Introduzione - Infanzia e Adolescenza

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Introduzione - Infanzia e Adolescenza
infanzia
e
adolescenza
Vol. 5, n. 2, 2006
Introduzione
MARISA MALAGOLI TOGLIATTI, GIULIO CESARE ZAVATTINI
Siamo molto lieti di introdurre questo numero di Infanzia e Adolescenza dedicato al lavoro innovativo di
Elisabeth Fivaz-Depeursinge ed al gruppo di ricercatori di Losanna che da molti anni studiano le relazioni familiari nella prima infanzia tramite il Lausanne Trilogue Play (LTP) per osservare la famiglia come insieme, ovverosia come unità.
Negli ultimi anni sono avvenuti importanti cambiamenti nella psicopatologia dello sviluppo in seguito
sia ad una rilettura dei paradigmi interpretativi delle
relazioni precoci, sia rispetto ad un uso sempre più
diffuso di strumenti di misura e registrazione che hanno sottolineato l’importanza dello studio dell’organizzazione dei legami in cui cresce il bambino superando, come direbbe Arnold Sameroff (Sameroff, 2004), i
tradizionali modelli di sviluppo di stampo meramente
maturazionistico o strettamente ambientalistico.
Una comprensione più moderna dello sviluppo umano ha rivelato, infatti, che i bambini possiedono competenze rispetto al sentire e al conoscere, più evolute di
quanto non si ritenesse possibile solo una generazione
fa, quando non solo i genitori, ma anche i pediatri, credevano che i neonati non potessero né vedere, né sentire. Ciò che è più rilevante, tuttavia, è che queste capacità non sono a sé stanti, ma si esprimono in un contesto di relazioni affettive nel senso che sin dall’inizio
dello sviluppo elementi sociali ed emozionali sono inestricabilmente connessi alla relazione tra i bambini e i loro caregiver (Tronick, 1989; Trevarthen, 1997).
L’attenzione peculiare ai disturbi relazionali come
vero oggetto diagnostico e di intervento della psicoterapia implica che i disturbi psichici, soprattutto durante l’età evolutiva, non vadano intesi come il risultato di un conflitto intrapsichico originato dalla fissazione e dalla successiva regressione ad una fase
specifica dello sviluppo, in cui l’intensità pulsionale o
ancora la distorsione fantasmatica ha operato per creare un nucleo patologico, quanto vadano interpretati
come l’espressione sintomatica di modelli relazionali
disturbati interiorizzati.
Vi è da aggiungere inoltre che questo cambiamento di prospettiva sembra modificare in maniera radicale e irreversibile non solo l’area d’indagine clinica,
ma anche l’oggetto primario dell’intervento. Appare
ormai in primo piano un nuovo paziente, oppure una
nuova popolazione clinica (Stern, 1995), che è caratterizzata in maniera specifica da problematiche relazionali nei bambini e nei genitori (Zaccagnini e Zavattini, 2005).
Come Sameroff ed Emde (Sameroff e Emde, 1989) ci
ricordano “L’esistenza umana è un’esistenza sociale” nel
senso che lo sviluppo fisico dei bambini è legato alle
cure fornite da altri esseri umani e parimenti si può dire della loro esistenza psicologica. In altri termini i bambini e i loro caregiver sono parte di un sistema regolativo e interattivo in cui s’influenzano e si regolano reciprocamente.
Sameroff ed Emde, focalizzandosi sulla diagnosi,
hanno sostenuto non solo che i bambini sono individui
e contribuiscono attivamente al comportamento dei loro caregives, ma hanno inoltre evidenziato che tale individualità deve essere considerata all’interno del contesto e che la diagnosi deve ugualmente tenere conto di
ciò che circonda il bambino. Questo focus iniziale sulla diagnosi dei bambini nell’ambito della rete dei legami affettivi, implica che anche il loro trattamento debba essere orientato in senso relazionale.
Si può comprendere come questa lettura del comportamento umano si sia incontrata rapidamente e
felicemente con la tradizione che proviene dal movimento sistemico e dagli studi etologici che hanno
posto la loro enfasi sulla qualità della struttura familiare come insieme (Byng-Hall, 1995). Il movimento dinamico, nel frattempo, almeno nelle sue
correnti più vicine ad un’ottica interazionista, ha
sempre più sottolineato una concezione che mette in
primo piano il ruolo fondamentale delle rappresentazioni interne e delle aspettative relative al porsi in
relazione con gli altri (Lyons-Ruth, 1999; Fonagy,
2005) .
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Tale posizione apre un dibattito assai complesso
nella direzione di capire il rapporto tra relazioni “reali” e la configurazione delle “relazioni interne”. In tale prospettiva ha ripreso spazio lo studio della “mente” e dell’esperienza soggettiva, ma con uno stretto legame con i contributi dell’etologia e della teoria dei
sistemi; parimenti gli studi volti maggiormente a studiare la qualità delle relazioni reali si sono “affrancati” da un pregiudizio “antimentalista” e hanno recuperato il tema dei significati individuali.
Rimanendo nell’ambito alle ricerche relative alla famiglia alludiamo, per esempio, allo studio della famiglia come gruppo reale o “praticante” secondo la nota e felice distinzione proposta da David Reiss (1989)
secondo il quale la famiglia può essere studiata sia come represented family (“famiglia rappresentata”), sia
come practicing family (famiglia come gruppo reale
“praticante” in interazione) nel comune presupposto
che sono le relazioni familiari che danno forma al nostro sviluppo in quanto caratterizzate da stabilità e
coerenza.
Sebbene tra le due prospettive rimangano differenze di fondo nei due paradigmi, nel senso che per gli
studiosi della “represented family” la memoria delle
relazioni risiede principalmente nei “modelli operativi interni”, mentre per la seconda prospettiva essa risiede principalmente nelle pratiche condivise e coordinate della famiglia e negli schemi interattivi, nell’odierno dibattito scientifico vi è un superamento di
questa dicotomia rispetto all’attuale dibattito sull’intersoggettività che mette in luce il grande lavoro di elaborazione teorica e di ricerca di Daniel Stern (Speranza e Zavattini, 1999), potremmo dire di spola e di
raccordo tra i diversi modelli e modalità d’intervento.
È una posizione che, del resto, compare anche nel
bel saggio di Sameroff, McDonough e Rosenblum (Sameroff, McDonough e Rosenblum, 2004) sul trattamento dei problemi relazionali tra figli e genitori nella prima infanzia che attesta l’influenza sempre più rilevante del paradigma dell’infant research.
Stern (Stern, 2005) mette in evidenza, rispetto alla
tradizionale lettura in termini di one-body psychology, che l’intersoggettività, o anche la competenza all’intersoggettività come portato motivazionale di base,
riguarda innanzitutto i gruppi come componente dell’insieme maggiore e poi l’interazione tra due persone
ed in questo senso diventa indispensabile per unità di
misura superiore alla diade lo strumento del Lausanne Trilogue Play di Elisabeth Fivaz-Depeursinge e del
suo gruppo di ricerca.
Anticipiamo, infatti, che uno degli aspetti più inte-
ressanti di questa prospettiva mette in discussione la
visione classica dello sviluppo che presuppone un
percorso che porta dalla diade alla triade, dalla capacità cioè di regolare le relazioni diadiche per poi accedere a quelle triadiche e alle triangolazioni (Zavattini, 2000).
Il Lausanne Trilogue Play (Fivaz-Depeursinge e
Corboz-Warney, 1999) consente, infatti, di studiare le
alleanze familiari, intese come proprietà specifica della triade familiare e di cogliere l’interazione tra le sue
componenti (monadi e diadi). L’LTP permette la sistematica osservazione delle interazioni familiari e
della coordinazione della famiglia nel raggiungere
un obiettivo: la famiglia viene stimolata a vivere momenti piacevoli e a ricercare momenti d’intersoggettività. Il presupposto di base è che attraverso l’osservazione dei comportamenti (famiglia praticante)
si possa accedere al livello dell’intersoggettività, ovvero alle intenzioni, ai sentimenti e significati che sono espressi nelle relazioni familiari. Sono misurati, infatti, anche la regolazione degli affetti e la capacità di
responsività empatica e il modo in cui questi fattori
sono legati alle motivazioni di calore, affettività o intersoggettività. Non sono invece valutati altri domini
di funzionamento quali l’attaccamento o il modo di
disciplinare i figli.
Ciascuna seduta di gioco viene videoregistrata in
modo da permettere ai ricercatori di esaminarla secondo quattro letture: funzionale-clinica; strutturale;
del processo; evolutiva. La codifica viene fatta secondo
un apposito manuale (GETCEF) da operatori appositamente formati.
Le informazioni provenienti da queste modalità di
lettura permettono al clinico di leggere le relazioni tra
i membri della famiglia in termini d’alleanza, ovvero
in termini del grado di coordinazione che i membri
della famiglia raggiungono lavorando tutti insieme per
raggiungere un obiettivo. Il grado secondo cui i partner coordinano le loro azioni e i loro segnali e in parallelo allineano le loro esperienze intersoggettive nel
raggiungere l’obiettivo, ha permesso di individuare
quattro tipi di alleanze familiari: da quelle “funzionali” – cooperative e in tensione – a quelle “disfunzionali” – collusive e disturbate.
Le autrici hanno osservato nell’LTP un numero sufficiente di precursori delle strategie triangolari del bambino tanto da mettere in discussione - come già osservato - le visioni classiche dello sviluppo: è stato cioè
evidenziato che non solo i bambini discriminano le diverse configurazioni distribuendo in modo differenziato gli sguardi, ma anche che la maggior parte di es70
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si già a tre mesi alterna l’orientamento dello sguardo fra
i due genitori, diverse volte durante la seduta. Inoltre
nelle alleanze sufficientemente funzionali queste coordinazioni triangolari dello sguardo si verificano principalmente nei contesti ideati allo scopo dal gruppo di
ricerca, cioè nella situazione del “tre insieme”, nell’ultima fase e durante le transizioni tra le parti.
I genitori e i bambini differenziano comunque efficacemente i quattro triangoli che costituiscono la loro
relazione a tre considerando i ruoli attivi e quelli di
terzo. In secondo luogo attivano strategie triangolari
che attestano la coordinazione dell’attenzione e degli
affetti rispetto ai due partner e sono appropriate allo
stadio di sviluppo del bambino. I dati sembrano cioè
indicare che il bambino già a tre mesi sviluppa le
coordinazioni triangolari (strategie dirette) condividendo l’attenzione e gli affetti con entrambi i genitori, prefigurando le strategie referenziali osservabili a
nove mesi (strategie referenziali).
In altri termini le forme della triangolazione osservate nello stadio intersoggettivo dello sviluppo
rappresentano una forma di continuità rispetto a
quelle osservate nello stadio sociale: quando la triangolazione, a nove mesi, era differenziata lo era già
anche a tre mesi.
Infine, facendo riferimento a quanto la Fivaz-Depeursinge osserva in un saggio recente (Fivaz-Depeursinge, Corboz-Warnery e Keren, 2004) possiamo
così sintetizzare i principi di base del metodo che sottostanno alla valutazione terapeutica delle interazioni
familiari:
famiglia hanno della loro relazione triadica. È necessario sottolineare, tuttavia, che concentrandoci sul
comportamento della famiglia praticante composta
da tre persone, ci occupiamo anche della loro esperienza intersoggettiva triadica, implicitamente o esplicitamente.
c) le relazioni sono globali
I membri di una famiglia di tre persone stabiliscono relazioni “diadiche” distinte da quelle “triadiche”,
ma anche triadiche e quest’ultime sono diverse dalle prime. In altri termini, da un punto di vista sistemico, le relazioni triadiche non possono essere ridotte alla somma delle relazioni diadiche che le costituiscono.
d) le relazioni hanno due versanti, quello interattivo
e quello intersoggettivo
Il versante interattivo riguarda il comportamento
osservabile ed è costituito da pattern di azioni e segnali tra i partner. Quello intersoggettivo è il lato psichico intimo e comprende le intenzioni, i sentimenti e
i significati condivisi tra i membri della famiglia. I due
versanti sono indissociabili. Quando la coordinazione
tra azioni e segnali e la corrispondente comunione intersoggettiva sono insufficienti, prevalgono pattern affettivi ed esperienze negative, che generano malessere e infelicità tra i membri della famiglia.
e) le famiglie stabiliscono un’alleanza
Le relazioni nella famiglia intesa come unità possono essere caratterizzate in termini di alleanza, a seconda del grado di coordinazione che i membri della
famiglia raggiungono nel lavorare insieme alla realizzazione di un compito. A seconda del grado in cui i
partner coordinano le loro azioni e i loro segnali e fanno convergere le proprie esperienze soggettive per
raggiungere l’obiettivo, il tipo di alleanza familiare
viene definito all’interno di un range che va dall’alleanza più coordinata a quella meno coordinata.
a) le pratiche familiari costituiscono la via d’accesso
Nel lavoro con un bambino piccolo e la sua famiglia, la via d’accesso può essere solo l’interazione e la
comunicazione corporea tra il bambino e i genitori.
Avere in seduta una famiglia che mette in atto le interazioni, piuttosto che parlarne unicamente, è una conseguenza logica.
b) l’osservazione e la valutazione non possono essere
dissociate dall’intervento
f) le relazioni terapeutiche influenzano le relazioni
familiari
Una famiglia attraverso l’LTP o attraverso una
qualsiasi altra situazione clinicamente significativa
trasforma se stessa. Esiste una maggiore possibilità
che la trasformazione sia in positivo quando la situazione è attentamente strutturata e integrata in un
contesto clinico che facilita la crescita e il cambiamento. Questa procedura consente di rafforzare la
conoscenza relazionale implicita che i membri della
È ampiamente riconosciuto che la relazione con il
terapeuta può modificare le relazioni familiari creando un contesto sufficientemente buono di elaborazione e sostegno come messo in evidenza nella tradizione dinamica, ma va maggiormente considerata l’influenza che i bambini esercitano sui propri genitori e
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viceversa. Tale modello delinea un parallelo tra l’influenza che bambini e genitori esercitano gli uni sugli
altri per promuovere un cambiamento evolutivo e le
influenze che terapeuti e famiglie esercitano reciprocamente per facilitare tale cambiamento. È un modello inoltre che fa realmente appello al patrimonio di cure parentali che il terapeuta possiede intuitivamente e
alla conoscenza relazionale implicita.
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*
una nuova modalità di valutazione relativa al peridodo prenatale utilizzando una bambola per studiare tramite videoregistrazione le interazioni in questo
triangolo ‘precoce’ ed il livello di soddisfazione all’interno della coppia coniugale. Ciò che particolarmete appare interessante è vedere come già prima
della nascita di un figlio una coppia si posizioni su
un tipo di alleanza che sarà riscontrata successivamente quando il bambino reale avrà tre mesi. Oltre
che per la procedura di ricerca il saggio è di particolare valore rispetto al tema della diagnosi precoce
e dell’individuazione delle radici dei disturbi relazionali, come abbiamo sottolineato all’inizio di questa
introduzione.
Il terzo lavoro, a cura di Malagoli Togliatti, Mazzoni, San Martini, Castellina, Franci e Lubrano Lavadera,
si intitola Un sistema di codifica per l’osservazione della famiglia come insieme. Esso rappresenta il risultato del gruppo di ricerca di Roma che, mutuando la
procedura e i criteri di valutazione dal Gruppo di Losanna, ha costruito un manuale di codifica applicabile all’osservazione delle famiglie cliniche e con figli di
età compresa tra i 4 e i 16 anni. Il lavoro ci suggerisce
la possibilità di utilizzare indicatori comportamentali a
livello macro-analitico nell’osservazione della famiglia
impegnata nell’LTPc.
Il quarto saggio, a cura di Mazzoni, Mattei, Micci,
Savastano e Vismara, il cui titolo è Dall’assessment al
progetto terapeutico nella terapia con genitori e figli, illustra i risultati dell’applicazione dell’LTPc con 24 famiglie cliniche. Esse sono state osservate durante la fase di valutazione (in casi dove il figlio presenta un disturbo della regolazione o psicopatologico) volta a
definire un progetto di intervento di sostegno alla genitorialità. Oltre ad analizzare il rapporto tra disfunzionalità familiare e individuale, il lavoro suggerisce
l’utilità di un assessment delle risorse genitoriali per
differenziare l’offerta di percorsi d’intervento in base
agli specifici problemi relazionali osservati.
Il quinto saggio, a cura di Malagoli Togliatti e Lubrano Lavadera, il cui titolo è L’LTP clinico come strumento a tutela del minore nelle separazioni conflittuali, illustra i risultati dell’applicazione dell’LTPc con
31 famiglie separate conflittualmente. Tutte le famiglie
sono state osservate nel contesto di una Consulenza
Tecnica d’Ufficio, ovvero di un intervento effettuato su
richiesta del Giudice nei casi di separazione conflittuale, con contesa su questioni inerenti il minore. Il lavoro analizza le caratteristiche relazionali delle famiglie in termini di alleanze, le risorse e gli aspetti problematici. Questi elementi consentono al clinico di
*
Il numero qui presentato vuol essere un contributo
sia rispetto al paradigma su cui Elisabeth Fivaz-Depeursinge e i ricercatori del suo gruppo hanno lavorato in questi anni, sia rispetto alla pratica ed all’espansione, per così dire, della logica sottesa a lavorare sul piano clinico pensando che un bambino è
costantemente ‘immerso’ in un’insieme d’interazioni
che non sono meramente diadiche, ma triadiche in
senso ristretto e gruppali in senso esteso.
Il primo saggio, a cura di Corrado Zaccagnini e
Giulio Cesare Zavattini dal titolo Oltre la diade: l’intersoggettività e la prospettiva di Elisabeth Fivaz-Depeursinge, prende le mosse dal noto dibattito su Infant
Mental Health Journal relativo al commento che studiosi illustri in campo dinamico e sistemico diedero ad
un’indagine clinica su una famiglia presentato dalla Fivaz-Depeursinge e dai suoi collaboratori e che fu uno
dei punti di riflessione che portarono, successivamenete, alla monografia del 1999 di Elisabeth Fivaz-Deperusinge e Antoinette Corboz-Warnery, Il triangolo
primario.
Gli autori sottolineano come il complesso del lavoro teorico e sperimentale svolto negli anni dal gruppo
di ricerca di Losanna abbia permesso di giungere ad
affrontare oggi il tema centrale nel dibattito attuale relativo al rapporto tra “intersoggettività” e “consapevolezza di sé”. Infine si osserva come i risultati sperimentali e le riflessioni teoriche di Fivaz-Depeursinge
nell’ambito dell’intersoggettività triadica e quelli di
Stern nell’ambito dell’intersoggettività in generale, siano oggi in consonanza con il concetto di Tronick sugli stati di coscienza individuali “diadicamente espansi” tanto da potere pensare a “stati di coscienza diadici triadicamente espansi”.
Il saggio successivo è la traduzione del bel saggio
di Carneiro, Corboz-Warnery e Fivaz-Depeursinge, Il
Lausanne Trilogue Play prenatale: un nuovo strumento osservativo di assessment dell’alleanza co-genitoriale prenatale, apparso recentemente su Infant
Mental Health Journal in cui gli autori presentano
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sue risposte ai quesiti del Giudice.
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