Lezione 10: Autovalori e autovettori 1 Diagonalizzabilit`a
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Lezione 10: Autovalori e autovettori 1 Diagonalizzabilit`a
Lezione 10: Autovalori e autovettori In questa lezione vogliamo affrontare uno degli argomenti più profondi e interessanti dell’algebra lineare e cioe’ il concetto di autovalore e autovettore per una applicazione lineare. 1 Diagonalizzabilità L’idea dietro ai concetti di autovalori e autovettori è molto semplice: vogliamo trovare una base (se esiste!) nella quale una data matrice o meglio una data applicazione lineare ha la forma piu’ semplice possibile e cioè la forma diagonale. Vediamo subito un esempio. Esempio 1.1. Sia φ : R2 −→ R2 la trasformazione lineare φ(e1 ) = e2 , φ(e2 ) = e1 . Nella base canonica per dominio e codominio f è rappresentata dalla matrice: 0 1 A= 1 0 Osserviamo che: φ(e1 + e2 ) = e1 + e2 , φ(e1 − e2 ) = −(e1 − e2 ) Quindi se scegliamo come base B = {v1 , v2 } con v1 = e1 + e2 e v2 = e1 − e2 abbiamo che φ(v1 ) = v1 e φ(v2 ) = −v2 . Percio’ la matrice di φ nella nuova base B (in dominio e codominio) è una matrice diagonale: 1 0 Ã = 0 −1 (senza bisogno di calcoli, perche’ ?). Geometricamente in questo caso è molto semplice vedere che cosa accade. La trasformazione φ consiste in una riflessione del piano cartesiano rispetto alla retta x = y. Infatti φ(e1 ) = e2 , φ(e2 ) = −e1 . È percio’ immediato geometricamente stabilire che il vettore v1 che giace sulla retta x = y è fissato dalla trasformazione mentre il vettore v2 che è perpendicolare alla retta x = y viene mandato in −v2 . In base a queste osservazioni geometriche si puo’ concludere senza alcun calcolo che nella base B = (v1 , v2 ) la matrice associata a φ ha la forma diagonale specificata Ã. 1 Definizione 1.2. Un applicazione lineare T : Rn −→ Rn si dice diagonalizzabile se esiste una base B per Rn (dominio e codominio) nella quale la matrice AT associata a T in tale base è una matrice diagonale. Nell’esempio precedente l’applicazione φ è diagonalizzabile e B = {e1 + e2 , e1 − e2 } è la base in cui la matrice associata a φ è diagonale. Cosi’ come abbiamo dato la definizione di applicazione lineare diagonalizzabile è possibile dare anche la definizione di matrice diagonalizzabile: essenzialmente si tratta di una matrice associata ad una applicazione lineare diagonalizzabile, ma vediamo la definizione precisa. Definizione 1.3. Una matrice A si dice diagonalizzabile se esiste una matrice P invertibile tale che P −1 AP è diagonale. Proposizione 1.4. Sia T : Rn −→ Rn una applicazione lineare con A matrice associata nella base canonica (di dominio e codominio). Allora T è diagonalizzabile se e solo se A è diagonalizzabile. Inoltre, se T e A sono diagonalizzabili, la base B che diagonalizza T corrisponde alle colonne di P tale che P −1 AP sia diagonale. Proof. Cio’ è abbastanza immediato se ci ricordiamo come fare i cambi di base. Infatti la matrice P = IB,C ha precisamente come colonne gli elementi della base B espressi nelle coordinate della base canonica. Dunque T è diagonalizzabile se e solo se esiste una base B rispetto alla quale la matrice P −1 AP associata a T è diagonale, e con P ha per colonne le coordinate dei vettori di B rispetto alla base canonica. Cio’ è vero per definizione se e solo se A è diagonalizzabile. Osservazione 1.5. A questo punto è chiaro che che un’applicazione lineare è diagonalizzabile se e solo se la matrice ad esso associata in una qualunque base e’ diagonalizzabile. Lasciamo allo studente per esercizio la dimostrazione di questa affermazione. Sorgono ora spontanee due domande: 1) In generale, un’applicazione lineare T : Rn −→ Rn è sempre diagonalizzabile? Equivalentemente, data una matrice A esiste sempre una matrice P tale che P −1 AP sia diagonale? 2) Esiste una procedura per “diagonalizzare” un’applicazione lineare o una 2 matrice diagonalizzabile? Cioè esiste un modo per trovare i vettori che formano la base B nella quale l’applicazione lineare data è rappresentata da una matrice diagonale? La risposta alla prima domanda è no, mentre alla seconda è si’. Geometricamente è facile convincersi che esistono molte matrici non diagonalizzabili. Vediamone un esempio. Esempio 1.6. Consideriamo l’applicazione lineare ψ : R2 −→ R2 , ψ(e1 ) = −e2 , ψ(e2 ) = e1 . La matrice che rappresenta ψ nella base canonica è data da: 0 −1 . A= 1 0 Nonostante sia molto simile a quella dell’esempio precedente, contiene una importante differenza. Geometricamente ψ corrisponde ad una rotazione oraria di 900 del piano attorno all’origine. Perchè A o equivalentemente φ sia diagonalizzabile devono esistere due vettori v1 , v2 linearmente indipendenti tali che ψ(v1 ) = λ1 v1 , ψ(v2 ) = λ2 v2 per λ1 , λ2 ∈ R, cioè due vettori che conservino la propria direzione. In tal caso infatti la matrice di φ nella base B = {v1 , v2 } sarebbe: λ1 0 Ã = 0 λ2 Ma è immediato vedere che una rotazione non fissa la direzione di nessun vettore, quindi v1 e v2 non esistono, cioè A non è diagonalizzabile. Si noti che diverso sarebbe il discorso se permettessimo agli scalari di assumere valori complessi. Infatti in tal caso esisterebbero due vettori v1 = (1, −i) e v2 = (i, −1) tali che φ(v1 ) = iv1 , φ(v2 ) = −iv2 . Questo esempio suggerisce una terza domanda: 3) Se permettiamo agli scalari di assumere valori complessi allora possiamo sempre diagonalizzare una data matrice (o applicazione lineare)? La risposta rimane no, tuttavia è possibile sempre ricondurre una matrice ad una forma “quasi” diagonale detta forma di Jordan, di cui purtroppo non possiamo parlare in queste note, perchè le conoscenze richieste sono proprio fuori dalla nostra portata. 3 2 Autovalori e autovettori Abbiamo visto nella sezione precedente che, per la diagonalizzabilita’, giocano un ruolo fondamentale i vettori la cui direzione non viene cambiata dall’applicazione lineare data, cioè quei vettori che vengono trasformati in multipli di se stessi. Qualora l’applicazione lineare data sia diagonalizzabile, tali vettori infatti costituiscono una base B in cui l’applicazione lineare è associata ad una matrice diagonale o equivalentemente la loro espressione in termini della base canonica forma le colonne della matrice P tale che P −1 AP sia diagonale (ove A è la matrice associata all’applicazione lineare data nella base canonica). Questi vettori cruciali per il nostro problema sono gli autovettori. Vediamone la definizione precisa. Definizione 2.1. Data un’applicazione lineare T : V −→ V diciamo che un vettore non nullo v ∈ V è un autovettore di T se T v = λv per uno scalare λ che si dice autovalore di T (λ invece puo’ essere nullo); v si dice anche autovettore associato all’autovalore λ. Data una matrice A si dicono autovalori e autovettori di A gli autovalori e autovettori di TA applicazione lineare associata ad A, cioè l’applicazione lineare avente per matrice A nella base canonica di dominio e codominio. È importante capire che il fatto che un vettore sia autovettore e un numero sia autovalore di una applicazione lineare T non dipende dalla base scelta per rappresentare T ! Nell’esempio 1.1 abbiamo che i vettori v1 = e1 + e2 e v2 = e1 − e2 sono autovettori di autovalori rispettivamente 1 e −1 dell’applicazione φ. Se prendiamo la base formata dagli autovettori B = (v1 , v2 ) v1 = (1, 1)C = (1, 0)B , v2 = (1, −1)C = (0, 1)B . Pur cambiando le coordinate, cioè il modo di scrivere questi vettori, i vettori v1 e v2 non cambiano e allo stesso modo non cambiano i loro autovalori. Infatti, sempre nell’esempio, abbiamo visto che la matrice associata a φ e’ 1 0 Ã = 0 −1 dunque gli autovalori restano −1, 1. Sintetizziamo il nostro discorso nella seguente osservazione. Osservazione 2.2. λ è autovalore di una trasformazione T se e solo se è autovalore della matrice A associata a T in una qualunque base B. 4 Proposizione 2.3. Un’applicazione lineare T : V −→ V e’ diagonalizzabile se e solo se esiste una base B di V costituita da autovettori di T . Importante: Questa dimostrazione contiene fatti fondamentali per la comprensione di autovalori e autovettori. Proof. Se esiste una base B = (v1 . . . vn ) di autovettori, allora la matrice associata a T nella base B è diagonale. Infatti T (v1 ) = λ1 v1 . . . T (vn ) = λn vn , dunque la matrice e’: λ1 . . . 0 .. .. . . 0 . . . λn dunque la trasformazione T è diagonalizzabile per definizione. Viceversa, se T è diagonalizzabile, significa che esiste una base B in cui la matrice associata a T è diagonale, cioe’ d1 . . . 0 .. A = ... . 0 Ma allora tale matrice ha proprio gli d1 . . . .. T (v1 ) = Av1 = . 0 ... . . . dn autovalori sulla diagonale in quanto 0 1 d1 .. .. = .. = d v 1 1 . . . dn 0 0 .. . d1 . . . 0 0 0 .. . . .. .. = ... T (vn ) = Avn = . = dn vn 0 . . . dn 1 dn Dunque la base B è costituita da autovettori. 5 3 Calcolo di autovalori e autovettori Vogliamo adesso dare un metodo operativo per calcolare autovalori e autovettori di una matrice o applicazione lineare date. Definizione 3.1. Data una matrice quadrata A definiamo polinomio caratteristico di A il seguente polinomio in x: det(A − xI) dove det denota il determinante e I la matrice identita’. Teorema 3.2. Uno scalare λ è un autovalore di A se e solo se è uno zero del polinomio caratteristico cioè det(A − λI) = 0. Proof. Se λ è autovalore di A allora esiste v 6= 0 tale che Av = λv, cioè v ∈ ker(A − λI). Quindi la matrice A − λI è singolare e quindi il suo determinante è zero. Viceversa se det(A − λI) = 0, esiste v ∈ ker((A − λI). v è autovettore di autovalore λ. Definizione 3.3. Siano A e B due matrici n × n. A e B si dicono simili se esiste una matrice invertibile n × n P tale che: B = P −1AP Osservazione 3.4. • Se A e B sono simili allora A e B corrispondono alla STESSA applicazione lineare scritta con basi diverse. Cio’ segue immediatamente dalla nostra trattazione sul cambio di base. • A è diagonalizzabile se e solo se è simile ad una matrice diagonale. Teorema 3.5. Matrici simili hanno lo stesso polinomio caratteristico. (Attenzione, l’inverso è falso!). Proof. det(P −1 AP − xI) = det(P −1 AP − xP −1 P ) = det(P (A − xI)P −1) = det P det(A − xI) det P −1 = det(a − xI) 6 Osservazione IMPORTANTE. Un vettore v 6= 0 è autovettore di una trasformazione lineare T associato all’autovalore λ se e solo se apparteine a ker(T − λI). Definizione 3.6. Se λ è un autovalore di T allora ker(T − λI) si dice autospazio relativo all’autovalore λ. Si verifica facilmente che un autospazio è un sottospazio vettoriale. Ci sarà inoltre molto utile il seguente teorema, che non dimostriamo. Teorema 3.7. Sia T una trasformazione lineare e siano v1 , . . . , vn autovettori di T relativi agli autovalori λ1 , . . . , λn rispettivamente. Se λ1 , . . . , λn sono tutti distinti tra loro allora {v1 , . . . , vn } sono linearmente indipendenti In pratica il teorema precedente ci dice che se abbiamo una matrice A ∈ Matn×n (R) con n autovalori distinti, allora essa è diagonalizzabile, perchè se prendiamo degli autovettori relativi agli autovalori di A per il teorema sono linearmente indipendenti, e quindi formano una base di Rn . Questo teorema ci permette di avere una strategia precisa nel vedere se una certa matrice n × n è diagonalizzabile. • Calcoliamo le radici del polinomio caratteristico. Se sono tutte distinte, allora abbiamo n autovalori distinti corrispondenti a n autovettori linearmente indipendenti e quindi A e’ diagonalizzabile. • Per ciascun autovalore λ calcoliamo ker(A − λI). Se la somma delle dimensioni di ker(A−λ1 I)...ker(A−λt I) e’ proprio n cio’ ci permettera’ di trovare n autovettori linearmente indipendenti e quindi una base di V. Esempio 3.8. Vogliamo trovare autovalori e autovettori della matrice 5 −4 A= 3 −2 e stabilire se la matrice A è diagonalizzabile. Il polinomio caratteristico di A e’: det(A − λI) = λ2 − 3λ + 2 7 L’equazione associata haa soluzioni: 1 e 2, quindi ci sono due autovalori per A. Gli autovettori associati si trovano calcolando rispettivamente: 4 −4 = Span{(1, 1)} V1 = ker(A − I) = ker 3 −3 3 −4 = Span{(4/3, 1)} V2 = ker(A − 2I) = ker 3 −4 (1, 1), (4/3, 1) sono linearmente indipendenti (si vede facilmente, comunque basta osservare che sono autovettori relativi a due autovalori distinti), percio’ abbiamo che A è diagonalizzabile, ed è simile alla matrice diagonale: 1 0 D= = P −1 AP 0 2 1 4/3 P = 1 1 Vediamo un altro esempio piu’ complesso. Esempio 3.9. Vogliamo trovare gli autovalori e gli autovettori della matrice 3 2 1 0 1 2 0 1 −1 e stabilire se è diagonalizzabile. Vediamo schematicamente come procedere. • Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: 3−t 2 1 = (3 − t)(t2 − 3) . 1−t 2 PA (t) = det 0 0 1 −1 − t • Troviamo le radici del polinomio caratteristico, cioè le soluzioni di (3 − t)(t2 − 3) = 0: √ √ t = 3, t = 3, t=− 3 e questi sono gli autovalori di A. Poichè A ha tre autovalori distinti esiste una base di R3 data da autovettori di A. 8 • Calcoliamo l’autospazio corrispondente all’autovalore t = 3; sarà dato da quei vettori (x, y, z) ∈ R3 tali che: x x y A =3 y z z e quindi dalle soluzioni del sistema 3x + 2y + z = 3x y + 2z = 3y y − z = 3z . Notiamo che la matrice associata a questo sistema lineare è: 3−3 2 1 0 , 1−3 2 0 1 −1 − 3 che è la matrice usata per calcolare il polinomio caratteristico, in cui abbiamo sostituito l’autovalore 3 al posto di t. Riducendo la matrice con il metodo di Gauss si ottiene 0 1 −4 0 0 9 , 0 0 0 Quindi le soluzioni del sistema dipendono da 3 − 2 = 1 parametro. Si ricavano y e z e la x ha un valore arbitrario s. Si ottiene che V3 = {(s, 0, 0) s ∈ R} = Span{(1, 0, 0)} ed ha dimensione 1. √ • Calcolo l’autospazio corrispondente all’autovalore t = 3; sarà dato da quei vettori (x, y, z) ∈ R3 tali che: x x √ A y = 3 y z z e quindi dalle soluzioni del sistema √ 3x + 2y +√z = 3x y + 2z = 3y √ . y − z = 3z 9 Notiamo che la matrice associata a questo sistema lineare è: √ 3− 3 2√ 1 0 1− 3 2 √ , 0 1 −1 − 3 che è la matrice usata per calcolare √ il polinomio caratteristico, in cui abbiamo sostituito l’autovalore 3 al posto di t. Risolvendo il sistema si ottiene √ 5+3 3 x = − 2 z z=z √ y = (1 + 3)z . √ √ e quindi V√3 = {(− 5+32 3 z, (1 + 3)z, z) z ∈ R} = Span{(−(5 + √ √ 3 3), 2 + 2 3, 2)} ed ha dimensione 1. √ • Calcoliamo l’autospazio corrispondente all’autovalore t = − 3; sarà dato da quei vettori (x, y, z) ∈ R3 tali che: x x √ A y = − 3 y z z e quindi dalle soluzioni del sistema √ 3x + 2y + z√= − 3x y + 2z = − 3y √ y − z = − 3z . Notiamo che la matrice associata a questo sistema lineare è: √ 3+ 3 2√ 1 0 1+ 3 2 √ . 0 1 −1 + 3 Risolvendo il sistema si ottiene √ −5+3 3 z x = 2 z=z √ y = (1 − 3)z 10 . √ √ 3 z ∈ R} = Span{((−5 + z, (1 − e quindi V√3 = {( −5+3 3)z, z) 2 √ √ 3 3), 2 − 2 3, 2)} ed ha dimensione 1. • Una matrice diagonale D simile ad A è 3 √0 0 3 0 , D= 0 √ 0 0 − 3 e si ha che D = P −1AP , ove √ √ 1 −(5 + 3√ 3) −5 + 3√ 3 P = 0 2 −2 3 , 2+2 3 0 2 2 Esempio 3.10. Troviamo autovalori ed autovettori della applicazione lineare L : R2 → R2 , L(x, y) = (x + 4y, 2x + 3y). • Troviamo la matrice associata a L rispetto alle basi canoniche: 1 4 M= 2 3 • Troviamo il polinomio caratteristico di questa matrice: 1−t 4 P (t) = det = t2 − 4t − 5 . 2 3−t • Troviamo le radici del polinomio caratteristico: P (t) = 0 ⇐⇒ t = 5 o t = −1. questi sono gli autovalori di L. • Per trovare l’autospazio di autovalore 5 risolviamo L(x, y) = 5(x, y). ( x + 4y = 5x 2x + 3y = 5y da cui V5 = {(x, y) ∈ R2 x = y} = Span{(1, 1)}. 11 • Per trovare l’autospazio di autovalore −1 risolviamo L(x, y) = −(x, y). ( x + 4y = −x 2x + 3y = −y da cui V−1 = {(x, y) ∈ R2 x = −2y} = Span{(−2, 1)}. Esempio 3.11. Vogliamo trovare gli autovalori e gli autovettori della matrice −8 18 2 −3 7 1 0 0 1 e stabilire se è diagonalizzabile. • Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: −8 − t 18 2 7−t 1 = (1 − t)(t2 + t − 2) . PA (t) = det −3 0 0 1−t • Troviamo le radici del polinomio caratteristico, cioè le soluzioni di (1 − t)(t2 + t − 2) = 0, ossia (1 − t)2 (2 + t) = 0: t = 1, t = −2 e questi sono gli autovalori di A. Notiamo che t = 1 ha molteplicità 2. • Calcoliamo l’autospazio corrispondente all’autovalore t = 1; sarà dato da quei vettori (x, y, z) ∈ R3 tali che: x x A y = y z z e quindi dalle soluzioni del sistema associato alla matrice: −8 − 1 18 2 −3 7−1 1 , 0 0 1−1 12 che è la matrice usata per calcolare il polinomio caratteristico, in cui abbiamo sostituito l’autovalore 1 al posto di t. Riducendo la matrice con il metodo di Gauss si ottiene 1 −2 −1/9 0 −12 1/3 , 0 0 0 quindi le soluzioni del sistema dipendono da 3 − 2 = 1 parametro. Si ricavano x e y e la z ha un valore arbitrario s. Si ottiene che V1 = 1 1 {( 16 s, 36 s, s) s ∈ R} = Span{( 16 , 36 , 1)} ed ha dimensione 1. • Calcolo l’autospazio corrispondente all’autovalore t = −2; sarà dato da quei vettori (x, y, z) ∈ R3 tali che: x x A y = −2 y z z e quindi dalle soluzioni del sistema associato alla matrice −8 + 2 18 2 −3 7+2 1 , 0 0 1+2 che è la matrice usata per calcolare il polinomio caratteristico, in cui abbiamo sostituito l’autovalore −2 al posto di t. Riducendo la matrice con il metodo di Gauss si ottiene 1 −3 −1/3 0 0 3 , 0 0 0 quindi le soluzioni del sistema dipendono da 3 − 2 = 1 parametro. Si ricavano x e z e la y ha un valore arbitrario s. Si ottiene che V−2 = {(3s, s, 0) s ∈ R} = Span{(3, 1, 0)} ed ha dimensione 1. • In questo caso A non è diagonalizzabile, perchè non abbiamo una base di autovettori. Questo dipende dal fatto che t = 1 ha molteplicità 2 come radice del polinomio caratteristico, ma V1 ha dimensione 1 e non 2. 13 Esempio 3.12. Vogliamo trovare gli autovalori e gli autovettori della matrice 8 −18 0 3 −7 0 0 0 −1 e stabilire se è diagonalizzabile. Vediamo schematicamente come procedere. • Calcoliamo il polinomio caratteristico di A: 8 − t −18 0 = −(1 + t)(t2 − t − 2) . −7 − t 0 PA (t) = det 3 0 0 −1 − t • Troviamo le radici del polinomio caratteristico, cioè le soluzioni di (1 + t)(t2 − t − 2) = 0, ossia (1 + t)2 (t − 2) = 0: t = −1, t=2 e questi sono gli autovalori di A. Notiamo che t = −1 ha molteplicità 2. • Calcoliamo l’autospazio corrispondente all’autovalore t = −1; sarà dato da quei vettori (x, y, z) ∈ R3 tali che: x x A y =− y z z e quindi dalle soluzioni del sistema associato alla matrice: 8 + 1 −18 0 3 , −7 + 1 0 0 0 −1 + 1 che è la matrice usata per calcolare il polinomio caratteristico, in cui abbiamo sostituito l’autovalore −1 al posto di t. Riducendo la matrice con il metodo di Gauss si ottiene 1 −2 0 0 0 0 , 0 0 0 14 quindi le soluzioni del sistema dipendono da 3 − 1 = 2 parametri.. Si ricavax e y, z hanno valori arbitrari s, t. Si ottiene che V−1 = {(2s, s, t) s ∈ R} = Span{(2, 1, 0), (0, 0, 1)} ed ha dimensione 2. • Calcoliamo l’autospazio corrispondente all’autovalore t = 2; sarà dato da quei vettori (x, y, z) ∈ R3 tali che: x x A y = 2 y z z e quindi dalle soluzioni del sistema associato alla matrice 8 − 2 −18 0 33 −7 − 2 , 0 0 0 −1 − 2 che è la matrice usata per calcolare il polinomio caratteristico, in cui abbiamo sostituito l’autovalore 2 al posto di t. Riducendo la matrice con il metodo di Gauss si ottiene 1 −3 0 0 0 3 , 0 0 0 quindi le soluzioni del sistema dipendono da 3 − 2 = 1 parametro. Si ricavano x, z e y ha un valore arbitrario s. Si ottiene che V2 = {(3s, s, 0) s ∈ R} = Span{(3, 1, 0)} ed ha dimensione 1. • In questo caso A è diagonalizzabile, perchè abbiamo una base B di autovettori. Si ha che B = {(2, 1, 0), (0, 0, 1), (3, 1, 0)}, una matrice diagonale D simile ad A è −1 0 0 D = 0 −1 0 , 0 0 2 e si ha che D = P −1AP , ove 2 0 3 P = 1 0 1 . 0 1 0 15 Si noti che t = 1 ha molteplicità 2 come radice del polinomio caratteristico, e V1 ha dimensione 2. 4 Esercizi Siano a, b, c le ultime 3 cifre non nulle del proprio numero di matricola. 1. Trovare autovalori ed autovettori delle seguenti matrici o applicazioni lineari: a) la matrice: 2 1 0 0 1 −1 0 2 4 b) l’applicazione lineare L : R2 → R2 definita da: L(x, y) = (2x + y, 2x + 3y). c) l’applicazione lineare L : R3 → R3 definita da: L(x, y, z) = (x + y, x + z, y + z). d) l’applicazione lineare L : R2 → R2 definita da: L(x, y) = (x − 3y, −2x + 6y). 2. Sia data la matrice: A= 2a + 2b 2a − 2b 2a − 2b 2a + 2b Si calcolino autovalori e autovettori. A è diagonalizzabile? In caso affermativo, si scriva una matrice diagonale A′ simile ad A. [NOTA: Gli studenti con numero di matricola tale che a = b pongano b = a + 1.] 16 3. Sia T : R2 → R2 l’applicazione lineare associata alla matrice A, rispetto alla base canonica. −b +b A= 2 −2 Si calcolino autovalori e autovettori. La matrice è diagonalizzabile. 4. Si scriva una applicazione lineare T : R2 −→ R2 che abbia e1 −e2 come autovettore di autovalore 2. 5. Sia data la matrice: −2b − 2c −2b − 4c A= b + 2c b + 4c Si calcolino autovalori e autovettori. A è diagonalizzabile? In caso affermativo, si scriva una matrice diagonale A′ simile ad A. 6. a) Sia data la matrice: a 0 0 A = 0 a −b 0 2a −2b Si calcolino autovalori e autovettori. A è diagonalizzabile? In caso affermativo, si scriva una matrice diagonale A′ simile ad A. b) È possibile trovare una matrice B tale che AB = I (ove I è la matrice identita’)? Si motivi accuratamente la risposta. 7. Data la matrice: −a a 0 0 0 A= 0 0 −a −a Si calcolino autovalori e autovettori e si dica se è diagonalizzabile. 17