Micoterapia e aging

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Micoterapia e aging
Capitolo 15
Micoterapia e aging
D. Galimberti, R. Galli
Premessa
Nella tradizionale accezione della micoterapia, l’azione dei funghi in medicina anti-aging è
mirata soprattutto a conseguire un effetto adattogeno, inquadrabile come il ripristino dell’equilibrio dell’organismo. In questo contesto i funghi medicinali risultano essere dei “tonici”
in grado di permettere una migliore gestione dello stress e di conseguire un riequilibrio generale dell’organismo, ripristinandone il funzionamento ottimale. I funghi, inoltre, contengono
vitamine, minerali e molecole farmacologicamente bioattive; sono ricchi dal punto di vista
nutrizionale, ma hanno un contenuto calorico basso. La loro ricchezza nutrizionale e “farmacologica”, grazie alla naturale sinergia dei vari composti, fa sì che questi alimenti, assunti
in toto, possano esprimere un potenziale “salutistico” estremamente positivo e poliedrico.
Un aspetto che esula dal contesto di questo volume è l’azione di alcuni funghi come supporto
biologico in oncologia, ma la loro capacità di supportare il sistema immunitario, attivando la
risposta dell’organismo contro la progressione di queste patologie, è di rilievo anche nel contesto della medicina anti-aging, proprio per le capacità immunostimolanti e immunomodulanti
che caratterizzano questi funghi. Inoltre, in corso di chemioterapia o radioterapia, spesso sono
risultati in grado di ridurre gli effetti collaterali e di proteggere i tessuti sani dai possibili danni
iatrogeni. Gli estratti di funghi medicinali sono utilizzati infatti anche per migliorare la qualità
della vita nel corso delle terapie oncologiche, alleviando gli effetti collaterali di radio- e chemioterapia, come la stanchezza, la riduzione dell’appetito, la deplezione midollare e il rischio
di infezioni opportunistiche.
Non solo: l’azione immunomodulante dei polisaccaridi dei funghi è anche impiegata come
trattamento dolce e non invasivo e nella prevenzione della metastatizzazione neoplastica, in
particolare nell’ambito della medicina orientale. Composti bioattivi purificati derivati da funghi
medicinali rappresentano così una nuova potenziale fonte importante di presenti e soprattutto
futuri agenti antitumorali [1]. L’assunzione regolare di funghi medicinali o di loro estratti può
esercitare un effetto preventivo sia per l’elevata attività antitumorale [2,3] sia per l’inibizione
dell’incidenza di metastasi.
È noto che i funghi medicinali rappresentano una fonte potenziale di composti biologicamente
attivi con attività immunomodulante, scavenger dei radicali liberi, antinfiammatoria, antibatterica, antimicotica, antivirale, epatoprotettiva e antidiabetica. Inoltre, sostanze estratte da funghi
sono risultate in grado di interagire con particolari vie di segnalazione intracellulare correlate
a processi come l’infiammazione, la differenziazione cellulare e la sopravvivenza, l’apoptosi,
l’angiogenesi e la progressione del tumore e delle sue metastasi [4].
I funghi rientrano sicuramente in quella che viene definita immunonutrizione, che è la capacità
di modulare l’attività del sistema immunitario attraverso l’utilizzo di specifici nutrienti.
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nonutrizione può essere utilizzata ogni volta che si ritenga necessario riequilibrare la risposta
immunitaria cellulare (TH1) e umorale (TH2).
Da queste considerazioni deriva il loro impiego non solo in ambiti patologici specifici, ma anche nel contesto dell’healthy aging medicine [5].
Ganoderma lucidum (reishi)
È un fungo saprofita che cresce in primavera inoltrata, estate e autunno su ceppi di latifoglie,
specialmente di quercia, castagno e anche olivo (Figura 15.1); produce in particolare un gruppo di triterpeni chiamati acidi ganodergici (in grado di limitare la produzione di istamina,
ottimizzando così la respirazione cellulare e favorendo la funzionalità epatica) e contiene altri
importanti composti quali polisaccaridi (ad esempio β-glucani), cumarina, mannitolo, xilosio,
galattosio e alcaloidi. Contiene tutti gli amminoacidi essenziali ed è particolarmente ricco in
lisina e leucina; ha un basso contenuto totale di grassi e un’alta percentuale di acidi grassi polinsaturi relativamente agli acidi grassi totali [6]. L’analisi elementare dei corpi di Ganoderma
lucidum ha rilevato la presenza di oligoelementi quali fosforo, silicio, zolfo, potassio, calcio,
magnesio, ferro, sodio, zinco, rame, manganese, stronzio, selenio e germanio [7].
Nella medicina naturale cinese il Ganoderma lucidum è considerato un fungo adattogeno,
cioè una sostanza che favorisce l’adattamento dell’organismo umano a differenti situazioni
ambientali. Numerosi preparati polisaccaridici raffinati estratti da questo fungo sono presenti in
commercio come trattamento “over-the-counter” per le malattie cronico-degenerative, tra cui
le neoplasie maligne e le epatopatie [8]. La recente letteratura scientifica ne ha suggerito l’impiego in oncologia, nel trattamento delle metastasi, ad esempio di quelle legate alle neoplasie
mammarie, avanzando in questo caso l’ipotesi di un’inibizione degli oncogeni proinvasivi, cioè
corresponsabili dell’invasività delle cellule metastatiche [9]. Si prevede che in futuro saranno
vari gli ambiti di ricerca e applicazione clinica in questi contesti, che però esulano dagli obiettivi didattici di questo volume.
Data la sua crescente popolarità, sono in corso numerosi studi sulla composizione e sugli effetti
sulla salute correlabili al Ganoderma lucidum, compresi gli effetti antitumorali, la regolazione
del glucosio nel sangue, l’azione antiossidante, antibatterica e antivirale e gli effetti a protezio-
Figura 15.1 Ganoderma lucidum.
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ne del fegato e sulle lesioni gastriche [10]. La combinazione di beneficio in assenza di evidente
tossicità ha pertanto favorito la diffusione di questo fungo nella pratica clinica come integratore
nutrizionale. Molti degli studi pubblicati negli ultimi anni sono basati prevalentemente su modelli animali, colture cellulari e sulla valutazione in vitro degli effetti sulla salute e, solo più di
recente, anche su procedimenti di sperimentazione umana in vivo. Tuttavia, non c’è un corpo
coeso di ricerca e la valutazione obiettiva di questa terapia tradizionale in termini di benefici
sulla salute umana non resta chiaramente e universalmente stabilita [11].
Un recente studio in vitro ha evidenziato anche la sua attività neuroprotettiva, che giustifica un
ulteriore studio di tali estratti di funghi in modelli animali allo scopo di valutare le loro sicurezza
ed efficacia come base per successive prove cliniche; infatti, potrebbero rappresentare un approccio neuroprotettivo preventivo nelle malattie neurodegenerative in soggetti a rischio [12].
In medicina anti-aging l’impiego di questo fungo è variabile: da un effetto aspecifico sulla qualità di vita e contro le malattie cronico-degenerative a uno neuroprotettivo e potenziativo [13].
Il range posologico nel contesto della medicina preventiva (non a scopo terapeutico specifico, in
cui si devono impiegare dei dosaggi decisamente maggiori) va da 250 a 750 mg al giorno suddivisi in due-tre somministrazioni. Spesso viene utilizzato a cicli: 3 mesi consecutivi seguiti da un
mese di pausa e quindi ripresa del trattamento, procedendo con lo stesso andamento periodico.
Lentinus edodes (shiitake)
La Lentinula (o Lentinus) edodes è un fungo basidiomicete di origine asiatica ed è attualmente
il secondo fungo commestibile più consumato al mondo (Figura 15.2). È più comunemente
conosciuto con il nome di shiitake (che significa letteralmente “fungo della quercia”). In Cina
e in Giappone è utilizzato da centinaia di anni come immunomodulante e, insieme al fungo
Cordyceps sinensis, a scopo energizzante e anti-aging.
Una vasta bibliografia evidenzia le potenzialità immunomodulanti [14,15], antiossidanti [16]
e antinfiammatorie del fungo e dei suoi estratti [17]. La Lentinula edodes presenta un’attività
Figura 15.2 Lentinus edodes.
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antinfiammatoria anche a livello intestinale, risultando efficace per il trattamento della sindrome del colon irritabile (Irritable Bowel Syndrome, IBS) grazie all’inibizione dell’espressione
mRNA-mediata dell’IL-8 associata all’inibizione dell’attività del NF-kB [18].
La molecola lentinano, isolata dallo shiitake, è un β-D-glucano con catena 1,3:1,6 e prende il
nome proprio da questo fungo. È una molecola ben studiata ed è ritenuta responsabile di molti
degli effetti benefici riconducibili al Lentinus edodes. Studi clinici hanno associato il lentinano
a un’aspettativa di vita più alta, una migliore qualità di vita e a una bassa incidenza di tumori;
viene anche impiegato in associazione con altri chemioterapici nel contesto di terapie oncologiche [19].
Più di recente sono state individuate nuove molecole proteiche ad attività oncosoppressiva grazie agli effetti apoptotici sulle cellule tumorali senza conseguenze negative sulle cellule sane,
tra le quali si possono ricordare la LFP(91-3)A2 e la latcripin-13 [20,21].
Dalla Lentinula edodes è stato estratto anche l’AHCC (Active Hexose Correlated Compound),
un α-glucano ben tollerato, con attività antiossidanti, antinfiammatorie e immunomodulanti,
oltre che antiproliferative [22-24].
In medicina anti-aging l’impiego di questo fungo è variabile: da un effetto aspecifico sulla
qualità di vita e contro le malattie cronico-degenerative a uno antiossidante, antinfiammatorio
e potenziativo.
Il range posologico nel contesto della medicina preventiva (non a scopo terapeutico specifico, in
cui si devono impiegare dosaggi decisamente maggiori) dipende dalla formulazione in commercio, in quanto lo si può trovare sotto forma sia di polvere secca sia di estratto secco standardizzato
(in genere titolato 10:1). Indicativamente, come apporto puro, si suggerisce una posologia di
2.000-2.500 mg al giorno. Spesso viene utilizzato a cicli: 3 mesi consecutivi seguiti da un mese
di pausa e quindi ripresa del trattamento, procedendo con lo stesso andamento periodico.
Trametes (Coriolus) versicolor
Si tratta di una Polyporacea a mensola dal basidioma variopinto, appartenente alla classe dei
Basidiomycetes (Figura 15.3); è una specie molto comune in Europa e in tutto il resto del mondo, nota per la variabilità del colore, da cui il nome “versicolor”. Non è infrequente osservarla
su ceppi di legno destinati alla coltivazione del fungo “pioppino”.
Figura 15.3 Trametes (Coriolus) versicolor.
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Il Trametes versicolor è un fungo tradizionalmente utilizzato nella medicina orientale come tonico, immunomodulante e adattogeno. Due sostanze estratte dal fungo, il polisaccaride K (PSK)
e il polisaccaride-peptide (PSP), sono state studiate come possibili trattamenti complementari in
svariate tipologie di neoplasie maligne [25,26]. ll polisaccaride K (PSK), estratto dal Coriolus, è
un farmaco utilizzato in Giappone per il trattamento del cancro. Quando usato come coadiuvante, il PSK è risultato in grado di migliorare il tasso di sopravvivenza dei pazienti con tumori
gastrici [27] e colorettali [28]. Altri estratti di Coriolus, come il polisaccaride-peptide (PSP) e
il polisaccaride versicolor (VPS), sono disponibili anche come integratori alimentari. Al VPS
sarebbero da ricondursi altri benefici legati al suo impiego come nutraceutico [29].
Studi recenti hanno anche evidenziato una sua attività protettiva a livello del DNA [30]. Analisi
del DNA hanno dimostrato che l’estratto dei funghi Coriolus è risultato in grado anche di inibire
l’espressione di geni regolatori del ciclo cellulare e di sopprimere il comportamento metastatico attraverso l’inibizione dell’adesione cellulare, della migrazione cellulare e dell’invasività
delle cellule [31].
In medicina anti-aging l’impiego di questo fungo è variabile: da un effetto aspecifico sulla
qualità di vita e nella “prevenzione” delle malattie cronico-degenerative a uno antiossidante,
immunomodulante e potenziativo.
Il range posologico nel contesto della medicina preventiva (non a scopo terapeutico specifico, in cui si devono impiegare dosaggi decisamente maggiori) dipende dalla formulazione in
commercio, in quanto lo si può trovare sotto forma sia di polvere secca sia di estratto secco
standardizzato. Indicativamente, come apporto puro, si suggerisce una posologia di 500-2.500
mg al giorno. Spesso viene utilizzato a cicli: 2 mesi consecutivi seguiti da un mese di pausa e
quindi ripresa del trattamento, procedendo con lo stesso andamento periodico.
Grifola frondosa (maitake)
La Grifola frondosa (o Grifos frondosus) è un fungo non molto diffuso, che cresce soprattutto sotto
gli alberi di castagno, faggio e quercia; appartiene alla famiglia delle Meripilaceae (Figura 15.4). È
anche conosciuto con il nome di maitake ed è un fungo commestibile con un grande corpo fruttifero caratterizzato da “cappucci sovrapposti”; infatti, i corpi fruttiferi crescono sovrapponendosi
tra loro e formando un “gruppo”. È un ottimo alimento in cucina, nonché un fungo medicinale.
Figura 15.4 Grifola frondosa.
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È ricco di minerali (in particolare potassio, ferro, calcio e magnesio), vitamine (riboflavina,
niacina e un precursore della vitamina D), polisaccaridi (grifolano e grifolina), fibre e aminoacidi. Il principio attivo primario, tuttavia, è dato da una miscela di β-glucani, tra cui spicca il
cosiddetto “Grifon-D” o “Maitake-D-Fraction”. La frazione D, la frazione MD e gli altri estratti,
spesso in combinazione con il frutto intero del fungo in polvere, hanno dimostrato di avere
un’importante azione immunomodulante; infatti la Grifola frondosa influenza positivamente
il sistema immunitario, soprattutto grazie all’attivazione di alcuni meccanismi protettivi che
influiscono sull’azione delle cellule NK, dei macrofagi e delle cellule T [32], modulando anche
il rapporto tra T-helper 1 e 2 [33].
Secondo l’US National Cancer Institute, complessi polisaccaridi presenti nella Grifola frondosa sembrano avere una significativa attività antitumorale. Tuttavia, l’esatto meccanismo molecolare dell’effetto antitumorale non è stato ancora del tutto chiarito. Ad esempio, la Maitake-D-Fraction è in grado di indurre l’apoptosi delle cellule del cancro al seno attraverso
l’espressione genica del BCL2-Antagonist/Killer 1 (BAK1) [34]. Recenti studi scientifici hanno
evidenziato come questa frazione sia in grado di sopprimere il fenotipo tumorale mammario attraverso un meccanismo molecolare che modifica l’espressione di alcuni geni, come IGFBP-7,
ITGA2, ICAM3, SOD2, CAV-1, Cul-3, NRF2, Cycline E, ST7 e SPARC, coinvolti nella stimolazione dell’apoptosi, nell’inibizione della crescita e della proliferazione cellulare, nell’arresto
del ciclo cellulare e nel blocco della migrazione metastatica delle cellule tumorali, migliorando
anche la sensibilità ai farmaci chemioterapici [35].
Studi scientifici hanno anche evidenziato benefici effetti della Grifola frondosa e dei suoi estratti nella regolazione della pressione sanguigna [36], del profilo lipidemico [37] e soprattutto di
quello glicemico, mostrando un’attività ipoglicemizzante grazie all’inibizione dell’α-glucosidasi, in grado di contrastare la stessa insulino-resistenza del paziente affetto da diabete di tipo
2 [38,39]. Le frazioni estratte dalla Grifola frondosa riducono quindi l’ipertensione correlata
all’età tramite effetti sulle RAS e consentono anche di modulare l’inflammaging, contribuendo
così a un’aspettativa di vita maggiore e più sana [40].
In medicina anti-aging l’impiego di questo fungo è variabile: da un effetto aspecifico sulla
qualità di vita e contro le malattie cronico-degenerative a uno immunomodulante, antiglicante,
antipertensivo e quindi cardioprotettivo, antinfiammatorio e potenziativo.
Il range posologico nel contesto della medicina preventiva (non a scopo terapeutico specifico, in cui si devono impiegare dosaggi decisamente maggiori) dipende dalla formulazione in
commercio, in quanto lo si può trovare sotto forma sia di polvere secca sia di estratto secco
standardizzato (in genere titolato 30:1). Indicativamente, come apporto puro, si suggerisce una
posologia di 500-2.000 mg al giorno. Spesso viene utilizzato a cicli: 2 mesi consecutivi seguiti
da 3-4 settimane di pausa e quindi ripresa del trattamento, procedendo con lo stesso andamento periodico. Per l’azione antiglicante è indicato un uso continuativo giornaliero, con dosaggio
da personalizzare in funzione della risposta glicemica del singolo paziente.
Agaricus subrufescens Peck
(Agaricus blazei Murill, ABM)
L’ABM è ricco in particolare di α- e β-glucani e i suoi componenti si sono dimostrati attivi
soprattutto sul sistema immunitario [41]. È un fungo commestibile, tradizionalmente utilizzato
per combattere lo stress psico-fisico, per stimolare il sistema immunitario, come ipoglicemizzante [42], per riequilibrare il profilo lipidico [43] e come antiossidante [44].
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Contiene svariati minerali (in particolare potassio, ferro, calcio, magnesio, sodio, zinco, rame,
manganese e selenio), vitamine (B1, B2, B6, niacina, acido pantotenoico, acido folico, biotina,
un precursore della vitamina D, vitamina E), acidi grassi (acido linoleico e palmitoleico), polisaccaridi, proteoglicani e riboglucani, steroli, fibre e tutti gli aminoacidi essenziali. Il corpo
fruttifero contiene anche enzimi, quali la 1,3-glucanasi e la perossidasi.
L’ABM contiene un elevato livello di β-glucani, presenti in tre forme diverse: β-(1-3)-D-glucano,
β-(1-4)-D-glucano e β-(1-6)-D-glucano, in grado di stimolare le cellule immunitarie come le
cellule NK, i macrofagi, le cellule dendritiche e i leucociti polimorfonucleati [45].
Studi sugli animali e la ricerca cellulare hanno evidenziato come il consumo dell’ABM sembri
presentare proprietà antitumorali [46,47] e antiangiogenetiche [48]. Studi clinici preliminari
hanno anche sottolineato che l’assunzione giornaliera di questo fungo è stata in grado di migliorare la qualità di vita di pazienti in remissione da patologie neoplastiche [49,50]. L’ingestione di ABM da parte di pazienti con IBS ha comportato effetti antinfiammatori interessanti,
come dimostrato dalla diminuzione dei livelli di citochine nel sangue e della calprotectina
nelle feci [51].
In Asia è considerato una specie di “alimento funzionale” e, dato il suo altissimo contenuto in
β-glucani, molto maggiore di quello del reishi, dello shiitake e del maitake, è impiegato nella
medicina preventiva e potenziativa [52] e per l’ottimizzazione del benessere psico-fisico.
Il range posologico è legato alla standardizzazione e alla titolazione del prodotto. Come base
possiamo riferirci alla pura polvere e/o a un estratto secco su maltodestrine di ABM titolato
al 40-50% da solo o in associazione con pura polvere; il dosaggio giornaliero è compreso tra
750 e 2.000 mg di estratto fungino puro, da suddividersi in due-tre somministrazioni.
Cordyceps sinensis
Il Cordyceps sinensis (Figura 15.5) è un Ascomycota parassita di un lepidottero della famiglia delle Hepialidae, di cui invade progressivamente la larva affondata nel terreno. Il nome
Cordyceps deriva dal greco kordúle = “clava” e dal suffisso latino -ceps (da caput) = “capo,
testa”, esplicito richiamo alla forma che assume fuoriuscendo dalla larva mummificata di un
lepidottero, generalmente l’Hepialus armoricanus. Negli Stati Uniti prende invece il nome di
“caterpillar fungus”, cioè “fungo del bruco”, proprio a causa del particolare ciclo biologico che
lo caratterizza: dopo essere germinato all’interno della larva, il Cordyceps uccide e mummifica
l’organismo, fino a fuoriuscire attraverso la sua testa.
La scienza moderna sta cercando di confermare con studi scientifici l’efficacia del Cordyceps
sinensis nelle problematiche per le quali è stato tradizionalmente utilizzato; tuttavia anche per
questo fungo non esistono studi che attualmente possano essere considerati completi dal punto
di vista dell’evidence-based medicine.
Gli impieghi tradizionali riguardano la benefica influenza sulla funzionalità del sistema immunitario, mediata non solo dall’aumento del numero e dell’efficacia delle cellule dell’immunità
aspecifica Natural Killer (NK), ma anche grazie all’induzione della risposta cellulo-mediata del
sistema immunitario specifico, oltre che da un’intrinseca attività di regolazione della risposta
infiammatoria [53-55].
Studi scientifici ne hanno messo in evidenza l’azione epatoprotettiva ed epatorigenerativa: è
stato dimostrato che questo fungo risulta in grado di migliorare la funzionalità epatica, di contribuire alla rigenerazione del parenchima epatico in caso di fibrosi o cirrosi, di ridurre la carica
virale e i danni epatici in corso di epatiti virali e di normalizzare gli enzimi epatici [56,57].
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Figura 15.5 Cordyceps sinensis.
Altri vantaggi risiedono nella regolazione del ritmo cardiaco (aritmie, extrasistoli, tachicardie) e
nella riduzione del rischio cardiovascolare [58,59]. A livello metabolico contribuisce a regolarizzare i livelli di colesterolo, riducendo il colesterolo totale, aumentando l’HDL e abbassando
i trigliceridi [60].
Il Cordyceps sinensis contiene una grande variabilità di sostanze biologicamente attive considerate importanti dal punto di vista nutrizionale: svariati minerali (in particolare potassio,
sodio, calcio, magnesio, ferro, rame, manganese, zinco, selenio, silicio, gallio, cromo, vanadio,
zirconio, titanio, nickel e stronzio); vitamine (B1, B2, B12, E, K); poli-, mono-, di- e oligosaccaridi, tra cui l’acido cordicepico e il galattomannano; fitosteroli, quali l’ergosterolo (importante precursore della vitamina D), il β-3-ergosterolo, l’ergosterolo perossido, il 3-sitosterolo, il
daucosterolo, il campesterolo e altri ancora; fibre; β-glucani, β-mannani; acidi grassi sia saturi
(acido palmitico in particolare) sia insaturi (soprattutto acido linoleico e oleico) e tutti gli aminoacidi essenziali.
Tra i componenti bioattivi più potenti ci sono gli analoghi dei nucleosidi, non riscontrabili in
altri rimedi naturali: la cordicepina (3’-deossiadenosina), l’acido cordicepico, la 2’-deossiadenosina e altri analoghi dei nucleotidi deossigenati (uridina, deossiuridina, adenosina, dideossiadenosina) [61,62]. In particolare, la cordicepina si è dimostrata assai efficace nei confronti di
alcuni virus e di ceppi batterici che hanno sviluppato resistenze antibiotiche [63].
L’utilizzo regolare del Cordyceps sinensis incrementa di quasi il 30%, ma talvolta fino al 55%,
i livelli di ATP (adenosina-trifosfato) nell’organismo e del 30-40% la capacità dell’organismo
di utilizzare l’ossigeno, da cui l’impiego come energizzante sia in chiave di medicina antiaging sia nel contesto della medicina sportiva. Infatti, lo sportivo può trarre concreti benefici
dall’impiego del Cordyceps sinensis, che si è dimostrato utile nel promuovere l’ossigenazione
dei tessuti attraverso il rilassamento della muscolatura bronchiale, bronchiolare e della parete
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vasale, determinando un aumento del flusso ematico a livello muscolare e cardiaco e conseguentemente un più efficace utilizzo dell’ossigeno da parte dell’organismo, con aumento della
VO2max; da questa osservazione si comprende la sua particolare utilità negli sport di resistenza
[64-66]. Da tali osservazioni è derivato anche il suo impiego nelle malattie dell’apparato respiratorio e nell’asma [67].
Studi clinici hanno dimostrato anche un migliore recupero dell’energia e un effetto antiaffaticamento. Nello sportivo la sua assunzione permette quindi di migliorare la performance
aerobica, di velocizzare i tempi di recupero muscolare e la clearance dell’acido lattico, nonché
un’azione anabolica a livello muscolare, attribuibile a un aumento del testosterone durante
l’attività fisica. Tra gli studi scientifici in vivo è di particolare interesse quello in doppio cieco
recentemente effettuato presso l’Università di Pavia su un gruppo di ciclisti non professionisti,
in cui vengono descritti gli effetti sui livelli di testosterone e cortisolo (T/C) in seguito a un’integrazione fungina di Cordyceps sinensis associato a reishi, per determinarne il rapporto tra
anabolismo e catabolismo. I risultati emersi con lo studio sono notevoli: l’aumento massimo
dei livelli di testosterone è risultato del 249,5%, mentre il calo massimo dei livelli di cortisolo è
stato del –77,1%. Lo studio ha anche permesso di sottolineare che si rendono necessari almeno
3 mesi di integrazione per il conseguimento dei miglioramenti obiettivati. Dopo un mese dalla
sospensione dell’integrazione fungina, il rapporto T/C pre-gara si manteneva elevato e significativamente differente dal placebo iniziale, mentre il rapporto T/C post-gara tendeva a ritornare ai
valori iniziali, non proteggendo più l’atleta dallo stress imposto dall’esercizio fisico [68].
Attualmente le due categorie di soggetti che usano il Cordyceps sinensis come tonico sono
rappresentate soprattutto dagli atleti e dagli anziani. Studi controllati su gruppi di anziani hanno dimostrato, dopo un mese di utilizzo, una notevole diminuzione della stanchezza, della
freddolosità e della confusione mentale [65]. I suoi effetti sono legati anche all’azione antiossidante, anti-aging e di protezione cellulare dai radicali liberi. Da queste osservazioni derivano
gli impieghi nel contesto della medicina anti-aging e rigenerativa. Il Cordyceps sinensis è un
adattogeno particolarmente efficace, in grado di aumentare le difese immunitarie da una parte
e l’energia dell’organismo dall’altra, di calmare la mente e di potenziare il fisico, di modulare
l’umore e di ridurre gli effetti sull’organismo correlati al processo di invecchiamento [69,70].
Il range posologico è compreso tra 500 e 1.500 mg al giorno, in due-tre somministrazioni; il
suo assorbimento e la sua efficacia sono aumentati dalla contemporanea assunzione di vitamina C, che favorisce l’assorbimento enterico dei suoi polisaccaridi.
Phellinus linteus (Berk. e Curt.) Teng (meshima)
Il Phellinus linteus (detto “meshima”) è un fungo medicinale utilizzato in Asia. Ha la forma di
uno zoccolo e un sapore amaro; in natura cresce sugli alberi di gelso e, sembra, anche di Lonicera. Il colore del fusto va dal marrone scuro al nero. Nella medicina tradizionale coreana è
consumato sotto forma di tè caldo.
Tra i composti attivi isolati dalla frazione etilacetato del corpo fruttifero del fungo, i più importanti sono l’acido ellagico, l’ispidina, l’inotilone, l’hypholomine B, l’interfungina A, l’inoscavina A, β-glucani (β-D-glucano), un composto fenolico chiamato hispolone, al quale sono
attribuite qualità antinfiammatorie, antiossidanti e antiproliferative [71].
Studi scientifici hanno evidenziato un’importante attività antiglicante correlata all’interfungina
A [72] e un’attività antidiabetica e antiossidante legata all’ispidina, che inibirebbe la PTP1β
(Protein Tyrosine Phosphatase 1β), favorendo il controllo dei valori glicemici [73]. Da ricordare
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anche la recente letteratura medico-scientifica che ne segnala un possibile impiego, da approfondire con ulteriori studi clinici, nelle terapie oncologiche [74].
L’attività antinfiammatoria e antiossidante del Phellinus linteus sarebbe anche ascrivibile alla
presenza dell’inotilone, che favorisce la diminuzione dei livelli di MDA, iNOS, COX-2, NF-kB
e MMP-9, andando parallelamente a incrementare le attività dei sistemi antiossidanti endogeni
come la catalasi (CAT), la superossido dismutasi (SOD) e la glutatione perossidasi (GPX) attraverso la soppressione di TNF-α e NO [75].
Sempre in relazione ai suoi composti attivi, espleterebbe un’azione antiangiogenetica [76] e
potrebbe riservarsi un ruolo come coadiuvante nelle terapie oncologiche [77].
Hericium erinaceus (pompon blanc)
L’Hericium erinaceus (Figura 15.6) è un fungo che abita le zone montane dei territori nordorientali dell’Asia. Si può tuttavia reperire anche in Italia, in particolare in ambienti termofili
o mediterranei del Centro-sud e delle isole maggiori, dove cresce per lo più su vecchie querce, anche sempreverdi, come la sughera (Quercus suber). Yamabushitake è il nome con cui
è chiamato in Asia e soprattutto in Giappone, che deriva dall’unione della parola “take”, che
significa fungo, e “yamabushi”, che indica i monaci eremiti giapponesi che vivevano sulle
montagne.
È stato utilizzato nella medicina popolare tradizionale in Cina, Corea e Giappone per una serie
di effetti fisiologici, tra cui un’attività antinvecchiamento, antiossidante, antiproliferativa, eupeptica e prometabolica. Pertanto, può costituire un’interessante risorsa di destinazione per lo
sviluppo non solo di farmaci, ma anche di alimenti funzionali (“functional food”) [78].
L’Hericium erinaceus apporta svariati aminoacidi essenziali e oligoelementi, tra cui selenio, ferro e germanio, oltre che β-glucani e altri importanti principi attivi, quali gli ericenoni e le erina-
Figura 15.6 Hericium erinaceus.
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cine, capaci di interagire, in modo elettivo e sinergico, a livello sia dell’apparato gastroenterico
sia del sistema nervoso. La comprensione delle funzioni fisiologiche dell’Hericium erinaceus e
l’identificazione chimica dei suoi principi attivi hanno compiuto progressi nell’arco degli ultimi
decenni, in particolare in merito alle funzioni antitumorali e neuroprotettive.
Negli animali da esperimento, l’estratto acquoso di Hericium erinaceus ha evidenziato capacità gastroprotettive, così come una significativa riduzione delle aree interessate da ulcere indotte. L’analisi immunoistochimica, inoltre, ha dimostrato un’upregulation delle proteine HSP70
e una downregulation delle proteine BAX. In conclusione, questi studi hanno rimarcato come
i composti bioattivi presenti nell’estratto acquoso di Hericium erinaceus possano giocare un
ruolo importante nell’attività gastroprotettiva [79].
In tema di neuroprotezione, l’Hericium erinaceus si è dimostrato in grado di stimolare la sintesi
del Nerve Growth Factor (NGF, fattore di crescita nervoso), con le conseguenti ricadute favorevoli in termini di neurotrofismo e salute neuronale [80,81]. L’Hericium erinaceus si è anche
dimostrato utile nel migliorare il quadro sintomatologico associato al degrado cognitivo lieve
(Mild Cognitive Impairment, MCI), che spesso precede di anni la comparsa della malattia di
Alzheimer [82], contribuendo in generale a un’azione volta a contrastare l’invecchiamento
cerebrale [83].
Nel contesto dell’azione antiproliferativa, sono stati osservati interessanti risultati nel trattamento, ad esempio, di neoplasie gastriche, sia impiegato da solo sia in associazione con farmaci
chemioterapici tradizionali; tuttavia, sono necessari ulteriori studi per individuare i costituenti
chimici attivi e capirne il meccanismo di azione e l’effettiva efficacia antitumorale in vivo [84].
In medicina anti-aging, l’Hericium erinaceus viene tradizionalmente utilizzato:
● per le problematiche gastriche, grazie alla sua attività antinfiammatoria e cicatrizzante e
alla capacità di rigenerazione delle mucose;
● a supporto delle funzioni nervose, dato che vari studi scientifici hanno permesso di identificare composti in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e di stimolare la rigenerazione mielinica, così come di esercitare un’attività neurotrofica e neuroprotettiva, favorendo
il mantenimento delle normali funzioni cognitive [85,86];
● nella prevenzione del danno ischemico neuronale [87].
La posologia suggerita in termini di estratto secco puro, ottenuto da corpi fruttiferi selezionati ed essiccati, la cui successiva macinazione ne determina una migliore biodisponibilità, è
compresa in un range tra 800 e 2.000 mg al giorno, suddivisi in due-tre somministrazioni.
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