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STOP TTIP, dalla “massa” alla “moltitudine”.
Intervista a Francesco Piro
di Giuseppe Capuano
Il mondo è oggi dominato dalla laicità del commercio e del consumo. Una laicità interpretata dai
“poteri forti” dell’economia con spregiudicatezza. Chi domina i mercati mondiali accetta come unica
regola quella del profitto, rifiutando ogni limite etico. Indifferente alle conseguenze che la produzione
e la commercializzazione di alcuni prodotti possono avere nel tempo sulla vita delle persone e sul
futuro del pianeta. Contro questo modus operandi dell’economia globale si sta sempre più
diffondendo nei consumatori una attenzione diversa, prima di tutto alla propria salute e al proprio
benessere, ma anche verso le conseguenze sociali e ambientali. Sono queste le ragioni che hanno
portato in piazza a Roma, il 7 maggio scorso, alcune migliaia di persone a manifestare contro le
clausole del trattato denominato Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti
(TTIP) tra Unione Europea e USA. La questione è complessa e la sintetizziamo in altro articolo di
www.zonagrigia.it, rinviando anche ai diversi siti web delle organizzazioni che hanno avviato la
campagna STOP TTIP. La svolta c’è stata quando “Greenpeace Olanda” ha rivelato i testi segreti del
trattato, confermando tutte le preoccupazioni già emerse da tempo. Abbiamo partecipato alla
manifestazione di Roma e ne siamo tornati con alcuni dubbi e perplessità. Ci ha colpito l’estrema
varietà dei partecipanti, per età, condizione lavorativa e sociale. Una folla eterogenea anche nei
riferimenti culturali. Vegetariani e vegani che marciavano con allevatori in piazza per difendere la
qualità della carne italiana, piccoli imprenditori e sindacati, associazioni laiche ma anche religiose.
Ne abbiamo dsiscusso con il filosofo Francesco Piro.
Com’è possibile che persone e interessi così diversi riescano a marciare insieme? “È chiaro che
ci troviamo di fronte ad una moltitudine che è fenomeno ben diverso dalla massa. La moltitudine
produce infinite forme di espressività. La moltitudine non cerca identità collettiva, ma cerca visibilità
e vuole essere compresa, ascoltata e rifiuta qualsiasi sintesi. L’unica possibile mediazione tra le
diverse istanze risulta essere una media delle posizioni, il minimo comune determinatore, che in
questo caso, come in tanti altri, rischia semplicemente trasformarsi in un NO”.
E allora questa moltitudine è destinata a perdere e a rimanere inascoltata? “I sistemi politici
democratici non ignorano la moltitudine e le sue istanze, semplicemente aggirano il problema.
Apparentemente se ne fanno carico, discutono pubblicamente, difendono le ragioni di una o di
un’altra posizione. Le decisioni però vengono prese in separata sede, in luoghi non pubblici, segretati
e affidati a tecnici super specializzati. È quanto ha denunciato Greenpeace Olanda”.
Rimane il problema di come condizionare le decisioni assunte dalla politica. Forse vanno
rifondati i partiti. “Non credo che sia pensabile un ritorno al passato, anche perché la moltitudine,
per sua stessa natura, rifiuta l’identificazione in una struttura monocratica quali sono stati i partiti.
Dobbiamo allora sperare nell’azione spionistica per svelare le trame segrete degli apparati
politici? “Attenzione, qui non si tratta di credere che esista un complotto mondiale contro le persone
e contro il pianeta. Si tratta di ragionare di come far convivere le democrazie del consenso con l’idea
che governare significa prendere decisioni. Da questo punto di vista la presenza in questa campagna
delle organizzazioni sindacali è essenziale. Il problema è di esserci con maggior convinzione e con
continuità. Si tratta di sperimentare nuove forme affinchè la moltitudine, senza rinunciare alla sua
vitalità, possa ritrovare nella discussione pubblica e trasparente, la possibilità di formulare proposte
e diventare soggetto attivo nella costruzione di una dimensione sociale ed economica diversa
dall’attuale”.
Esistono formule già sperimentate? No. Non esiste un modello sperimentato, ma è questa la vera
sfida che abbiamo davanti.