena il caso di ricordare, al riguardo, che l’opzione per il regime di trasparenza fiscale delle società di
capitali può essere esercitata, sussistendo gli altri requisiti, anche nel caso in cui i soci della società non siano
residenti nel territorio dello Stato, a condizione, tuttavia, che “non vi sia obbligo di ritenuta alla fonte sugli utili
distribuiti” (art. 115, comma 2, del TUIR) “ovvero, se applicata, sia suscettibile di integrale rimborso” (art. 1,
comma 2, del decreto ministeriale 23 aprile 2004).
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) In tal senso, si veda la citata circolare n. 49/E.
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la possibilità di non subire ritenute sui dividendi è riconosciuta “anche prima che sia decorso
il periodo minimo”. Non è da escludere, dunque, che i contribuenti, facendo affidamento sul
testo della nuova disposizione introdotta dalla riforma IRES e su tale univoca precisazione
dell’Agenzia, non abbiano operato le ritenute sui dividendi erogati alla propria società
“madre” comunitaria sulla base del solo impegno da parte di quest’ultima a mantenere le
partecipazioni nella società “figlia” per il periodo minimo di un anno. Tali comportamenti
andrebbero, dunque, quantomeno esclusi dall’applicazione di sanzioni e interessi ai sensi
dell’art. 10, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 27 luglio 200, n. 212),
giusta il quale “non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente,
qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria,
ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima”.
Quanto, invece, ai sostituti d’imposta che hanno applicato o applicheranno d’ora in
poi la ritenuta, occorre rilevare – anche se di questo tema la risoluzione in commento non si
occupa – che una volta decorso il periodo di ininterrotto possesso per almeno un anno, la
ritenuta operata sulle distribuzioni di dividendi medio tempore intervenute sarà comunque
suscettibile di rimborso, ai sensi dell’ordinaria disciplina del comma 1 del più volte citato art.
27-bis. Sotto questo aspetto, considerata la peculiarità della fattispecie e i lunghi tempi che,
in generale, caratterizzano le procedure di rimborso dei crediti d’imposta – tempi che vanno
ben oltre i termini ordinatori fissati dalla norma – sarebbe opportuno prevedere sistemi di
recupero delle ritenute alternativi alla ordinaria richiesta di rimborso da parte del soggetto
non residente; è stato segnalato come, ad esempio, mutuando dal peculiare regime
transitorio previsto dall’art. 4 del provvedimento di attuazione della Direttiva 2003/49/CE (c.d.
“direttiva interessi e royalty”), d.lgs. 30 maggio 2005, n. 143, potrebbe essere soluzione
equilibrata consentire alla società “figlia” italiana di rimborsare direttamente alla società
“madre” le ritenute medio tempore applicate sui dividendi in uscita, utilizzandole in
compensazione per i propri versamenti ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241.
Peraltro, affinché questa proceduta possa effettivamente raggiungere i suoi scopi, sarebbe
opportuno consentire la compensazione de iure condendo anche oltre il limite annuale
fissato, a tali fini, in 516.456,90 Euro dall’art. 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
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RISOLUZIONE N. 109/E
Direzione Centrale Normativa e Contenzioso
Roma, 29 luglio 2005
Oggetto: Direttiva madre-figlia.
Sono stati formulati alcuni quesiti riguardanti la portata del combinato
disposto dei commi 1, lettera d), e 2 dell’articolo 27-bis del DPR 29 settembre
1973, n. 600, che consente alla società beneficiaria dei dividendi la possibilità di
chiedere al sostituto di non applicare la ritenuta quando ricorrono i presupposti
per esercitare il diritto al rimborso della ritenuta medesima e, specificamente,
qualora la “partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno”.
In particolare, si chiede di conoscere se possa non applicarsi la ritenuta
alla fonte sui dividendi - da parte della società “figlia” residente in Italia - nei
casi in cui il requisito della partecipazione ininterrotta per almeno un anno - da
parte della società “madre” non residente - non sia ancora soddisfatto al
momento del pagamento dei dividendi.
Al riguardo, nella circolare 19 giugno 2001, n. 60 la scrivente ha
evidenziato che l’esenzione non può essere applicata direttamente dal sostituto
d’imposta italiano prima che sia trascorso il periodo di detenzione prescritto.
Nella medesima circostanza si è altresì spiegato come la predetta
conclusione trovi conferma indiretta nella giurisprudenza della Corte di Giustizia
(nella sentenza 17 ottobre 1996, causa 283/94, si afferma che gli “… Stati non
sono tenuti, in forza della direttiva, a concedere l’agevolazione in modo
immediato quando la società capogruppo s’impegna unilateralmente a rispettare
il periodo minimo di partecipazione…”).
Invero, qualora la non applicazione della ritenuta sui dividendi distribuiti
venisse direttamente riconosciuta dal sostituto d’imposta sulla base di una
semplice dichiarazione di voler mantenere il requisito della detenzione
ininterrotta per almeno un anno della partecipazione qualificata, non sarebbe
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agevole vigilare a posteriori sul mantenimento dell’“impegno” assunto dal socio
che ha percepito i dividendi.
Infatti, per quanto attiene il rispetto di tale impegno, il sostituto d’imposta
non avrebbe alcun potere-dovere di riscontro e la stessa Amministrazione
finanziaria incontrerebbe difficoltà nell’attivare controlli efficaci.
Né le precisazioni effettuate nella circolare 22 novembre 2004, n. 49,
riguardanti il socio non residente di una società di capitali che ha optato per il
regime di trasparenza, sono in contrasto con quanto sostenuto nella ricordata
circolare n. 60 del 2001.
Nella sopra richiamata circolare n. 49 del 2004, invero, si afferma che
l’opzione per la trasparenza si considera validamente esercitata qualora la
condizione richiamata dalla norma (la non applicazione della ritenuta) si verifichi
entro il primo periodo di trasparenza. Il che significa che il mancato pagamento
del dividendo (pagamento che segna il momento in cui è dato riscontrare il
presupposto della non applicazione della ritenuta) non è di ostacolo ad esercitare
provvisoriamente l’opzione, la quale – come si è detto – si intende sottoposta alla
condizione risolutiva che entro il primo anno di trasparenza debba applicarsi la
ritenuta sui dividendi.
Le considerazioni svolte nella circolare n. 49 del 2004 non rispondono,
peraltro, all’esigenza di disciplinare gli obblighi del sostituto d’imposta ma
rilevano in un contesto diverso, nell’ambito del quale ben potrebbe affermarsi –
con ciò senza sconfessare la tesi sostenuta nella circolare n. 60 del 2001 – che
l’opzione si perfeziona anche nell’eventualità che entro il primo periodo di
trasparenza sia sorto il diritto ad ottenere il rimborso della ritenuta subita.