Picasso Guernica pdf

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Picasso Guernica pdf
Guernica: un simbolo del ‘900 tra storia e pittura
Nel frattempo Montale:
Pablo Picasso
Che cosa credete che sia un artista? Un imbecille
che ha solo gli occhi se è un pittore, le orecchie se
è musicista, e una lira a tutti i piani del cuore s'è
poeta, oppure, se un pugile, solamente dei
muscoli? Al contrario, egli è allo stesso tempo un
uomo politico, costantemente sveglio davanti ai
laceranti, ardenti o dolci avvenimenti del mondo e
che si modella totalmente a loro immagine. Come
sarebbe possibile disinteressarsi degli altri uomini
e, in virtù di quale eburnea indifferenza, staccarsi
da una vita che essi vi apportano così
copiosamente? No la pittura non è fatta per
decorare gli appartamenti, è uno strumento di
guerra offensiva e difensiva contro il nemico…
Spesso il male di vivere ho
incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
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Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco
alto levato.
Ossi di seppia, 1925
1937
Ho spesso incontrato il male di vivere: era il torrente che
incontrando un ostacolo borbotta, l'accartocciarsi di una
foglia rinsecchita dalla calura, un cavallo caduto per la
fatica.
(nella vita) Non ho conosciuto altro bene (beneficiogiovamento) all'infuori della condizione miracolosa che dà
origine allo stato di indifferenza tipica delle divinità
Nella prima settimana del gennaio 1937 Picasso ricevette la commissione che avrebbe cambiato la sua vita
e gli avrebbe offerto la possibilità di mettere in pratica questa filosofia.
L'idea che la Spagna partecipasse all’ esposizione internazionale si è presentata per la prima volta nel 1934,
quando il governo aveva ricevuto la prima proposta ufficiale, però lo scoppio della guerra civile aveva
relegato in secondo piano tutti i pensieri relativi al padiglione.
In cima alla lista dei potenziali espositori figurava, naturalmente, Picasso. L'artista, prima di allora, non
aveva mai lavorato su commissione, né era stato mai un artista esplicitamente politico. Durante la gioventù
aveva prodotto un'intera serie di opere ispirate alla miserrima condizione operaia di Barcellona, ma il
contenuto politico era sempre rimasto implicito. Quello che chiedeva il comitato per il padiglione era
qualcosa di coraggioso ed esplicito, che attirasse l'attenzione, come un vero e proprio manifesto.
Il pittore era riluttante a promettere qualcosa che temeva di non essere in grado di produrre.
Hitler il 6 gennaio aveva posto i basschi di fronte alla semplice scelta fra capitolazione e annientamento. La
Repubblica aveva bisogno di Picasso. Aveva un bisogno disperato del sostegno attivo dell'artista più famoso
al mondo. Ma cosa era successo a Guernica?
Guernica non fu affatto il primo esempio di bombardamento a tappeto, le prime atrocità furono
perpetrate dalle potenze occidentali nell'ambito del controllo coloniale il primo caso di bombardamento si
verificò in un'isolata oasi di Tripoli nel 1911 a opera degli italiani, da allora la frequenza e l'intensità degli
attacchi crebbe: nel 1919 gli inglesi bombardarono da Dacca, Jalalabad e Kabul; nel 1920 proseguirono
colpendo l'Iran e Bagdad. I francesi uccisero più di 1000 persone a Damasco. Fra il 1928 al 1931 i francesi
riuscirono a ridurre la popolazione araba della Libia del 37% per mezzo di attacchi arei; nel 1932 i
giapponesi bombardarono Shanghai e nel 1936 gli italiani attaccarono l'Etiopia con gas tossici e agenti
chimici, tanto che il negus Haile Salassiè fece un appello alla Società delle nazioni perché si interrompesse
la pioggia di morte. Davanti a così tanti terribili atti di distruzione, perché Guernica doveva assumere tanta
importanza? Perché Guernica si trovava in Europa. Lì eravamo stati noi stessi, a morire.
La distruzione totale di Guernica fu la prima avvisaglia di quello che poteva riservare il futuro. Amburgo,
Rotterdam, Dresda e Hiroshima erano nomi di città non ancora sinonimi di catastrofi.
Il pomeriggio del 27 aprile 1937 al caffè Flora Picasso, come tutti, faticava a rassegnarsi alla gravità di
quanto aveva appena udito e alle relative conseguenze, in particolare per la sua famiglia a Barcellona che
rischiava con grande probabilità la stessa sorte. Le prime voci circolavano confuse ma si diffuse
rapidamente la certezza che, dall'altro lato del confine, in Spagna, è accaduto qualcosa di terribile. Prima
del bombardamento gli abitanti di Guernica erano rimasti impassibili alle minacce, i contadini avevano
lasciato la campagna e si erano uniti a quelli dei paesi vicini per dirigersi a piedi in città.
La sera di lunedì 26 aprile in un hotel di Bilbao i giornalisti della stampa internazionale si preparavano per
la cena, appena arrivò la terribile notizia di Guernica requisirono alcune automobili e si misero in marcia
verso l’antica città. Tra loro c'era Noël Monks e George Steer del Times, probabilmente il più esperto
perché già testimone della guerra in Abissinia dovuto arrostire delle carenze stile era probabilmente il più
esperto, essendo stato testimone della guerra italiane in Abissinia dove aveva visto gli italiani usare armi
chimiche contro le stazioni della Croce Rossa per terrorizzare gli osservatori internazionali.
Steer era un giornalista appassionato, intraprendente e assolutamente impavido, il suo sangue freddo
sotto i bombardamenti era leggendario: si era persino sposato all'ambasciata inglese di Addis Abeba
mentre la città era sotto attacco
Arrivati a Guernica, i corrispondenti non si trovarono di fronte una città ma una gigantesca urna funeraria.
Cominciarono a esaminare le rovine e intervistare i sopravvissuti. Se ancora oggi Guernica rappresenta la
carneficina di innocenti per antonomasia, ciò si deve quasi esclusivamente al fatto che i giornalisti di tutto il
mondo si trovavano così vicini.
L'appassionato resoconto di Steer , pubblicato contemporaneamente sul Times e sul New York Times,
rimane il più significativo tra tutti: “Oggi alle due di notte, quando mi sono recato nella città la visione era
orribile ovunque, un incendio da un capo all'altro. Il riflesso del fuoco si vedeva nelle nubi di fumo sulle
montagne a 10 miglia di distanza. Per tutta la notte le case hanno continuato a crollare finché le strade non
sono diventate grandi cumuli di macerie impenetrabili. Molti civili hanno imboccato il lungo sentiero da
Guernica a Bilbao negli antichi carretti dei contadini baschi, con le ruote piene trascinate dai buoni. I
carretti pieni zeppi di oggetti di casa salvati dalla conflagrazione hanno intasato le strade per tutta la notte.
Altri sopravvissuti sono stati evacuati nei furgoni dal governo ma molti sono stati costretti a rimanere in
giro per la città in fiamme, distesi su materassi o alla ricerca di parenti o dei loro bambini, mentre le unità
dei vigili del fuoco la polizia basca motorizzata, agli ordini del ministro degli interni in persona e di sua
moglie hanno continuato le operazioni di salvataggio fino all'alba. Per la modalità dell'esecuzione e le
dimensioni della distruzione che ha causato, non meno che per il bersaglio prescelto, il raid su Guernica non
ha precedenti nella storia militare. Guernica non era un obiettivo militare. Una fabbrica di materiale bellico
si trovava fuori dal centro abitato ed è rimasta intatta. Lo stesso vale per due caserme nelle vicinanze della
città. Il bersaglio del bombardamento è parso essere il morale della popolazione civile e la distruzione della
culla della razza basca. Tutti gli indizi confermano questa valutazione…”
Quella notte morirono 1645 persone e 889 rimasero ferite. Secondo lo storico Angel Viňas la responsabilità
morale di questa atrocità è innegabilmente di Franco. Nel giro di tre giorni tuttavia, le truppe nazionaliste
avevano occupato Guernika e s'era messa in moto la campagna di contro propaganda che negava ogni
coinvolgimento. I baschi furono accusati di aver dato fuoco alla propria città per accattivarsi le simpatie
internazionali. A Parigi, giornale come Le Jour,l’Echo di Paris e Action française, insistettero sul fatto che i
baschi avessero compiuto l'attacco da soli. Ma era chiaro che con l'attacco a Guernica Franco aveva rotto
l'ultimo tabù, cioè quello di bombardare indiscriminatamente i civili sul suolo europeo. Fu questo a
sollevare lo sdegno assoluto di tutto il mondo.
Ma l'aspetto più orribile di quanto accade a Guernica per le potenze alleate occidentali non fu l'effetto
sorpresa, ma piuttosto il contrario. Un incubo a lungo temuto era diventato realtà. La macchina da guerra
tedesca aveva aspettato il terreno di prova per testare le nuove tattiche e l'efficacia dei due velivoli di
recente progettazione, il laboratorio fu Guernica. Il capo della legione Condor tedesca, forte di 18.000
unità, era piuttosto impaziente per i lenti progressi di Franco nella presa di Madrid e nella distruzione della
resistenza delle province basche. La tattica di Von Richthofen (nipote dell’asso della I guerra mondiale detto
Barone rosso) fu quella di devastare tutta la resistenza con una massiccia esibizione di forza e di abbattere
totalmente il morale del nemico.
Lunedì 26 aprile il mercato si era svolto come sempre. L'unico particolare diverso dal solito in quell'assolata
mattina di primavera fu il passaggio alle 11 del mattino, di un aereo da ricognizione che sorvolò diverse
volte la città. Alle 15. 45 all'estrema periferia della città si vedeva già il fumo della battaglia che si stava
consumando. A un certo punto un'interminabile sfilata di aerei sfrecciò sul cielo della città. Ma nessuno
riusciva a immaginare quale sarebbe stato il vero bersaglio. Per tre ore, un'ondata dopo l'altra, gli aeroplani
rovesciarono sulla città bombe a schegge da 250 kg e bombe incendiarie alla termite ECB1, progettate per
bruciare una temperatura di 2500 gradi; la città fu trasformata in un'apocalittica palla di fuoco. Anche
coloro che riuscirono a scappare nella campagna o sulle colline furono bersaglio di mitragliamenti a bassa
quota. Alle 19. 45 di Guernica non esisteva quasi più nulla. Erano rimasti in piedi, come fantasmi, in mezzo
a fiamme, urla disperate e fumo acre, soltanto la fabbrica di armi, il ponte e la sua celebre quercia di
importante valore simbolico dato che fu qui che i bschi giurarono fedeltà alla loro terra. Fu il primo
esempio di bombardamento a tappeto sul suolo europeo.
il pomeriggio del 27 aprile 1937 Picasso come tutti faticava rassegnarsi alla gravità di quanto aveva appreso.
Lla mattina del 28 aprile il giornale letto abitualmente da Picasso tuonava: 1000 bombe incendiarie lanciate
dagli aerei di Hitler e di Mussolini. Accompagnato da tragiche foto di morti da una veduta aerea di Guernica
devastata, l'articolo registrava la tragedia con orripilante immediatezza. Davanti a quelle immagini in
eloquente bianco e nero, il tempo dell'inattività per il pittore era finito.
Il 1 maggio, mentre la capitale celebrava i festeggiamenti, Picasso realizzò le prime veloci annotazioni per
Guernica.
Dal primo schizzo al completamento dell'opera, appena cinque settimane dopo, Picasso sprigionò una
carica creativa che riunì diversi filoni precedenti. Fotografato nel corso della sua creazione. Guernica è
forse l'esempio meglio documentato di un work in progress della storia dell'arte. Attraverso i vicoli ciechi, le
idee scartate, le repentine ispirazioni,le trasformazioni è possibile ricostruire i processi mentali dell’artista.
Guernica sarà il risultato tutti questi fattori e delle vicende personali che in quei giorni stavano
tormentando l’artista.
Pochi artisti in un lasso di tempo così breve sono stati in grado di portare a termine un’opera così
complessa, fisicamente oltre che psicologicamente fu un’impresa eccezionale.
La sua creazione sarà anche la testimonianza di alcuni elementi autobiografici dell'artista: il dramma della
sua vita sentimentale che si stava consumando parallelamente alla nascita dell'opera.
Picasso in quel periodo si divideva tra le sue donne del momento, Marie Therese dalla quale aveva avuto la
figlia Amalia, e la nuova compagna Dora Maar. Poco prima della consegna dell'opera, Marie Therese entrò
nello studio e trovò Picasso in cima alla scala con Dora ai suoi piedi. Marie Therese si rivolse a Dora
dicendo : “Ho una figlia da quest'uomo. Sono io che devo stare con lui. Lei può andarsene subito.” Dora
disse:” Ho tante ragioni quante Lei per stare qui. Non gli ho dato un figlio, ma non vedo che differenza fa.”
Picasso si rifiuta di intervenire, preferendo guardare le due donne in conflitto, alla fine Marie Therese si
girò verso il pittore e disse: decidi chi di noi deve andarsene? Era una decisione difficile. Il pittore le amava
entrambe per ragioni diverse: Marie Therese perché era dolce, gentile e faceva quello che lui desiderava,
Dora la amava per la sua intelligenza. Così disse loro che se la sbrigassero tra di loro. A quel punto le due
donne vennero alle mani. Tanto Marie Therese quanto Dora erano riuscite ad avere un posto nel dipinto. Il
profilo greco di Marie Therese è immediatamente riconoscibile nella donna con la lampada. Dora però
aveva fatto di fatto partecipato concretamente alla creazione del quadro. Nelle ultime fasi del lavoro aveva
aiutato Picasso dipingendo il tratteggio incrociato sul fianco del cavallo. Era lei la donna che piange:
orgogliosa, sensuale, intelligente, bella, ma essenzialmente destinata a un'esistenza infelice. Guernica era
finito, almeno per quanto poteva esserlo. Era un risultato straordinario di cui Picasso affermò: se la pace
vincerà nel mondo la guerra che ho dipinto apparterrà al passato. L'unico sangue che scorrerà sarà davanti
a un bel disegno, la gente s'avvicinerà troppo e quando la graffieranno si formerà una goccia di sangue, così
da mostrare che l'opera è davvero viva. Proprio come la storia di Anna Frank è diventata simbolo di tutti i
bambini ebrei uccisi nei campi di sterminio e Auschwitz rappresenta l'orrore apocalittico dell'Olocausto,
Guernica è diventato sinonimo di massacro indiscriminato; in qualunque angolo del mondo si verifica una
tragedia simile, la mente torna su quel quadro. Riprodotto in milioni di copie, imitata da altri artisti e
ancora più spesso rivisitato, l’opera di Picasso lo ricorda in tutta la sua immutata forza .