Trattamento del tumore colo-rettale metastatico
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Trattamento del tumore colo-rettale metastatico
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Medici 1 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives SOMMARIO EDITORIALE. Perché una nuova rivista? Roberto Labianca 3 CONVERSAZIONE CON ALBERTO SOBRERO: Il trattamento del tumore colo-rettale metastatico Alberto Sobrero 5 I progressi nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon Corrado Boni 7 Il tumore metastatico del pancreas esocrino Da Howard Burris a Thierry Conroy sino a Daniel Von Hoff Kalliopi Andrikou, Alessandro Bittoni, Stefano Cascinu 11 INTERVISTA A PAOLO DELRIO: La chirurgica delle metastasi epatiche da carcinoma colo-rettale Who, When, How? Paolo Delrio 21 LA BIBLIOTECA VIRTUALE Selezione di articoli rilevanti nel tumore colo-rettale Mario Scartozzi 25 La letteratura sui tumori del tratto gastrointestinale dall’ultimo trimestre del 2012 al gennaio 2013 Stefania Mosconi, Cristina Tasca, Roberto Labianca 31 CONVERSAZIONE CON RODOLFO PASSALACQUA: La ricerca clinica indipendente in tempi di spending rewiev Rodolfo Passalacqua 37 GISCAD NEWS 39 N° 1 MARZO 2013 3 EDITORIALE. Perché una nuova rivista? Roberto Labianca Presidente GISCAD Da MOPP a NEO-MOPP: cosa cambia? Il nome dà certamente il suggerimento di una innovazione e la grafica ci pare davvero più moderna e accattivante, ma vorremmo fosse chiaro che non si tratta di una semplice operazione cosmetica. Nel momento in cui cominciamo a intravedere il traguardo del quarto di secolo per GISCAD, abbiamo sentito il bisogno di mandare un forte segnale di cambiamento ai nostri “quindici” lettori. Ecco quindi il largo spazio dato ai giovani (più bravi di noi senior a cogliere le novità e a comprendere i pathway molecolari), l’importante ruolo riconosciuto alla multidisciplinarietà, la trattazione sistematica degli studi GISCAD e la apertura a contributi anche al di fuori del Gruppo. Continueremo invece ad aggiornare amici e simpatizzanti su quanto la ricerca nostra ed altrui produce oggi in tema di terapia dei tumori gastroenterici e proseguiremo le nostre battaglie in difesa della ricerca indipendente, clinica e translazionale. Quindi: “c’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria. Anzi, di antico...” Roberto Labianca Presidente GISCAD 5 Trattamento del tumore colo-rettale metastatico Conversazione con Alberto Sobrero Inquadriamo una condizione molto complessa e controversa: quella delle metastasi epatiche. Qual è lo stato dell’arte? E’ veramente possibile la guarigione? Oncologia Medica Ospedale San Martino, Genova In oncologia clinica c’è un ‘dogma’ che è particolarmente impressionante e crudele: i pazienti allo stadio IV non possono guarire dalla malattia. Purtroppo questo è vero nella maggioranza dei casi di tumori solidi. Però le eccezioni esistono. E sono quelle che danno la speranza a tutti i pazienti oncologici. Il ruolo dello specialista è di riconoscere la possibilità di queste eccezioni, identificare i cosiddetti outliers, cioè quei pazienti che contraddicono questo dogma sostenuto da 50 anni di esperienza e che possono ancora guarire nonostante l’ estensione della malattia. Tra i tumori solidi più frequenti (polmone, mammella, prostata, colon, stomaco, ovaio), il tumore del colon è quello che più frequentemente presenta queste eccezioni: una certa percentuale di malati con metastasi a distanza può guarire completamente dall’uso combinato di terapie mediche e chirurgiche. Il carcinoma del colon è molto frequente, con più di un milione di casi ogni anno nel mondo e più di 50.000 casi in Italia. Se “preso in tempo”, cioè diagnosticato agli stadi precoci, quando non ci sono metastasi disseminate, questo tumore è guaribile nel 75% dei casi grazie alla chirurgia ed alla chemioterapia adiuvante, cioè preventiva. Nel rimanente 25% i pazienti si presentano già allo stadio avanzato con metastasi disseminate e per questi vale la regola generale della non guaribilità; ma tra questo gruppo è molto importante identificare quei malati con malattia limitata al fegato in cui il trattamento combinato di chemioterapia ed intervento chirurgico può rendere il paziente “libero dalla malattia” così da sperare nella guarigione. Considerata la frequenza del tumore del colon, questa condizione non è così rara, e la resecabilità delle metastasi è diventato uno dei determinanti maggiori delle nostre scelte terapeutiche proprio perché, in queste condizioni, possiamo puntare a risultati fino a pochi anni fa assolutamente insperati. Quindi, poiché questa condizione non è eccezionale e poiché l’asportazione delle metastasi epatiche può condurre alla guarigione, la situazione sembrerebbe semplice: terapia medica (chemioterapia e farmaci biologici) più intervento chirurgico in tutti questi casi. Non è cosi semplice. La partita della guarigione infatti si gioca sull’assunto che le poche metastasi svelabili con le indagini disponibili oggi (TAC, PET, NMR) siano le sole presenti. Così che una volta asportate chirurgicamente la malattia non ritorna più. Ma questo assunto vale in pochi casi percentualmente (quelli che poi guariranno) in quanto nella stragrande maggioranza dei casi, levate le due o tre lesioni visibili, nell’arco di pochi mesi ne compaiono delle altre che in realtà erano già presenti prima dell’intervento; semplicemente non si vedevano. Quando sono alte le probabilità che siano presenti altre lesioni non visibili, la decisione di operare può essere dannosa, nel senso che l’intervento, con il suo carico di complicanze anche sul sistema immunitario, può letteralmente accelerare il decorso di una malattia che altrimenti sarebbe rimasta silente per molti mesi o anni. In queste circostanze è bene intervenire prima con la terapia medica e poi eventualmente con quella chirurgica. Di qui la necessità di identificare quei fattori predittivi per la miglior scelta terapeutica: - quando ha senso perseguire la sequenza chemioterapia → intervento senza correre il rischio di sottoporre il paziente ad interventi inutili e dannosi; quando è meglio asportare subito le metastasi senza l’uso della chemioterapia prima dell’intervento; quale è il limite tecnico degli interventi chirurgici (fino a quante metastasi, di quali dimensioni è possibile e sensato l’intervento, ecc.). N° 1 MARZO 2013 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 6 Uno degli argomenti di maggior attualità riguarda la scelta della migliore terapia medica al fine di convertire alla fattibilità tecnica una condizione di non resecabilità delle metastasi (caso di poche metastasi, grandi, vicine a vene o arterie vitali). In queste condizioni possono essere usate sia combinazioni di tre farmaci chemioterapici, sia combinazioni di due farmaci chemioterapici classici più uno biologico. Questo terreno di ricerca è particolarmente affascinante, soprattutto per l’obiettivo perseguito in queste condizioni: la guarigione attraverso un percorso di terapie combinate mediche e chirurgiche. Nel contempo però, proprio la complessità del tema e la necessità di integrazione fra vari professionisti medici e chirurghi rende difficile un’omogeneità di scelte terapeutiche da centro a centro e da team a team. Così sia a livello italiano, sia a livello europeo e nordamericano è difficile trovare il giusto equilibrio tra troppi e troppo pochi interventi chirurgici con intento radicale. Vediamo di scorrere rapidamente alcuni temi di rilevanza in questa patologia. Nel corso del 2012 e nei primi mesi del 2013 sono state presentate alcune importanti novità per il trattamento del tumore colo-rettale metastatico. Quali ti paiono le più rilevanti? In maniera molto schematica, essenzialmente quattro: l’Aflibercept in seconda linea, il Regorafenib nel setting refrattario, il Bevacizumab beyond progression e la combinazione di Capecitabina più Bevacizumab nell’anziano. Quali, sono in grado, sin da ora, di generare modificazioni nella pratica clinica? Tutte e 4 queste novità hanno un impatto molto rilevante sulla nostra pratica clinica. Il Regorafenib ha avuto l’approvazione da FDA per il setting refrattario. Il Bevacizumab beyond progression è in competizione con l’Aflibercept: quando la progressione è rapida, sembra più efficace l’Aflibercept; quando è lenta è più efficace il Bevacizumab. Il Bevacizumab più Capecitabina è già uno standard terapeutico, che però ora sarà implementato molto più su larga scala. In un momento di difficoltà economica e di spending review come pensi potrebbero essere integrate le nuove molecole nel “percorso terapeutico”? Rimane un peccato originale nel nostro sistema: è un problema planetario, non solo italiano. Dovrebbe essere superata la distinzione tra approvazione dalle autorità regolatorie e la rimborsabilità. Infatti, non si può riconoscere che un farmaco è efficace e poi non mettere in condizioni gli oncologi di usarlo. Quindi, se è approvato deve essere prescrivibile, altrimenti non dovrebbe essere approvato. Su che base approvare? Questa è una questione molto complessa. Le sfide future. Ovvero come e verso dove, dovrebbe muoversi la ricerca clinica? Ci sono due direzioni da perseguire: la prima è l’identificazione di determinanti patogenetici della malattia verso cui è possibile indirizzare inibitori specifici. Questa è la strategia più politicamente corretta. È quella del futuro che mira a dare fortissimi benefici per pochi pazienti. Fuori moda, ma finora molto più produttiva è la direzione di perseguire piccoli benefici per tutti i pazienti. Grazie Alberto 7 I progressi nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon A cura di Corrado Boni, Licia Baldi Oncologia Medica Arcispedale Santa Maria Nuova IRCCS, Reggio Emilia Le prime esperienze del trattamento adiuvante nel carcinoma del colon stadio III sono cominciate negli anni 80, con suggestive ipotesi di vantaggi rispetto alla sola chirurgia. La combinazione di 5-fluorouracile (FU) e levamisolo (LEV) è stato il primo trattamento in grado di ridurre l’incidenza delle recidive ed aumentare la sopravvivenza, negli stadi III, con i fondamentali studi di Laurie e Moertel1 del 1989 e ‘90. Nonostante che l’uso del Levamisolo si basasse su un razionale inesistente e una assoluta assenza di evidenza scientifica, negli stadi III fu riportata una riduzione del rischio di recidiva del 41% e del rischio di morte del 33%, con un vantaggio assoluto di sopravvivenza a 7 anni del 14%. Risultati di questa portata determinarono nel 1990 la promulgazione del Consensus Statement del NIH che indicava come standard, negli stadi III, la terapia con 5FU-LEV per un anno, e che, di fatto, chiudeva tutti i bracci con solo controllo degli studi con 5FU-Ac. Folinico (FA) in corso nel mondo. Nonostante l’interruzione precoce, tutti i principali studi (IMPACT 2, Intergroup, Francini3 e NSABP4) dimostrarono un vantaggio significativo di 5-fluorouracile (FU) e Acido Folico (FA) verso solo controllo. Successivamente, l’associazione 5-FU-FA ha mostrato vantaggi anche rispetto alla combinazione FU-LEV (1994-1996); negli anni successivi sono avvenuti altri piccoli miglioramenti, che hanno permesso di dimostrare l’equivalenza fra una durata dei trattamenti di 6 e 12 mesi, fra basse ed alte dosi di acido folinico e fra una schedula settimanale e mensile5-7. Dopo il lavoro fondamentale di Moertel, un’ulteriore svolta si è verificata dopo 13 anni con lo studio MOSAIC8 (40% Stadi II e 60% Stadi III), pubblicato nel 2003, che aveva come obiettivo il confronto fra 5FU-FA e lo stesso schema con aggiunta di Oxaliplatino (FOLFOX). I principali aspetti innovativi di questo studio furono la scelta dello schema di De Gramont come braccio standard, risultato molto meno tossico e parimenti attivo rispetto agli schemi “bolo” fino ad allora utilizzati, e l’adozione, per la prima volta, della Disease Free Survival (DFS) come End Point principale. Lo studio MOSAIC dimostrò un vantaggio significativo in DFS a 5 anni, con vantaggio assoluto del 5.9%, e in OS a 6 anni, con vantaggio assoluto del 2.5% (+4.2% negli Stadi III). In base ai risultati di questo studio, lo schema FOLFOX è rapidamente divenuto il trattamento standard, almeno negli Stadi III, mentre è ancora in discussione negli Stadi II ad alto rischio, dove è ancora da definire il vantaggio rispetto ad un trattamento con sole Fluoropirimidine. I risultati del MOSAIC sono successivamente stati confermati da uno studio “gemello” del NSABP, con lo schema FLOX vs 5FU-FA9, schema comunque gravato da una maggiore tossicità gastroenterica. A seguito della dimostrazione di una sostanziale equivalenza di Capecitabina e 5FU sia nella malattia avanzata che in adiuvante (studio X-ACT10 del 2005), fu condotto lo studio di chemioterapia adiuvante con lo schema XELOX11 negli Stadi III, con ulteriore dimostrazione di un vantaggio significativo a favore degli schemi contenenti Oxaliplatino. Da ricordare il fallimento, in adiuvante, delle associazioni contenenti Irinotecan12, riportato in tre studi che avevano utilizzato gli schemi IFL (gravato di tossicità proibitiva) e FOLFIRI. Negli anni più recenti, basandosi sui successi ottenuti con l’aggiunta degli agenti biologici alla chemioterapia nel trattamento della malattia metastatica, si è cercato di riprodurre questi risultati nella fase adiuvante. Sono stati condotti, quasi contemporaneamente, quattro studi di grandi dimensioni, due europei e due nordamericani, che hanno utilizzato FOLFOX e/o XELOX associati ad agenti biologici. Due studi hanno valutato l’ aggiunta di Bevacizumab ( AVANT13 e NSABP C0814 ) e due il Cetuximab (NO14715 e PETACC 816). È ormai a tutti nota la fine della storia. Tutti e quattro gli studi sono risultati negativi, anche considerando solo i pazienti KRAS wild type per quanto riguarda il trattamento con Cetuximab. Nello studio NO147 l’aggiunta dell’anti EGFR ha avuto un effetto detrimentale, statisticamente significativo nei pazienti KRAS mutati. N° 1 MARZO 2013 8 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Attualmente, i campi di ricerca più interessanti riguardano gli stadi II, l’identificazione dei fattori prognostici e predittivi e la durata del trattamento. A favore della chemioterapia adiuvante con Fluoropirimidine negli stadi II depongono lo studio QUASAR17 del 2007 (DFS+4%, OS+3.6% a 5 anni) e la meta analisi di Sargent del 2009 (OS+5,4% a 8 anni). Nello studio MOSAIC l’aggiunta di Oxaliplatino negli stadi II ad alto rischio ha determinato un aumento significativo del 7.2% di DFS a 5 anni, che però non si è confermato a livello di OS, lasciando tuttora aperta la discussione. Negli stadi II ad alto rischio, in particolari situazioni, lo schema FOLFOX può comunque essere ancora considerato. Grande interesse riveste ancora la ricerca di fattori prognostici, volti a identificare con la maggior precisione possibile i pazienti ad alto rischio, soprattutto, ma non solo, nell’ambito degli stadi II. Oltre a quelli classici (T4, G3, n° dei linfonodi esaminati, occlusione, perforazione, invasione vascolare/linfatica) ha acquisito un ruolo importante la determinazione della instabilità micro satellitare (MSI) negli stadi II, tanto da essere stata recentemente inclusa fra i fattori prognostici consolidati nelle linee guida ESMO18. Ancora incertezze esistono sul ruolo della “gene signature”, e soprattutto su quale dei numerosissimi test scegliere. Per quanto riguarda il paziente elderly, al momento non sembrano esistere vantaggi derivanti dall’ aggiunta di Oxaliplatino alle Fluoropirimidine, che rimangono tuttora il trattamento standard19. Il prossimo passo sarà, speriamo, la dimostrazione di una pari efficacia di una terapia adiuvante più breve, di soli tre mesi, in cui ancora una volta, la ricerca italiana, con lo studio TOSCA ispirato dal GISCAD, gioca un ruolo primario. New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 9 Bibliografia 1. “Levamisole and fluorouracil as adjuvant therapy of resected colon carcinoma” Moertel CG, Fleming TR, Macdonald JS, et al. N Engl J Med 1990; 322:352-8. 2. “Efficacy of adjuvant fluorouracil and folinic acid in colon cancer” International Multicenter Pooled Analysis of Colon Cancer (IMPACT) Investigators. Lancet 1995; 345:939-44. 3. “Folinic acid and 5-fluorouracil as adjuvant chemotherapy in colon cancer” Francini G, Petrioli R, Lorenzini L, et al. Gastroenterology 1994; 106:899-906. 4. “Clinical trial to assess the relative efficacy of fluorouracil and leucovorin, fluorouracil and levamisole, and fluorouracil, leucovorin and levamisole in patients with Dukes’ B and C carcinoma of the colon: results from National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project C-04” Wolmark N, Rochette H, Mamounas E, et al. J Clin Oncol 1999; 17:3553-9. 5. “Adjuvant chemotherapy in colorecatal cancer with high-dose leucovorin and fluorouracil: impact on desease-free survival and overall survival” Zaniboni A, et al. J Clin Oncol 1997; 15:2432-41. 6. “Randomized trial comparing monthly low-dose leucovorin and fluorouracil bolus with bimonthly high-dose leucovorin and fluorouracil bolus plus continous infusion for advanced colon cancer: a French intergroup study” De Gramont A, Bosset JF, Milan C, et al. J Clin Oncol 1997; 15:808-15. 7. “Semimonthly versus monthly regimen of fluorouracil and leucovorin administered for 24 or 36 weeks as adjuvant therapy in stage II and III colon cancer: results of a randomized trial” Andre T, Colin P, Louvet C, et al. J Clin Oncol 2003; 21:2896-903. 8. “Oxaliplatin, fluorouracil and leucovorin as adjuvant treatment for colon cancer: the Multicenter International Study of Oxaliplatin/5-Fluorouraci/Leucovorin in the Adjuvant Treatment of Colon Cancer (MOSAIC) Investigators” Andrè T, Boni C, Mounedji-Boudiaf L, et al. N Eng J Med 2004; 350:2343-2351. 9. “Similarities and differences between the adjuvant Oxaliplatin-Based Trials MOSAIC and NSABP C-07” Boni C, Andrè T, et al. Curr Colorectal Cancer Rep 2009; 5:166-170. 10. “Capecitabine as adjuvant treatment for stage III colon cancer” Twelves C, Wong A, Nowacki MP, et al. N Engl J Med 2005; 352:2696-704. 11. “Capecitabine plus Oxaliplatin compared with fluorouracil and folinic acid as adjuvant therapy for stage III colon cancer” Haller DG, Tabernero J, et al. J Clin Oncol 2011; 29:1465-71. 12. “A phase III randomized trial of LV5FU2 + irinotecan versus LV5FU2 alone in adjuvant high-risk colon cancer (FNCLCC Accord02/FFCD9802)” Ychou M, Raoul JL, Douillard JY, et al. Ann Oncol 2009; 20:674-80. 13. “Bevacizumab plus oxaliplatin-based chemotherapy as adjuvant treatment for colon cancer (AVANT): a phase III randomized controlled trial” De Gramont A, Van Cutsem E, Schmoll HJ, et al. Lancet Oncol 2012; 13: 1225-33. 14. “Phase III trial assessing bevacizumab in stages II and III carcinoma of the colon results of NSABP protocol C-08” Allegra CJ, Yothers G, O’Connell MJ, et al. J Clin Oncol 2011; 29:11-6. N° 1 MARZO 2013 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 10 15. “Adjuvant mFOLFOX6 plus or minus cetuximab in patients with KRAS mutant resected stage III colon cancer: NCCTG Intergroup phase III trial NO147” Goldberg RM, Sargent DJ, et al. J Clin Oncol 2010; 3508. 16. “Cetuximab plus FOLFOX-4 for fully resected stage III colon carcinoma: scientific background and the ongoing PETACC-8 trial” Taieb J, Puig PL, et al. Expert Rev Anticancer Ther 2008; 8:183-9. 17. “Adjuvant chemotherapy versus observation in patients with colorectal cancer: a randomized study” Quasar Collaborative Group. Lancet 2007; 370:2020-9. 18. “ESMO Consensus Guidelines for management of patients with colon and rectal cancer. A personalized approach to clinical decision making” Schmoll HJ, Van Cutsem E, Stein A, et al. Ann of Oncol 2012; 23:2479-2516. 19. “Effects of adjuvant chemotherapy on survival of patients with stage III colon cancer diagnosed after 75 years” Sanoff HK, William R, et al. J Clin Oncol 201; 2576. 11 Il tumore metastatico del pancreas esocrino Da Howard Burris a Thierry Conroy sino a Daniel Von Hoff A cura di Kalliopi Andrikou, Alessandro Bittoni, Stefano Cascinu Clinica di Oncologia Medica, A.O Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona Università Politecnica delle Marche Introduzione Nonostante, la progressiva riduzione del tasso di mortalità per tumore negli ultimi decenni, il carcinoma pancreatico rimane una delle neoplasie a prognosi più infausta, con una probabilità di sopravvivenza attorno al 5% e una sopravvivenza mediana di circa 6-10 mesi dalla diagnosi nella malattia in stadio avanzato. Solo il 15-20% dei carcinomi del pancreas viene diagnosticato in fase precoce ed è quindi resecabile, ma anche in questi casi la probabilità di sopravvivenza a 5 anni si aggira attorno al 20% (1, 2, 3). La pessima prognosi di tale neoplasia è legata sia alle difficoltà che si presentano nel porre la diagnosi in fase precoce sia alla sua elevata aggressività biologica, attribuita a caratteristiche come le multiple aberrazioni molecolari, l’ipossia e l’intensa desmoplasia, responsabili anche della scarsa responsività di tale malattia ai trattamenti specifici. Molteplici sforzi sono stati volti alla ricerca di alternative sempre più efficaci nel trattamento del carcinoma pancreatico avanzato, ottenendo però solamente modesti risultati. In effetti, la monochemioterapia con Gemcitabina ha rappresentato per più di un decennio lo standard terapeutico (4), con una mediana di sopravvivenza pari a circa 6 mesi ed una probabilità di sopravvivenza ad un anno del 18%, dal momento che nessuna associazione chemioterapica o con agenti biologici, eccezion fatta per quella con Erlotinib, ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo sulla sopravvivenza quando confrontata con la Gemcitabina da sola. Nel 2010, uno studio clinico di fase III randomizzato, ha dimostrato che il regime chemioterapico FOLFIRINOX (contenente 5-fluorouracile, Irinotecan ed Oxaliplatino) ha migliorato sia la sopravvivenza libera da progressione (PFS) sia quella globale (OS) rispetto a Gemcitabina, diventando il nuovo standard terapeutico per i pazienti con buon PS (5). Al meeting ASCO GI 2013, un trial clinico di fase III ha riportato i risultati ottenuti al trattamento dei pazienti con carcinoma pancreatico con l’associazione di Nab paclitaxel con Gemcitabina, evidenziando un aumento del 59% nella sopravvivenza a un anno e un tasso di sopravvivenza raddoppiato a due anni (9% vs. 4%) (6). In questo articolo riassumeremo e discuteremo i risultati dei principali studi clinici condotti negli ultimi anni nell’ambito del trattamento chemioterapico del carcinoma del pancreas compresi quelli che hanno valutato l’utilizzo di nuovi farmaci. Trattamento chemioterapico del carcinoma pancreatico Sino al 2010, nell’ambito della terapia del carcinoma del pancreas metastatico, non sono stati ottenuti sostanziali modificazioni nello standard di terapia né miglioramenti significativi per i risultati ottenuti, con sopravvivenze mediane che si aggiravano attorno ai sei mesi da più di 15 anni. Vari studi hanno dimostrato la superiorità della chemioterapia rispetto alla sola terapia di supporto nel trattamento del carcinoma pancreatico metastatico. Infatti, la metanalisi di 9 studi clinici, che ha confrontato il trattamento con 5-Fluorouracile (5-FU), considerata l’unica scelta terapeutica sino allo sviluppo di Gemcitabina, verso la sola trattamento di supporto, ha evidenziato un vantaggio in termini sia di sopravvivenza globale, OS mediana 6.38 mesi vs 3.87 mesi (p < 0.0001) che di qualità di vita (7, 8, 9). N° 1 MARZO 2013 12 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives La Gemcitabina è stato il farmaco standard per il trattamento chemioterapico di prima linea nel carcinoma pancreatico dal 1997, in seguito ai risultati di uno studio randomizzato di fase III, che mostrava la superiorità della Gemcitabina rispetto al 5-Fluorouracile in termini di sopravvivenza (5.65 vs 4.41 mesi; p<0.0025), clinical benefit (23.8% vs 4.8%; p< 0,0022) e con un tasso di sopravvivenza a 12 mesi di 18% rispetto al 2% dei pazienti trattati con 5-FU (4). Da allora sono stati condotti numerosi trials clinici con l’intento di ottenere un ulteriore beneficio rispetto alla Gemcitabina in monochemioterapia, valutando l’efficacia e la tossicità delle varie combinazioni (Tabella 1). Due studi di fase III che hanno confrontato la combinazione Gemcitabina-5FU (10,11) rispetto alla sola Gemcitabina in pazienti con malattia avanzata non hanno mostrato alcun beneficio in termini di sopravvivenza. Tale dato è stato confermato anche ad uno studio ECOG di fase III, in cui 322 pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato sono stati randomizzati a ricevere la sola Gemcitabina o la doppietta Gem-5-FU (OS mediana 5.4 vs 6.7 mesi (p = 0.09); PFS mediana 2.2 mesi vs 3.4 mesi rispettivamente (p = 0.022). La situazione non è diversa anche per quanto riguarda l’associazione Gemcitabina-Capecitabina, un pro farmaco del 5-Fluorouracile. Uno studio di fase III condotto da Herrmann et al (12) che ha randomizzato 319 pazienti ad un braccio con Gem (1000 mg/m2 nei giorni 1 e 8) più Capecitabina (1300 mg/m2 nei giorni 1-14, ogni 21 d) (GemCap) o ad un braccio standard contenente la sola Gemcitabina, non ha mostrato differenze statisticamente significative in termini di sopravvivenza globale tra i due bracci (8.4 mesi vs 7,2 mesi, p = 0.23). Interessanti però sono i dati forniti dall’analisi del sottogruppo di pazienti con buon PS (performance status di Karnofsky 90-100) che ha mostrato un prolungamento significativo della OS mediana nel braccio GemCap rispetto al braccio Gem (10.1 vs 7.4 mesi, rispettivamente, p = 0.014). I derivati del platino sono stati spesso utilizzati nei regimi di combinazione per il trattamento del carcinoma pancreatico. Risultati incoraggianti sono stati ottenuti in vari trials clinici di fase II che hanno valutato la combinazione Gemcitabina-Cisplatino con una sopravvivenza mediana che varia dai 7.1 agli 8.2 mesi (13, 14, 15). Purtroppo, tali dati non sono stati successivamente confermati al trial clinico di fase III condotto da Colucci et al (16) nel quale non è stato riscontrato un beneficio statisticamente significativo in termini di sopravvivenza per il trattamento di combinazione (7.5 mesi vs 6.0 mesi, p = 0.43), nonostante un netto miglioramento del tasso di risposte obiettive (RR) (26.4% vs 9.2%, p = 0.02) e del tempo a progressione (TTP) (TTP mediano 4.6 mesi vs 1.8 mesi, p = 0.048). In un successivo studio di fase III di Colucci et al il vantaggio riscontrato in PFS e RR scompariva quando il numero di pazienti incrementava da 107 a 400 (17). Un altro studio randomizzato di fase III studio condotto da Heinemann et al (18) ha confrontato la Gemcitabina con una schedula a cadenza bisettimanale comprendente Gemcitabina e Cisplatino. Sebbene anche in questo caso non sia stata raggiunta la significatività statistica i risultati di questo studio mostrano un trend nettamente favorevole per la combinazione rispetto alla monochemioterapia sia in termini di OS (7.5 mesi vs 6 mesi), che di PFS (5.3 vs 3.1 mesi). Uno studio di fase II condotto dal Groupe Cooperateur Disciplinaire en Oncologie (GERCOR) aveva confrontato l’associazione di Gemcitabina ed Oxaliplatino (GEMOX) con la Gemcitabina da sola in 64 pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato, ottenendo risultati incoraggianti (PFS 5.3 mesi, OS 9.2 mesi) e avviando di conseguenza uno studio di fase III (19). Tale trial (20), condotto sia dal GERCOR che dal GISCAD (Gruppo Italiano per lo Studio dei Carcinomi dell’Apparato Digerente), ha documentato la superiorità della combinazione GEMOX in termini di PFS (5.8 mesi vs 3.7 mesi, p = 0,04), RR (26.8% vs 17.3%, p = 0.04), e di clinical benefit (38.2% vs 26.9%, p = 0.03). Tuttavia, la sopravvivenza globale non risultava migliorata in maniera significativa (OS mediana 9.0 mesi vs 7.1 mesi, p = 0.13), dato confermato anche nel ECOG 6201 trial che ha dimostrato che il braccio GEMOX non presenta un vantaggio statisticamente significativo in termini di sopravvivenza globale mediana rispetto il braccio con la sola Gemcitabina (21). New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 13 Tabella 1: studi di confronto tra Gemcitabina e combinazioni chemioterapiche PFS Studio Regime Mesi Berlin et al Gem p 2.2 322 Gem+ 5FU Cunningham et al OS n° pazienti 3.8 p 5.4 0.022 3.4 Gem Mesi 0.09 6.7 0.004 6.2 0.08 533 Gem + Capecitabina Hermann et al 5.3 Gem 3.9 7.1 0.103 7.2 0.234 319 Gem + Capecitabina Colucci et al 4.3 Gem 1.8 8.4 0.048 5 0.43 107 Gem + Cisplatino Heinemann et al 4.6 Gem 3.1 7.5 0.053 6.0 0.15 195 Gem+ Cisplatino Louvet et al 5.3 Gem 3.7 7.5 0.04 7.1 0.13 313 Gem+ Oxaliplatin O’Reilly et al 5.8 Gem 3.8 9.0 0.22 6.2 0.52 349 Gem + EXE Poplin et al 3.7 Gem 2.6 6.7 0.1 4.9 0.09 832 Gem+ Oxaliplatin Stathopoulos et al 2.7 Gem 2.8 5.7 0.795 6.5 0.97 145 Gem+ Irinotecan Oettle et al 2.9 Gem 3.3 6.4 0.11 6.3 0.85 565 Gem+ Pemetrexed 3.9 6.2 Sorprendentemente, le successive meta-analisi che prendono in esame tre studi randomizzati (GERCOR/GISCAD e quello condotto da Heinemann et al) hanno evidenziato un vantaggio statisticamente significativo per le doppiette chemioterapiche contententi platino rispetto alla monochemioterapia, mostrando una riduzione del rischio di progressione del 25% (p =0.0030) e una riduzione del rischio di decesso del 19% (p = 0.031). Ancora più interessante è il dato emerso da queste analisi che riguarda la necessità di selezionare con attenzione i pazienti prima di iniziare un trattamento chemioterapico: le combinazioni terapeutiche mostrano infatti un vantaggio più spiccato nel sottogruppo di pazienti con buon performance status all’esordio (ECOG PS 0-1). Risultati deludenti sono stati ottenuti anche da tutti i trial clinici di fase III di confronto tra la Gemcitabina e le combinazioni terapeutiche della Gemcitabina con farmaci potenzialmente attivi come il Pemetrexed (22), l’Exatecan (25, 26) e l’Irinotecan (23, 24), che hanno fallito nel dimostrare una superiorità significativa rispetto alla monoterapia. N° 1 MARZO 2013 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 14 Farmaci a bersaglio molecolare A causa degli scarsi risultati ottenuti con i chemioterapici “tradizionali” e grazie a una miglior comprensione della biologia tumorale, negli ultimi anni l’interesse dei ricercatori si è rivolto verso il trattamento con farmaci ad azione biologica. Nonostante siano stati condotti molti studi con diversi agenti, anche in questo ambito i risultati sono stati purtroppo piuttosto deludenti: il confronto fra la gemcitabina e le associazioni contenenti farmaci ad azione biologica target ha ancora una volta fallito nel dimostrare una superiorità terapeutica alla sola Gemcitabina. Tra i farmaci presi in esame ricordiamo: il Tiparfinib, il Sorafenib, il Bevacizumab ed il Cetuximab. L’unica eccezione riguarda l’Erlotinib (inibitore tirosin-kinasico dell’Epidermal Growth Factor Receptor), che ha mostrato una superiorità in termini di sopravvivenza mediana rispetto alla Gemcitabina da sola ma non una superiorità clinicamente rilevante (Tabella 2). L’approvazione di Erlotinib è stata ottenuta nel 2005 dopo il completamento dello studio randomizzato di Moore che ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo in termini di sopravvivenza a favore della combinazione di Gemcitabina e Erlotinib rispetto alla sola Gemcitabina (6.2 vs 5.9 mesi, rispettivamente; p=0.038) (27). Nonostante, il vantaggio statisticamente significativo riscontrato in questo studio, un aumento della sopravvivenza di soli 14 giorni non sembra ancora sufficiente per giustificare l’uso nella pratica clinica di questo farmaco visti gli elevati costi e il profilo di tossicità associati a questo trattamento. Inoltre, i risultati incoraggianti emersi dagli studi preclinici e quelli di fase II della combinazione Cetuximab-Gemcitabina (28), sono stati successivamente smentiti in uno studio di fase III, lo studio (SWOG S0205) che ha randomizzato 745 pazienti ad essere trattati con l’associazione Gem-Cetuximab o con la sola Gemcitabina. Non ci sono state differenze significative in termini di OS (6.3 vs 5.9 mesi, p = 0.23), di PFS (3.4 vs 3.0 mesi, p = 0.18) e di RR (12% vs 14%, p = 0.59) (29). Poiché il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) sembra giocare un ruolo importante nella patogenesi del carcinoma pancreatico e l’89-93% dei pazienti presenta una mutazione VEGF, la terapia con Bevacizumab veniva considerata potenzialmente efficace; nonostante i risultati promettenti ottenuti in vari studi di fase II, tutti i trial randomizzati di fase III con Bevacizumab hanno fallito nel dimostrare una superiorità significativa nel trattamento di associazione rispetto alla monochemioterapia con Gemcitabina. Nessuno dei due studi di Fase III, uno di Kindler et al. ed il secondo di Van Cutsem et al, ha dimostrato che l’aggiunta di Bevacizumab alla Gemcitabina comporti una differenza statisticamente significativa nell’endpoint primario rappresentato dalla sopravvivenza globale (OS). Mentre, per quanto riguarda l’endpoint secondario rappresentato dalla sopravvivenza libera da progressione (PFS), lo studio di Van Cutsem et al. sembra mostrare un beneficio, a differenza di quello di Kindler. Tabella 2: studi di Fase 3 di confronto tra Gemcitabina in monochemioterapia ed in combinazione con farmaci (biologici) PFS Studio Regime Moore et al (2007) Gem + Erlotinib OS n° pazienti Mesi p 3.75 Gemcitabina 569 3.4 Gem + Cetuximab p 6.24 0.004 3.55 Philip et al Mesi 0.038 5.91 0.004 6.3 0.23 745 Gemcitabina Kindler et al 3.0 3.8 Gem + Bevacizumab 5.9 0.07 5.8 0.95 602 Gemcitabina Van Cutsem et al 4.6 Gem +Erlotinib ± BEV Concalves et al 2.9 607 Gem+Sorafenib 5.9 0.0002 3.6 3.8 7.1 6 0.601 8.5 104 Gem 5.6 0.2087 9.2 0.146 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 15 Kindler e coll. (30) hanno randomizzato 590 pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato a ricevere un trattamento con Gemcitabina con o senza Bevacizumab. Tale studio è stato interrotto precocemente, quando è stato stabilito che la combinazione di Gemcitabina più Bevacizumab non ha raggiunto alcun vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto alla Gemcitabina in monoterapia. Van Cutsem et al (31) hanno randomizzato 607 pazienti con adenocarcinoma metastatico del pancreas a ricevere un trattamento con Gemcitabina più Erlotinib, con o senza Bevacizumab. Non è stato dimostrato alcun prolungamento significativo della sopravvivenza con l’aggiunta di Bevacizumab (7.1 mesi vs 6.0 mesi, p = 0.20), anche se la PFS è stata migliorata in modo statisticamente significativo (4.6 vs 3.6 mesi, p = 0.0002). Sebbene questo endpoint secondario fosse significativo, sono stati forniti pochi dettagli riguardanti i metodi utilizzati per valutare la PFS, che può essere soggetta a errori di misurazione superiori rispetto alla OS. Uno studio di fase II randomizzato, condotto da Ko e coll., ha valutato l’efficacia della combinazione tra Cetuximab e Bevacizumab da sola o in associazione con la Gemcitabina come terapia di prima linea per l’adenocarcinoma pancreatico avanzato. I pazienti con adenocarcinoma pancreatico localmente avanzato o metastatico, precedentemente non trattati, sono stati randomizzati a trattamento con Cetuximab + Bevacizumab, con (braccio A, n = 30) o senza (braccio B, n = 31) Gemcitabina. La durata mediana del trattamento è stata di 9 settimane per il braccio A e 8 settimane per il braccio B (range: 2.0-40.4). I pazienti nel braccio A hanno raggiunto una PFS e OS mediana pari rispettivamente a 3.55 e 5.41 mesi rispetto a 1.91 e 4.17 mesi nel braccio B. Lo studio ha chiuso in anticipo per mancanza di sufficiente efficacia in entrambi i bracci di trattamento. Gli autori hanno concluso che la combinazione di Cetuximab e Bevacizumab non ha mostrato una promettente attività con o senza Gemcitabina (32). Ulteriori studi di combinazione di Bevacizumab, con vari agenti chemioterapici per il trattamento dell’adenocarcinoma avanzato del pancreas, sono stati effettuati senza però ottenere nessun netto miglioramento in termini di sopravvivenza e di qualità di vita di questi pazienti (33, 34, 35). Visti i risultati fallimentari ottenuti dall’impiego di Bevacizumab, gli studi clinici sono stati indirizzati alla valutazione di altri agenti angiogenetici. Cascinu e coll. hanno condotto uno studio randomizzato di fase II che ha dimostrato come l’aggiunta di Sorafenib alla doppietta chemioterapica Gemcitabina/Cisplatino non comporti una differenza statisticamente significativa nella PFS mediana (4.9 mesi nel gruppo trattato con l’aggiunta di Sorafenib vs 3.3 mesi nel gruppo trattato con la sola chemioterapia; HR=1.01;0.65-1.56 CI 95%) in pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato (36). Risultati simili sono stati riscontrati anche in uno studio multicentrico randomizzato in doppio-cieco, di fase III (studio BAYPAN) (37), che ha valutato l’efficacia della combinazione della Gemcitabina con Sorafenib, un inibitore tirosin-chinasico multitarget, rispetto alla combinazione Gemcitabina-placebo in 104 pazienti non trattati con adenocarcinoma pancreatico avanzato o metastatico. Anche in questo caso, non sono state dimostrate differenze significative nella PFS mediana tra i due gruppi (5.6 vs 3.8 mesi, p = 0.601) e la sopravvivenza generale mediana è risultata simile (9.2 mesi vs 8.5 mesi, p = 0.146). L’Axitinib, un altro inibitore multitarget di VEGFR e di altre tirosin-chinasi, è stato valutato per la sua azione antitumorale con Gemcitabina in un trial di fase II che comunque non ha fornito risultati statisticamente significativi (38). Il regime FOLFIRINOX Il regime FOLFIRINOX, una combinazione di 5-Fu, Irinotecan ed Oxaliplatino, è entrato nella pratica clinica nel trattamento del carcinoma del pancreas metastatico, in seguito allo studio clinico di Conroy et al, pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2011 (5). Lo studio, un trial multicentrico, di fase III, randomizzato, che confrontava il regime FOLFIRINOX verso la sola Gemcitabina in 342 pazienti affetti da carcinoma del pancreas metastatico, ha dimostrato la superiorità del FOLFIRINOX in termini di tasso di risposte obiettive (31.6% vs 9.4%, p< 0.001), sopravvivenza libera da progressione (6.4 vs 3.3 mesi; HR= 0.47, p< 0.001) e sopravvivenza globale (11.1 vs 6.8 mesi; HR= 0.57, p< 0.001). Anche la sopravvivenza ad un anno risultava marcatamente superiore nel braccio FOLFIRINOX rispetto al braccio Gemcitabina (48.4% vs 20.6%). Questi risultati, che non trovavano precedenti nei trial randomizzati di chemioterapia nel carcinoma del pancreas avanzato, confermavano l’elevata attività del regime FOLFIRINOX osservata negli studi di fase II dagli stessi autori dove veniva riportato un tasso di risposte obiettive del 26%, una PFS mediana di 8.2 mesi ed una OS di 10.2 mesi (39). Come prevedibile, la tossicità N° 1 MARZO 2013 16 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives osservata nel braccio FOLFIRINOX risultava maggiore rispetto a quella riportata nel braccio Gemcitabina. In particolare, la neutropenia di grado 3-4 (45.7% vs 21%, p< 0.001) e la neutropenia febbrile (5.4% vs 1.2%, p= 0.03) risultavano più frequenti nei pazienti trattati con FOLFIRINOX, dove veniva riscontrato un uso più frequente di fattori di crescita granulocitari (42.5% vs 5.3%, p< 0.001). Anche la diarrea, la neuropatia sensitiva e la trombocitopenia grado 3-4 risultavano più frequenti nel braccio FOLFIRINOX. Tuttavia, la mortalità associata al trattamento è risultata bassa in entrambi i bracci con solo una morte tossica riportata in ciascun gruppo di pazienti. La maggior tossicità legata al trattamento del FOLFIRINOX non sembra aver impattato negativamente sulla qualità di vita globale dei pazienti, salvo per la maggior incidenza di diarrea durante i primi otto cicli di trattamento. Inoltre, il tempo prima del definitivo deterioramento della qualità di vita era significativamente superiore nei pazienti trattati con FOLFIRINOX rispetto a quelli che ricevevano sola Gemcitabina, verosimilmente come conseguenza del più lungo intervallo libero da progressione e della maggior efficacia del trattamento chemioterapico. Per comprendere meglio i risultati di questo studio ed inserirli nel contesto della pratica clinica è opportuno valutare con attenzione i criteri di inclusione dello studio stesso. Al contrario della maggior parte degli studi pubblicati, lo studio di Conroy ha incluso, ad esempio, solo pazienti con carcinoma del pancreas metastatico escludendo le forme localmente avanzate. A questo proposito. è interessante notare come in precedenti esperienze, una chemioterapia di combinazione con il GemOX aveva mostrato di determinare un maggior beneficio nella malattia metastatica rispetto alle forme localmente avanzate (20). L’attesa tossicità correlata ad un trattamento aggressivo come il FOLFIRINOX ha inoltre richiesto dei rigorosi criteri di inclusione per la selezione dei pazienti. In particolare, sono stati inclusi pazienti precedentemente non trattati, di età inferiore a 75 anni, con un buon performance status (ECOG 0-1), senza una storia di cardiopatia ischemica e con valori di bilirubina nella norma (fino ad 1.5 volte il limite superiore della norma). Anche per questo motivo, la percentuale di pazienti con neoplasia della testa del pancreas inclusi nello studio (38%) è risultata sostanzialmente inferiore rispetto a quanto osservato nella normale pratica clinica nonché in altri studi randomizzati dove si colloca tra il 50% ed il 70%, così come relativamente bassa è stata la quota di pazienti arruolati portatori di stent biliare (14.3%). Nella pratica clinica, il trattamento con FOLFIRINOX andrebbe quindi riservato a pazienti giovani, con buon performance status e senza significative comorbidità, in centri con esperienza nel trattamento di pazienti ad elevato rischio di neutropenia febbrile. Lo studio di Conroy rappresenta comunque un significativo avanzamento nel trattamento del carcinoma del pancreas metastatico sia per i ragguardevoli risultati ottenuti in termini di sopravvivenza, con una sopravvivenza globale che supera gli 11 mesi, sia perché si tratta del primo studio randomizzato ad aver evidenziato un vantaggio a favore di una chemioterapia non a base di Gemcitabina. Lo studio apre inoltre la strada alla valutazione di regimi di polichemioterapia anche nell’ambito della gestione multidisciplinare della neoplasia localmente avanzata. Il Nab-paclitaxel Il carcinoma pancreatico è solitamente caratterizzato da una scarsa vascolarizzazione e dalla presenza di un denso stroma desmoplastico attorno alla neoplasia, due fattori che rendono più difficile per i chemioterapici raggiungere le cellule tumorali. L’utilizzo di farmaci in grado di colpire lo stroma rappresenta una delle novità del trattamento del carcinoma pancreatico emerse negli ultimi anni. Il Nab-paclitaxel è una formulazione di paclitaxel legato all’albumina in nano particelle. Si tratta di un farmaco inizialmente sviluppato allo scopo di superare le difficoltà di utilizzo del paclitaxel, legate alla scarsa solubilità del farmaco ed alla conseguente necessità di impiegare solventi associati a possibili tossicità. Studi preclinici hanno dimostrato come il Nab-paclitaxel sia in grado di raggiungere in maniera efficace le cellule tumorali sfruttando i recettori per l’albumina presenti sui vasi ematici tumorali e attraverso il legame con la proteina SPARC (Secreted Protein Acidic and Rich in Cysteine) (40). La proteina SPARC, una glicoproteina della matrice extracellulare, è frequentemente espressa nello stroma peritumorale ed è coinvolta nei processi di migrazione cellulare, proliferazione e rimodellamento tissutale. SPARC è spesso iperespressa nei carcinomi pancreatici ed è stato dimostrato come l’espressione di SPARC da parte dei fibroblasti peritumorali rappresenti un fattore prognostico negativo in pazienti con carcinoma pancreatico operato; al contrario l’espressione di SPARC da parte delle cellule tumorali non sembra correlato alla sopravvivenza. L’attività clinica del Nab-paclitaxel nel trattamento del carcinoma del pancreas è stata inizialmente valutata in uno studio di fase I/II da Von Hoff et al (41). Lo studio ha valutato una combinazione di Gemcitabina (1000 mg/mq) e Nab-paclitaxel su un totale di 67 pazienti affetti da carcinoma del pancreas avanzato non precedentemente trattati. Ad una dose massima tollerata (MTD) di Nab-paclitaxel di 125 mg/mq, è stato osservato un tasso di risposte obiettive del 48% con una PFS mediana di 7.9 mesi, una OS di 12.2 mesi ed un tasso di sopravvivenza ad New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 17 1 anno del 48%. Allo scopo di confermare questi risultati promettenti è stato quindi avviato uno studio di fase III, lo studio MPACT, recentemente concluso, i cui risultati sono stati presentati al meeting ASCO GI 2013 (6). Lo studio ha confrontato la combinazione Gemcitabina + Nab-paclitaxel verso la sola Gemcitabina nel trattamento di prima linea di 842 pazienti affetti da carcinoma del pancreas in stadio IV. Obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza globale (OS) ed il trial ha effettivamente dimostrato una sopravvivenza superiore nei pazienti trattati con Nab-paclitaxel rispetto a quelli trattati con sola Gemcitabina con una OS mediana di 8.5 mesi vs 6.7 mesi (p= 0.00015) ed un tasso di sopravvivenza ad 1 anno di 35% vs 22% (p= 0.0002). Tale beneficio si confermava nell’analisi per sottogruppi in tutti i gruppi di pazienti analizzati, con un apparente maggior beneficio nei pazienti a peggiore prognosi (performance status scaduto, più di 3 siti metastatici, valori elevati di Ca 19.9). Il beneficio si confermava anche in termini di PFS con una PFS mediana di 5.5 mesi nel braccio sperimentale vs 3,7 mesi nel braccio standard (p= 0.000024) ed in termini di risposte obiettive con un tasso di risposte obiettive di 23% vs 7%. Per quanto riguarda le tossicità legate al trattamento, l’aggiunta di Nab-paclitaxel ha determinato un incremento significativo dell’astenia di grado 3-4 (17% vs 7%) e della neuropatia periferica grado 3-4 (17% vs 1%) rispetto alla sola Gemcitabina, oltre ad un aumento della tossicità ematologica, dimostrando comunque un profilo di tossicità piuttosto favorevole e facilmente gestibile. La combinazione Gemcitabina e Nab-paclitaxel rappresenta quindi una nuova opzione di trattamento per il carcinoma pancreatico avanzato. Conclusioni Il carcinoma pancreatico resta una delle neoplasie più aggressive con una prognosi che non è migliorata in maniera significativa negli ultimi anni. La Gemcitabina rappresenta il trattamento di riferimento nella malattia avanzata dal 1997 e i regimi di combinazione contenenti Gemcitabina valutati negli anni scorsi non hanno dimostrato di conferire un sostanziale beneficio in sopravvivenza. Recentemente due nuovi regimi chemioterapici si sono dimostrati superiori alla Gemcitabina in studi di fase III. I risultati sorprendentemente positivi osservati con lo schema FOLFIRINOX hanno fatto sì che questo regime, piuttosto intensivo, possa essere considerato un nuovo standard di trattamento per pazienti selezionati e motivati. Lo studio ha dimostrato inoltre, per la prima volta in un trial randomizzato, l’efficacia di schemi di chemioterapia non contenenti Gemcitabina nel carcinoma pancreatico. Ancora più recente è la dimostrazione dell’efficacia della combinazione di Gemcitabina e Nab-paclitaxel che sarà quindi presto disponibile nella pratica clinica come ulteriore opzione terapeutica nel carcinoma pancreatico avanzato. Negli ultimi anni si è assistito anche ad importanti progressi nella comprensione della biologia del carcinoma del pancreas. In particolare è migliorata la conoscenza delle alterazioni molecolari alla base delle neoplasie pancreatiche, si è riconosciuta l’importanza del microambiente ed il ruolo delle cellule staminali tumorali. La sfida per il futuro sarà quella di migliorare queste conoscenze e traslarle nei nuovi studi clinici per introdurre nuove strategie terapeutiche. N° 1 MARZO 2013 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 18 Bibliografia 1. “A systematic review of resectability and survival after concurrent chemoradiation in primarily unresectable pancreatic cancer”. Morganti AG, Massaccesi M, La Torre G, et al. Ann Surg Oncol 2010 Jan;17(1):194-205 2. “Cancer statistics, 2010”. Jemal A, Siegel R, Xu J, Ward E. CA Cancer J Clin 2010; 60:277-300. 3. “Pancreatic cancer”. Li D, Xie K, Wolff R, Abbruzzese JL. 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Who, When, How? Intervista a Paolo Delrio Come è cambiato negli ultimi anni l’atteggiamento per il trattamento chirurgico delle metastasi epatiche da carcinoma colo-rettale? Direttore SC Oncologia Chirurgica Colorettale Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale - Napoli La resezione ha confermato essere l’approccio di scelta nella strategia terapeutica delle metastasi epatiche da carcinoma colorettale, poichè l’asportazione della lesione secondaria è ancora oggi l’opzione che garantisce la migliore sopravvivenza. La resezione chirurgica, in unità chirurgiche ad alta specializzazione ed elevato volume, è corredata ormai da una bassa mortalità e morbidità ed una sopravvivenza a 5 anni, in pazienti selezionati, fino al 40%. A mio avviso, pur tenendo conto del miglioramento dei risultati ottenuti dalla chemioterapia, l’approccio chirurgico dovrebbe essere sempre valutato dal team multidisciplinare come prima opzione. Allo stato attuale quindi quale è l’atteggiamento ottimale da tenere per il trattamento chirurgico delle metastasi epatiche da carcinoma colo-rettale nel paziente asintomatico? L’orientamento attuale è che vadano sottoposti ad intervento chirurgico tutti i pazienti in cui sia ipotizzabile una resezione R0 e una funzionalità epatica residua adeguata. La strategia deve essere discussa dal team multidisciplinare valutando soprattutto la possibilità di tecniche tese all’incremento di resecabilità quali la legatura o l’embolizzazione venosa portale. Lo studio preoperatorio con planning tridimensionale della resezione e l’utilizzo della ecografia intraoperatoria migliorano decisamente gli outcome chirurgici. Quali sono gli elementi clinici da prendere in considerazione per candidare il paziente al trattamento? La selezione dei pazienti da candidare a chirurgia è un tema molto complesso. Numerosi score per la classificazione del rischio di recidiva sono stati proposti e la loro applicazione clinica è diffusa; essi tengono conto di fattori correlati alla patologia primitiva, alla sede ed al numero delle lesioni, del timing di comparsa dopo la resezione del primitivo. Nessuno di essi ha però permesso di codificare con certezza quali pazienti debbano essere avviati alla chirurgia con un risultato atteso positivo. In generale possiamo considerare candidabili alla chirurgia i pazienti che non abbiano comorbidità maggiori, operabili R0 anche su eventuali lesioni secondarie singole extraepatiche e con una quota epatica residua di almeno due settori adiacenti con adeguato apporto vascolare e drenaggio biliare. Esistono elementi clinici da prendere in considerazione per la non candidabilità? Tra i fattori da tenere in considerazione vi è sicuramente lo status clinico del paziente ma anche quegli indicatori collegati ad una cattiva prognosi: tra questi sono da prendere in considerazione la storia di tumore primitivo con linfonodi metastatici e scarsamente differenziato, la presenza di malattia extraepatica non resecabile, il CEA > 60 ng /ml. Il numero di lesioni e la bilobarietà non sono più criteri assoluti di esclusione dalla chirurgia poiché è dimostrato, in casistiche di centri ad elevata esperienza, che il numero di resezioni non anatomiche effettuate può essere molto elevato: in questa ottica anche il margine di resezione > 1 cm è in corso di rivalutazione e numerosi sono i report che dimostrano sopravvivenze significative dopo metastasectomie multiple bilobari. Quale è il ruolo della ablazione con radiofrequenza? La RFA è una metodica che non può in assoluto essere considerata, attualmente, un’alternativa alla resezione con intento curativo. Una recente meta analisi ha evidenziato che nessuno studio dimostra la superiorità della metodica N° 1 MARZO 2013 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 22 rispetto alla chirurgia e che in un solo studio randomizzato la RFA ha avuto un impatto migliore sulla sopravvivenza rispetto alla chemioterapia. Interessante, ma ancora da dimostrare, è il ruolo della ablazione con radiofrequenza come supporto alla chirurgia nel trattamento delle lesioni multiple bilobari. Quale è il ruolo della chemioterapia neoadiuvante? Credo che nell’ambito delle strategie integrate tese all’incremento della resecabilità, la terapia neoadiuvante abbia alcune possibilità future: distinguerei l’approccio alle lesioni resecabili da quelle non resecabili o borderline. E’ opportuno ricordare che i criteri di resecabilità sono tutt’altro che codificati ed accettati e la valutazione è strettamente collegata alla esperienza dell’unità chirurgica e del team multidisciplinare ad essa legato. In ogni caso la terapia neoadiuvante (o di conversione) permette di riportare alla resecabilità una quota di pazienti definiti borderline o non resecabili che in alcuni studi supera il 50%. Gli schemi utilizzati sono vari (2 o 3 farmaci + agenti target) e la eterogeneità degli studi non permette di identificare una strategia univoca. Dal punto di vista chirurgico, e ciò vale anche per le lesioni resecabili, la strategia deve prevedere la resezione nel più breve arco di tempo possibile. D’altro canto, la mancata risposta od addirittura la progressione locale o sistemica, sono indicatori utili per escludere dalla chirurgia pazienti con una prognosi sfavorevole. Numerosi report puntualizzano anche la problematica della “scomparsa” all’imaging delle lesioni epatiche e della conseguente strategia chirurgica. Non vi sono attualmente dati significativi in proposito ed anche per questo aspetto sono necessari trials randomizzati dedicati. I biomarcatori possono essere integrati nel processo decisionale per la valutazione alla resezione? Finora tutti i biomarcatori descritti in letteratura (K-ras , N ras, BRAF , TS, MIS) hanno dimostrato delle potenzialità nel predirre la prognosi dei pazienti affetti da cancro colorettale soprattutto nel setting della terapia adiuvante ed in particolare, per K-ras in relazione al trattamento con Cetuximab. Il loro ruolo clinico nella pianificazione della strategia chirurgica deve ancora essere dimostrato ma numerosi esperienze preliminari dimostrano ad esempio che la mutazione di k-ras ha un influenza negativa sulla prognosi dei pazienti con metastasi resecabili. Una più ampia diffusione degli studi sugli aspetti biologici della malattia potrà in futuro determinare con maggiore precisione il ruolo dei fattori molecolari e del gene profiling nella pianificazione della intera strategia terapeutica nei pazienti con malattia metastatica. Quali sono le incertezze, i punti ancora non risolti e le sfide per il futuro? Io credo che la sfida futura sia sul versante dell’applicazione diffusa di strategie multimodali. In ambito chirurgico credo che siano ormai elevati gli standard di qualità offerti dai centri dedicati con la riduzione delle perdite ematiche intraoperatorie e delle complicanze perioperatorie, Ciò ha portato ad un incremento delle indicazioni alla chirurgia. In ambito multidisciplinare la filosofia alla base dell’approccio al paziente con malattia epatica da tumore colorettale deve essere quella della identificazione di percorsi personalizzati e selettivi sulla base di indicatori specifici di risposta alla terapia e di prognosi. I nodi da risolvere sono proprio nella scarsa applicazione di linee guida condivise e nella frammentazione delle casistiche e delle esperienze. Un vero network dedicato permetterebbe di creare grandi database da cui raccogliere informazioni fondamentali per la costruzione di specifici profili di rischio e definire le strategie ad essi correlate. Ed infine che cosa c’è di frustrante? Io considero frustrante il costante ripetersi delle diagnosi tardive di malattia con pazienti sintomatici che giungono alla nostra osservazione in IV stadio. In epoca di campagne di prevenzione secondaria ciò è assolutamente impensabile; deve aumentare pertanto la cultura relativa alle possibilità di diagnosi precoce ed alla identificazione di percorsi dedicati ai pazienti con neoplasia colorettale. Attualmente, inoltre, nonostante tutte le innovazioni tecnologiche, i miglioramenti dell’imaging e le evoluzioni delle tecniche chirurgiche, solo il 20% dei pazienti con metastasi epatiche da cancro colorettale sono candidabili ad una chirurgia resettiva radicale con intento curativo. La percentuale di questi pazienti in cui lo scopo curativo viene raggiunto è ancora molto bassa. Grazie Paolo 25 LA BIBLIOTECA VIRTUALE Selezione di articoli rilevanti nel tumore colo-rettale A cura di Mario Scartozzi Screening Clinica di Oncologia Medica, A.O Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona Università Politecnica delle Marche De Jong AE, Morreau H, Van Puijenbroek M, et al. The role of mismatch repair gene defects in the development of adenomas in patients with HNPCC. Gastroenterology. 2004;126(1):42-48. Vasen HF, Möslein G, Alonso A, et al. Guidelines for the clinical management of Lynch syndrome (hereditary non-polyposis cancer). J Med Genet. 2007;44(6):353-362. Fattori predittivi e prognostici O’Connell MJ, Lavery I, Yothers G, et al. Relationship between tumor gene expression and recurrence in four independent studies of patients with stage II/III colon cancer treated with surgery alone or surgery plus adjuvant fluorouracil plus leucovorin. 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J Clin Oncol. 2011;28(10):1638-1644. Bujko K, Nowacki MP, Nasierowska-Guttmejer A, et al. Long-term results of a randomized trial comparing preoperative short-course radiotherapy with preoperative conventionally fractionated chemoradiation for rectal cancer. Br J Surg. 2006;93(10):1215-1223. Sauer R, Liersch T, Merkel S, et al. Preoperative versus postoperative chemoradiotherapy for locally advanced rectal cancer: results of the German CAO/ARO/AIO-94 randomized phase III trial after a median follow-up of 11 years. J Clin Oncol. 2012;30(16):1926-1933. “Hot Spot” Van Cutsem E, Tabernero J, Lakomy R, et al. Addition of aflibercept to fluorouracil, leucovorin, and irinotecan improves survival in a phase III randomized trial in patients with metastatic colorectal cancer previously treated with an oxaliplatin-based regimen. J Clin Oncol. 2012;30 (28):3499-506. Bennouna J, Sastre J, Arnold D, et al. Continuation of bevacizumab after first progression in metastatic colorectal cancer (ML18147): a randomised phase 3 trial. Lancet Oncol. 2013;14 (1):29-37. Grothey A, Van Cutsem E, Sobrero A, et al Regorafenib monotherapy for previously treated metastatic colorectal cancer (CORRECT): an international, multicentre, randomised, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet. 2013;381(9863):303-12. 31 La letteratura dei tumori del tratto gastrointestinale Dall’ultimo trimestre del 2012 al gennaio 2013 A cura di Stefania Mosconi* Cristina Tasca* Roberto Labianca° * USC Oncologia Medica, HPG23, Bergamo ° Dipartimento di Onco-Ematologia, HPG23, Bergamo Per questo primo numero della nuova rivista Neo-Mopp abbiamo voluto fare “un ripasso” della letteratura dell’ultimo trimestre dell’anno appena trascorso rivolgendo comunque l’attenzione anche al I mese dell’anno nuovo. Abbiamo scelto alcuni articoli che potrebbero vedere un successivo sviluppo nei mesi a venire. ESOFAGO Interessante ci è sembrato l’articolo rivolto alla valutazione di parametri clinici “quali probabili predittori” della risposta patologica completa (pCR) dopo trattamento multimodale (chemio-radioterapia e chirurgia) del tumore esofageo. L’obiettivo del lavoro è stato quello di ricercare parametri clinici/strumentali/istologici o loro associazioni per predire con buona probabilità la pCR dopo trattamenti combinati CT + RT , prima di procedere ad una chirurgia. Dall’analisi di 5 variabili, principalmente due sono emerse quali maggiormente predittive di buona risposta: il risultato della biopsia post CRT (negativa/positiva per cancro) e il valore del SUV alla rivalutazione con PET. Dalla combinazione delle 5 variabili considerate (sesso, stadio del T alla diagnosi, grado di differenziazione tumorale, presenza/assenza di neoplasia alla biopsia dopo chemio-radioterapia, valutazione del SUV dopo trattamenti combinati) ne emerge un nomogramma il cui punteggio darebbe un’indicazione di probabilità di pCR (probabilità di pCR superiore a 60% con somma del punteggio ottenuto nel nomogramma di 160). La predizione della risposta anche se completa patologica, non sostituisce la chirurgia che, come si legge dalle linee guida AIOM, fatto salvo il distretto cervicale, ad oggi rimane il trattamento principale del carcinoma esofageo (grado di raccomandazione A) e come sottolineano gli stessi autori, questo modello non è ancora utilizzabile nella pratica clinica e richiede ulteriori validazioni, possibilmente correlate ad un biomarcatore di risposta. Clinical parameters model for predicting pathologic complete response following preoperative chemoradiation in patients with esophageal cancer. J. A. Ajani, A. M. Correa, W. L. Hofstetter, D. C. Rice, M. A. Blum, A. Suzuki1, T. Taketa, J. Welsh, S. H. Lin, J. H. Lee, M. S. Bhutani, W. A. Ross, D. M. Maru, H. A. Macapinlac, J. Erasmus, R. Komaki, R. J. Mehran, A. A. Vaporciyan & S. G. Swisher. Annals of Oncology 23: 2638–2642, 2012 Background: approximately 25% of patients with esophageal cancer (EC) who undergo preoperative chemoradiation, achieve a pathologic complete response (pathCR). We hypothesized that a model based on clinical parameters could predict pathCR with a high (≥60%) probability. Patients and methods: we analyzed 322 patients with EC who underwent preoperative chemo-radiation. All the patients had baseline and post chemo radiation positron emission tomography (PET) and pre-and postchemoradiation endoscopic biopsy. Logistic regression models were used for analysis, and cross-validation via the bootstrap method was carried out to test the model. Results: the 70 (21.7%) patients who achieved a pathCR lived longer (median overall survival [OS], 79.76 months) than the 252 patients who did not achieve a pathCR (median OS, 39.73 months; OS, P = 0.004; disease-free survival, P = 0.003). In a logistic regression analysis, the following parameters contributed to the prediction model: postchemo-radiation PET, postchemo radiation biopsy, sex, histologic tumor grade, and baseline EUST stage. The area under the receiveroperating characteristic curve was 0.72 (95% confidence interval [CI] 0.662–0.787); after the bootstrap validation with 200 repetitions, the bias-corrected AU-ROC was 0.70 (95% CI 0.643–0.728). Conclusion: our data suggest that the logistic regression model can predict pathCR with a high probability. This clinical model could complement others (biomarkers) to predict pathCR. N° 1 MARZO 2013 32 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives STOMACO Riguardo al cancro gastrico segnaliamo i risultati preliminari dello studio STEAD-GC per l’identificazione precoce del cancro gastrico (ClinicalTrials.gov Identifier: NCT01774266). Lo studio ha analizzato i livelli nel tessuto neoplastico, nel tessuto non neoplastico e nel plasma, del biomarcatore REPRIMO, considerato da diverse analisi un marcatore precoce di cancro (tumori GI ed altri). Mettendo a confronto il valore rilevato del biomarcatore nei pazienti con cancro verso i pazienti con gastrite, tali valori sono risultati significativamente più elevati nei pazienti con cancro gastrico rispetto ai pazienti affetti da gastrite. Tale metodo potrebbe essere impiegato quale test di screening nelle popolazioni ad alta incidenza e mortalità per tale tipo di cancro e forse, come metodo di sorveglianza (alternato all’endoscopia) in quei casi ad alto rischio di sviluppo di cancro. Sempre in riferimento al tumore dello stomaco segnaliamo altri due lavori, uno dell’ottobre 2012 e l’altro del più recente gennaio 2013. Nel primo lavoro Willis smentirebbe il valore prognostico negativo dell’istotipo cellule ad anello con castone rispetto all’istotipo adenocarcinoma. Dall’analisi retrospettiva dei dati SERR (con i limiti di tale analisi) il tumore a cellule ad anello con castone rispetto all’adenocarcinoma risulta diagnosticato in soggetti di età più giovane e ad uno stadio più avanzato (maggiore frequenza di pT3-T4, pN+ e M+). Dall’analisi delle sopravvivenze non è stata rilevata alcuna differenza clinicamente significativa nei pazienti in stadio IV tra i due istotipi. Il secondo lavoro si riferisce ad una analisi europea del significato prognostico della 7° edizione AJCC/UICC rispetto alla versione precedente (anche se esperienza monocentrica ma condotta su oltre 1700 pazienti affetti da cancro gastrico operati con adeguata linfoadenectomia D2). Esplicative sono le curve di sopravvivenza (figura 1 e 2) del lavoro che dimostrano come la complessità della nuova classificazione conferisce un guadagno in sopravvivenza statisticamente significativo per i sottogruppi pT2, pT3, pT4, pN2, pN3, anche se i margini di guadagno sono chiaramente diversi. Il confronto tuttavia delle curve di sopravvivenza relative ai diversi stadi (figura 3 del lavoro) dimostra che il vantaggio è rilevante (+9%) solo per lo stadio II. Da questa esperienza sembrerebbe che la maggiore complessità della classificazione del tumore dello stomaco della 7° edizione UICC non trovi applicazione come utile strumento prognostico se paragonato alla precedente versione. Screening and Triage Test for Early Detection of Gastric Cancer (STEAD-GC): A noninvasive trial for early detection of gastric cancer. Alejandro Corvalan, Maria Jose Maturana, Marianela Sanchez, Alfonso Calvo and Catterina Ferreccio Journal of Clinical Oncology Vol 30, No 30_suppl (October 20 Supplement), 2012: 17 Background: gastric cancer (GC) is the second leading cause of cancer-related deaths worldwide. Previously, we identified a potential biomarker for non-invasive detection of GC, the DNA methylation of the promoter region of Reprimo, a p53-dependent G2 arrest mediator candidate (Clin Cancer Res 2008;14:6264-9). Furthermore, we developed a quantitative assay (MethyLight) for a mass screening of GC (DDW2011-1029128). Here we reported the preliminary findings of our ongoing prospective trial STEAD-GC (Screening and Triage test for Early Detection of Gastric Cancer) which is being conducted in Chile, a country with a high mortality rate for GC. Methods: twenty GC cases (tumor, non-tumor tissues and plasma samples) and 41 symptomatic chronic gastritis cases (29 tissues and 12 pairs of tissue and plasma samples) were evaluated for Reprimo levels by MethyLight after DNA extraction and bisulfite conversion. Results: concentrations of DNA were similar in both groups (Avg 32.2 ng/ml [range: 8.9-70.8 ng/ml]). The average DNA levels of Reprimo were higher in GC [964,215 copies/ml, 539,593 copies/ml and 80,113 copies/ml in tumor, non-tumor and plasma, respectively] but lower in symptomatic chronic gastritis [137,721 copies/ml and 8,387 copies/ml, tissue and plasma, respectively]. Conclusions: by using our previous cut-off of 15,125 copies/ml, our method correctly identified 10 out of 12 gastritis cases and 16 out of 20 GC cases (p value <0.001). Our data confirms our non-invasive method for early detection of GC may be suitable for a mass screening of GC. New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 33 Prognostic Significance of Signet Ring Gastric Cancer. Sharven Taghavi, Senthil N. Jayarajan, Adam Davey and Alliric I. Willis Journal of Clinical Oncology Vol 30, No 28 October 1, 2012 Purpose: studies in Asia have questioned the dictum that signet ring cell carcinoma (SRC) has a worse prognosis than other forms of gastric cancer. Our study determined differences in presentation and outcomes between SRC and gastric adenocarcinoma (AC) in the United States. Patients and Methods: the National Cancer Institute Surveillance, Epidemiology, and End Results database was reviewed for SRC and AC from 2004 to 2007. Results: we reviewed 10,246 cases of patients with gastric cancer, including 2,666 of SRC and 7,580 of AC. SRC presented in younger patients (61.9 v 68.7 years; P < .001) and less often in men (52.7% v 68.7%; P < .001). SRC patients were more frequently black (11.3% v 10.9%), Asian (16.4% v 13.2%), American Indian/Alaska Native (0.9% v 0.8%), or Hispanic (23.3% v 14.0%; P < .001). SRC was more likely to be stage T3-4 (45.8% v 33.3%), have lymph node spread (59.7% v 51.8%), and distant metastases (40.2% v 37.6%; P < .001). SRC was more likely to be found in the lower (30.7% v 24.2%) and middle stomach (30.6% v 20.7%; P < .001). Median survival was not different between the two (AC, 14.0 months v SRC, 13.0 months; P = .073). Multivariable analyses demonstrated SRC was not associated with mortality (hazard ratio [HR], 1.05; 95% CI, 0.96 to 1.11; P = .150). Mortality was associated with age (HR, 1.01; 95% CI, 1.01 to 1.02; P < .001), black race (HR, 1.10; 95% CI, 1.01 to 1.20; P = .026), and tumor grade. Variables associated with lower mortality risk included Asian race (HR, 0.83; 95% CI, 0.77 to 0.91; P < .001) and surgery (HR, 0.37; 95% CI, 0.34 to 0.39; P < .001). Conclusion: in the United States, SRC significantly differs from AC in extent of disease at presentation. However, when adjusted for stage, SRC does not portend a worse prognosis. Prognostic Implications of the Seventh Edition of the International Union Against Cancer Classification for Patients With Gastric Cancer: The Western Experience of Patients Treated in a Single-Center European Institution. Daniel Reim, Martin Loos, Fabian Vogl, Alexander Novotny, Tibor Schuster, Rupert Langer, Karen Becker, Heinz Höfler, Jens Siveke, Florian Bassermann, Helmut Friess, and Christoph Schuhmacher Journal of Clinical Oncology Vol 31, No 2 January 2013 Purpose: validity of the seventh edition of the American Joint Committee on Cancer/International Union Against Cancer (AJCC/UICC) staging systems for gastric cancer has been evaluated in several studies, mostly in Asian patient populations. Only few data are available on the prognostic implications of the new classification system on a Western population. Therefore, we investigated its prognostic ability based on a German patient cohort. Patients and Methods: data from a single-center cohort of 1,767 consecutive patients surgically treated for gastric cancer were classified according to the seventh edition and were compared using the previous TNM/UICC classification. Kaplan-Meier analyses were performed for all TNM stages and UICC stages in a comparative manner. Additional survival receiver operating characteristic analyses and bootstrap-based goodness-of-fit comparisons via Bayesian information criterion (BIC) were performed to assess and compare prognostic performance of the competing classification systems. Results: we identified the UICC pT/pN stages according to the seventh edition of the AJCC/UICC guidelines as well as resection status, age, Lauren histotype, lymphnode ratio, and tumor grade as independent prognostic factors in gastric cancer, which is consistent with data from previous Asian studies. Overall survival rates according to the new edition were significantly different for each individual’s pT, pN, and UICC stage. However, BIC analysis revealed that, owing to higher complexity, the new staging system might not significantly alter predictability for overall survival compared with the old system within the analyzed cohort from a statistical point of view. Conclusion: the seventh edition of the AJCC/UICC classification was found to be valid with distinctive prognosis for each stage. However, the AJCC/UICC classification has become more complex without improving predictability for overall survival in a Western population. Therefore, simplification with better predictability of overall survival of patients with gastric cancer should be considered when revising the seventh edition. N° 1 MARZO 2013 34 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives PANCREAS Parlando di tumore del pancreas, non si può non citare il ruolo del nab-paclitaxel e la presentazione all’ASCO GI di quest’anno. Lo studio randomizzato di fase III - MPAC - di confronto tra nab-paclitaxel + gemcitabina verso sola gemcitabina dimostra la superiorità in termini di risposta e sopravvivenza della combinazione rispetto alla sola gemcitabina. Rispetto allo schema FOLFIRINOX, altro schema proponibile in I linea metastatico ma in pazienti selezionati (età, PS, bilirubina), il profilo di tossicità della combinazione nab-paclitaxel risulta più favorevole (fatigue, diarrea, neutropenia e neutropenia febbrile) risultando quindi uno schema di più facile applicabilità nella pratica clinica rispetto ad altre combinazioni. Che la combinazione nab-paclitaxel + gemcitabine diventi il nuovo braccio di riferimento dei prossimi studi clinici dopo anni di sola gemcitabina o fluorouricile? Qualcuno ha già guardato oltre ipotizzando uno schema sequenziale nab-paclitaxel + gem a seguire consolidamento con FOLFIRINOX modificato (schedula senza 5FU bolo e aggiunta di GCSF in profilassi primaria) il tutto per 6 + 6 cicli di trattamento. La nostra prima riflessione è che forse un regime così intensificato sarebbe da riservare ai casi di malattia localmente avanzata giudicata ancora non operabile dopo la prima fase di induzione chemioterapica. In attesa dei risultati teniamo le dita incrociate. Randomized phase III study of weekly nab-paclitaxel plus gemcitabine versus gemcitabine alone in patients with metastatic adenocarcinoma of the pancreas (MPACT). Daniel D. Von Hoff, Thomas J. Ervin, Francis P. Arena, E. Gabriela Chiorean, Jeffrey R. Infante, Malcolm J. Moore, Thomas E. Seay, Sergei Tjulandin, Wen Wee Ma, Mansoor N. Saleh, Marion Harris, Michele Reni, Ramesh K. Ramanathan, Josep Tabernero, Manuel Hidalgo, Eric Van Cutsem, David Goldstein, Xinyu Wei, Jose Luis Iglesias and Markus Frederic Renschler Journal of Clinical Oncology, 2013 Gastrointestinal Cancers Symposium Vol 31, No 4_suppl (February 1 Supplement), 2013: LBA148 Background: nab-Paclitaxel (nab-P, 130 nm albumin-bound paclitaxel) provides tumor selective localization via transcytosis across the endothelium, potential tumor uptake via macropinocytosis, and improved pharmaco kinetics vs cremophorpaclitaxel. In vitro, nab-P increased tumoral gemcitabine (G) levels, and in a phase I/II study in metastatic pancreatic cancer (mPC) nab-P + G showed promising activity. Methods: patients (pts) with mPC were randomized to nab-P 125 mg/m2, followed by G 1000 mg/m2 on days 1, 8, and 15 every 4 weeks or G 1000 mg/m2 weekly for 7 weeks (cycle 1), then on days 1, 8, and 15 every 4 weeks (cycle 2). For the primary endpoint of overall survival (OS), 608 events from 842 patients provided a power of 0.9 to detect a HR of 0.769 (2-side α = 0.049). Results: 861 pts received therapy. Baseline pt characteristics were well balanced. Median age was 63 years, Karnofsky performance status was 90-100 in 60% and 80 in 40% of pts, 43% had head of pancreas lesions, 84% had liver and 39% had lung metastases, and 52% of pts had CA19-9 59 x ULN. Treatment duration was 4 vs 3 months in nab-P + G vs G. The relative protocol G dose was 75% vs 85% in nab-P + G vs G; nab-P dose was 81%. OS, progression-free survival (PFS), time to treatment failure (TTF), and overall response rate (ORR) were significantly improved in the nab-P + G arm (Table). Most common grade 3 AEs were neutropenia (38% vs 27%), fatigue (17% vs 7%), and neuropathy (17% vs 1%) in the nab-P + G vs G arms. Grade 3 neuropathy improved to grade 1 in 29 days. Febrile neutropenia was reported in 3% (nab-P + G) vs 1% (G) pts. Conclusions: in this multinational, multiinstitutional study, nab-P + G was well tolerated and superior to G with statistically significant and clinically meaningful results in all endpoints and across subgroups. Clinical trial information: NCT00844649. New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Intent-to-treat nab-P+G G Hazard ratio n = 431 n = 430 (95%CI) P= OS, median mo 8.5 6.7 0.72 0.000015 1-yr survival, % 35 22 (0.617–0.835) 0.000200 2-yr survival, % 9 4 PFS, median mo 5.5 3.7 0.69 0.000024 1-yr PFS, % 9 (0.581–0.821) 0.031876 3.6 0.70 (0.604, 0.803) <0.0001 16 T TF, median mo 5.1 35 0.021234 Response rate ratio (Pnab-P+G / PG) ORR, n (%) 99 31 3.19 ORR, n (%) (23) (7) (2.178–4.662) 1.1x10-10 Phase II study of induction therapy with gemcitabine and nab-paclitaxel followed by consolidation with mFOLFIRINOX in patients with metastatic pancreatic cancer. Ramesh K. Ramanathan, Peter Lee, Joseph W. Leach, Stephen Patrick Anthony, Glen J. Weiss, Peter J. Rosen, Vincent J. Picozzi, Jasgit C. Sachdev, Tim Larson, Ronald Korn, Chengcheng Hu, Gayle S. Jameson, Amy C. Stoll, Daniel D. Von Hoff and John E. Seng Journal of Clinical Oncology, 2013 Gastrointestinal Cancers Symposium Vol 31, No 4_suppl (February 1 Supplement), 2013: 233 Background: we designed a phase II study to evaluate the efficacy, toxicity and feasibility of administering nab-paclitaxel/gemcitabine (NabP-Gem) followed by mFOLFIRINOX in MPC. Methods: eligible patients had evidence of untreated MPC with performance status of ECOG 0-1 and adequate organ function. Induction therapy was with Nab-P (125 mg/m2) and Gem (1000 mg/ m2) weekly x 3 every 4 weeks for a maximum of 6 months (6 cycles). mFOLFIRINOX every 2 weeks (Consolidation regimen) was initiated after 6 cycles of the Induction regimen, or earlier in case of progression, and given upto 6 months (12 cycles). The FOLFIRINOX regimen (NEJM,364:1817-25: 2011) was modified to omit the bolus 5FU and requires addition of granulocyte growth factor prophylaxis. A primary endpoint is to increase 1 year survival (n=30) to >70%, (95% confidence intervals for one year survival rate is +/- 20%). Results: as of 9/1/2012, 26 of 30 subjects have been accrued. M/F ratio is 58%/42%, median is 65 years. In 20 patients treated on the induction phase, 75% have a > 90% decrease in CA 19-9 levels. The partial response rate (PR) in the first 19 patients who have completed 4 cycles is 50%. Early image analysis on 9 subjects with concurrent CT and PET showed 44% PR (RECIST 1.1) but 89% by CHOI and PET criteria. A novel approach to interrogate tumor texture composition demonstrated substantial change in lesion texture following induction therapy. To date selected Grade > 3 adverse events are N° 1 MARZO 2013 36 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives neutropenia (n=8), fatigue (n=5), thromboembolic events (n=4), peripheral neuropathy (n=3), dehydration (n=2), anemia (n=3), thrombocytopenia (n=2), febrile neutropenia (n=2) and myalgias (n=2). Among 26 patients who have received at least one cycle of NabP-Gem, ten dose reductions and four dose delays were seen. To date, 11 patients have begun the Consolidation regimen with mFOLFIRINOX. Conclusions: The induction NabP-Gem regimen shows preliminary evidence of substantial activity similar to published reports (JCO.29:4548-54: 2011). Study will now evaluate the safety, efficacy and feasibilty of the Consolidation regimen with mFOLFIRINOX. Supported by the Seena Magowitz Foundation. Clinical trial information: NCT01488552. COLON-RETTO Per ultimo, ma non per importanza, citiamo il lavoro pubblicato sul NEJM relativo all’uso dell’aspirina nei pazienti operati di adenocarcinoma del colon e del retto. Dall’analisi dei dati il vantaggio in sopravvivenza cancro del colon-retto-correlata è evidente SOLO per quei casi di tumore con mutazione della PI3KCA (20% circa) e non per tutti i casi. Questo per sottolineare l’ormai indispensabile esigenza di caratterizzare sempre più approfonditamente i casi di cancro colorettale, ma non solo, perché anche le piccole cose (l’aspirina) possono fare grandi differenze. Aspirin Use, Tumor PIK3CA Mutation, and Colorectal-Cancer Survival Xiaoyun Liao, M.D., Ph.D., Paul Lochhead, M.B., Ch.B., Reiko Nishihara, Ph.D., Teppei Morikawa, M.D., Ph.D., Aya Kuchiba, Ph.D., Mai Yamauchi, Ph.D., Yu Imamura, M.D., Ph.D., Zhi Rong Qian, M.D., Ph.D., Yoshifumi Baba, M.D., Ph.D., Kaori Shima, D.D.S., Ph.D., Ruifang Sun, M.B., Katsuhiko Nosho, M.D., Ph.D., Jeffrey A. Meyerhardt, M.D., M.P.H., Edward Giovannucci, M.D., M.P.H., Sc.D., Charles S. Fuchs, M.D., M.P.H., Andrew T. Chan, M.D., M.P.H., and Shuji Ogino, M.D., Ph.D. N Engl J Med 2012; 367:1596-1606 October 25 Background: regular use of aspirin after a diagnosis of colon cancer has been associated with a superior clinical outcome. Experimental evidence suggests that inhibition of prostaglandin-endoperoxide synthase 2 (PTGS2) (also known as cyclooxygenase-2) by aspirin down-regulates phosphatidylinositol 3-kinase (PI3K) signaling activity. We hypothesized that the effect of aspirin on survival and prognosis in patients with cancers characterized by mutated PIK3CA (the phosphatidylinositol-4,5-bisphosphonate 3-kinase, catalytic subunit alpha polypeptide gene) might differ from the effect among those with wild-type PIK3CA cancers. Methods: we obtained data on 964 patients with rectal or colon cancer from the Nurses' Health Study and the Health Professionals Follow-up Study, including data on aspirin use after diagnosis and the presence or absence of PIK3CA mutation. We used a Cox proportional-hazards model to compute the multivariate hazard ratio for death. We examined tumor markers, including PTGS2, phosphorylated AKT, KRAS, BRAF, microsatellite instability, CpG island methylator phenotype, and methylation of long interspersed nucleotide element 1. Results: among patients with mutated- PIK3CA colorectal cancers, regular use of aspirin after diagnosis was associated with superior colorectal cancer–specific survival (multivariate hazard ratio for cancer-related death, 0.18; 95% confidence interval [CI], 0.06 to 0.61; P<0.001 by the log-rank test) and overall survival (multivariate hazard ratio for death from any cause, 0.54; 95% CI, 0.31 to 0.94; P=0.01 by the log-rank test). In contrast, among patients with wild-type PIK3CA, regular use of aspirin after diagnosis was not associated with colorectal cancer–specific survival (multivariate hazard ratio, 0.96; 95% CI, 0.69 to 1.32; P=0.76 by the log-rank test; P=0.009 for interaction between aspirin and PIK3CA variables) or overall survival (multivariate hazard ratio, 0.94; 95% CI, 0.75 to 1.17; P=0.96 by the log-rank test; P=0.07 for interaction). Conclusions: regular use of aspirin after diagnosis was associated with longer survival among patients with mutated-PIK3CA colorectal cancer, but not among patients with wild-type PIK3CA cancer. The findings from this molecular pathological epidemiology study suggest that the PIK3CA mutation in colorectal cancer may serve as a predictive molecular biomarker for adjuvant aspirin therapy. 37 “La Ricerca Oncologica in Italia in tempi di Spending Review” Report dal Meeting svoltosi a Firenze il 15 febbraio 2013 A cura di Rodolfo Passalacqua A Rodolfo Passalacqua, presidente del GOIRC abbiamo chiesto di riassumere i punti salienti emersi durante lo svolgimento del Convegno. Il convegno annuale del GOIRC è diventato un appuntamento essenziale, di confronto multidisciplinare e multiprofessionale, al quale partecipano rappresentanti di Società Scientifiche (AIOM, SIAPEC, CIPOMO, SIT, SISMEC ecc), Gruppi cooperativi, Farmindustria e autorevoli ospiti stranieri. Gli argomenti trattati sono quelli di maggiore attualità nell’ambito di politica sanitaria e ricerca oncologica; in particolare, quest’anno è stato affrontato un tema cruciale: come garantire una ricerca indipendente di buona qualità in tempi di crisi economica. Gli interventi, tenuti da esperti illustri e autorevoli, hanno riguardato la regolamentazione della ricerca clinica e i nuovi Comitati Etici, le opportunità di finanziamento pubbliche e private, l’impatto dei nuovi farmaci (non solo economico ma soprattutto in termini di outcome per i pazienti e la società). Incisive a questo riguardo le relazioni di Richard Smith (past editor di BMJ) e della dott.ssa Caterina Caminiti (biostatistico) su come attualmente a livello internazionale si misura l’impatto sociale della ricerca, anche per superare i ben noti limiti di una valutazione basata solo su indici bibliometrici (impact factor, h-index, numero di citazioni, ecc), argomento sul quale è opportuno un maggiore approfondimento nel prossimo congresso. L’attenzione e la partecipazione a questo Convegno è stata molto ampia, sicuramente in crescita in questi ultimi anni. Uno dei fattori determinanti del successo è stato l’ampia partecipazione di giovani ricercatori oncologi e di professionisti che nei vari Centri GOIRC si occupano dell’organizzazione della infrastruttura di ricerca, con i quali si sta lavorando per consentire l’attuazione di studi spontanei di buona qualità. Esistono i presupposti per ipotizzare, nel prossimo futuro, un impegno collaborativo, in termini di ricerca clinica, dei diversi Gruppi Italiani? Io sono per natura ottimista ma anche pragmatico. I presupposti per poter fare ricerca intergruppo vanno costruiti con un forte impegno reciproco. Fare ricerca indipendente è sempre più difficile, richiede competenze multidisciplinari che vanno acquisite con anni di pratica e di studio, non sono più sufficienti adeguate norme regolatorie e “trasparenti” documenti di accordo. I leader dei singoli Gruppi devono capire l’importanza di integrare e valorizzare le risorse disponibili, di attuare formazione per garantire in tutti i centri dati di buona qualità e piena adesione ai principi della GCP. Da circa 2 anni il GOIRC investe nella propria “infrastruttura della ricerca”, attraverso la messa a disposizione di strumenti (eCRF, SAS, database, ecc) e l’attuazione di una rete di tutte le figure presenti nei vari centri a supporto dei ricercatori. Sono data-manager, biostatistici, infermieri di ricerca, monitor, figure indispensabili che i centri di piccole e medie dimensioni non possono garantire e che spesso costituisce motivo di non partecipazione a progetti rilevanti per i pazienti. Solo grazie alla partecipazione di molti centri (piccoli, medi e grandi) a gruppi collaborativi è possibile attuare progetti di ricerca di buona qualità e inseriti in un contesto reale (non solo centri ultra selezionati), con importanti esiti per i pazienti (farmaci innovativi disponibili indipendentemente dal luogo di cura), per i professionisti (crescita di competenze) e per la società (minori costi e maggiori benefici). Ritieni che la ricerca clinica indipendente sarebbe positivamente influenzata da tale impegno? Certamente si: la ricerca in generale ma in particolare quella indipendente ne avrebbe un forte vantaggio. Spesso dai clinici nascono le idee di ricerca più rispondenti ai reali bisogni dei pazienti, ma difficilmente si riescono a realizzare; N° 1 MARZO 2013 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives 38 a volte per mancanza di risorse ma anche di competenze in metodologia della ricerca. Dovremmo sostenere maggiormente le buone idee e impegnarci a realizzarle, indipendentemente da chi è il proponente e a quale Gruppo cooperativo appartenga; in questo potrebbe aiutarci l’analizzare la proposta progettuale in termini di potenziale impatto sociale e non limitarsi alla misura delle risposte o dell’hazard ratio. Provare a misurare ad esempio cosa ha significato e cosa significa per la “società” la ricerca fatta dal GISCAD in questi 20 anni (tanto per ricordare il vostro grosso contributo) e che impatto positivo ha avuto in termini di riduzione degli anni di vita persi, di incremento di occupazione di giovani ricercatori, di cambiamenti degli stili di vita, ecc. Proviamo allo stesso modo a immaginare e misurare le ricadute della ricerca attuata da più Gruppi cooperativi che lavorino insieme su rilevanti progetti, come avviene in paesi più organizzati di noi (Olanda, Francia, Germania..). Sarebbe veramente un grosso salto, in questo momento di crisi generale ... Quale ruolo potrebbero avere associazioni di categoria; AIOM-Fondazione AIOM-CIPOMO, solo per fare alcuni esempi? Io parto dalla considerazione che la “mission” delle Associazioni Scientifiche e dei Gruppi è comune ossia migliorare la salute dei malati di cancro e dei loro familiari. La ricerca è lo strumento, in quanto ha questo fine nobile. AIOM e CIPOMO devono per questo riconoscere i Gruppi come interlocutori privilegiati, interagire maggiormente con loro, in quanto fonte di idee innovative e pregnanti per i pazienti, veicolo prestigioso per trasferire tempestivamente i risultati della ricerca nella pratica. Le Associazioni si muovono su un livello scientifico diverso e più attento alla politica sanitaria: diffusione di conoscenze, programmazione, organizzazione del lavoro, formazione e aggiornamento, bisogni dei malati e problematiche sociali ecc. Una maggiore integrazione fra Associazioni e Gruppi collaborativi sarebbe sicuramente molto proficuo per entrambi e per i pazienti. E le associazioni dei pazienti esistenti sul territorio? Io considero le Associazioni di pazienti come l’interlocutore privilegiato dei clinici e non solo organi di rappresentanza. Spesso vengono coinvolte, ad es nei Comitati Etici, solo delle comparse senza competenze specifiche e senza possibilità di incidere sulle decisioni. Invece sono fondamentali per migliorare l’assistenza basandosi sui reali bisogni e per supportare pazienti e loro familiari; occorre favorire la loro presenza nei reparti a diretto contatto con i malati, far si che possano verificare e controllare come si lavora, interagire positivamente e in modo costruttivo con i professionisti e gli operatori. Sei fiducioso che la ricerca clinica indipendente possa sopravvivere, nonostante il difficile momento che sta attraversando il paese? Le potenzialità di crescita sono enormi. La maggior parte dei malati oncologici viene curata in ospedali di piccole e medie dimensioni, non attrezzati per fare ricerca clinica, privi di personale a supporto e non collegati in rete con altri centri. Ci sono centinaia di nuove molecole promettenti che devono essere testate. La ricerca clinica indipendente può garantire qualità ed economicità all’industria, cure innovative e promettenti a molti malati, senza farli emigrare verso i grossi centri più dotati di risorse ma anche con maggiori difficoltà a rispondere ai molteplici bisogni dei pazienti. E’ il momento di utilizzare queste potenzialità nel miglior modo possibile. Grazie Rodolfo New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Presidente Roberto Labianca Segretario Luciano Frontini CdA Enrico Aitini Sandro Barni Stefano Cascinu Giancarlo Martignoni Gianfranco Pancera Alberto Sobrero Alberto Zaniboni Ufficio Operativo Responsabile Luciano Frontini Data managers Lorena Cozzi Silvia Rota Via Vittorio Alfieri, 45-20015 Parabiago (MI) Tel. 0331 490052 - 4944495 Fax 0331 553720 E-mail : [email protected] - [email protected] – [email protected] Sito Web: http://www.giscad.org 39 40 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives GISCAD NEWS 15 marzo 2013 STUDI in CORSO TOSCA Three Or Six Colon Adjuvant A randomized trial investigating the role of FOLFOX-4 or XELOX (3 versus 6 months) regimen duration as adjuvant therapy for patients with stage II/III colon cancer Centri partecipanti 130 Randomizzazioni 3737 COMETS COlorectal M Etastatic T wo Sequences Open-label randomized, parallel group, phase III, multicenter trial comparing two different sequences of therapy (irinotecan/cetuximab followed by fluorouracil/leucovorin with oxaliplatin (FOLFOX-4) vs. FOLFOX-4 followed by irinotecan/cetuximab) in metastatic colorectal patients treated with fluorouracil/leucovorin with irinotecan (FOLFIRI)/bevacizumab as first line chemotherapy Centri partecipanti 18 Randomizzazioni 93 ONCOL 1 A randomized phase II study of taxotere, oxaliplatin, capecitabine (TOX) or epidoxorubicin, oxaliplatin and capecitabine (EOX) in patients with locally advanced unresectable or metastatic gastric cancer Centri partecipanti 11 Randomizzazioni 26 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives ITACA-S 2 (Intergroup Trial in Adjuvant Chemotherapy for Adenocarcinoma of the Stomach) Comparison of the efficacy of a peri-operative versus a post-operative chemotherapy treatment in patients with operable gastric cancer and assessment of the benefit of a postoperative chemo-radiotherapy Centri GISCAD partecipanti 13 Randomizzazioni Centri GISCAD 7 Totale randomizzazioni 54 LEGA Trial LowtoxEoxGastricAdvanced Randomized Phase III Study of low-Taxotere, Oxaliplatin, Capecitabine (low-TOX) vs Epirubicin, Oxaliplatin and Capecitabine (EOX) in Patients with Locally Advanced Unresectable or Metastatic Gastric Cancer In collaborazione con CLIOSS s.r.l. Management Group e il supporto di Centri partecipanti 38 Centri attivati 27 Randomizzazioni 2 41 42 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives STUDI in ITINERE CENTRAL (ColorEctalavastiNTRiALdh) First-line FOLFIRI and bevacizumab in patients with advanced colorectal cancer prospectively stratified according to serum LDH I centri che hanno attualmente aderito al progetto sono 15 Chi fosse interessato a partecipare può contattare Silvia Rota: 0331 490052 / [email protected] GAP Gemcitabine Abraxane Pancreas Trial A Phase II randomized trial comparing a combination of Abraxane and Gemcitabine versus Gemcitabine alone as first line treatment in locally advanced unresectable pancreatic cancer”. Chi fosse interessato a partecipare può contattare Silvia Rota: 0331 490052 / [email protected] New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives ATTIVITA’ FORMATIVO-EDUCAZIONALE GISCAD STAGE Scuola sui Tumori dell’Apparato Gastro-Enterico STAGEWebConference 22 Marzo 9 Aprile 18 Aprile 13 Maggio 14.30 – 16.30 Collegamento in rete dal vivo con risposta da parte di esperti su quesiti emergenti/questioni dibattute nel trattamento del paziente portatore di carcinoma gastrico avanzato/metastatico HER2 positivo. I partecipanti dei centri riceventi in collegamento web-chat, potranno ascoltare le presentazioni, porre domande e/o esprimere il loro parere e partecipare attivamente alla discussione. Per ulteriori informazioni McCANN – HEALTHCARE Via Valtellina 17 – 20159 Milano Tel. 02 3057571 43 44 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives STAGECorsi La malattia metastatica colorettale Le criticità I Corsi prevedono la presentazione, da parte dei facilitatori, di alcune domande su questioni dibattute e/o emergenti in relazione all’argomento. Prima dell’inizio della sessione i facilitatori chiederanno anche ai partecipanti, organizzati in gruppi di lavoro, se ne vogliono aggiungere altre. I relatori risponderanno ai quesiti, fornendo i dati di EBM e lo stato dell’arte, argomentando le loro scelte. Le presentazioni offriranno lo spunto di riflessione critica, di confronto e discussione, e consentiranno l’approfondimento degli argomenti affrontati. I partecipanti, favoriti dal numero limitato ed organizzati in gruppi di lavoro, potranno interagire costantemente con i docenti e avranno la possibilità di utilizzare metodologie tecnologiche finalizzate ad accrescere il livello di coinvolgimento nell’attività didattica, con strumenti di gestione interattiva, scegliendo risposte e soluzioni personali, che potranno essere inviate agli esperti e diventare oggetto di discussione collegiale. Al termine del Corso la presentazione di algoritmi decisionali fornirà uno strumento di gestione delle diverse fasi di malattia nella pratica clinica PADOVA 10 Maggio 2013 MILANO 21 Maggio 2013 FIRENZE 24 Maggio 2013 Per ulteriori informazioni MULTIMEDIA SYSTEMS Via Aosta 4/A – 20155 Milano Tel. 02 5416951 E-mail [email protected] New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives SITO WEB http://www.giscad.org 45 46 New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives Note La vita pone domande. Noi cerchiamo le risposte. L’innovazione è la nostra risposta alle continue sfide della salute. Lavoriamo ogni giorno per salvare le vite dei pazienti e per aiutare milioni di persone in tutto il mondo. Leader mondiali nelle biotecnologie: diagnostica in vitro, oncologia, virologia, anemia e reumatologia sono le nostre aree di eccellenza. Focalizziamo il nostro impegno in ricerca e sviluppo sulla scoperta di nuovi farmaci e tecnologie diagnostiche in grado di combattere il cancro, l’epatite, l’Alzheimer, l’artrite reumatoide ed il diabete e rispondere a bisogni medici ancora insoddisfatti. Grazie ai grandi progressi nella ricerca e alla sinergia tra diagnosi e terapia, siamo pionieri nello sviluppo di test diagnostici e farmaci personalizzati in base alle caratteristiche genetiche di gruppi di pazienti. Ci sono tante risposte quante sono le persone. Noi continuiamo a cercare soluzioni individuali. www.roche.it www.giscad.org Scansiona il codice QR con il cellulare e scoprirai un mondo di informazioni