La famiglia rappresentata - Psicoanalisi Coppia e Famiglia

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La famiglia rappresentata - Psicoanalisi Coppia e Famiglia
La famiglia rappresentata*
A cura di Renata Tambelli e Giulio Cesare Zavattini
Immagine interiorizzata della famiglia come “insieme” espressione di un mosaico di
rappresentazioni interne, non assimilabili e discrepanti rispetto a quelle reali e da considerarsi ad
un metalivello più complesso rispetto alle relazioni diadiche e triadiche
Il tema dell’interiorizzazione dei legami o, per meglio dire, la rappresentazione delle relazioni e
di come si configura la famiglia soggettivamente nella mente del bambino, costituisce
sempre più un oggetto di ricerca privilegiato nell’ambito di quei settori della psicoanalisi che
vedono lo sviluppo del bambino all’interno della teoria delle relazioni oggettuali e degli affetti
(Greenberg, Mitchell, 1983; Ammaniti, Dazzi, 1990; Shapiro, Emde, 1991; Grotstein, Rinsley,
1994; Tambelli, Zavattini, Mossi, 1995; Stern, 1995).
In questa prospettiva vanno considerati alcuni contributi e concetti specifici.
Il saggio di Cierpka (1993) parla dello sviluppo del sentimento della famiglia che va di pari
passo con l’acquisizione di un’immagine interna della famiglia. L’autore postula
l’interiorizzazione delle relazioni familiari o della famiglia come “un tutto” a un livello
rappresentazionale più complesso del singolo o della diade. Queste interiorizzazioni rendono
possibile la costruzione attiva di “rappresentazioni della famiglia” e si inscrivono in un’ulteriore e
sovrapposta formazione strutturale intrapsichica.
Analogo, sebbene su posizioni teoriche diverse, é il concetto di represented family di cui parla
Reiss (1989), fondato sulla modellistica psicoanalitica e sulla teoria dei modelli operativi interni,
che contrappone alla practising family cioè al mondo delle interazioni reali e osservabili, ovverosia i pattern comportamentali tradizionalmente oggetto di ricerca del paradigma sistemico.
Secondo questo autore il futuro della ricerca sulla famiglia passa attraverso il confronto e
possibile integrazione delle due ottiche e tale prospettiva dovrà influenzare non solo la
costruzione di strumenti e procedure metodologiche atte a cogliere le discrepanze e differenze
tra i due livelli, ma anche la costruzione di un modello interpretativo della famiglia “in toto”
come sistema interiorizzato di relazioni.
Su questi presupposti si potrebbe guardare alla famiglia come una sorta di sistema mentale
multidimensionale
il
cui
punto
nodale
di
osservazione
diventa
l’interfaccia
soggettivo/intersoggettivo,
interpersonale/intraindividuale
determinato
da
un
lato
dall’interrelazione continua tra l’individuo e la famiglia, e dall’altro lato dal rapporto
mutualmente influenzantisi del modello/i operativo interno della famiglia e la famiglia
esterna e reale (Emde, 1994).
Andrebbe inoltre considerato il rapporto tra fantasie inconsce individuali e fantasie inconsce
del gruppo familiare considerando queste ultime il risultato di numerosi aspetti, alcuni
transgenerazionali, che fanno riferimento alle rispettive famiglie di origine di ciascuno dei
genitori, in più generazioni (Nicolò, Zavattini, 1992; Tambelli, 1993; Fonagy, 1994).
Questi brevi cenni indicano che nella prospettiva legata al concetto della “famiglia
rappresentata” abbiamo a che fare con un mondo rappresentazionale molto complesso con
diversi livelli di organizzazione in cui “il luogo dell’inconscio” non sempre é riconducibile al
singolo individuo, ma può trovarsi “esternalizzato”, ossia proiettato, in altre realtà in cui
“l’altro”, per esempio la coppia o la famiglia, possono essere delle aree in cui queste
dinamiche si “esprimono” (Nicolò, Zavattini, 1992; Norsa, Zavattini, 1994).
Quest’ultimo aspetto che rimanda al tema di diversi livelli di organizzazione del mondo
rappresentazionale, ha tuttavia fatto un cammino non piccolo nella trattazione teorica e nella
ricerca psicoanalitica di questi ultimi anni (Emde, 1991; Stern, 1989, 1991, 1995; FivazDepeursinge et al., 1994; Zavattini et al., 1996). In questa linea vanno considerati sia il
concetto del Sé intersoggettivo di Stern (1985) sia il tema del senso del noi messo in luce da
George Klein (1976) e più recentemente da Emde (1990) in cui viene ipotizzata l’esistenza
della categoria mentale “Noi” (“We go”), per descrivere il senso dinamico di un modello
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Saggio scritto con fondi 60% Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
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operativo interno che permette di discriminare affettivamente ciò che può essere condiviso con
l’altro da ciò che non lo é, dando così origine alle categorie mentali e linguistiche dell’Io,
del Tu e del Noi.
Stern (1991, 1995) del resto, a proposito della natura delle “represented relationships”, parla dei
diversi insiemi delle relazioni rappresentate che si articolano in differenti metalivelli, da quelli,
per una donna ad esempio, delle rappresentazioni che riguardano il bambino o le
rappresentazioni che riguardano il padre del bambino o la propria madre e così via per le varie
combinazioni di diadi sino a quelle che si riferiscono ai “family groupings”, le
rappresentazioni della gruppalità familiare che può “esistere” o “essere” condivisa in una
famiglia.
Al tema della complessità delle relazioni interiorizzate non é alieno nemmeno il contributo
kleiniano che, specie con Bion (1970), ha bene messo in evidenza che il mondo
rappresentazionale non é espressione solo di “introiezioni categoriali” come il padre, la
madre ecc., ma anche di relazioni tra gli oggetti e di “funzioni” degli oggetti, non cioè la
madre, ma la capacità materna di contenimento per esempio, che può anche essere assolta da
un padre o da un altro membro della famiglia.
È importante precisare che le posizioni degli autori citati sono accomunate dall’idea che le
relazioni oggettuali interne non sono isomorfe né agli “eventi” né ai “ricordi” coscienti, ma “
discrepanti”, sia per opera del processo di astrazione ad essi sotteso, sia per il processo di
“refigurazione” (Stern, 1994) da intendersi come un processo che può andare avanti e
indietro liberamente tra molteplici schemi che possono essere “ricombinati” tanto da avere
varie, se non infinite, possibilità di montaggio.
Un’ottica di questo tipo é oggi assai vicina al concetto di modelli operativi interni introdotta
da Bowlby (1988) e ripreso da vari autori (vedi voce vocabolario sui modelli operativi interni
di Ortu, 1995).
In questa prospettiva la famiglia rappresentata esprime “una concezione personale della vita
familiare” se questa viene appunto intesa come una mappa interna, una organizzazione interna
stabile che raccoglie e integra tutte le immagini mentali e le disposizioni relazionali familiari
(Sandler, 1991, 1994).
Stern riprende recentemente (1995) il concetto di famiglia rappresentata anche in termini di
schemi di “essere con” (Schemas of ways-of-beingwith, 1994), in cui parte dall’idea che
queste rappresentazioni siano per la maggior parte basate e costruite dall’esperienza
soggettiva di essere con altre persone.
Una rappresentazione di “essere con” é una rete di molti schemi di “essere con” collegati da
un tema comune, spesso costituito da un sistema motivazionale (ad es. la nutrizione o la
separazione, ecc.) che organizza le reti.
È interessante notare che i terapeuti della famiglia e i terapeuti che si interessano alla continuità
transgenerazionale hanno fatto riferimento agli schemi o rappresentazioni relativi alle
famiglie d’ origine (Byng-Hall, 1995; Byng-Hall e Stevenson-Hinde, 1991; FivazDepeursinge et. al., 1994), avendo come punto di convergenza il riferimento alla teoria
dell’attaccamento e la rivalutazione del mondo intrapsichico.
Le rappresentazioni della famiglia d’origine portano reti di schemi di “essere con” di ciascuno dei
genitori che comprendono la propria famiglia d’origine e la sua organizzazione. In altre parole, le
interazioni familiari di una generazione forniscono alcune delle rappresentazioni che guidano le
interazioni all’interno della nuova famiglia. Queste considerazioni ci riportano alla questione di
come sia possibile rappresentare un’unità composita così complessa.
Essi suggeriscono che le interazioni familiari multiple, articolate e complesse vengono
riorganizzate in unità quali copioni, miti, leggende, storie e romanzi familiari (family scripts,
Stern, 1991). Tali unità sono generalizzazioni e astrazioni di eventi interattivi.
Bing-Hall e Stevenson-Hinde (1991) definiscono un copione familiare come modelli di lavoro
condivisi da tutti i membri della famiglia di chi fa che cosa, quando, dove e come in contesti
specifici. Il copione familiare sarebbe una rete di schemi di “essere con” che viene condivisa da
tutti i membri della famiglia.
Reiss (1989) ha inoltre introdotto i concetti di consuetudini familiari ad esempio i rituali, gli
oggetti sacri ecc, che sostituiscono le rappresentazioni come elemento fondamentale della
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continuità del sistema familiare. In altre parole, agire insieme nel presente sostituisce i ricordi
del passato riorganizzati come rappresentazioni.
Si potrebbe quindi avanzare l’ipotesi che poiché ciò che assicura continuità agli schemi
relazionali é il ricordo - la storia delle relazioni passate o, come si potrebbe dire in altri termini,
la rappresentazione mentale degli eventi interattivi é il deposito della continuitàprobabilmente i “family scripts”, concorrono in misura notevole a questo processo.
In altre parole a livelli profondi l’esperienza della interiorizzazione e della costruzione di un
mondo interno può essere vista organizzata a diversi metalivelli non riconducibili uno all’altro
e non autoescludentesi e le rappresentazioni della famiglia sono costruzioni interne, che
esprimono la “teoria” che gli individui hanno su di sé e sulle relazioni affettive per loro rilevanti.
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