La “donazione” di un progetto
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La “donazione” di un progetto
NORMATIVA & GIURISPRUDENZA La “donazione” di un progetto Una procedura regolata da una normativa rigida che viene spesso disattesa Francesco Pirocchi S i è dato un caso giuridico che poteva sembrare eccezionale ma che invece, a ben cercare fra gli affidamenti progettuali noti e meno noti, tanto eccezionale poi non era. E’ questo il caso di un gruppo - autoqualificatosi come ‘promotore’ e composto da associazioni imprenditoriali, rappresentanze parasindacali di settore, fondazioni bancarie e altri, tutti comunque soggetti di diritto privato che si è costituito al fine di affidare l’elaborazione progettuale di un’opera pubblica di rilievo nazionale. L’intento era di ‘farne dono’ all’Amministrazione titolare dell’ intervento affinché, dopo averla ‘fatta propria’, la utilizzasse ai fini dell’acquisizione di finanziamenti pubblici e della realizzazione dell’opera. Chi legge, così d’acchito, potrebbe domandarsi, ingenuamente, cosa ci sia di male in tutto ciò, visto che i corrispettivi di progettazione sono affrontati da privati al fine di realizzare un’opera pubblica che, altrimenti, sarebbe stata costruita chissà quando. Ma a pensarci bene, invece, il male c’è, eccome! Le caratteristiche di queste ‘strane’ operazioni, infatti, sono quasi sempre 42 • Progetto&Pubblico Luglio 2007 identiche: (a) viene ignorata qualsiasi forma di concorrenza, di trasparenza e di pubblicità, in quanto i progettisti partecipanti sono sempre ‘invitati al tavolo della trattativa’ direttamente dai promotori; (b) il corrispettivo di progettazione è di gran lunga al di sotto delle tariffe minime professionali esistenti se non altro come punto di riferimento; (c) non esiste nessuna forma di controllo esercitata nel corso dell’elaborazione progettuale dall’Amministrazione, (d) l’ente donatario ‘fa propria’ una progettazione ‘al buio’ poiché verificare una progettazione definitiva o esecutiva di un’opera pubblica che vale milioni di euro è pressoché impossibile ed Le leggi italiane avvicendatesi dall’Unità d’Italia ad oggi sono state sempre chiare e tassative nel porre a carico delle Amministrazioni interessate il potere-dovere di progettare le opere pubbliche. equivale pressappoco a rifarla ex novo; (e) ma quel che più conta, come si vedrà, i cd. promotori non hanno nessun titolo per progettare o far progettare opere pubbliche e assimilate. Se attaccati informalmente, ma anche giudizialmente, i cd. Promotori si difendono appellandosi a un principio pseudo-liberalistico secondo il quale ognuno è libero di ordinare ad un professionista una progettazione, a un principio di ricchezza economica diffusa che la realizzazione arrecherà alla collettività, ad un principio sostitutivo rispetto alle Amministrazioni che perdono finanziamenti pubblici per mancata e tempestiva progettazione e, perfino, ad un principio di correttezza politica bipartisan che mira a favorire il principe che al momento governa. E’ la risposta “all’italiana”, insomma, ad un sistema europeo che, al contrario, voleva e vuole introdurre una competizione graduata fra soggetti ritenuti idonei per esperienze acquisite progettando opere pubbliche. E’ la risposta, cioè, di un paese facile a commuoversi di fronte alle dichiarazioni aperte di buona fede. In fondo i cd. Promotori volevano solo regalare un progetto, volevano fortemente un’opera pubblica fonte locale di ricchezza, come nel Medioevo lo era la costruzione di una cattedrale, che durava a volte secoli. Ma anche oggi la realizzazione di opere pubbliche così progettate durano secoli! Solo che i cd. promotori dimenticano che per raggiungere quello stesso risultato ci sarebbe stata una via più diretta e più legittima: sarebbe bastato, infatti, donare all’Ente Pubblico non una progettazione già fatta alla ‘bella e meglio’, ma la somma necessaria per attivare una gara pubblica di affidamento basata sulla concorrenza e sulla trasparenza. Vige invece un principio meno noto e meno nobile: quello, cioè, che i soldi sono miei - e saranno anche pochi – ma questo non toglie che voglio farli arrivare a chi dico io; che la progettazione se è di buona o di pessima qualità non importa tanto nessuno la guarda e poi con qualche variante in corso d’opera tutto può essere aggiustato. L’importante è solo apparire, sia per i donatori sia per gli amministratori che possono adornarsi dell’orpello di una opera pubblica importante per la quale posare il primo mattone con raccolta di consensi politici e connessi per gli uni e per gli altri. Avverso queste forme subdole, poco o affatto trasparenti, per nulla garantistiche, società di ingegneria e ordini professionali hanno iniziato ad appellarsi ai Tribunali Amministrativi che ancora non si sono definitivamente pronunciati ( il Tar Lazio mentre il presente articolo andava in stampa ha ‘interdetto’ tale attività ad un gruppo di privati che avevano affidato l’incarico ‘privatamente’ per la progettazione di una opera che ricade sotto la “legge obiettivo” e, come tale, di valore superiore ai 700 milioni di euro!). Giuridicamente e processualmente scrivendo, le difese del cd. promotore non dovrebbero trovare accoglimento in quanto nel nostro sistema normativo per le opere pubbliche non solo non è consentito ma addirittura è vietato che soggetti privati affidino a professionisti più o meno qualificati la progettazione di un’opera pubblica. Le leggi italiane avvicendatesi dall’Unità d’Italia (la vecchia ‘fondamentale’ è la n. 2248/1865!) ad oggi (il nuovo Codice degli Appalti del D. L.gs 163/06) su questo punto sono state sempre chiare e tassative nel porre a carico delle Amministrazioni interessate il poteredovere di progettare le opere pubbliche. Rifacendosi alla normativa più recente, l’art. 90 D. Lgs 163/06 assume testualmente che le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva di lavori pubblici sono esple- L’art. 90 D. Lgs 163/06 assume testualmente che le prestazioni relative alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva di lavori pubblici sono espletate dall’Amministrazione. tate dall’Amministrazione : - in modo prevalente, direttamente: mediante (a) gli uffici tecnici delle stazioni appaltanti,(b) gli uffici consortili di progettazione che i Comuni (e altri) possono costituire ai sensi deli’ art. 30, 31 e 32 del D. L.vo 267/00, (c) gli organismi di altre pubbliche amministrazioni di cui le singole stazioni appaltanti possono avvalersi per legge, o - indirettamente, ma con obbligo di motivazione, mediante: (d) liberi professionisti,(e) società professionali, (f) società di ingegneria,(g) raggruppamenti fra questi primi tre (h) consorzi di vario tipo.(c. 6 stesso art. 90) nel rispetto delle norme di affidamento fissate dall’art. 91 stesso decreto (evidenza pubblica). Per tanto è lecito affermare che nel nostro ordinamento la competenza in materia di progettazione di un’opera pubblica è rimessa in modo esclusivo all’Amministrazione Pubblica che dovrà elaborarla prevalentemente nella forma diretta e solo sussidiariamente nella forma indiretta, ben motivando questa scelta. Ma vi è di più. La normativa vigente, in assonanza con quella europea, ha voluto che l’Amministrazione avesse un controllo continuo e costante sull’elaborazione progettuale che deve svolgersi, fra l’altro e per tali ragioni, sotto la sorveglianza del Responsabile del procedimento comunque sia stata affidata (internamente o esternamente). In tal senso l’art. 10 del D. L.vo 163/06 afferma che “per ogni intervento da realizzarsi mediante un contratto pub- blico le Amministrazioni aggiudicatrici nominano…. un Responsabile del procedimento unico per le fasi della progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione delle opere” Ma questo ancora non basta. Uno dei casi che ha dato luogo alla presente nota riguardava e riguarda, peraltro, un’opera appartenente al gruppo normato dalla cd. ‘legge obiettivo’ (L. 443/01 e correlati DD. Lgs. 190/02 e 163/06). In siffatta fattispecie l’intervento di un privato è ancor più inipotizzabile perché il momento dell’espressione della VIA (valutazione di impatto ambientale) è anticipato alla fase della progettazione preliminare. Ma proprio il Codice degli Appalti, di fronte a tanto poco brillante previsione giuridica, ha previsto che la VIA venga risottoposta a verifica durante tutto l’arco della progettazione e fino, addirittura, alla fase realizzativa. Se così è occorre domandarsi: anche la VIA verrà ipotizzata, strutturata, regimentata dal privato ‘promotore’? Ma vogliamo recuperare un po’ di serietà o vogliamo percorrere sempre e comunque quelle scorciatoie giuridiche che fanno solo male al sistema Italia? Non resta che sperare nei Tribunali aditi perché non si lascino coinvolgere in interpretazioni estensive in quanto ogni varco aperto nella già traballante legislazione dei lavori pubblici provocherebbe una catastrofe irreparabile. Se si desse un sia pur minimo grado di credito alla tesi dei cd. promotori, un Comune sarebbe legittimato a ricevere in dono una progettazione dalla pro-loco, la Provincia potrebbe riceverla in dono da una delle tante Onlus variamente finanziate e la Regione, magari, dalla locale Associazione Calcio del capoluogo che in genere è la più facoltosa e impor tante. Con buona pace, una volta per tutte, dell’intera legislazione di settore europea o nazionale che sia. Francesco Pirocchi, avvocato. Progetto&Pubblico Luglio 2007 • 43