1. Così Gheddafi violentava le sue amazzoni Erano la sua ombra e il

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1. Così Gheddafi violentava le sue amazzoni Erano la sua ombra e il
Legga attentamente i due articoli seguenti che trattano lo stesso tema (la pubblicazione
di un libro sulla sorte delle soldatesse di Gheddafi).
- Quali dei due articoli le sembra esser stato scritto per un pubblico femminile? (giudizio
spontaneo)
- Quali tratti linguistici potrebbero aver influenzato il Sua giudizio? Tratti lessicali,
sintattici (strutture ipotatiche/paratattiche), stilistici (stile verbale/nominale), retorici
(metafore/iperboli)?
1.
Così Gheddafi violentava le sue amazzoni
Erano la sua ombra e il simbolo della donna araba liberata. Ma servivano
a soddisfare le voglie del raìs. Una reporter le ha ritrovate
Nell’infinito, sanguinoso inferno della Libia ci si è dimenticati delle famose amazzoni, le guardie
speciali di Gheddafi che costantemente si muovevano con lui in divisa militare, sguardo fiero e
sprezzante. Non soltanto guardie scelte, pronte a sacrificarsi per lui, formate nell’Accademia
militare femminile voluta da lui, fiore all’occhiello del Paese, ma anche testimonianza vivente del
suo molto citato “femminismo” e della sua mentalità aperta, sponsor, di fronte al mondo, di un
regime, unico nell’universo arabo, che libera le donne dall’antica condizione sottomessa. Dove
sono finite? Dove sono sparite? Fuggite all’estero? Giustiziate? Nascoste? Rimaste fedeli al leader
oppure passate con l’opposizione?
Le ha cercate, rintracciandone alcune, la reporter di Le Monde, Annick Cojean, che dai loro
drammaticissimi racconti ha tratto un libro di recente pubblicato in Francia da Grasset,
intitolato Les proies. Dans le harem de Kadhafi: che vuol dire “Le prede. Nell’harem di
Gheddafi”. Un anno intero di ricerche, di incontri, di interviste non soltanto con donne ma anche
con uomini tra i quali qualche ex potente (in carcere) del regime, terminati poco prima della
scorsa estate. Il risultato è un resoconto terrificante della personalità del leader libico, delle sue
abitudini, della sua assoluta, perversa rapacità e ossessione per il sesso, meglio se violento,
meglio se con vittime giovanissime, anche di tredici, quattordici anni, non importa se maschi o
femmine. Molto si poteva sospettare, molto altro si poteva indovinare, ma un simile regime di
stupro sistematico forse non era immaginabile, non in un capo di Stato perennemente o quasi
sulla passerella, anche internazionale, comunque ammirato e corteggiato da politici e industriali
non soltanto di mezza Africa. (...)
2. Le amazzoni di Gheddafi? Schiave
Rapite, torturate, drogate e stuprate. La tragedia che si nascondeva dietro alle soldatesse oggi
è raccontata in un libro dalla giornalista francese Annick Cojean
Non si poteva parlare di stupri, in Libia; era un totale tabù. Ma recentemente le donne libiche hanno
organizzato una dimostrazione per condannare i crimini sessuali: a spingerle a protestare è stata la
pubblicazione di un libro francese, Les proies, dans le harem de Khadafi, ora edito anche in Italia da
Piemme (Le prede. Nell’harem di Gheddafi), che fa luce sugli stupri perpetrati dal dittatore libico. Lo ha
scritto Annick Cojean, giornalista di spicco di Le Monde, che con un lavoro coraggioso è riuscita a
raccogliere testimonianze sconvolgenti, convincendo molte donne a togliersi questo peso dal cuore. Ecco
come Annick ricostruisce il suo lavoro.
Anche se non ha trovato spazio sui media, il ruolo delle donne nella ribellione libica è stato importante.
Hanno rischiato d’essere uccise, soprattutto di essere stuprate, perché tutte le donne finite
in carcere sono state violentate. Durante la guerra Gheddafi distribuiva ai soldati cocaina, hashish e
Viagra e ordinava loro di stuprare le donne e di video-riprendere tutto per umiliare i mariti! Ma quando
chiedevo alle donne loro rispondevano: “Sì, ci sono stati stupri”. Ma sei stata stuprata? chiedevo. “Io? No!
Oh no, io sono stata fortunata, grazie a Dio. Allah è grande...”
Non era mai toccato a loro, o alle loro sorelle, cugine... Sapevano che “era accaduto”, ne avevano “sentito
parlare”, tutto lì. Non ne potevano parlare, in realtà: in Libia è impossibile, quasi suicida, ammettere di
essere stata stuprata. Non lo dici a tua madre, hai il terrore di tuo padre, dei tuoi fratelli, porti il segreto
nella tomba. E poi un giorno all’ospedale di Bani Walid, qualcuno con cui stavo parlando di questo silenzio
riguardo agli stupri mi disse: “Ho appena incontrato una donna che sembrava completamente persa e sola
e che mi ha detto che è stata stuprata da Gheddafi”. Era appunto lei, la giovane donna la cui storia ho poi
raccontato nel mio libro e che ho chiamato Soraya. L’ho incontrata un paio di giorni dopo la morte di
Gheddafi; la gioia esplodeva nelle strade, ma Soraya non gioiva, sentiva il peso della tragedia che
si era abbattuta sulla sua vita, la sensazione di una profonda ingiustizia. (...)