26/10/2006 La fede che guarisce dalla cecità

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26/10/2006 La fede che guarisce dalla cecità
Incontro Giovani 26 – 10 -2006.
LA FEDE CHE GUARISCE DALLA CECITA’
Canto: ………………………………………………
Riflettiamo sul Vangelo di Marco 10, 46-52:
46E
giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai
discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva
lungo la strada a mendicare. 47Costui, al sentire che c’era Gesù
Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù,
abbi pietà di me!». 48Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli
gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Il cieco ha il coraggio di andare contro corrente. Insiste per
ottenere ciò di cui ha estremo bisogno: la vista. Noi abbiamo bisogno di
vedere Dio che crediamo attraverso tutto il creato e soprattutto le Sue
Creature fatte ad immagine e somiglianza Sua. Dobbiamo strillare al
mondo intero la nostra Fede. Cercare in profondità le ragioni della
nostra esistenza e andare contro la mentalità modernistica del rifiuto di
Dio e la smodata ricerca delle cose di questo mondo.
49Allora
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono
il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». 50Egli, gettato via
il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51Allora Gesù gli disse:
«Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io
riabbia la vista!». 52E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato».
E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
Da notare che getta via il suo mantello… cioè le sue sicurezze.
Lascia tutto quello che ha e va in cerca del bene della vista che ha
perduto. Questo uomo si fida di Gesù. E’ il Messia atteso che chiama
col nome biblico “Figlio di Davide”. E’ ora tutto il suo bene che segue
incondizionatamente!
Il miracolo esprime il superamento della intelligenza dei discepoli,
ancora ciechi, mediante la vittoria della fede, cioè della luce che non scaturisce
dalla concezione messianica trionfalistica e terrena, bensì dal dramma della
croce.
Il cieco mendicante rappresenta l'umanità che giace nelle tenebre
dell'ignoranza e del peccato. Solo riconoscendo Gesù "Figlio di Davide" è
possibile riacquistare la vista, per poterlo seguire sulla via della sofferenza e
del martirio. Il cieco diventa così "il modello di un intrepido assertore della fede
e di un discepolo che segue Gesù sino alla morte".
Il cammino della fede del cieco Bartimeo, i suoi ostacoli, interni ed esterni,
sono messi maggiormente in luce. E dunque anche i nostri.
Il cieco non vede Gesù, non lo riconosce, ne sente solo parlare, vuole
"vederlo"! Qui "riavere la vista" vuol dire "vedere Gesù", ma vedere Gesù
significa "rinascere alla vista". Per questo il cieco si agita e grida sempre più
forte "Figlio di Davide, abbi pietà di me".
La fede è anzitutto "grido", "invocazione" verso colui che non si vede,
perché si riacquisti lo sguardo sulla misura e sui colori della vita quotidiana. La
fede è invocazione alla misericordia del "Figlio di Davide" perché guarisca il
nostro sguardo da quelle cose che reputiamo solo come le uniche necessarie
oscurando l'al di là delle cose stesse, eppure tragicamente insufficienti a
colmare il nostro cuore e la vita.
Forse abbiamo occhi appannati o resi ciechi, dalle falsi luci del mondo,
capaci di render ciechi alla vera luce. Dobbiamo saper usare "il collirio" di una
fede veramente vissuta per aprirci alla luce.
Così S. Agostino in uno dei suoi soliloqui, pregava Dio:
"O Vita per cui vivono tutte le cose, Vita che mi doni la vita, Vita che sei la mia
vita, Vita per la quale vivo, senza la quale muoio: Vita per la quale sono
risuscitato, Vita senza la quale sono perduto, Vita per la quale godo, senza la
quale sono tormentato. Vita dolce e amabile. Ti prego, dove sei, dove ti
troverò per morire a me stesso e vivere in Te? Se vicino a me, nell'anima,
vicino nel cuore, vicino nella bocca, perché sono malato, malato di amore
perché senza di te muoio, perché pensando a te mi rianimo".
Contengono queste parole tutta la passione di un santo che tanti anni visse
come un cieco in cerca della luce e quando la trovò nella fede divenne il santo
che tutti conosciamo.
E il suo percorso di ricerca, da cieco a vedente, lo racconta senza
vergogna nel celebre libro delle "Confessioni". C'è chi sembra felice di essere
cieco, accontentandosi di camminare a tastoni, affidandosi alle illusioni di
falsità...ma viene il momento che la vita chiede conto di tutto questo ed è il
momento o della depressione o dello smarrimento, che a volte porta al
suicidio.
Canto …………………………………………………………………..
Salmo 125
Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di
sognare. Allora la nostra bocca si aprì al sorriso, la nostra lingua si
sciolse in canti di gioia.
Allora si diceva tra i popoli: «Il Signore ha fatto grandi cose per
loro». Grandi cose ha fatto il Signore per noi, ci ha colmati di gioia.
Riconduci, Signore, i nostri prigionieri, come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo.
Quel giovane che danzava e cantava rivolto al sole morente era uno
spettacolo che riempiva di ammirata curiosità il missionario.
Così, un giorno, chiese alla sua guida: "Qual è il significato di quella strana
cerimonia che fai tutte le sere?". "Oh, è una cosa semplice" rispose il giovane.
"Io e mia moglie abbiamo composto insieme questa canzone. Quando siamo
separati, ciascuno di noi, dovunque si trovi, si volta verso il sole un attimo prima
che tramonti, e comincia a danzare e cantare. Così, ogni sera, anche se siamo
lontani, cantiamo e balliamo insieme".
Quando il sole tramonta, tu con chi balli?
La contadina e le candele
(Fonte non specificata)
Nell'andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma
nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni.
Nel salmo risuona il canto pieno di gioia e di riconoscenza del popolo
salvato dalla schiavitù. A questa lode di un piccolo resto di Israele, fa eco la
gioia dei popoli stranieri che riconoscono come "il Signore ha fatto grandi
cose" per il suo popolo.
Il canto esprime la gioia di quanti erano prigionieri e si erano allontanati
dalla loro terra tra le lacrime. Ora tornano cantando il giubilo, come chi è
impegnato nella mietitura perché il peso dei covoni carichi di spighe indica
l'abbondanza del raccolto.
Cristiano è chi presta a Gesù Cristo la sua natura umana per farsi
presente nella storia, nell'oggi di ogni giorno. In altre parole, essere cristiano è
essere trasparenza di Cristo per gli altri, lasciarsi interpretare da lui. Siamo, noi
cristiani, trasparenza di Cristo? Sei tu trasparenza di Cristo nella tua famiglia,
nella tua parrocchia, tra i tuoi amici? O sei piuttosto una deformazione di
Cristo? Prendere sul serio la nostra vocazione cristiana è stato un imperativo
storico fin dagli inizi del cristianesimo.
Che posso fare io, per essere trasparenza di Cristo in ogni luogo e
circostanza? Costruiamo una catena di trasparenze di Cristo affinché il mondo,
il nostro mondo, sia salvato dall'unico Salvatore.
Al tramonto
(Bruno Ferrero, Il segreto dei pesci rossi)
Tanto tempo fa un missionario attraversava le Montagne Rocciose con un
giovane indiano che gli faceva da guida. Tutte le sere, ad un preciso momento
del tramonto, il giovane indiano si appartava, si voltava verso il sole e
cominciava a muovere ritmicamente i piedi e a cantare sottovoce una canzone
dolcissima, soffusa di nostalgia.
Anni fa una contadina, essendo il marito ammalato gravemente, fece voto di
accendere ogni giorno, per un intero anno, un cero dinanzi all'effige della Santa
Vergine.
Tutte le mattine, di buon'ora, correva fino alla piazza principale del paese dove
si ergeva la chiesa parrocchiale e, recitato un Pater, Ave e Gloria, offriva la sua
candela alla Madonna. Poi se ne tornava velocemente a casa per assistere il
marito infermo.
Dopo nove giorni, l'uomo si alzò dal letto guarito.
Il decimo giorno, la donna, avendo da lavare tutta la biancheria accumulatasi
durante la malattia del marito, disse tra sé: “Oggi ho troppo lavoro da sbrigare.
Vorrà dire che andrò in chiesa domani e accenderò due ceri.” L'indomani
pioveva grosso un dito, perciò la donna si disse: “Oggi c'è troppa pioggia. Se
uscissi, m'inzupperei tutta. Vorrà dire che andrò domani e accenderò tre ceri.” Di
giorno in giorno, trovava sempre una scusa buona per non andarci. Però la
brava donna si faceva premura di tenere il conto delle candele che avrebbe
dovuto accendere.
E così un bel dì si accorse che erano già cinquanta. ”Cinquanta candele?!? Ma
se io, adesso, vado in chiesa ad accendere cinquanta candele mi prenderanno
certamente per matta!”
Perciò decise di lasciar stare.
Intercessioni
Padre Nostro
Giaculatorie per riparare la bestemmia
Canto finale …………………………………………………