Trattamento del tumore colo-rettale metastatico

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Trattamento del tumore colo-rettale metastatico
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1
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
SOMMARIO
EDITORIALE. Perché una nuova rivista?
Roberto Labianca
3
CONVERSAZIONE CON ALBERTO SOBRERO:
Il trattamento del tumore colo-rettale metastatico
Alberto Sobrero
5
I progressi nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon
Corrado Boni
7
Il tumore metastatico del pancreas esocrino
Da Howard Burris a Thierry Conroy sino a Daniel Von Hoff
Kalliopi Andrikou, Alessandro Bittoni, Stefano Cascinu
11
INTERVISTA A PAOLO DELRIO:
La chirurgica delle metastasi epatiche da carcinoma colo-rettale
Who, When, How?
Paolo Delrio
21
LA BIBLIOTECA VIRTUALE
Selezione di articoli rilevanti nel tumore colo-rettale
Mario Scartozzi
25
La letteratura sui tumori del tratto gastrointestinale
dall’ultimo trimestre del 2012 al gennaio 2013
Stefania Mosconi, Cristina Tasca, Roberto Labianca
31
CONVERSAZIONE CON RODOLFO PASSALACQUA:
La ricerca clinica indipendente in tempi di spending rewiev
Rodolfo Passalacqua
37
GISCAD NEWS
39
N° 1 MARZO 2013
3
EDITORIALE.
Perché una nuova rivista?
Roberto
Labianca
Presidente
GISCAD
Da MOPP a NEO-MOPP: cosa cambia? Il nome dà
certamente il suggerimento di una innovazione e la grafica
ci pare davvero più moderna e accattivante, ma vorremmo
fosse chiaro che non si tratta di una semplice operazione
cosmetica. Nel momento in cui cominciamo a intravedere
il traguardo del quarto di secolo per GISCAD, abbiamo
sentito il bisogno di mandare un forte segnale di
cambiamento ai nostri “quindici” lettori.
Ecco quindi il largo spazio dato ai giovani (più bravi di noi
senior a cogliere le novità e a comprendere i pathway
molecolari), l’importante ruolo riconosciuto alla
multidisciplinarietà, la trattazione sistematica degli studi
GISCAD e la apertura a contributi anche al di fuori del
Gruppo.
Continueremo invece ad aggiornare amici e simpatizzanti
su quanto la ricerca nostra ed altrui produce oggi in tema di
terapia dei tumori gastroenterici e proseguiremo le nostre
battaglie in difesa della ricerca indipendente, clinica e
translazionale.
Quindi: “c’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria. Anzi, di
antico...”
Roberto Labianca
Presidente GISCAD
5
Trattamento del tumore
colo-rettale metastatico
Conversazione con
Alberto Sobrero
Inquadriamo una condizione molto complessa e controversa: quella delle metastasi epatiche. Qual è lo stato
dell’arte? E’ veramente possibile la guarigione?
Oncologia Medica
Ospedale
San Martino,
Genova
In oncologia clinica c’è un ‘dogma’ che è particolarmente impressionante e crudele: i pazienti allo stadio IV non
possono guarire dalla malattia.
Purtroppo questo è vero nella maggioranza dei casi di tumori solidi.
Però le eccezioni esistono. E sono quelle che danno la speranza a tutti i pazienti oncologici. Il ruolo dello specialista
è di riconoscere la possibilità di queste eccezioni, identificare i cosiddetti outliers, cioè quei pazienti che contraddicono
questo dogma sostenuto da 50 anni di esperienza e che possono ancora guarire nonostante l’ estensione della malattia.
Tra i tumori solidi più frequenti (polmone, mammella, prostata, colon, stomaco, ovaio), il tumore del colon è quello
che più frequentemente presenta queste eccezioni: una certa percentuale di malati con metastasi a distanza può guarire
completamente dall’uso combinato di terapie mediche e chirurgiche.
Il carcinoma del colon è molto frequente, con più di un milione di casi ogni anno nel mondo e più di 50.000 casi in
Italia. Se “preso in tempo”, cioè diagnosticato agli stadi precoci, quando non ci sono metastasi disseminate, questo
tumore è guaribile nel 75% dei casi grazie alla chirurgia ed alla chemioterapia adiuvante, cioè preventiva. Nel
rimanente 25% i pazienti si presentano già allo stadio avanzato con metastasi disseminate e per questi vale la regola
generale della non guaribilità; ma tra questo gruppo è molto importante identificare quei malati con malattia limitata
al fegato in cui il trattamento combinato di chemioterapia ed intervento chirurgico può rendere il paziente “libero
dalla malattia” così da sperare nella guarigione. Considerata la frequenza del tumore del colon, questa condizione
non è così rara, e la resecabilità delle metastasi è diventato uno dei determinanti maggiori delle nostre scelte
terapeutiche proprio perché, in queste condizioni, possiamo puntare a risultati fino a pochi anni fa assolutamente
insperati. Quindi, poiché questa condizione non è eccezionale e poiché l’asportazione delle metastasi epatiche può
condurre alla guarigione, la situazione sembrerebbe semplice: terapia medica (chemioterapia e farmaci biologici) più
intervento chirurgico in tutti questi casi.
Non è cosi semplice.
La partita della guarigione infatti si gioca sull’assunto che le poche metastasi svelabili con le indagini disponibili oggi
(TAC, PET, NMR) siano le sole presenti. Così che una volta asportate chirurgicamente la malattia non ritorna più.
Ma questo assunto vale in pochi casi percentualmente (quelli che poi guariranno) in quanto nella stragrande
maggioranza dei casi, levate le due o tre lesioni visibili, nell’arco di pochi mesi ne compaiono delle altre che in realtà
erano già presenti prima dell’intervento; semplicemente non si vedevano. Quando sono alte le probabilità che siano
presenti altre lesioni non visibili, la decisione di operare può essere dannosa, nel senso che l’intervento, con il suo
carico di complicanze anche sul sistema immunitario, può letteralmente accelerare il decorso di una malattia che
altrimenti sarebbe rimasta silente per molti mesi o anni. In queste circostanze è bene intervenire prima con la terapia
medica e poi eventualmente con quella chirurgica.
Di qui la necessità di identificare quei fattori predittivi per la miglior scelta terapeutica:
-
quando ha senso perseguire la sequenza chemioterapia → intervento senza correre il rischio di sottoporre il
paziente ad interventi inutili e dannosi;
quando è meglio asportare subito le metastasi senza l’uso della chemioterapia prima dell’intervento;
quale è il limite tecnico degli interventi chirurgici (fino a quante metastasi, di quali dimensioni è possibile e
sensato l’intervento, ecc.).
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Uno degli argomenti di maggior attualità riguarda la scelta della migliore terapia medica al fine di convertire alla fattibilità
tecnica una condizione di non resecabilità delle metastasi (caso di poche metastasi, grandi, vicine a vene o arterie vitali). In
queste condizioni possono essere usate sia combinazioni di tre farmaci chemioterapici, sia combinazioni di due farmaci
chemioterapici classici più uno biologico.
Questo terreno di ricerca è particolarmente affascinante, soprattutto per l’obiettivo perseguito in queste condizioni: la guarigione
attraverso un percorso di terapie combinate mediche e chirurgiche.
Nel contempo però, proprio la complessità del tema e la necessità di integrazione fra vari professionisti medici e chirurghi rende
difficile un’omogeneità di scelte terapeutiche da centro a centro e da team a team. Così sia a livello italiano, sia a livello europeo
e nordamericano è difficile trovare il giusto equilibrio tra troppi e troppo pochi interventi chirurgici con intento radicale.
Vediamo di scorrere rapidamente alcuni temi di rilevanza in questa patologia. Nel corso del 2012 e nei primi mesi del
2013 sono state presentate alcune importanti novità per il trattamento del tumore colo-rettale metastatico. Quali ti
paiono le più rilevanti?
In maniera molto schematica, essenzialmente quattro: l’Aflibercept in seconda linea, il Regorafenib nel setting refrattario, il
Bevacizumab beyond progression e la combinazione di Capecitabina più Bevacizumab nell’anziano.
Quali, sono in grado, sin da ora, di generare modificazioni nella pratica clinica?
Tutte e 4 queste novità hanno un impatto molto rilevante sulla nostra pratica clinica.
Il Regorafenib ha avuto l’approvazione da FDA per il setting refrattario.
Il Bevacizumab beyond progression è in competizione con l’Aflibercept: quando la progressione è rapida, sembra più efficace
l’Aflibercept; quando è lenta è più efficace il Bevacizumab.
Il Bevacizumab più Capecitabina è già uno standard terapeutico, che però ora sarà implementato molto più su larga scala.
In un momento di difficoltà economica e di spending review come pensi potrebbero essere integrate le nuove molecole nel
“percorso terapeutico”?
Rimane un peccato originale nel nostro sistema: è un problema planetario, non solo italiano. Dovrebbe essere superata la
distinzione tra approvazione dalle autorità regolatorie e la rimborsabilità. Infatti, non si può riconoscere che un farmaco è
efficace e poi non mettere in condizioni gli oncologi di usarlo. Quindi, se è approvato deve essere prescrivibile, altrimenti non
dovrebbe essere approvato. Su che base approvare? Questa è una questione molto complessa.
Le sfide future. Ovvero come e verso dove, dovrebbe muoversi la ricerca clinica?
Ci sono due direzioni da perseguire: la prima è l’identificazione di determinanti patogenetici della malattia verso cui è possibile
indirizzare inibitori specifici. Questa è la strategia più politicamente corretta. È quella del futuro che mira a dare fortissimi
benefici per pochi pazienti.
Fuori moda, ma finora molto più produttiva è la direzione di perseguire piccoli benefici per tutti i pazienti.
Grazie Alberto
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I progressi nel trattamento adiuvante
del carcinoma del colon
A cura di
Corrado Boni,
Licia Baldi
Oncologia Medica
Arcispedale
Santa Maria
Nuova IRCCS,
Reggio Emilia
Le prime esperienze del trattamento adiuvante nel carcinoma del colon stadio III sono cominciate negli anni 80, con
suggestive ipotesi di vantaggi rispetto alla sola chirurgia.
La combinazione di 5-fluorouracile (FU) e levamisolo (LEV) è stato il primo trattamento in grado di ridurre
l’incidenza delle recidive ed aumentare la sopravvivenza, negli stadi III, con i fondamentali studi di Laurie e Moertel1
del 1989 e ‘90. Nonostante che l’uso del Levamisolo si basasse su un razionale inesistente e una assoluta assenza di
evidenza scientifica, negli stadi III fu riportata una riduzione del rischio di recidiva del 41% e del rischio di morte
del 33%, con un vantaggio assoluto di sopravvivenza a 7 anni del 14%. Risultati di questa portata determinarono
nel 1990 la promulgazione del Consensus Statement del NIH che indicava come standard, negli stadi III, la terapia
con 5FU-LEV per un anno, e che, di fatto, chiudeva tutti i bracci con solo controllo degli studi con 5FU-Ac. Folinico
(FA) in corso nel mondo.
Nonostante l’interruzione precoce, tutti i principali studi (IMPACT 2, Intergroup, Francini3 e NSABP4) dimostrarono
un vantaggio significativo di 5-fluorouracile (FU) e Acido Folico (FA) verso solo controllo.
Successivamente, l’associazione 5-FU-FA ha mostrato vantaggi anche rispetto alla combinazione FU-LEV
(1994-1996); negli anni successivi sono avvenuti altri piccoli miglioramenti, che hanno permesso di dimostrare
l’equivalenza fra una durata dei trattamenti di 6 e 12 mesi, fra basse ed alte dosi di acido folinico e fra una schedula
settimanale e mensile5-7.
Dopo il lavoro fondamentale di Moertel, un’ulteriore svolta si è verificata dopo 13 anni con lo studio MOSAIC8
(40% Stadi II e 60% Stadi III), pubblicato nel 2003, che aveva come obiettivo il confronto fra 5FU-FA e lo stesso
schema con aggiunta di Oxaliplatino (FOLFOX). I principali aspetti innovativi di questo studio furono la scelta
dello schema di De Gramont come braccio standard, risultato molto meno tossico e parimenti attivo rispetto agli
schemi “bolo” fino ad allora utilizzati, e l’adozione, per la prima volta, della Disease Free Survival (DFS) come End
Point principale. Lo studio MOSAIC dimostrò un vantaggio significativo in DFS a 5 anni, con vantaggio assoluto
del 5.9%, e in OS a 6 anni, con vantaggio assoluto del 2.5% (+4.2% negli Stadi III). In base ai risultati di questo
studio, lo schema FOLFOX è rapidamente divenuto il trattamento standard, almeno negli Stadi III, mentre è ancora
in discussione negli Stadi II ad alto rischio, dove è ancora da definire il vantaggio rispetto ad un trattamento con sole
Fluoropirimidine.
I risultati del MOSAIC sono successivamente stati confermati da uno studio “gemello” del NSABP, con lo schema
FLOX vs 5FU-FA9, schema comunque gravato da una maggiore tossicità gastroenterica. A seguito della dimostrazione
di una sostanziale equivalenza di Capecitabina e 5FU sia nella malattia avanzata che in adiuvante (studio X-ACT10
del 2005), fu condotto lo studio di chemioterapia adiuvante con lo schema XELOX11 negli Stadi III, con ulteriore
dimostrazione di un vantaggio significativo a favore degli schemi contenenti Oxaliplatino.
Da ricordare il fallimento, in adiuvante, delle associazioni contenenti Irinotecan12, riportato in tre studi che avevano
utilizzato gli schemi IFL (gravato di tossicità proibitiva) e FOLFIRI.
Negli anni più recenti, basandosi sui successi ottenuti con l’aggiunta degli agenti biologici alla chemioterapia nel
trattamento della malattia metastatica, si è cercato di riprodurre questi risultati nella fase adiuvante. Sono stati
condotti, quasi contemporaneamente, quattro studi di grandi dimensioni, due europei e due nordamericani, che
hanno utilizzato FOLFOX e/o XELOX associati ad agenti biologici. Due studi hanno valutato l’ aggiunta di
Bevacizumab ( AVANT13 e NSABP C0814 ) e due il Cetuximab (NO14715 e PETACC 816).
È ormai a tutti nota la fine della storia. Tutti e quattro gli studi sono risultati negativi, anche considerando solo i
pazienti KRAS wild type per quanto riguarda il trattamento con Cetuximab. Nello studio NO147 l’aggiunta dell’anti
EGFR ha avuto un effetto detrimentale, statisticamente significativo nei pazienti KRAS mutati.
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New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
Attualmente, i campi di ricerca più interessanti riguardano gli stadi II, l’identificazione dei fattori prognostici e predittivi e la
durata del trattamento.
A favore della chemioterapia adiuvante con Fluoropirimidine negli stadi II depongono lo studio QUASAR17 del 2007 (DFS+4%,
OS+3.6% a 5 anni) e la meta analisi di Sargent del 2009 (OS+5,4% a 8 anni). Nello studio MOSAIC l’aggiunta di Oxaliplatino
negli stadi II ad alto rischio ha determinato un aumento significativo del 7.2% di DFS a 5 anni, che però non si è confermato
a livello di OS, lasciando tuttora aperta la discussione. Negli stadi II ad alto rischio, in particolari situazioni, lo schema FOLFOX
può comunque essere ancora considerato.
Grande interesse riveste ancora la ricerca di fattori prognostici, volti a identificare con la maggior precisione possibile i pazienti
ad alto rischio, soprattutto, ma non solo, nell’ambito degli stadi II.
Oltre a quelli classici (T4, G3, n° dei linfonodi esaminati, occlusione, perforazione, invasione vascolare/linfatica) ha acquisito
un ruolo importante la determinazione della instabilità micro satellitare (MSI) negli stadi II, tanto da essere stata recentemente
inclusa fra i fattori prognostici consolidati nelle linee guida ESMO18. Ancora incertezze esistono sul ruolo della “gene signature”,
e soprattutto su quale dei numerosissimi test scegliere.
Per quanto riguarda il paziente elderly, al momento non sembrano esistere vantaggi derivanti dall’ aggiunta di Oxaliplatino alle
Fluoropirimidine, che rimangono tuttora il trattamento standard19.
Il prossimo passo sarà, speriamo, la dimostrazione di una pari efficacia di una terapia adiuvante più breve, di soli tre mesi, in
cui ancora una volta, la ricerca italiana, con lo studio TOSCA ispirato dal GISCAD, gioca un ruolo primario.
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
9
Bibliografia
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11
Il tumore metastatico del pancreas esocrino
Da Howard Burris a Thierry Conroy sino a
Daniel Von Hoff
A cura di
Kalliopi Andrikou,
Alessandro Bittoni,
Stefano Cascinu
Clinica di
Oncologia Medica,
A.O Universitaria
Ospedali Riuniti
di Ancona
Università
Politecnica
delle Marche
Introduzione
Nonostante, la progressiva riduzione del tasso di mortalità per tumore negli ultimi decenni, il carcinoma pancreatico
rimane una delle neoplasie a prognosi più infausta, con una probabilità di sopravvivenza attorno al 5% e una
sopravvivenza mediana di circa 6-10 mesi dalla diagnosi nella malattia in stadio avanzato. Solo il 15-20% dei
carcinomi del pancreas viene diagnosticato in fase precoce ed è quindi resecabile, ma anche in questi casi la probabilità
di sopravvivenza a 5 anni si aggira attorno al 20% (1, 2, 3).
La pessima prognosi di tale neoplasia è legata sia alle difficoltà che si presentano nel porre la diagnosi in fase precoce
sia alla sua elevata aggressività biologica, attribuita a caratteristiche come le multiple aberrazioni molecolari, l’ipossia
e l’intensa desmoplasia, responsabili anche della scarsa responsività di tale malattia ai trattamenti specifici.
Molteplici sforzi sono stati volti alla ricerca di alternative sempre più efficaci nel trattamento del carcinoma pancreatico
avanzato, ottenendo però solamente modesti risultati. In effetti, la monochemioterapia con Gemcitabina ha
rappresentato per più di un decennio lo standard terapeutico (4), con una mediana di sopravvivenza pari a circa 6
mesi ed una probabilità di sopravvivenza ad un anno del 18%, dal momento che nessuna associazione chemioterapica
o con agenti biologici, eccezion fatta per quella con Erlotinib, ha dimostrato un miglioramento statisticamente
significativo sulla sopravvivenza quando confrontata con la Gemcitabina da sola.
Nel 2010, uno studio clinico di fase III randomizzato, ha dimostrato che il regime chemioterapico FOLFIRINOX
(contenente 5-fluorouracile, Irinotecan ed Oxaliplatino) ha migliorato sia la sopravvivenza libera da progressione (PFS)
sia quella globale (OS) rispetto a Gemcitabina, diventando il nuovo standard terapeutico per i pazienti con buon PS (5).
Al meeting ASCO GI 2013, un trial clinico di fase III ha riportato i risultati ottenuti al trattamento dei pazienti con
carcinoma pancreatico con l’associazione di Nab paclitaxel con Gemcitabina, evidenziando un aumento del 59%
nella sopravvivenza a un anno e un tasso di sopravvivenza raddoppiato a due anni (9% vs. 4%) (6).
In questo articolo riassumeremo e discuteremo i risultati dei principali studi clinici condotti negli ultimi anni
nell’ambito del trattamento chemioterapico del carcinoma del pancreas compresi quelli che hanno valutato l’utilizzo
di nuovi farmaci.
Trattamento chemioterapico del carcinoma pancreatico
Sino al 2010, nell’ambito della terapia del carcinoma del pancreas metastatico, non sono stati ottenuti sostanziali
modificazioni nello standard di terapia né miglioramenti significativi per i risultati ottenuti, con sopravvivenze
mediane che si aggiravano attorno ai sei mesi da più di 15 anni.
Vari studi hanno dimostrato la superiorità della chemioterapia rispetto alla sola terapia di supporto nel trattamento
del carcinoma pancreatico metastatico. Infatti, la metanalisi di 9 studi clinici, che ha confrontato il trattamento con
5-Fluorouracile (5-FU), considerata l’unica scelta terapeutica sino allo sviluppo di Gemcitabina, verso la sola
trattamento di supporto, ha evidenziato un vantaggio in termini sia di sopravvivenza globale, OS mediana 6.38 mesi
vs 3.87 mesi (p < 0.0001) che di qualità di vita (7, 8, 9).
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New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
La Gemcitabina è stato il farmaco standard per il trattamento chemioterapico di prima linea nel carcinoma pancreatico dal
1997, in seguito ai risultati di uno studio randomizzato di fase III, che mostrava la superiorità della Gemcitabina rispetto al
5-Fluorouracile in termini di sopravvivenza (5.65 vs 4.41 mesi; p<0.0025), clinical benefit (23.8% vs 4.8%; p< 0,0022) e con
un tasso di sopravvivenza a 12 mesi di 18% rispetto al 2% dei pazienti trattati con 5-FU (4).
Da allora sono stati condotti numerosi trials clinici con l’intento di ottenere un ulteriore beneficio rispetto alla Gemcitabina in
monochemioterapia, valutando l’efficacia e la tossicità delle varie combinazioni (Tabella 1).
Due studi di fase III che hanno confrontato la combinazione Gemcitabina-5FU (10,11) rispetto alla sola Gemcitabina in
pazienti con malattia avanzata non hanno mostrato alcun beneficio in termini di sopravvivenza. Tale dato è stato confermato
anche ad uno studio ECOG di fase III, in cui 322 pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato sono stati randomizzati
a ricevere la sola Gemcitabina o la doppietta Gem-5-FU (OS mediana 5.4 vs 6.7 mesi (p = 0.09); PFS mediana 2.2 mesi vs 3.4
mesi rispettivamente (p = 0.022).
La situazione non è diversa anche per quanto riguarda l’associazione Gemcitabina-Capecitabina, un pro farmaco del
5-Fluorouracile. Uno studio di fase III condotto da Herrmann et al (12) che ha randomizzato 319 pazienti ad un braccio con
Gem (1000 mg/m2 nei giorni 1 e 8) più Capecitabina (1300 mg/m2 nei giorni 1-14, ogni 21 d) (GemCap) o ad un braccio
standard contenente la sola Gemcitabina, non ha mostrato differenze statisticamente significative in termini di sopravvivenza
globale tra i due bracci (8.4 mesi vs 7,2 mesi, p = 0.23). Interessanti però sono i dati forniti dall’analisi del sottogruppo di
pazienti con buon PS (performance status di Karnofsky 90-100) che ha mostrato un prolungamento significativo della OS
mediana nel braccio GemCap rispetto al braccio Gem (10.1 vs 7.4 mesi, rispettivamente, p = 0.014).
I derivati del platino sono stati spesso utilizzati nei regimi di combinazione per il trattamento del carcinoma pancreatico.
Risultati incoraggianti sono stati ottenuti in vari trials clinici di fase II che hanno valutato la combinazione
Gemcitabina-Cisplatino con una sopravvivenza mediana che varia dai 7.1 agli 8.2 mesi (13, 14, 15). Purtroppo, tali dati non
sono stati successivamente confermati al trial clinico di fase III condotto da Colucci et al (16) nel quale non è stato riscontrato
un beneficio statisticamente significativo in termini di sopravvivenza per il trattamento di combinazione (7.5 mesi vs 6.0 mesi,
p = 0.43), nonostante un netto miglioramento del tasso di risposte obiettive (RR) (26.4% vs 9.2%, p = 0.02) e del tempo a
progressione (TTP) (TTP mediano 4.6 mesi vs 1.8 mesi, p = 0.048). In un successivo studio di fase III di Colucci et al il
vantaggio riscontrato in PFS e RR scompariva quando il numero di pazienti incrementava da 107 a 400 (17). Un altro studio
randomizzato di fase III studio condotto da Heinemann et al (18) ha confrontato la Gemcitabina con una schedula a cadenza
bisettimanale comprendente Gemcitabina e Cisplatino. Sebbene anche in questo caso non sia stata raggiunta la significatività
statistica i risultati di questo studio mostrano un trend nettamente favorevole per la combinazione rispetto alla
monochemioterapia sia in termini di OS (7.5 mesi vs 6 mesi), che di PFS (5.3 vs 3.1 mesi).
Uno studio di fase II condotto dal Groupe Cooperateur Disciplinaire en Oncologie (GERCOR) aveva confrontato l’associazione
di Gemcitabina ed Oxaliplatino (GEMOX) con la Gemcitabina da sola in 64 pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato,
ottenendo risultati incoraggianti (PFS 5.3 mesi, OS 9.2 mesi) e avviando di conseguenza uno studio di fase III (19).
Tale trial (20), condotto sia dal GERCOR che dal GISCAD (Gruppo Italiano per lo Studio dei Carcinomi dell’Apparato
Digerente), ha documentato la superiorità della combinazione GEMOX in termini di PFS (5.8 mesi vs 3.7 mesi, p = 0,04),
RR (26.8% vs 17.3%, p = 0.04), e di clinical benefit (38.2% vs 26.9%, p = 0.03). Tuttavia, la sopravvivenza globale non risultava
migliorata in maniera significativa (OS mediana 9.0 mesi vs 7.1 mesi, p = 0.13), dato confermato anche nel ECOG 6201 trial
che ha dimostrato che il braccio GEMOX non presenta un vantaggio statisticamente significativo in termini di sopravvivenza
globale mediana rispetto il braccio con la sola Gemcitabina (21).
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
13
Tabella 1: studi di confronto tra Gemcitabina e combinazioni chemioterapiche
PFS
Studio
Regime
Mesi
Berlin et al
Gem
p
2.2
322
Gem+ 5FU
Cunningham et al
OS
n° pazienti
3.8
p
5.4
0.022
3.4
Gem
Mesi
0.09
6.7
0.004
6.2
0.08
533
Gem + Capecitabina
Hermann et al
5.3
Gem
3.9
7.1
0.103
7.2
0.234
319
Gem + Capecitabina
Colucci et al
4.3
Gem
1.8
8.4
0.048
5
0.43
107
Gem + Cisplatino
Heinemann et al
4.6
Gem
3.1
7.5
0.053
6.0
0.15
195
Gem+ Cisplatino
Louvet et al
5.3
Gem
3.7
7.5
0.04
7.1
0.13
313
Gem+ Oxaliplatin
O’Reilly et al
5.8
Gem
3.8
9.0
0.22
6.2
0.52
349
Gem + EXE
Poplin et al
3.7
Gem
2.6
6.7
0.1
4.9
0.09
832
Gem+ Oxaliplatin
Stathopoulos et al
2.7
Gem
2.8
5.7
0.795
6.5
0.97
145
Gem+ Irinotecan
Oettle et al
2.9
Gem
3.3
6.4
0.11
6.3
0.85
565
Gem+ Pemetrexed
3.9
6.2
Sorprendentemente, le successive meta-analisi che prendono in esame tre studi randomizzati (GERCOR/GISCAD e quello condotto
da Heinemann et al) hanno evidenziato un vantaggio statisticamente significativo per le doppiette chemioterapiche contententi
platino rispetto alla monochemioterapia, mostrando una riduzione del rischio di progressione del 25% (p =0.0030) e una riduzione
del rischio di decesso del 19% (p = 0.031). Ancora più interessante è il dato emerso da queste analisi che riguarda la necessità di
selezionare con attenzione i pazienti prima di iniziare un trattamento chemioterapico: le combinazioni terapeutiche mostrano infatti
un vantaggio più spiccato nel sottogruppo di pazienti con buon performance status all’esordio (ECOG PS 0-1).
Risultati deludenti sono stati ottenuti anche da tutti i trial clinici di fase III di confronto tra la Gemcitabina e le combinazioni
terapeutiche della Gemcitabina con farmaci potenzialmente attivi come il Pemetrexed (22), l’Exatecan (25, 26) e l’Irinotecan (23,
24), che hanno fallito nel dimostrare una superiorità significativa rispetto alla monoterapia.
N° 1 MARZO 2013
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
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Farmaci a bersaglio molecolare
A causa degli scarsi risultati ottenuti con i chemioterapici “tradizionali” e grazie a una miglior comprensione della biologia
tumorale, negli ultimi anni l’interesse dei ricercatori si è rivolto verso il trattamento con farmaci ad azione biologica. Nonostante
siano stati condotti molti studi con diversi agenti, anche in questo ambito i risultati sono stati purtroppo piuttosto deludenti:
il confronto fra la gemcitabina e le associazioni contenenti farmaci ad azione biologica target ha ancora una volta fallito nel
dimostrare una superiorità terapeutica alla sola Gemcitabina. Tra i farmaci presi in esame ricordiamo: il Tiparfinib, il Sorafenib,
il Bevacizumab ed il Cetuximab. L’unica eccezione riguarda l’Erlotinib (inibitore tirosin-kinasico dell’Epidermal Growth Factor
Receptor), che ha mostrato una superiorità in termini di sopravvivenza mediana rispetto alla Gemcitabina da sola ma non una
superiorità clinicamente rilevante (Tabella 2).
L’approvazione di Erlotinib è stata ottenuta nel 2005 dopo il completamento dello studio randomizzato di Moore che ha mostrato
un miglioramento statisticamente significativo in termini di sopravvivenza a favore della combinazione di Gemcitabina e Erlotinib
rispetto alla sola Gemcitabina (6.2 vs 5.9 mesi, rispettivamente; p=0.038) (27). Nonostante, il vantaggio statisticamente significativo
riscontrato in questo studio, un aumento della sopravvivenza di soli 14 giorni non sembra ancora sufficiente per giustificare l’uso
nella pratica clinica di questo farmaco visti gli elevati costi e il profilo di tossicità associati a questo trattamento.
Inoltre, i risultati incoraggianti emersi dagli studi preclinici e quelli di fase II della combinazione Cetuximab-Gemcitabina (28),
sono stati successivamente smentiti in uno studio di fase III, lo studio (SWOG S0205) che ha randomizzato 745 pazienti ad
essere trattati con l’associazione Gem-Cetuximab o con la sola Gemcitabina. Non ci sono state differenze significative in termini
di OS (6.3 vs 5.9 mesi, p = 0.23), di PFS (3.4 vs 3.0 mesi, p = 0.18) e di RR (12% vs 14%, p = 0.59) (29).
Poiché il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF) sembra giocare un ruolo importante nella patogenesi del carcinoma
pancreatico e l’89-93% dei pazienti presenta una mutazione VEGF, la terapia con Bevacizumab veniva considerata
potenzialmente efficace; nonostante i risultati promettenti ottenuti in vari studi di fase II, tutti i trial randomizzati di fase III
con Bevacizumab hanno fallito nel dimostrare una superiorità significativa nel trattamento di associazione rispetto alla
monochemioterapia con Gemcitabina.
Nessuno dei due studi di Fase III, uno di Kindler et al. ed il secondo di Van Cutsem et al, ha dimostrato che l’aggiunta di
Bevacizumab alla Gemcitabina comporti una differenza statisticamente significativa nell’endpoint primario rappresentato dalla
sopravvivenza globale (OS). Mentre, per quanto riguarda l’endpoint secondario rappresentato dalla sopravvivenza libera da
progressione (PFS), lo studio di Van Cutsem et al. sembra mostrare un beneficio, a differenza di quello di Kindler.
Tabella 2: studi di Fase 3 di confronto tra Gemcitabina in monochemioterapia ed in combinazione con farmaci (biologici)
PFS
Studio
Regime
Moore et al (2007)
Gem + Erlotinib
OS
n° pazienti
Mesi
p
3.75
Gemcitabina
569
3.4
Gem + Cetuximab
p
6.24
0.004
3.55
Philip et al
Mesi
0.038
5.91
0.004
6.3
0.23
745
Gemcitabina
Kindler et al
3.0
3.8
Gem + Bevacizumab
5.9
0.07
5.8
0.95
602
Gemcitabina
Van Cutsem et al
4.6
Gem +Erlotinib
± BEV
Concalves et al
2.9
607
Gem+Sorafenib
5.9
0.0002
3.6
3.8
7.1
6
0.601
8.5
104
Gem
5.6
0.2087
9.2
0.146
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
15
Kindler e coll. (30) hanno randomizzato 590 pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato a ricevere un trattamento con
Gemcitabina con o senza Bevacizumab. Tale studio è stato interrotto precocemente, quando è stato stabilito che la combinazione
di Gemcitabina più Bevacizumab non ha raggiunto alcun vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto alla Gemcitabina in
monoterapia.
Van Cutsem et al (31) hanno randomizzato 607 pazienti con adenocarcinoma metastatico del pancreas a ricevere un trattamento
con Gemcitabina più Erlotinib, con o senza Bevacizumab. Non è stato dimostrato alcun prolungamento significativo della
sopravvivenza con l’aggiunta di Bevacizumab (7.1 mesi vs 6.0 mesi, p = 0.20), anche se la PFS è stata migliorata in modo
statisticamente significativo (4.6 vs 3.6 mesi, p = 0.0002). Sebbene questo endpoint secondario fosse significativo, sono stati
forniti pochi dettagli riguardanti i metodi utilizzati per valutare la PFS, che può essere soggetta a errori di misurazione superiori
rispetto alla OS.
Uno studio di fase II randomizzato, condotto da Ko e coll., ha valutato l’efficacia della combinazione tra Cetuximab e
Bevacizumab da sola o in associazione con la Gemcitabina come terapia di prima linea per l’adenocarcinoma pancreatico
avanzato. I pazienti con adenocarcinoma pancreatico localmente avanzato o metastatico, precedentemente non trattati, sono
stati randomizzati a trattamento con Cetuximab + Bevacizumab, con (braccio A, n = 30) o senza (braccio B, n = 31)
Gemcitabina. La durata mediana del trattamento è stata di 9 settimane per il braccio A e 8 settimane per il braccio B (range:
2.0-40.4). I pazienti nel braccio A hanno raggiunto una PFS e OS mediana pari rispettivamente a 3.55 e 5.41 mesi rispetto a
1.91 e 4.17 mesi nel braccio B. Lo studio ha chiuso in anticipo per mancanza di sufficiente efficacia in entrambi i bracci di
trattamento. Gli autori hanno concluso che la combinazione di Cetuximab e Bevacizumab non ha mostrato una promettente
attività con o senza Gemcitabina (32).
Ulteriori studi di combinazione di Bevacizumab, con vari agenti chemioterapici per il trattamento dell’adenocarcinoma avanzato
del pancreas, sono stati effettuati senza però ottenere nessun netto miglioramento in termini di sopravvivenza e di qualità di
vita di questi pazienti (33, 34, 35).
Visti i risultati fallimentari ottenuti dall’impiego di Bevacizumab, gli studi clinici sono stati indirizzati alla valutazione di altri
agenti angiogenetici. Cascinu e coll. hanno condotto uno studio randomizzato di fase II che ha dimostrato come l’aggiunta di
Sorafenib alla doppietta chemioterapica Gemcitabina/Cisplatino non comporti una differenza statisticamente significativa nella
PFS mediana (4.9 mesi nel gruppo trattato con l’aggiunta di Sorafenib vs 3.3 mesi nel gruppo trattato con la sola chemioterapia;
HR=1.01;0.65-1.56 CI 95%) in pazienti affetti da carcinoma pancreatico avanzato (36). Risultati simili sono stati riscontrati
anche in uno studio multicentrico randomizzato in doppio-cieco, di fase III (studio BAYPAN) (37), che ha valutato l’efficacia
della combinazione della Gemcitabina con Sorafenib, un inibitore tirosin-chinasico multitarget, rispetto alla combinazione
Gemcitabina-placebo in 104 pazienti non trattati con adenocarcinoma pancreatico avanzato o metastatico. Anche in questo
caso, non sono state dimostrate differenze significative nella PFS mediana tra i due gruppi (5.6 vs 3.8 mesi, p = 0.601) e la
sopravvivenza generale mediana è risultata simile (9.2 mesi vs 8.5 mesi, p = 0.146). L’Axitinib, un altro inibitore multitarget di
VEGFR e di altre tirosin-chinasi, è stato valutato per la sua azione antitumorale con Gemcitabina in un trial di fase II che
comunque non ha fornito risultati statisticamente significativi (38).
Il regime FOLFIRINOX
Il regime FOLFIRINOX, una combinazione di 5-Fu, Irinotecan ed Oxaliplatino, è entrato nella pratica clinica nel trattamento
del carcinoma del pancreas metastatico, in seguito allo studio clinico di Conroy et al, pubblicato sul New England Journal of
Medicine nel 2011 (5). Lo studio, un trial multicentrico, di fase III, randomizzato, che confrontava il regime FOLFIRINOX
verso la sola Gemcitabina in 342 pazienti affetti da carcinoma del pancreas metastatico, ha dimostrato la superiorità del
FOLFIRINOX in termini di tasso di risposte obiettive (31.6% vs 9.4%, p< 0.001), sopravvivenza libera da progressione (6.4
vs 3.3 mesi; HR= 0.47, p< 0.001) e sopravvivenza globale (11.1 vs 6.8 mesi; HR= 0.57, p< 0.001). Anche la sopravvivenza ad
un anno risultava marcatamente superiore nel braccio FOLFIRINOX rispetto al braccio Gemcitabina (48.4% vs 20.6%).
Questi risultati, che non trovavano precedenti nei trial randomizzati di chemioterapia nel carcinoma del pancreas avanzato,
confermavano l’elevata attività del regime FOLFIRINOX osservata negli studi di fase II dagli stessi autori dove veniva riportato
un tasso di risposte obiettive del 26%, una PFS mediana di 8.2 mesi ed una OS di 10.2 mesi (39). Come prevedibile, la tossicità
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New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
osservata nel braccio FOLFIRINOX risultava maggiore rispetto a quella riportata nel braccio Gemcitabina. In particolare, la
neutropenia di grado 3-4 (45.7% vs 21%, p< 0.001) e la neutropenia febbrile (5.4% vs 1.2%, p= 0.03) risultavano più frequenti
nei pazienti trattati con FOLFIRINOX, dove veniva riscontrato un uso più frequente di fattori di crescita granulocitari (42.5%
vs 5.3%, p< 0.001). Anche la diarrea, la neuropatia sensitiva e la trombocitopenia grado 3-4 risultavano più frequenti nel
braccio FOLFIRINOX. Tuttavia, la mortalità associata al trattamento è risultata bassa in entrambi i bracci con solo una morte
tossica riportata in ciascun gruppo di pazienti. La maggior tossicità legata al trattamento del FOLFIRINOX non sembra aver
impattato negativamente sulla qualità di vita globale dei pazienti, salvo per la maggior incidenza di diarrea durante i primi otto
cicli di trattamento. Inoltre, il tempo prima del definitivo deterioramento della qualità di vita era significativamente superiore
nei pazienti trattati con FOLFIRINOX rispetto a quelli che ricevevano sola Gemcitabina, verosimilmente come conseguenza
del più lungo intervallo libero da progressione e della maggior efficacia del trattamento chemioterapico. Per comprendere meglio
i risultati di questo studio ed inserirli nel contesto della pratica clinica è opportuno valutare con attenzione i criteri di inclusione
dello studio stesso. Al contrario della maggior parte degli studi pubblicati, lo studio di Conroy ha incluso, ad esempio, solo
pazienti con carcinoma del pancreas metastatico escludendo le forme localmente avanzate. A questo proposito. è interessante
notare come in precedenti esperienze, una chemioterapia di combinazione con il GemOX aveva mostrato di determinare un
maggior beneficio nella malattia metastatica rispetto alle forme localmente avanzate (20). L’attesa tossicità correlata ad un
trattamento aggressivo come il FOLFIRINOX ha inoltre richiesto dei rigorosi criteri di inclusione per la selezione dei pazienti.
In particolare, sono stati inclusi pazienti precedentemente non trattati, di età inferiore a 75 anni, con un buon performance
status (ECOG 0-1), senza una storia di cardiopatia ischemica e con valori di bilirubina nella norma (fino ad 1.5 volte il limite
superiore della norma). Anche per questo motivo, la percentuale di pazienti con neoplasia della testa del pancreas inclusi nello
studio (38%) è risultata sostanzialmente inferiore rispetto a quanto osservato nella normale pratica clinica nonché in altri studi
randomizzati dove si colloca tra il 50% ed il 70%, così come relativamente bassa è stata la quota di pazienti arruolati portatori
di stent biliare (14.3%). Nella pratica clinica, il trattamento con FOLFIRINOX andrebbe quindi riservato a pazienti giovani,
con buon performance status e senza significative comorbidità, in centri con esperienza nel trattamento di pazienti ad elevato
rischio di neutropenia febbrile.
Lo studio di Conroy rappresenta comunque un significativo avanzamento nel trattamento del carcinoma del pancreas
metastatico sia per i ragguardevoli risultati ottenuti in termini di sopravvivenza, con una sopravvivenza globale che supera gli
11 mesi, sia perché si tratta del primo studio randomizzato ad aver evidenziato un vantaggio a favore di una chemioterapia non
a base di Gemcitabina. Lo studio apre inoltre la strada alla valutazione di regimi di polichemioterapia anche nell’ambito della
gestione multidisciplinare della neoplasia localmente avanzata.
Il Nab-paclitaxel
Il carcinoma pancreatico è solitamente caratterizzato da una scarsa vascolarizzazione e dalla presenza di un denso stroma
desmoplastico attorno alla neoplasia, due fattori che rendono più difficile per i chemioterapici raggiungere le cellule tumorali.
L’utilizzo di farmaci in grado di colpire lo stroma rappresenta una delle novità del trattamento del carcinoma pancreatico emerse
negli ultimi anni. Il Nab-paclitaxel è una formulazione di paclitaxel legato all’albumina in nano particelle. Si tratta di un farmaco
inizialmente sviluppato allo scopo di superare le difficoltà di utilizzo del paclitaxel, legate alla scarsa solubilità del farmaco ed
alla conseguente necessità di impiegare solventi associati a possibili tossicità. Studi preclinici hanno dimostrato come il
Nab-paclitaxel sia in grado di raggiungere in maniera efficace le cellule tumorali sfruttando i recettori per l’albumina presenti
sui vasi ematici tumorali e attraverso il legame con la proteina SPARC (Secreted Protein Acidic and Rich in Cysteine) (40). La
proteina SPARC, una glicoproteina della matrice extracellulare, è frequentemente espressa nello stroma peritumorale ed è
coinvolta nei processi di migrazione cellulare, proliferazione e rimodellamento tissutale. SPARC è spesso iperespressa nei
carcinomi pancreatici ed è stato dimostrato come l’espressione di SPARC da parte dei fibroblasti peritumorali rappresenti un
fattore prognostico negativo in pazienti con carcinoma pancreatico operato; al contrario l’espressione di SPARC da parte delle
cellule tumorali non sembra correlato alla sopravvivenza. L’attività clinica del Nab-paclitaxel nel trattamento del carcinoma
del pancreas è stata inizialmente valutata in uno studio di fase I/II da Von Hoff et al (41). Lo studio ha valutato una
combinazione di Gemcitabina (1000 mg/mq) e Nab-paclitaxel su un totale di 67 pazienti affetti da carcinoma del pancreas
avanzato non precedentemente trattati. Ad una dose massima tollerata (MTD) di Nab-paclitaxel di 125 mg/mq, è stato osservato
un tasso di risposte obiettive del 48% con una PFS mediana di 7.9 mesi, una OS di 12.2 mesi ed un tasso di sopravvivenza ad
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
17
1 anno del 48%. Allo scopo di confermare questi risultati promettenti è stato quindi avviato uno studio di fase III, lo studio
MPACT, recentemente concluso, i cui risultati sono stati presentati al meeting ASCO GI 2013 (6). Lo studio ha confrontato
la combinazione Gemcitabina + Nab-paclitaxel verso la sola Gemcitabina nel trattamento di prima linea di 842 pazienti affetti
da carcinoma del pancreas in stadio IV. Obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza globale (OS) ed il trial ha
effettivamente dimostrato una sopravvivenza superiore nei pazienti trattati con Nab-paclitaxel rispetto a quelli trattati con sola
Gemcitabina con una OS mediana di 8.5 mesi vs 6.7 mesi (p= 0.00015) ed un tasso di sopravvivenza ad 1 anno di 35% vs
22% (p= 0.0002). Tale beneficio si confermava nell’analisi per sottogruppi in tutti i gruppi di pazienti analizzati, con un
apparente maggior beneficio nei pazienti a peggiore prognosi (performance status scaduto, più di 3 siti metastatici, valori elevati
di Ca 19.9). Il beneficio si confermava anche in termini di PFS con una PFS mediana di 5.5 mesi nel braccio sperimentale vs
3,7 mesi nel braccio standard (p= 0.000024) ed in termini di risposte obiettive con un tasso di risposte obiettive di 23% vs 7%.
Per quanto riguarda le tossicità legate al trattamento, l’aggiunta di Nab-paclitaxel ha determinato un incremento significativo
dell’astenia di grado 3-4 (17% vs 7%) e della neuropatia periferica grado 3-4 (17% vs 1%) rispetto alla sola Gemcitabina, oltre
ad un aumento della tossicità ematologica, dimostrando comunque un profilo di tossicità piuttosto favorevole e facilmente
gestibile. La combinazione Gemcitabina e Nab-paclitaxel rappresenta quindi una nuova opzione di trattamento per il carcinoma
pancreatico avanzato.
Conclusioni
Il carcinoma pancreatico resta una delle neoplasie più aggressive con una prognosi che non è migliorata in maniera significativa
negli ultimi anni. La Gemcitabina rappresenta il trattamento di riferimento nella malattia avanzata dal 1997 e i regimi di
combinazione contenenti Gemcitabina valutati negli anni scorsi non hanno dimostrato di conferire un sostanziale beneficio in
sopravvivenza. Recentemente due nuovi regimi chemioterapici si sono dimostrati superiori alla Gemcitabina in studi di fase
III. I risultati sorprendentemente positivi osservati con lo schema FOLFIRINOX hanno fatto sì che questo regime, piuttosto
intensivo, possa essere considerato un nuovo standard di trattamento per pazienti selezionati e motivati. Lo studio ha dimostrato
inoltre, per la prima volta in un trial randomizzato, l’efficacia di schemi di chemioterapia non contenenti Gemcitabina nel
carcinoma pancreatico. Ancora più recente è la dimostrazione dell’efficacia della combinazione di Gemcitabina e Nab-paclitaxel
che sarà quindi presto disponibile nella pratica clinica come ulteriore opzione terapeutica nel carcinoma pancreatico avanzato.
Negli ultimi anni si è assistito anche ad importanti progressi nella comprensione della biologia del carcinoma del pancreas. In
particolare è migliorata la conoscenza delle alterazioni molecolari alla base delle neoplasie pancreatiche, si è riconosciuta
l’importanza del microambiente ed il ruolo delle cellule staminali tumorali. La sfida per il futuro sarà quella di migliorare queste
conoscenze e traslarle nei nuovi studi clinici per introdurre nuove strategie terapeutiche.
N° 1 MARZO 2013
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
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21
La chirurgica delle metastasi epatiche
da carcinoma colo-rettale.
Who, When, How?
Intervista a
Paolo Delrio
Come è cambiato negli ultimi anni l’atteggiamento per il trattamento chirurgico delle metastasi epatiche da
carcinoma colo-rettale?
Direttore SC
Oncologia
Chirurgica
Colorettale
Istituto Nazionale
Tumori IRCCS
Fondazione G.
Pascale - Napoli
La resezione ha confermato essere l’approccio di scelta nella strategia terapeutica delle metastasi epatiche da carcinoma
colorettale, poichè l’asportazione della lesione secondaria è ancora oggi l’opzione che garantisce la migliore
sopravvivenza. La resezione chirurgica, in unità chirurgiche ad alta specializzazione ed elevato volume, è corredata
ormai da una bassa mortalità e morbidità ed una sopravvivenza a 5 anni, in pazienti selezionati, fino al 40%. A mio
avviso, pur tenendo conto del miglioramento dei risultati ottenuti dalla chemioterapia, l’approccio chirurgico
dovrebbe essere sempre valutato dal team multidisciplinare come prima opzione.
Allo stato attuale quindi quale è l’atteggiamento ottimale da tenere per il trattamento chirurgico delle metastasi
epatiche da carcinoma colo-rettale nel paziente asintomatico?
L’orientamento attuale è che vadano sottoposti ad intervento chirurgico tutti i pazienti in cui sia ipotizzabile una
resezione R0 e una funzionalità epatica residua adeguata. La strategia deve essere discussa dal team multidisciplinare
valutando soprattutto la possibilità di tecniche tese all’incremento di resecabilità quali la legatura o l’embolizzazione
venosa portale. Lo studio preoperatorio con planning tridimensionale della resezione e l’utilizzo della ecografia
intraoperatoria migliorano decisamente gli outcome chirurgici.
Quali sono gli elementi clinici da prendere in considerazione per candidare il paziente al trattamento?
La selezione dei pazienti da candidare a chirurgia è un tema molto complesso. Numerosi score per la classificazione
del rischio di recidiva sono stati proposti e la loro applicazione clinica è diffusa; essi tengono conto di fattori correlati
alla patologia primitiva, alla sede ed al numero delle lesioni, del timing di comparsa dopo la resezione del primitivo.
Nessuno di essi ha però permesso di codificare con certezza quali pazienti debbano essere avviati alla chirurgia con
un risultato atteso positivo. In generale possiamo considerare candidabili alla chirurgia i pazienti che non abbiano
comorbidità maggiori, operabili R0 anche su eventuali lesioni secondarie singole extraepatiche e con una quota epatica
residua di almeno due settori adiacenti con adeguato apporto vascolare e drenaggio biliare.
Esistono elementi clinici da prendere in considerazione per la non candidabilità?
Tra i fattori da tenere in considerazione vi è sicuramente lo status clinico del paziente ma anche quegli indicatori
collegati ad una cattiva prognosi: tra questi sono da prendere in considerazione la storia di tumore primitivo con
linfonodi metastatici e scarsamente differenziato, la presenza di malattia extraepatica non resecabile, il CEA > 60 ng
/ml. Il numero di lesioni e la bilobarietà non sono più criteri assoluti di esclusione dalla chirurgia poiché è dimostrato,
in casistiche di centri ad elevata esperienza, che il numero di resezioni non anatomiche effettuate può essere molto
elevato: in questa ottica anche il margine di resezione > 1 cm è in corso di rivalutazione e numerosi sono i report che
dimostrano sopravvivenze significative dopo metastasectomie multiple bilobari.
Quale è il ruolo della ablazione con radiofrequenza?
La RFA è una metodica che non può in assoluto essere considerata, attualmente, un’alternativa alla resezione con
intento curativo. Una recente meta analisi ha evidenziato che nessuno studio dimostra la superiorità della metodica
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rispetto alla chirurgia e che in un solo studio randomizzato la RFA ha avuto un impatto migliore sulla sopravvivenza rispetto
alla chemioterapia. Interessante, ma ancora da dimostrare, è il ruolo della ablazione con radiofrequenza come supporto alla
chirurgia nel trattamento delle lesioni multiple bilobari.
Quale è il ruolo della chemioterapia neoadiuvante?
Credo che nell’ambito delle strategie integrate tese all’incremento della resecabilità, la terapia neoadiuvante abbia alcune
possibilità future: distinguerei l’approccio alle lesioni resecabili da quelle non resecabili o borderline. E’ opportuno ricordare
che i criteri di resecabilità sono tutt’altro che codificati ed accettati e la valutazione è strettamente collegata alla esperienza
dell’unità chirurgica e del team multidisciplinare ad essa legato. In ogni caso la terapia neoadiuvante (o di conversione) permette
di riportare alla resecabilità una quota di pazienti definiti borderline o non resecabili che in alcuni studi supera il 50%. Gli
schemi utilizzati sono vari (2 o 3 farmaci + agenti target) e la eterogeneità degli studi non permette di identificare una strategia
univoca. Dal punto di vista chirurgico, e ciò vale anche per le lesioni resecabili, la strategia deve prevedere la resezione nel più
breve arco di tempo possibile. D’altro canto, la mancata risposta od addirittura la progressione locale o sistemica, sono indicatori
utili per escludere dalla chirurgia pazienti con una prognosi sfavorevole. Numerosi report puntualizzano anche la problematica
della “scomparsa” all’imaging delle lesioni epatiche e della conseguente strategia chirurgica. Non vi sono attualmente dati
significativi in proposito ed anche per questo aspetto sono necessari trials randomizzati dedicati.
I biomarcatori possono essere integrati nel processo decisionale per la valutazione alla resezione?
Finora tutti i biomarcatori descritti in letteratura (K-ras , N ras, BRAF , TS, MIS) hanno dimostrato delle potenzialità nel
predirre la prognosi dei pazienti affetti da cancro colorettale soprattutto nel setting della terapia adiuvante ed in particolare,
per K-ras in relazione al trattamento con Cetuximab. Il loro ruolo clinico nella pianificazione della strategia chirurgica deve
ancora essere dimostrato ma numerosi esperienze preliminari dimostrano ad esempio che la mutazione di k-ras ha un influenza
negativa sulla prognosi dei pazienti con metastasi resecabili. Una più ampia diffusione degli studi sugli aspetti biologici della
malattia potrà in futuro determinare con maggiore precisione il ruolo dei fattori molecolari e del gene profiling nella pianificazione
della intera strategia terapeutica nei pazienti con malattia metastatica.
Quali sono le incertezze, i punti ancora non risolti e le sfide per il futuro?
Io credo che la sfida futura sia sul versante dell’applicazione diffusa di strategie multimodali. In ambito chirurgico credo che
siano ormai elevati gli standard di qualità offerti dai centri dedicati con la riduzione delle perdite ematiche intraoperatorie e
delle complicanze perioperatorie, Ciò ha portato ad un incremento delle indicazioni alla chirurgia. In ambito multidisciplinare
la filosofia alla base dell’approccio al paziente con malattia epatica da tumore colorettale deve essere quella della identificazione
di percorsi personalizzati e selettivi sulla base di indicatori specifici di risposta alla terapia e di prognosi. I nodi da risolvere sono
proprio nella scarsa applicazione di linee guida condivise e nella frammentazione delle casistiche e delle esperienze. Un vero
network dedicato permetterebbe di creare grandi database da cui raccogliere informazioni fondamentali per la costruzione di
specifici profili di rischio e definire le strategie ad essi correlate.
Ed infine che cosa c’è di frustrante?
Io considero frustrante il costante ripetersi delle diagnosi tardive di malattia con pazienti sintomatici che giungono alla nostra
osservazione in IV stadio. In epoca di campagne di prevenzione secondaria ciò è assolutamente impensabile; deve aumentare pertanto
la cultura relativa alle possibilità di diagnosi precoce ed alla identificazione di percorsi dedicati ai pazienti con neoplasia colorettale.
Attualmente, inoltre, nonostante tutte le innovazioni tecnologiche, i miglioramenti dell’imaging e le evoluzioni delle tecniche
chirurgiche, solo il 20% dei pazienti con metastasi epatiche da cancro colorettale sono candidabili ad una chirurgia resettiva radicale
con intento curativo. La percentuale di questi pazienti in cui lo scopo curativo viene raggiunto è ancora molto bassa.
Grazie Paolo
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LA BIBLIOTECA VIRTUALE
Selezione di articoli rilevanti
nel tumore colo-rettale
A cura di
Mario Scartozzi
Screening
Clinica di
Oncologia Medica,
A.O Universitaria
Ospedali Riuniti
di Ancona
Università
Politecnica
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resectable rectal cancer. N Engl J Med. 2001;345(9):638-646.
Quirke P, Steele R, Monson J, et al. Effect of the plane of surgery achieved on local recurrence in patients with operable
rectal cancer: a prospective study using data from the MRC CR07 and NCIC-CTG CO16 randomised clinical trial.
Lancet. 2009;373(9666):821-828.
Sauer R, Becker H, Hohenberger W, et al. Preoperative versus postoperative chemoradiotherapy for rectal cancer. N Engl
J Med. 2004;351(17):1731-1740.
Swedish Rectal Cancer Trial. Improved survival with preoperative radiotherapy in resectable rectal cancer. N Engl J Med.
1997;336(14):980-987.
Krook JE, Moertel CG, Gunderson LL, et al. Effective surgical adjuvant therapy for high-risk rectal carcinoma. N Engl J
Med. 1991;324(11):709-715.
Fisher B, Wolmark N, Rockette H, et al. Postoperative adjuvant chemotherapy or radiation therapy for rectal cancer:
results from NSABP protocol R-01. J Natl Cancer Inst. 1988;80(1):21-29.
O’Connell MJ, Martenson JA, Wieand HS, et al. Improving adjuvant therapy for rectal cancer by combining
protracted-infusion fluorouracil with radiation therapy after curative surgery. N Engl J Med. 1994;331(8):502-507.
N° 1 MARZO 2013
30
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
Roh MS, Yothers GA, O’Connell MJ, et al. The impact of capecitabine and oxaliplatin in the preoperative multimodality
treatment in patients with carcinoma of the rectum: NSABP R-04. Paper presented at: American Society of Clinical Oncology
Annual Meeting; 2011; Chicago, IL. Abstract 3503.
Aschele C, Cionini L, Lonardi S, et al. Primary tumor response to preoperative chemoradiation with or without oxaliplatin
in locally advanced rectal cancer: pathologic results of the STAR-01 randomized phase III trial. J Clin Oncol.
2011;29(20):2773-2780.
Gérard JP, Azria D, Gourgou-Bourgade S, et al. Comparison of two neoadjuvant chemoradiotherapy regimens for locally
advanced rectal cancer: results of the phase III trial ACCORD 12/0405-Prodige 2. J Clin Oncol. 2011;28(10):1638-1644.
Bujko K, Nowacki MP, Nasierowska-Guttmejer A, et al. Long-term results of a randomized trial comparing preoperative
short-course radiotherapy with preoperative conventionally fractionated chemoradiation for rectal cancer. Br J Surg.
2006;93(10):1215-1223.
Sauer R, Liersch T, Merkel S, et al. Preoperative versus postoperative chemoradiotherapy for locally advanced rectal cancer:
results of the German CAO/ARO/AIO-94 randomized phase III trial after a median follow-up of 11 years. J Clin Oncol.
2012;30(16):1926-1933.
“Hot Spot”
Van Cutsem E, Tabernero J, Lakomy R, et al. Addition of aflibercept to fluorouracil, leucovorin, and irinotecan improves
survival in a phase III randomized trial in patients with metastatic colorectal cancer previously treated with an
oxaliplatin-based regimen. J Clin Oncol. 2012;30 (28):3499-506.
Bennouna J, Sastre J, Arnold D, et al. Continuation of bevacizumab after first progression in metastatic colorectal cancer
(ML18147): a randomised phase 3 trial. Lancet Oncol. 2013;14 (1):29-37.
Grothey A, Van Cutsem E, Sobrero A, et al Regorafenib monotherapy for previously treated metastatic colorectal cancer
(CORRECT): an international, multicentre, randomised, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet. 2013;381(9863):303-12.
31
La letteratura dei tumori del tratto
gastrointestinale
Dall’ultimo trimestre del 2012 al gennaio 2013
A cura di
Stefania Mosconi*
Cristina Tasca*
Roberto Labianca°
* USC Oncologia
Medica, HPG23,
Bergamo
° Dipartimento di
Onco-Ematologia,
HPG23, Bergamo
Per questo primo numero della nuova rivista Neo-Mopp abbiamo voluto fare “un ripasso” della letteratura dell’ultimo
trimestre dell’anno appena trascorso rivolgendo comunque l’attenzione anche al I mese dell’anno nuovo. Abbiamo
scelto alcuni articoli che potrebbero vedere un successivo sviluppo nei mesi a venire.
ESOFAGO
Interessante ci è sembrato l’articolo rivolto alla valutazione di parametri clinici “quali probabili predittori” della risposta
patologica completa (pCR) dopo trattamento multimodale (chemio-radioterapia e chirurgia) del tumore esofageo.
L’obiettivo del lavoro è stato quello di ricercare parametri clinici/strumentali/istologici o loro associazioni per predire con
buona probabilità la pCR dopo trattamenti combinati CT + RT , prima di procedere ad una chirurgia. Dall’analisi di 5
variabili, principalmente due sono emerse quali maggiormente predittive di buona risposta: il risultato della biopsia post
CRT (negativa/positiva per cancro) e il valore del SUV alla rivalutazione con PET. Dalla combinazione delle 5 variabili
considerate (sesso, stadio del T alla diagnosi, grado di differenziazione tumorale, presenza/assenza di neoplasia alla biopsia
dopo chemio-radioterapia, valutazione del SUV dopo trattamenti combinati) ne emerge un nomogramma il cui punteggio
darebbe un’indicazione di probabilità di pCR (probabilità di pCR superiore a 60% con somma del punteggio ottenuto
nel nomogramma di 160). La predizione della risposta anche se completa patologica, non sostituisce la chirurgia che,
come si legge dalle linee guida AIOM, fatto salvo il distretto cervicale, ad oggi rimane il trattamento principale del
carcinoma esofageo (grado di raccomandazione A) e come sottolineano gli stessi autori, questo modello non è ancora
utilizzabile nella pratica clinica e richiede ulteriori validazioni, possibilmente correlate ad un biomarcatore di risposta.
Clinical parameters model for predicting pathologic complete response following
preoperative chemoradiation in patients with esophageal cancer.
J. A. Ajani, A. M. Correa, W. L. Hofstetter, D. C. Rice, M. A. Blum, A. Suzuki1, T. Taketa, J. Welsh, S. H. Lin, J.
H. Lee, M. S. Bhutani, W. A. Ross, D. M. Maru, H. A. Macapinlac, J. Erasmus, R. Komaki, R. J. Mehran, A. A.
Vaporciyan & S. G. Swisher.
Annals of Oncology 23: 2638–2642, 2012
Background: approximately 25% of patients with
esophageal cancer (EC) who undergo preoperative
chemoradiation, achieve a pathologic complete response
(pathCR). We hypothesized that a model based on clinical
parameters could predict pathCR with a high (≥60%)
probability. Patients and methods: we analyzed 322 patients
with EC who underwent preoperative chemo-radiation. All
the patients had baseline and post chemo radiation positron
emission tomography (PET) and pre-and postchemoradiation endoscopic biopsy. Logistic regression models were
used for analysis, and cross-validation via the bootstrap
method was carried out to test the model. Results: the 70
(21.7%) patients who achieved a pathCR lived longer
(median overall survival [OS], 79.76 months) than the 252
patients who did not achieve a pathCR (median OS, 39.73
months; OS, P = 0.004; disease-free survival, P = 0.003). In
a logistic regression analysis, the following parameters
contributed to the prediction model: postchemo-radiation
PET, postchemo radiation biopsy, sex, histologic tumor
grade, and baseline EUST stage. The area under the receiveroperating characteristic curve was 0.72 (95% confidence
interval [CI] 0.662–0.787); after the bootstrap validation
with 200 repetitions, the bias-corrected AU-ROC was 0.70
(95% CI 0.643–0.728). Conclusion: our data suggest that
the logistic regression model can predict pathCR with a high
probability. This clinical model could complement others
(biomarkers) to predict pathCR.
N° 1 MARZO 2013
32
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
STOMACO
Riguardo al cancro gastrico segnaliamo i risultati preliminari dello studio STEAD-GC per l’identificazione precoce del cancro
gastrico (ClinicalTrials.gov Identifier: NCT01774266). Lo studio ha analizzato i livelli nel tessuto neoplastico, nel tessuto non
neoplastico e nel plasma, del biomarcatore REPRIMO, considerato da diverse analisi un marcatore precoce di cancro (tumori
GI ed altri). Mettendo a confronto il valore rilevato del biomarcatore nei pazienti con cancro verso i pazienti con gastrite, tali
valori sono risultati significativamente più elevati nei pazienti con cancro gastrico rispetto ai pazienti affetti da gastrite. Tale
metodo potrebbe essere impiegato quale test di screening nelle popolazioni ad alta incidenza e mortalità per tale tipo di cancro
e forse, come metodo di sorveglianza (alternato all’endoscopia) in quei casi ad alto rischio di sviluppo di cancro.
Sempre in riferimento al tumore dello stomaco segnaliamo altri due lavori, uno dell’ottobre 2012 e l’altro del più recente
gennaio 2013. Nel primo lavoro Willis smentirebbe il valore prognostico negativo dell’istotipo cellule ad anello con castone
rispetto all’istotipo adenocarcinoma. Dall’analisi retrospettiva dei dati SERR (con i limiti di tale analisi) il tumore a cellule ad
anello con castone rispetto all’adenocarcinoma risulta diagnosticato in soggetti di età più giovane e ad uno stadio più avanzato
(maggiore frequenza di pT3-T4, pN+ e M+). Dall’analisi delle sopravvivenze non è stata rilevata alcuna differenza clinicamente
significativa nei pazienti in stadio IV tra i due istotipi.
Il secondo lavoro si riferisce ad una analisi europea del significato prognostico della 7° edizione AJCC/UICC rispetto alla
versione precedente (anche se esperienza monocentrica ma condotta su oltre 1700 pazienti affetti da cancro gastrico operati
con adeguata linfoadenectomia D2). Esplicative sono le curve di sopravvivenza (figura 1 e 2) del lavoro che dimostrano come
la complessità della nuova classificazione conferisce un guadagno in sopravvivenza statisticamente significativo per i sottogruppi
pT2, pT3, pT4, pN2, pN3, anche se i margini di guadagno sono chiaramente diversi. Il confronto tuttavia delle curve di
sopravvivenza relative ai diversi stadi (figura 3 del lavoro) dimostra che il vantaggio è rilevante (+9%) solo per lo stadio II. Da
questa esperienza sembrerebbe che la maggiore complessità della classificazione del tumore dello stomaco della 7° edizione
UICC non trovi applicazione come utile strumento prognostico se paragonato alla precedente versione.
Screening and Triage Test for Early Detection of Gastric Cancer (STEAD-GC): A noninvasive trial
for early detection of gastric cancer.
Alejandro Corvalan, Maria Jose Maturana, Marianela Sanchez, Alfonso Calvo and Catterina Ferreccio
Journal of Clinical Oncology Vol 30, No 30_suppl (October 20 Supplement), 2012: 17
Background: gastric cancer (GC) is the second leading cause of
cancer-related deaths worldwide. Previously, we identified a
potential biomarker for non-invasive detection of GC, the DNA
methylation of the promoter region of Reprimo, a p53-dependent
G2 arrest mediator candidate (Clin Cancer Res 2008;14:6264-9).
Furthermore, we developed a quantitative assay (MethyLight) for
a mass screening of GC (DDW2011-1029128). Here we reported
the preliminary findings of our ongoing prospective trial
STEAD-GC (Screening and Triage test for Early Detection of
Gastric Cancer) which is being conducted in Chile, a country with
a high mortality rate for GC. Methods: twenty GC cases (tumor,
non-tumor tissues and plasma samples) and 41 symptomatic
chronic gastritis cases (29 tissues and 12 pairs of tissue and plasma
samples) were evaluated for Reprimo levels by MethyLight after
DNA extraction and bisulfite conversion. Results: concentrations
of DNA were similar in both groups (Avg 32.2 ng/ml [range:
8.9-70.8 ng/ml]). The average DNA levels of Reprimo were higher
in GC [964,215 copies/ml, 539,593 copies/ml and 80,113
copies/ml in tumor, non-tumor and plasma, respectively] but lower
in symptomatic chronic gastritis [137,721 copies/ml and 8,387
copies/ml, tissue and plasma, respectively]. Conclusions: by using
our previous cut-off of 15,125 copies/ml, our method correctly
identified 10 out of 12 gastritis cases and 16 out of 20 GC cases
(p value <0.001). Our data confirms our non-invasive method for
early detection of GC may be suitable for a mass screening of GC.
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
33
Prognostic Significance of Signet Ring Gastric Cancer.
Sharven Taghavi, Senthil N. Jayarajan, Adam Davey and Alliric I. Willis
Journal of Clinical Oncology Vol 30, No 28 October 1, 2012
Purpose: studies in Asia have questioned the dictum that signet
ring cell carcinoma (SRC) has a worse prognosis than other forms
of gastric cancer. Our study determined differences in presentation
and outcomes between SRC and gastric adenocarcinoma (AC) in
the United States. Patients and Methods: the National Cancer
Institute Surveillance, Epidemiology, and End Results database was
reviewed for SRC and AC from 2004 to 2007. Results: we
reviewed 10,246 cases of patients with gastric cancer, including
2,666 of SRC and 7,580 of AC. SRC presented in younger patients
(61.9 v 68.7 years; P < .001) and less often in men (52.7% v
68.7%; P < .001). SRC patients were more frequently black
(11.3% v 10.9%), Asian (16.4% v 13.2%), American
Indian/Alaska Native (0.9% v 0.8%), or Hispanic (23.3% v
14.0%; P < .001). SRC was more likely to be stage T3-4 (45.8% v
33.3%), have lymph node spread (59.7% v 51.8%), and distant
metastases (40.2% v 37.6%; P < .001). SRC was more likely to be
found in the lower (30.7% v 24.2%) and middle stomach (30.6%
v 20.7%; P < .001). Median survival was not different between the
two (AC, 14.0 months v SRC, 13.0 months; P = .073).
Multivariable analyses demonstrated SRC was not associated with
mortality (hazard ratio [HR], 1.05; 95% CI, 0.96 to 1.11; P =
.150). Mortality was associated with age (HR, 1.01; 95% CI, 1.01
to 1.02; P < .001), black race (HR, 1.10; 95% CI, 1.01 to 1.20; P
= .026), and tumor grade. Variables associated with lower mortality
risk included Asian race (HR, 0.83; 95% CI, 0.77 to 0.91; P <
.001) and surgery (HR, 0.37; 95% CI, 0.34 to 0.39; P < .001).
Conclusion: in the United States, SRC significantly differs from
AC in extent of disease at presentation. However, when adjusted
for stage, SRC does not portend a worse prognosis.
Prognostic Implications of the Seventh Edition of the International Union Against Cancer
Classification for Patients With Gastric Cancer: The Western Experience of Patients Treated in a
Single-Center European Institution.
Daniel Reim, Martin Loos, Fabian Vogl, Alexander Novotny, Tibor Schuster, Rupert Langer, Karen Becker, Heinz Höfler,
Jens Siveke, Florian Bassermann, Helmut Friess, and Christoph Schuhmacher
Journal of Clinical Oncology Vol 31, No 2 January 2013
Purpose: validity of the seventh edition of the American Joint
Committee on Cancer/International Union Against Cancer
(AJCC/UICC) staging systems for gastric cancer has been
evaluated in several studies, mostly in Asian patient populations.
Only few data are available on the prognostic implications of the
new classification system on a Western population. Therefore, we
investigated its prognostic ability based on a German patient
cohort. Patients and Methods: data from a single-center cohort
of 1,767 consecutive patients surgically treated for gastric cancer
were classified according to the seventh edition and were compared
using the previous TNM/UICC classification. Kaplan-Meier
analyses were performed for all TNM stages and UICC stages in a
comparative manner. Additional survival receiver operating
characteristic analyses and bootstrap-based goodness-of-fit
comparisons via Bayesian information criterion (BIC) were
performed to assess and compare prognostic performance of the
competing classification systems. Results: we identified the UICC
pT/pN stages according to the seventh edition of the AJCC/UICC
guidelines as well as resection status, age, Lauren histotype, lymphnode ratio, and tumor grade as independent prognostic factors in
gastric cancer, which is consistent with data from previous Asian
studies. Overall survival rates according to the new edition were
significantly different for each individual’s pT, pN, and UICC
stage. However, BIC analysis revealed that, owing to higher
complexity, the new staging system might not significantly alter
predictability for overall survival compared with the old system
within the analyzed cohort from a statistical point of view.
Conclusion: the seventh edition of the AJCC/UICC classification
was found to be valid with distinctive prognosis for each stage.
However, the AJCC/UICC classification has become more
complex without improving predictability for overall survival in a
Western population. Therefore, simplification with better
predictability of overall survival of patients with gastric cancer
should be considered when revising the seventh edition.
N° 1 MARZO 2013
34
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
PANCREAS
Parlando di tumore del pancreas, non si può non citare il ruolo del nab-paclitaxel e la presentazione all’ASCO GI di quest’anno.
Lo studio randomizzato di fase III - MPAC - di confronto tra nab-paclitaxel + gemcitabina verso sola gemcitabina dimostra la
superiorità in termini di risposta e sopravvivenza della combinazione rispetto alla sola gemcitabina. Rispetto allo schema
FOLFIRINOX, altro schema proponibile in I linea metastatico ma in pazienti selezionati (età, PS, bilirubina), il profilo di
tossicità della combinazione nab-paclitaxel risulta più favorevole (fatigue, diarrea, neutropenia e neutropenia febbrile) risultando
quindi uno schema di più facile applicabilità nella pratica clinica rispetto ad altre combinazioni. Che la combinazione
nab-paclitaxel + gemcitabine diventi il nuovo braccio di riferimento dei prossimi studi clinici dopo anni di sola gemcitabina o
fluorouricile? Qualcuno ha già guardato oltre ipotizzando uno schema sequenziale nab-paclitaxel + gem a seguire consolidamento
con FOLFIRINOX modificato (schedula senza 5FU bolo e aggiunta di GCSF in profilassi primaria) il tutto per 6 + 6 cicli di
trattamento. La nostra prima riflessione è che forse un regime così intensificato sarebbe da riservare ai casi di malattia localmente
avanzata giudicata ancora non operabile dopo la prima fase di induzione chemioterapica. In attesa dei risultati teniamo le dita
incrociate.
Randomized phase III study of weekly nab-paclitaxel plus gemcitabine versus gemcitabine alone in
patients with metastatic adenocarcinoma of the pancreas (MPACT).
Daniel D. Von Hoff, Thomas J. Ervin, Francis P. Arena, E. Gabriela Chiorean, Jeffrey R. Infante, Malcolm J. Moore, Thomas
E. Seay, Sergei Tjulandin, Wen Wee Ma, Mansoor N. Saleh, Marion Harris, Michele Reni, Ramesh K. Ramanathan, Josep
Tabernero, Manuel Hidalgo, Eric Van Cutsem, David Goldstein, Xinyu Wei, Jose Luis Iglesias and Markus Frederic Renschler
Journal of Clinical Oncology, 2013 Gastrointestinal Cancers Symposium Vol 31, No 4_suppl (February 1 Supplement), 2013: LBA148
Background: nab-Paclitaxel (nab-P, 130 nm albumin-bound
paclitaxel) provides tumor selective localization via transcytosis
across the endothelium, potential tumor uptake via
macropinocytosis, and improved pharmaco kinetics vs cremophorpaclitaxel. In vitro, nab-P increased tumoral gemcitabine (G) levels,
and in a phase I/II study in metastatic pancreatic cancer (mPC)
nab-P + G showed promising activity. Methods: patients (pts) with
mPC were randomized to nab-P 125 mg/m2, followed by G 1000
mg/m2 on days 1, 8, and 15 every 4 weeks or G 1000 mg/m2
weekly for 7 weeks (cycle 1), then on days 1, 8, and 15 every 4
weeks (cycle 2). For the primary endpoint of overall survival (OS),
608 events from 842 patients provided a power of 0.9 to detect a
HR of 0.769 (2-side α = 0.049). Results: 861 pts received therapy.
Baseline pt characteristics were well balanced. Median age was 63
years, Karnofsky performance status was 90-100 in 60% and 80
in 40% of pts, 43% had head of pancreas lesions, 84% had liver
and 39% had lung metastases, and 52% of pts had CA19-9 59 x
ULN. Treatment duration was 4 vs 3 months in nab-P + G vs G.
The relative protocol G dose was 75% vs 85% in nab-P + G vs G;
nab-P dose was 81%. OS, progression-free survival (PFS), time to
treatment failure (TTF), and overall response rate (ORR) were
significantly improved in the nab-P + G arm (Table). Most
common grade 3 AEs were neutropenia (38% vs 27%), fatigue
(17% vs 7%), and neuropathy (17% vs 1%) in the nab-P + G vs
G arms. Grade 3 neuropathy improved to grade 1 in 29 days.
Febrile neutropenia was reported in 3% (nab-P + G) vs 1% (G)
pts. Conclusions: in this multinational, multiinstitutional study,
nab-P + G was well tolerated and superior to G with statistically
significant and clinically meaningful results in all endpoints and
across subgroups. Clinical trial information: NCT00844649.
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
Intent-to-treat
nab-P+G G
Hazard ratio
n = 431 n = 430 (95%CI)
P=
OS, median mo
8.5
6.7
0.72
0.000015
1-yr survival, % 35
22
(0.617–0.835)
0.000200
2-yr survival, % 9
4
PFS, median mo 5.5
3.7
0.69
0.000024
1-yr PFS, %
9
(0.581–0.821)
0.031876
3.6
0.70
(0.604, 0.803)
<0.0001
16
T TF, median mo 5.1
35
0.021234
Response rate ratio
(Pnab-P+G / PG)
ORR, n (%)
99
31
3.19
ORR, n (%)
(23)
(7)
(2.178–4.662)
1.1x10-10
Phase II study of induction therapy with gemcitabine and nab-paclitaxel followed by consolidation
with mFOLFIRINOX in patients with metastatic pancreatic cancer.
Ramesh K. Ramanathan, Peter Lee, Joseph W. Leach, Stephen Patrick Anthony, Glen J. Weiss, Peter J. Rosen, Vincent J. Picozzi,
Jasgit C. Sachdev, Tim Larson, Ronald Korn, Chengcheng Hu, Gayle S. Jameson, Amy C. Stoll, Daniel D. Von Hoff and John E. Seng
Journal of Clinical Oncology, 2013 Gastrointestinal Cancers Symposium Vol 31, No 4_suppl (February 1 Supplement), 2013: 233
Background: we designed a phase II study to evaluate the efficacy,
toxicity and feasibility of administering nab-paclitaxel/gemcitabine
(NabP-Gem) followed by mFOLFIRINOX in MPC. Methods:
eligible patients had evidence of untreated MPC with performance
status of ECOG 0-1 and adequate organ function. Induction
therapy was with Nab-P (125 mg/m2) and Gem (1000 mg/ m2)
weekly x 3 every 4 weeks for a maximum of 6 months (6 cycles).
mFOLFIRINOX every 2 weeks (Consolidation regimen) was
initiated after 6 cycles of the Induction regimen, or earlier in case
of progression, and given upto 6 months (12 cycles). The
FOLFIRINOX regimen (NEJM,364:1817-25: 2011) was
modified to omit the bolus 5FU and requires addition of
granulocyte growth factor prophylaxis. A primary endpoint is to
increase 1 year survival (n=30) to >70%, (95% confidence intervals
for one year survival rate is +/- 20%). Results: as of 9/1/2012, 26
of 30 subjects have been accrued. M/F ratio is 58%/42%, median
is 65 years. In 20 patients treated on the induction phase, 75%
have a > 90% decrease in CA 19-9 levels. The partial response rate
(PR) in the first 19 patients who have completed 4 cycles is 50%.
Early image analysis on 9 subjects with concurrent CT and PET
showed 44% PR (RECIST 1.1) but 89% by CHOI and PET
criteria. A novel approach to interrogate tumor texture composition
demonstrated substantial change in lesion texture following
induction therapy. To date selected Grade > 3 adverse events are
N° 1 MARZO 2013
36
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
neutropenia (n=8), fatigue (n=5), thromboembolic events (n=4),
peripheral neuropathy (n=3), dehydration (n=2), anemia (n=3),
thrombocytopenia (n=2), febrile neutropenia (n=2) and myalgias
(n=2). Among 26 patients who have received at least one cycle of
NabP-Gem, ten dose reductions and four dose delays were seen.
To date, 11 patients have begun the Consolidation regimen with
mFOLFIRINOX. Conclusions: The induction NabP-Gem
regimen shows preliminary evidence of substantial activity similar
to published reports (JCO.29:4548-54: 2011). Study will now
evaluate the safety, efficacy and feasibilty of the Consolidation
regimen with mFOLFIRINOX. Supported by the Seena Magowitz
Foundation. Clinical trial information: NCT01488552.
COLON-RETTO
Per ultimo, ma non per importanza, citiamo il lavoro pubblicato sul NEJM relativo all’uso dell’aspirina nei pazienti operati di
adenocarcinoma del colon e del retto. Dall’analisi dei dati il vantaggio in sopravvivenza cancro del colon-retto-correlata è
evidente SOLO per quei casi di tumore con mutazione della PI3KCA (20% circa) e non per tutti i casi. Questo per sottolineare
l’ormai indispensabile esigenza di caratterizzare sempre più approfonditamente i casi di cancro colorettale, ma non solo, perché
anche le piccole cose (l’aspirina) possono fare grandi differenze.
Aspirin Use, Tumor PIK3CA Mutation, and Colorectal-Cancer Survival
Xiaoyun Liao, M.D., Ph.D., Paul Lochhead, M.B., Ch.B., Reiko Nishihara, Ph.D., Teppei Morikawa, M.D., Ph.D., Aya Kuchiba,
Ph.D., Mai Yamauchi, Ph.D., Yu Imamura, M.D., Ph.D., Zhi Rong Qian, M.D., Ph.D., Yoshifumi Baba, M.D., Ph.D., Kaori Shima,
D.D.S., Ph.D., Ruifang Sun, M.B., Katsuhiko Nosho, M.D., Ph.D., Jeffrey A. Meyerhardt, M.D., M.P.H., Edward Giovannucci,
M.D., M.P.H., Sc.D., Charles S. Fuchs, M.D., M.P.H., Andrew T. Chan, M.D., M.P.H., and Shuji Ogino, M.D., Ph.D.
N Engl J Med 2012; 367:1596-1606 October 25
Background: regular use of aspirin after a diagnosis of colon cancer
has been associated with a superior clinical outcome. Experimental
evidence suggests that inhibition of prostaglandin-endoperoxide
synthase 2 (PTGS2) (also known as cyclooxygenase-2) by aspirin
down-regulates phosphatidylinositol 3-kinase (PI3K) signaling
activity. We hypothesized that the effect of aspirin on survival and
prognosis in patients with cancers characterized by mutated
PIK3CA (the phosphatidylinositol-4,5-bisphosphonate 3-kinase,
catalytic subunit alpha polypeptide gene) might differ from the
effect among those with wild-type PIK3CA cancers. Methods: we
obtained data on 964 patients with rectal or colon cancer from the
Nurses' Health Study and the Health Professionals Follow-up
Study, including data on aspirin use after diagnosis and the
presence or absence of PIK3CA mutation. We used a Cox
proportional-hazards model to compute the multivariate hazard
ratio for death. We examined tumor markers, including PTGS2,
phosphorylated AKT, KRAS, BRAF, microsatellite instability, CpG
island methylator phenotype, and methylation of long interspersed
nucleotide element 1. Results: among patients with mutated-
PIK3CA colorectal cancers, regular use of aspirin after diagnosis
was associated with superior colorectal cancer–specific survival
(multivariate hazard ratio for cancer-related death, 0.18; 95%
confidence interval [CI], 0.06 to 0.61; P<0.001 by the log-rank
test) and overall survival (multivariate hazard ratio for death from
any cause, 0.54; 95% CI, 0.31 to 0.94; P=0.01 by the log-rank
test). In contrast, among patients with wild-type PIK3CA, regular
use of aspirin after diagnosis was not associated with colorectal
cancer–specific survival (multivariate hazard ratio, 0.96; 95% CI,
0.69 to 1.32; P=0.76 by the log-rank test; P=0.009 for interaction
between aspirin and PIK3CA variables) or overall survival
(multivariate hazard ratio, 0.94; 95% CI, 0.75 to 1.17; P=0.96 by
the log-rank test; P=0.07 for interaction). Conclusions: regular
use of aspirin after diagnosis was associated with longer survival
among patients with mutated-PIK3CA colorectal cancer, but not
among patients with wild-type PIK3CA cancer. The findings from
this molecular pathological epidemiology study suggest that the
PIK3CA mutation in colorectal cancer may serve as a predictive
molecular biomarker for adjuvant aspirin therapy.
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“La Ricerca Oncologica in Italia in
tempi di Spending Review”
Report dal Meeting svoltosi a Firenze il 15 febbraio 2013
A cura di
Rodolfo
Passalacqua
A Rodolfo Passalacqua, presidente del GOIRC abbiamo chiesto di riassumere i punti salienti emersi durante
lo svolgimento del Convegno.
Il convegno annuale del GOIRC è diventato un appuntamento essenziale, di confronto multidisciplinare e
multiprofessionale, al quale partecipano rappresentanti di Società Scientifiche (AIOM, SIAPEC, CIPOMO, SIT,
SISMEC ecc), Gruppi cooperativi, Farmindustria e autorevoli ospiti stranieri. Gli argomenti trattati sono quelli di
maggiore attualità nell’ambito di politica sanitaria e ricerca oncologica; in particolare, quest’anno è stato affrontato
un tema cruciale: come garantire una ricerca indipendente di buona qualità in tempi di crisi economica. Gli
interventi, tenuti da esperti illustri e autorevoli, hanno riguardato la regolamentazione della ricerca clinica e i nuovi
Comitati Etici, le opportunità di finanziamento pubbliche e private, l’impatto dei nuovi farmaci (non solo economico
ma soprattutto in termini di outcome per i pazienti e la società). Incisive a questo riguardo le relazioni di Richard
Smith (past editor di BMJ) e della dott.ssa Caterina Caminiti (biostatistico) su come attualmente a livello
internazionale si misura l’impatto sociale della ricerca, anche per superare i ben noti limiti di una valutazione basata
solo su indici bibliometrici (impact factor, h-index, numero di citazioni, ecc), argomento sul quale è opportuno un
maggiore approfondimento nel prossimo congresso. L’attenzione e la partecipazione a questo Convegno è stata molto
ampia, sicuramente in crescita in questi ultimi anni. Uno dei fattori determinanti del successo è stato l’ampia
partecipazione di giovani ricercatori oncologi e di professionisti che nei vari Centri GOIRC si occupano
dell’organizzazione della infrastruttura di ricerca, con i quali si sta lavorando per consentire l’attuazione di studi
spontanei di buona qualità.
Esistono i presupposti per ipotizzare, nel prossimo futuro, un impegno collaborativo, in termini di ricerca
clinica, dei diversi Gruppi Italiani?
Io sono per natura ottimista ma anche pragmatico. I presupposti per poter fare ricerca intergruppo vanno costruiti con
un forte impegno reciproco. Fare ricerca indipendente è sempre più difficile, richiede competenze multidisciplinari che
vanno acquisite con anni di pratica e di studio, non sono più sufficienti adeguate norme regolatorie e “trasparenti”
documenti di accordo. I leader dei singoli Gruppi devono capire l’importanza di integrare e valorizzare le risorse disponibili,
di attuare formazione per garantire in tutti i centri dati di buona qualità e piena adesione ai principi della GCP.
Da circa 2 anni il GOIRC investe nella propria “infrastruttura della ricerca”, attraverso la messa a disposizione di
strumenti (eCRF, SAS, database, ecc) e l’attuazione di una rete di tutte le figure presenti nei vari centri a supporto
dei ricercatori. Sono data-manager, biostatistici, infermieri di ricerca, monitor, figure indispensabili che i centri di
piccole e medie dimensioni non possono garantire e che spesso costituisce motivo di non partecipazione a progetti
rilevanti per i pazienti. Solo grazie alla partecipazione di molti centri (piccoli, medi e grandi) a gruppi collaborativi
è possibile attuare progetti di ricerca di buona qualità e inseriti in un contesto reale (non solo centri ultra selezionati),
con importanti esiti per i pazienti (farmaci innovativi disponibili indipendentemente dal luogo di cura), per i
professionisti (crescita di competenze) e per la società (minori costi e maggiori benefici).
Ritieni che la ricerca clinica indipendente sarebbe positivamente influenzata da tale impegno?
Certamente si: la ricerca in generale ma in particolare quella indipendente ne avrebbe un forte vantaggio. Spesso dai
clinici nascono le idee di ricerca più rispondenti ai reali bisogni dei pazienti, ma difficilmente si riescono a realizzare;
N° 1 MARZO 2013
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
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a volte per mancanza di risorse ma anche di competenze in metodologia della ricerca. Dovremmo sostenere maggiormente le
buone idee e impegnarci a realizzarle, indipendentemente da chi è il proponente e a quale Gruppo cooperativo appartenga; in
questo potrebbe aiutarci l’analizzare la proposta progettuale in termini di potenziale impatto sociale e non limitarsi alla misura
delle risposte o dell’hazard ratio. Provare a misurare ad esempio cosa ha significato e cosa significa per la “società” la ricerca
fatta dal GISCAD in questi 20 anni (tanto per ricordare il vostro grosso contributo) e che impatto positivo ha avuto in termini
di riduzione degli anni di vita persi, di incremento di occupazione di giovani ricercatori, di cambiamenti degli stili di vita, ecc.
Proviamo allo stesso modo a immaginare e misurare le ricadute della ricerca attuata da più Gruppi cooperativi che lavorino
insieme su rilevanti progetti, come avviene in paesi più organizzati di noi (Olanda, Francia, Germania..). Sarebbe veramente
un grosso salto, in questo momento di crisi generale ...
Quale ruolo potrebbero avere associazioni di categoria; AIOM-Fondazione AIOM-CIPOMO, solo per fare alcuni esempi?
Io parto dalla considerazione che la “mission” delle Associazioni Scientifiche e dei Gruppi è comune ossia migliorare la salute
dei malati di cancro e dei loro familiari. La ricerca è lo strumento, in quanto ha questo fine nobile. AIOM e CIPOMO
devono per questo riconoscere i Gruppi come interlocutori privilegiati, interagire maggiormente con loro, in quanto fonte di
idee innovative e pregnanti per i pazienti, veicolo prestigioso per trasferire tempestivamente i risultati della ricerca nella pratica.
Le Associazioni si muovono su un livello scientifico diverso e più attento alla politica sanitaria: diffusione di conoscenze,
programmazione, organizzazione del lavoro, formazione e aggiornamento, bisogni dei malati e problematiche sociali ecc. Una
maggiore integrazione fra Associazioni e Gruppi collaborativi sarebbe sicuramente molto proficuo per entrambi e per i pazienti.
E le associazioni dei pazienti esistenti sul territorio?
Io considero le Associazioni di pazienti come l’interlocutore privilegiato dei clinici e non solo organi di rappresentanza. Spesso
vengono coinvolte, ad es nei Comitati Etici, solo delle comparse senza competenze specifiche e senza possibilità di incidere
sulle decisioni. Invece sono fondamentali per migliorare l’assistenza basandosi sui reali bisogni e per supportare pazienti e loro
familiari; occorre favorire la loro presenza nei reparti a diretto contatto con i malati, far si che possano verificare e controllare
come si lavora, interagire positivamente e in modo costruttivo con i professionisti e gli operatori.
Sei fiducioso che la ricerca clinica indipendente possa sopravvivere, nonostante il difficile momento che sta attraversando
il paese?
Le potenzialità di crescita sono enormi. La maggior parte dei malati oncologici viene curata in ospedali di piccole e medie
dimensioni, non attrezzati per fare ricerca clinica, privi di personale a supporto e non collegati in rete con altri centri. Ci sono
centinaia di nuove molecole promettenti che devono essere testate. La ricerca clinica indipendente può garantire qualità ed
economicità all’industria, cure innovative e promettenti a molti malati, senza farli emigrare verso i grossi centri più dotati di
risorse ma anche con maggiori difficoltà a rispondere ai molteplici bisogni dei pazienti. E’ il momento di utilizzare queste
potenzialità nel miglior modo possibile.
Grazie Rodolfo
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
Presidente
Roberto Labianca
Segretario
Luciano Frontini
CdA
Enrico Aitini
Sandro Barni
Stefano Cascinu
Giancarlo Martignoni
Gianfranco Pancera
Alberto Sobrero
Alberto Zaniboni
Ufficio Operativo
Responsabile
Luciano Frontini
Data managers
Lorena Cozzi
Silvia Rota
Via Vittorio Alfieri, 45-20015 Parabiago (MI)
Tel. 0331 490052 - 4944495 Fax 0331 553720
E-mail : [email protected] - [email protected][email protected]
Sito Web: http://www.giscad.org
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New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
GISCAD NEWS
15 marzo 2013
STUDI in CORSO
TOSCA
Three Or Six Colon Adjuvant
A randomized trial investigating the role of FOLFOX-4 or XELOX (3 versus 6 months) regimen
duration as adjuvant therapy for patients with stage II/III colon cancer
Centri partecipanti 130
Randomizzazioni 3737
COMETS
COlorectal M Etastatic T wo Sequences
Open-label randomized, parallel group, phase III, multicenter trial comparing two different
sequences of therapy (irinotecan/cetuximab followed by fluorouracil/leucovorin with oxaliplatin
(FOLFOX-4) vs. FOLFOX-4 followed by irinotecan/cetuximab) in metastatic colorectal patients
treated with fluorouracil/leucovorin with irinotecan (FOLFIRI)/bevacizumab as first line
chemotherapy
Centri partecipanti 18
Randomizzazioni 93
ONCOL 1
A randomized phase II study of taxotere, oxaliplatin, capecitabine (TOX) or epidoxorubicin,
oxaliplatin and capecitabine (EOX) in patients with locally advanced unresectable or
metastatic gastric cancer
Centri partecipanti 11
Randomizzazioni 26
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
ITACA-S 2
(Intergroup Trial in Adjuvant Chemotherapy for Adenocarcinoma of the Stomach)
Comparison of the efficacy of a peri-operative versus a post-operative chemotherapy
treatment in patients with operable gastric cancer and assessment of the benefit of a postoperative chemo-radiotherapy
Centri GISCAD partecipanti 13
Randomizzazioni Centri GISCAD 7
Totale randomizzazioni 54
LEGA Trial
LowtoxEoxGastricAdvanced
Randomized Phase III Study of low-Taxotere, Oxaliplatin, Capecitabine (low-TOX)
vs Epirubicin, Oxaliplatin and Capecitabine (EOX)
in Patients with Locally Advanced Unresectable or Metastatic Gastric Cancer
In collaborazione con CLIOSS s.r.l. Management Group
e il supporto di
Centri partecipanti 38
Centri attivati 27
Randomizzazioni 2
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New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
STUDI in ITINERE
CENTRAL
(ColorEctalavastiNTRiALdh)
First-line FOLFIRI and bevacizumab in patients with advanced colorectal cancer
prospectively stratified according to serum LDH
I centri che hanno attualmente aderito al progetto sono 15
Chi fosse interessato a partecipare può contattare
Silvia Rota: 0331 490052 / [email protected]
GAP
Gemcitabine Abraxane Pancreas Trial
A Phase II randomized trial comparing a combination of Abraxane and Gemcitabine versus
Gemcitabine alone as first line treatment in locally advanced unresectable pancreatic cancer”.
Chi fosse interessato a partecipare può contattare
Silvia Rota: 0331 490052 / [email protected]
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
ATTIVITA’ FORMATIVO-EDUCAZIONALE
GISCAD STAGE
Scuola sui Tumori dell’Apparato Gastro-Enterico
STAGEWebConference
22 Marzo
9 Aprile
18 Aprile
13 Maggio
14.30 – 16.30
Collegamento in rete dal vivo con risposta da parte di esperti
su quesiti emergenti/questioni dibattute nel trattamento del
paziente portatore di carcinoma gastrico avanzato/metastatico
HER2 positivo.
I partecipanti dei centri riceventi in collegamento web-chat,
potranno ascoltare le presentazioni, porre domande e/o
esprimere il loro parere e partecipare attivamente alla
discussione.
Per ulteriori informazioni
McCANN – HEALTHCARE
Via Valtellina 17 – 20159 Milano
Tel. 02 3057571
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New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
STAGECorsi
La malattia metastatica colorettale
Le criticità
I Corsi prevedono la presentazione, da parte dei facilitatori, di alcune domande su questioni
dibattute e/o emergenti in relazione all’argomento.
Prima dell’inizio della sessione i facilitatori chiederanno anche ai partecipanti, organizzati in
gruppi di lavoro, se ne vogliono aggiungere altre.
I relatori risponderanno ai quesiti, fornendo i dati di EBM e lo stato dell’arte, argomentando
le loro scelte.
Le presentazioni offriranno lo spunto di riflessione critica, di confronto e discussione, e
consentiranno l’approfondimento degli argomenti affrontati.
I partecipanti, favoriti dal numero limitato ed organizzati in gruppi di lavoro, potranno
interagire costantemente con i docenti e avranno la possibilità di utilizzare metodologie
tecnologiche finalizzate ad accrescere il livello di coinvolgimento nell’attività didattica, con
strumenti di gestione interattiva, scegliendo risposte e soluzioni personali, che potranno
essere inviate agli esperti e diventare oggetto di discussione collegiale.
Al termine del Corso la presentazione di algoritmi decisionali fornirà uno strumento di
gestione delle diverse fasi di malattia nella pratica clinica
PADOVA 10 Maggio 2013
MILANO 21 Maggio 2013
FIRENZE 24 Maggio 2013
Per ulteriori informazioni
MULTIMEDIA SYSTEMS
Via Aosta 4/A – 20155 Milano
Tel. 02 5416951
E-mail [email protected]
New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
SITO WEB
http://www.giscad.org
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New Era Opened Medical Oncology Progress & Perspectives
Note
La vita pone domande.
Noi cerchiamo le risposte.
L’innovazione è la nostra risposta alle continue
sfide della salute. Lavoriamo ogni giorno per
salvare le vite dei pazienti e per aiutare milioni di
persone in tutto il mondo. Leader mondiali nelle
biotecnologie: diagnostica in vitro, oncologia,
virologia, anemia e reumatologia sono le nostre
aree di eccellenza. Focalizziamo il nostro impegno
in ricerca e sviluppo sulla scoperta di nuovi
farmaci e tecnologie diagnostiche in grado di
combattere il cancro, l’epatite, l’Alzheimer, l’artrite
reumatoide ed il diabete e rispondere a bisogni
medici ancora insoddisfatti. Grazie ai grandi
progressi nella ricerca e alla sinergia tra diagnosi
e terapia, siamo pionieri nello sviluppo di test
diagnostici e farmaci personalizzati in base alle
caratteristiche genetiche di gruppi di pazienti.
Ci sono tante risposte quante sono le persone.
Noi continuiamo a cercare soluzioni individuali.
www.roche.it
www.giscad.org
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