Roberto Dori

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Roberto Dori
I sette vizi capitali.
Attualità del pensiero di San Tommaso in
riferimento alla cultura contemporanea: il caso della superbia.
Magistero in Scienze Religiose.
Studente: Roberto Dori
Docente: prof. Gioacchino Biscontin
Il presente lavoro indaga sull’attualità del pensiero di san Tommaso d’Aquino sui vizi capitali, in
riferimento alla cultura contemporanea. Dopo la presentazione della riflessione storica sui vizi
capitali a partire dal Nuovo Testamento, nella patristica, fino al primo Medioevo, l’esposizione da
ampio spazio a san Tommaso. L’Aquinate ha il merito di aver dato ampia, approfondita e originale
sistematizzazione al tema dei vizi capitali. Il vizio, che si riferisce all’abito, alla disposizione ad agire
disordinatamente e contro la virtù, è “male dell’anima”, è un prescindere dalla ragione. Cosa c’è
alla radice dei vizi? Tommaso parla dell’ “ordine dell’amore” (ordo amoris) come l’ordine etico. Il
vizio, al contrario, è l’amore di qualsiasi bene particolare che, per ciò, conduce alla infelicità
perché contrario alla natura umana. Alla radice dei vizi c’è un disordinato amore di sé. Il soggetto
che segue i vizi capitali tradisce se stesso, la tensione della mente e del cuore alla felicità. Insieme,
rifiutando l’ordine dell’amore, introduce un disordine anche nel considerare la dignità degli altri
esseri con cui entra in relazione.
La seconda parte della tesi affronta il tema dell’attualità (o meno) del pensiero di san Tommaso sui
vizi capitali, in riferimento alla cultura contemporanea. Si cerca di vedere se il discorso sui vizi
capitali faccia ancora parte dell’orizzonte significativo per gli uomini e le donne del nostro tempo;
oppure se i vizi capitali siano ormai stati consegnati all’oblio, completamente sconosciuti o privi
d’ogni interesse per la cultura contemporanea. Da una parte, la svolta personalistica e la
psicanalisi hanno decretato l’oblio dei vizi capitali trasformandoli in legittime aspirazioni di
piacere. D’altra parte, emergono, nel nostro tempo, nuovi elenchi dei vizi capitali. Il merito di
questi nuovi elenchi di vizi è, sicuramente, quello di essere l’espressione della consapevolezza
dell’uomo contemporaneo delle peggiori ingiustizie che interessano la vita sociale nel nostro
periodo e di fare da specchio per guardarsi attorno (vita sociale) e per guardarsi dentro. In realtà, a
ben guardare, non si tratta di diversi vizi capitali, quanto, eventualmente, di alcune conseguenze
dei tradizionali vizi: conseguenze sociali di alcuni comportamenti dell’umanità d’oggi in un
particolare contesto culturale e sociale. Viene persa, così, la capacità di raggiungere l’umanità in
ogni tempo e in ogni luogo, prerogativa della lettura dei vizi personale e umana profonda,
introspettiva e ontologica, consegnataci da san Tommaso. Riferimenti ai vizi capitali si possono
trovare anche nella lettura dei quotidiani: tra yuppies arroganti ed egoisti che soffrirono di
depressione durante la crisi degli anni 1990-91 e insoddisfazione profonda per il proprio corpo che
spinge uomini e donne a sottoporsi alla chirurgia plastica e a cercare supporto psicologico per la
bassa autostima; a esplosioni d’ira di una violenza inaudita che spingono a fare vere e proprie
stragi; a politici, apparentemente con reputazione di alta dignità, messi sotto inchiesta per
corruzione e operazioni illecite a carattere economico; a milioni di persone nel mondo che
fumano, mangiano e bevono, rovinando la propria salute, perché non riescono a controllare la
propria avidità per il cibo, il bere e le droghe di vario tipo; a bande di quartiere che, motivate dalla
noia, violentano e colpiscono a morte. Un paragrafo viene dedicato ai nuovi vizi dell’homo
technologicus in relazione alla vita nell’ambiente misto materiale/digitale. Come vivere bene al
tempo della rete? Tema rispetto al quale è più facile sentirsi impreparati che esperti. L’homo
technologicus non può rinunciare al suo essere homo symbolicus. È proprio in riferimento a
quest’ultima esigenza che, oggi, più che di vizi si parla di nuove fragilità e nuove insicurezze, come
“derive” subite per insufficiente elaborazione dei significati. Più si è fragili e disorientati, più si è
vulnerabili ed esposti al rischio delle nuove dipendenze. Da questi esempi si comprende come il
vizio, cacciato dalla porta del pensiero e della riflessione, rientra dalla finestra della passione
ordinaria.
Tema trasversale a tutta la tesi è il caso della superbia quale vizio capitale di portata e importanza
particolari. Ci dice san Tommaso che la superbia, perverte l’autentica identità della persona
deformando la realtà da creatura limitata in essere illimitato. La superbia attacca e infetta il
soggetto umano nel suo io profondo e intimo, facendo degenerare lo stesso concetto di libertà e
di autonomia che ne è alla base. Ai nostri giorni, la superbia sembra prendere forma in figure
banali e arroganti; ben presente in ogni luogo, intorno a noi: tracotanza, presunzione, arroganza,
delirio di onnipotenza, vanità. C’è, poi, una forma particolare di superbia: di razza. Popoli che
osservano dall’alto in basso altri popoli, senza fare il minimo sforzo per capirli, valutarne le
differenze nei costumi o negli ordini sociali. E ciò basta per giustificare invasioni, schiavitù,
massacri.
Riguardo alla domanda iniziale sulla attualità del pensiero di san Tommaso, l’uomo d’oggi risulta
diviso tra il dichiarato intendimento di salvaguardare e di promuovere la dignità di ogni persona e
il rifiuto nichilistico di una normatività superiore all’arbitrio del singolo soggetto. In riferimento a
questo atteggiamento, l’etica di Tommaso d’Aquino mostra tutta la sua inattualità, in quanto
radicalmente alternativa e, proprio in ciò, è resa idonea a mettere in questione i riferimenti
dominanti, non problematizzati e accolti come indiscutibili. Così, un dialogo è possibile. Alcuni
punti di sviluppo possibile di questo dialogo stanno tra la ricerca dell’uomo della felicità e
l’impostazione antropologica di san Tommaso, portatrice di una lettura radicalmente positiva
dell’uomo; nell’offerta di senso della vita – la cui richiesta, fa capire san Tommaso, non può essere
disattesa né compensata in alcun modo – che sta alla base del classificare gli atti umani in
“virtuosi” o “viziosi”; nella dimensione spirituale dell’esser umano, alla ricerca di un di più che
possa placare la sua fame di assoluto, rivelata in filigrana proprio nell’attrattiva esercitata
sull’uomo dai vizi capitali; nell’affermazione del vivere in dignità opposto alla tendenza di
eliminare gli ideali dalla vita; nell’affermazione del naturale desiderio, per l’uomo, di una certa
eccellenza, che spinge ad eccellere in ciò che si fa. Questo dialogo è possibile, perciò, a patto che la
riflessione sui vizi riprenda il proprio ruolo di rilettura sensata dell’agire umano, sorta di enorme
enciclopedia nella quale si trova di tutto, un efficace schema classificatorio per parlare del
“mondo” e dell’umano all’uomo d’oggi; quell’uomo d’oggi che vive disorientato perché è stato
privato dei punti di riferimento, affamato di parole rassicuranti e di un senso del vivere, della vita.
Bibliografia
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