L`amore Verlaine-Rimbaud

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L`amore Verlaine-Rimbaud
L'amore Verlaine-Rimbaud
Quando trasgredire è arte: l’amore Verlaine-Rimbaud. Colpi di pistola,
pregiudizi e carte processuali scabrose. Un saggio di Marcenaro
racconta la relazione gay tra i due grandi scrittori
di Alessandro Gnocchi
I bigotti del politicamente corretto li porterebbero in palmo di mano. Invece all’epoca,
anni Settanta del XIX secolo, la relazione tra i poeti «maledetti» Arthur Rimbaud e Paul
Verlaine, finita a rivoltellate, ebbe ripercussioni serie e suscitò indignazione. Segno dei
tempi che sono cambiati? Certamente. Si discute su quale forma di riconoscimento
giuridico debbano avere le coppie omosessuali, se sia giusto o meno che possano adottare
figli, ma l’omosessualità in sé rientra appieno nella normalità.
Questo però non è l’unico cambiamento sopravvenuto e nemmeno il più importante.
L’omosessualità di Rimbaud e Verlaine era parte di un ampio «piano sovversivo».
L’obiettivo era raggiungere l’ignoto attraverso lo scatenamento dei sensi. Nella nostra
epoca, un grande progetto, per di più anticonformista, è inconcepibile. L’ironia è
diventata la nostra condanna, lo scetticismo si è trasformato nel termometro della nostra
vigliaccheria. Lo ha scritto l’ultimo postmoderno, David Foster Wallace, nel momento in
cui ha deciso di cercare una dimensione più autentica nella narrativa e profonda nella
vita. Una impresa coraggiosa terminata col suicidio.
Ora la storia di Rimbaud e Verlaine è raccontata da Giuseppe Marcenaro in Una
sconosciuta moralità. Quando Verlaine sparò a Rimbaud (Bompiani, pagg. 328, euro 12).
Un libro scritto con grande stile, dote rarissima nella saggistica, che ricostruisce con una
mole impressionante di documenti (inediti in Italia e raccolti in un dossier) l’affaire di
Bruxelles.
I fatti dunque. Il 10 luglio 1873 Verlaine spara due colpi di pistola all’amante Rimbaud in
una stanza d’hotel della città belga. Questa la deposizione di Arthur al giudice: «era di
nuovo in stato di ubriachezza, mi mostrò una pistola che aveva comperato, e quando gli
chiesi cosa intendeva fare, rispose scherzando: “È per te, per me, per tutti”. Era molto
sovreccitato». Verlaine continua a bere, chiude la porta a chiave e, in preda alla rabbia,
per evitare di perdere l’amico deciso a tornare a Parigi, rischia di ammazzarlo. Partono
due proiettili. Il primo ferisce Rimbaud al polso. Il secondo si conficca nel pavimento.
L’8 agosto Verlaine viene condannato a due anni di carcere dopo un processo in cui è
stato sottoposto a inutili umiliazioni. Si veda, a esempio, il resoconto medico della visita
corporale «per constatare s’egli porti tracce d’abitudine pederastica». È roba forte:
«L’ano si lascia dilatare assai facilmente, attraverso uno scarto moderato delle natiche, a
una profondità di circa un pollice». Conclusione della perizia scabrosa: Verlaine porta
tracce recenti «di pederastia attiva e passiva». Cosa c’entra con le accuse? Nulla. Il
giudice se ne frega della scaramuccia, cosa da poco per gli standard legali del tempo,
vuole inchiodare il poeta fornicatore e l’ex rivoluzionario della Comune di Parigi. Ci
riesce senza fatica.
Le strade di Rimbaud e Verlaine, da quel momento, si incroceranno una sola volta, e sarà
ancora amore, sebbene fugace. Verlaine sprofonderà nell’assenzio prima di riemergere
come gloria della letteratura francese. Rimbaud partirà per quei viaggi leggendari che,
alla fine, lo condurranno in Africa e alla morte prematura. Marcenaro racconta anche, e
benissimo, cosa accadde prima della fuga in Belgio: l’arrivo a Parigi di Rimbaud
sedicenne magnetico e geniale; lo stato di esaltazione alcolico, letterario e carnale dei
due poeti; le provocazioni ai parrucconi del mondo intellettuale; lo scandalo causato da
Verlaine, uomo sposato e con un figlio. «Al fondo del litigioso rapporto – scrive
Marcenaro – sussisteva un’infinita verità. Rimbaud e Verlaine veneravano una libertà che
esplodeva per una giornata di luce. Detestavano, irridendola, la seriosità dei cretini. E poi
esploravano il mistero per mezzo della parola scritta». Vasto programma.
Il titolo del libro proviene dal verbale d’arresto di Paul Verlaine, strepitoso perché senza
volerlo, e con i formalismi del linguaggio burocratico, cattura l’essenza di un’avventura
umana e culturale irripetibile. Dopo le indicazioni standard (data di nascita, stato civile,
indirizzo, professione) il funzionario compila un’ultima casella: «Qual è la sua moralità?».
Nella riga sottostante, la risposta sublime, forse di Verlaine, forse del funzionario stesso:
«Sconosciuta». www.ilgiornale.it
di Alessandro Gnocchi
(11/06/2013)
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