micheli e micologi
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“MICHELI E MICOLOGI” PREMESSA Le comunità scientifiche hanno sempre più concentrato la loro attività di ricerca ai problemi legati alla variabilità, intesa come perdita della Biodiversità, degli organismi all’interno dell’ ecosistema. Proprio la valutazione della Biodiversità è alla base della conoscenza di un determinato ambiente, che a sua volta è da considerarsi il primo passo per la conservazione del mondo naturale. L’ educazione e la comunicazione naturalistica, intesa come divulgazione, sono i principali mezzi a disposizione degli esperti del settore per la diffusione di tali conoscenze. Tra le varie componenti che contribuiscono a formare i delicati equilibri presenti all’interno di un ecosistema (in particolar modo un ecosistema forestale) i Fungi ricoprono un ruolo fondamentale, soprattutto come organismi demolitori della sostanza organica. La Micologia proprio per questi motivi è stata scelta come materia da sviluppare nell’ambito del progetto “Storia della Scienza under 18” portato avanti dalla classe terza della Scuola elementare San Pier Martire di Firenze, in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze e l’Orto Botanico Forestale dell’Abetone (PT). In questa sede viene proposto un percorso di educazione e comunicazione micologica al fine di far conoscere i macromiceti più comuni del territorio abetonese, ma che si ritrovano frequentemente anche in altri territori, volgendo particolare attenzione sul personaggio fiorentino PIER ANTONIO MICHELI, considerato il padre della micologia moderna. Il progetto propone la costruzione di un programma educativo sulla diversità micologica, da proseguire anche nelle classi successive (4° e 5°), in modo da creare un percorso verticale volto all’approfondimento della materia. Lo sviluppo della consapevolezza del valore della risorsa vegetale, sensu latu, passa prima di tutto dalla conoscenza, che può avvenire ad ogni livello, grado e classe di età. La premessa perché certe capacità possano consolidarsi nell’adulto è avere i primi contatti con la disciplina in età scolare. Si vuole quindi provare a innescare nelle giovani generazioni un attaccamento alla natura del proprio territorio,“imprinting naturalistico”,attraverso l’osservazione diretta del mondo naturale del territorio locale, e fornendo strumenti scientificamente corretti, adeguati tuttavia alla loro giovane età. Capitolo 1) BREVE STORIA DELLA MICOLOGIA La Micologia (µυχοσ = fungo & λογοσ = discorso) è una scienza relativamente recente, niente affatto semplice; infatti esistono un’infinità di specie fungine, molte delle quali con aspetti e proprietà così simili che sono di difficile determinazione. Nell’antichità non ci sono molte notizie sui miceti, spesso sono state riportate false credenze, fantasie e misteri legati in un certo qual modo alla natura stessa di questi organismi. Era opinione comune che i funghi fossero delle stregonerie, strani “esseri” capaci di apparire improvvisamente e caratterizzati da un breve ciclo vitale. E’ possibile tuttavia individuare nei diversi periodi storici le scoperte fatte in materia. Il greco TEOFRASTO (370 – 287 a.C.) è considerato il padre della Botanica ed a lui si devono anche le prime definizioni riguardanti i miceti. Egli le riteneva “piante imperfette, prive di radici, di foglie, di fiori e di frutti” e ne individuò quattro tipologie considerandone la forma e l’ambiente di vita: funghi sotterranei; funghi terricoli (con cappello e gambo); funghi sessili a forma cava, funghi a forma rotonda. Sempre in epoca classica un personaggio fondamentale fu PLINIO IL VECCHIO (23 – 79 d.C.) che coltivò nella sua vita una vera passione per le scienze naturali. A lui si deve il merito di aver individuato in maniera chiara la specie velenosa Amanita muscaria, intuendo tra l’altro l’origine delle verruche, che “altro non sono che i residui del velo”. Descrisse in maniera esatta lo sviluppo degli “ovoli” e utilizzò per primo il termine volva. Tuttavia, nonostante queste importanti scoperte egli avvallò alcune teorie, o credenze, molte delle quali sono arrivate fino ai nostri giorni, soprattutto in relazione alla velenosità dei funghi. Secondo Plinio i funghi possono diventare velenosi se: • nascono in vicinanza di chiodi, ferri arrugginiti… • nelle vicinanze di qualche tana di serpente, perché la loro natura è di assorbire qualunque tipo di sostanza, anche velenosa. Nel Medioevo, contrariamente all’immagine di periodo buio, la cultura e la scienza ebbero un notevole sviluppo, anche se limitato a pochi ambienti, soprattutto ai conventi. Nel Rinascimento, grazie alle mutate condizioni socio – economiche e alla grande invenzione della stampa, iniziò una nuova era, anche per la Botanica, riconosciuta come scienza. Personaggio di spicco di questo periodo è PIER ANDREA MATTIOLI (1500 – 1577) laureato in medicina a Padova, che si dedicò ampiamente alle scienze naturali, in particolar modo alla botanica. A Lui si deve un’opera importantissima stampata nel 1554, dal titolo “Commentarii in Pedacii Dioscoridis Anarzabei de Materia Medica”. In quest’opera i funghi vengono trattati facendo particolare riferimento alle loro proprietà mangerecce. Egli cita i “Prignoli” (Calocybe gambosa), molto diffusi in Toscana, della quale scrive: “…in Italia la zona più fertile è la Toscana, ove fra tutti gli altri hanno la preferenza quelli che si chiamano Prignoli, che nascono ogni anno in aprile, alle prime piogge. E sono odorosissimi, gradevolissimi al gusto e senza pericolo…”. PIER ANDREA CISALPINO (1525 – 1603), professore all’Università di Pisa e prefetto di quell’Orto Botanico, scrisse un’opera marcatamente botanica: “De plantis libri XVI”, testo nel quale i funghi sono ampiamente trattati, nel sedicesimo volume con ben diciotto capitoli. Anche se vengono ancora considerati come piante prive di frutto e di seme, vengono suddivisi in tre classi: Tuber, Pezicae, Funghi. Nelle tre classi vengono distinti altri quindici gruppi di cui si riporta l’elenco: • Tuber (Tuber) • Pezicae (Lycoperdon) • Boleti (Amanita) • Suilli (Boletus) • Lepis lyncurius (Polyporus tuberaster) • Prateoli (Agaricus) • Prateoli similes, iuxta stercora (Coprinus) • Famigliole (Armillaria mellea) • Scarogne o Cannelle (Lepiota procera) • Gallinacei (Cantharellus) • Fuoco silvestre (Clathrus ruber) • Linguae (Fistulina hepatica) • Digitelli o manine (Ramaria) • Ignarii • Agaricum La classificazione sistematica è rudimentale, ma l’importanza di questo lavoro è tale da considerare Cisalpino il primo botanico ad aver dato una certa completezza alla trattazione micologica. Nel ‘600 la botanica compie significativi passi avanti, grazie all’istituzione degli Orti Botanici e delle Accademie Scientifiche. Fino a questo momento gli studiosi non si erano interessati agli aspetti legati alla riproduzione dei funghi, pur avendo intuito che si trattasse di vegetali del tutto peculiari, sposando, senza contestarle, le affermazioni di Aristotele, secondo il quale i funghi nascevano per generazione spontanea, senza seme. Tuttavia nascono in questo periodo i primi dubbi su questa teoria, avvallati da nuove scoperte. Il progresso nello studio dei funghi si ha tra il ‘600 ed il ‘700, grazie ad alcuni studiosi stranieri. Personaggio fondamentale di questo periodo è tuttavia uno scienziato fiorentino, PIER ANTONIO MICHELI, per il quale merita fare una trattazione più approfondita, per cui si rimanda al capitolo specifico. All’ombra di P.A.Micheli, seppur lontani dal saper utilizzare le sue scoperte, nacquero diversi naturalisti, con una certa inclinazione verso lo studio o la descrizione dei funghi. Nel tardo ‘700 se si vuol trovare qualche citazione inerente i funghi, bisogna sfogliare trattati generici di agricoltura o affini, è il caso del pistoiese ANTONIO MATANI (1730 – 1779). A lui si deve la pubblicazione “Delle produzioni naturali del territorio pistoiese”, del 1762, suddiviso in quattro grossi capitoli: il primo parla degli aspetti fisici della zona; il secondo dei minerali, delle acque e delle meteore; il terzo delle piante principali e tratta anche di funghi, soprattutto quelli che si trovano sui mercati, riportandoli con i nomi usati dal Micheli: “…e siccome fra le piante debbono contarsi i Funghi, o maggiori, o minori, e questi in molti luoghi montuosi del territorio pistoiese, raccolgonsi….”. La Micologia, nel periodo tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’ 800, ebbe una svolta a livello mondiale, riconosciuta come scienza autonoma rispetto alla botanica, soprattutto grazie al contributo di micologi stranieri e alla conferma dei principi del Micheli per quanto concerne la sistematica fungina. Furono proprio personaggi come CHRISTIAAN HENDRIK PERSOON (1761 – 1836) a portare avanti le teorie micheliane. Sua opera principale è la “Synopsis metodica fungorum” del 1801, dove per la prima volta viene affermato che il cosiddetto fungo altro non è che la parte fruttifera di un organismo ben più complesso. Se da un lato è vero che la micologia in questo periodo compì numerosi passi avanti è vero anche che grande era la confusione per la mancanza di contatto tra i micologi e l’assenza di una metodologia accettata e rispettata nella sistematica. ELIAS FRIES (1794 – 1878), universalmente riconosciuto come il padre della moderna micologia, elaborò un nuovo sistema di classificazione sulla base di caratteri univoci dei funghi. La sua opera fondamentale è il “Sistema mycologicum” (1821–1829), dove riporta un’ accurata descrizione dei caratteri macroscopici e dell’habitat di migliaia di specie. Il Codice Internazionale di Nomenclatura Botanica (ICBN), fin dal 1° Congresso del 1910, sancì il Sistema mycologicum come punto di partenza per la nomenclatura binomia delle specie fungine, eccezion fatta per i gasteromiceti. Ancora oggi l’ICBN (GREUTER ET AL., 2000) regola la nomenclatura fungina, l’ultimo ICBN (Tokyo Code) risale al 2000. Capitolo 2) Pietro (Pier) Antonio Micheli. PIETRO (PIER) ANTONIO MICHELI, nacque a Firenze nel 1679, da una famiglia modesta. Appena fanciullo iniziò a lavorare presso un rilegatore di libri, avendo così l’opportunità di consultare numerosi testi di botanica che fecero nascere in Lui un profondo interesse per le scienze naturali. Il suo incontro con i frati dell’ordine Vallombrosano lo aiutò molto dal punto di vista scientifico e culturale; da loro ottenne addirittura aiuti economici per la stampa della sua opera “Nova plantarum genera iuxta Tournefortii methodum disposta” (1729). Micheli descrisse migliaia di specie nuove, tra piante e funghi, frutto delle sue indagini svolte soprattutto in Toscana, dall’Appennino Tosco – Emiliano al M.te Amiata, dalle Alpi Apuane all’Isola della Gorgona, nonché i giardini e le ville della nobiltà fiorentina e pisana. Le sue intuizioni in campo micologico furono geniali, sia dal punto di vista sistematico che anatomico, con la scoperta, tramite l’utilizzo di un rudimentale microscopio, delle spore, che Micheli descrisse come semi, ponendo le prime basi per lo sviluppo teorico sulla riproduzione dei funghi. Avendo intuito che il “seme” dei funghi doveva corrispondere a quella polvere che questi organismi emettono allo stato maturo, volle constatare sperimentalmente la verità del suo postulato, come si legge nell’Osservazione I della sua opera: “..Il 19 Giugno 1718 raccogliemmo nei campi intorno a Firenze molte specie di funghi che non avevamo mai osservato crescere nei boschetti di Boboli; bisognava fare in modo di ottenerne i semi delle singole specie….”. Uno studio così impegnativo, esigeva da parte di uno scienziato serio e coscienzioso come il Micheli, l’estensione di queste ricerche al maggior numero possibile di specie, così il Micheli divenne egli stesso raccoglitore ed osservatore. Davanti ad una grande varietà di forme che si presentavano alla sua attenzione Il grande botanico e micologo svedese ELIAS FRIES, scrisse a proposito del Micheli nel 1818: “….da solo ha apportato alla micologia un incremento maggiore che tutti gli altri scienziati presi insieme. Ma i suoi contemporanei non riusciranno a seguire i suoi passi da gigante…”. Un ulteriore contributo di P.A.Micheli alla Micologia è dato dal suo erbario, conservato attualmente presso la Sezione Botanica “Filippo Parlatore” del Museo di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Firenze. Il grande merito di P.A.Micheli sta nelle sue scoperte di biologia fungina. In lui è chiarissimo il concetto di velo generale e dello sviluppo dei giovani carpofori: “…tutti questi funghi avanti che facessero vedere la loro forma di fungo, stavano involti dentro un guscio o spoglia, la quale in alcune specie di essi, col crescere che facevano, si disperdeva in alcuni in polvere, in altri in forfora, in altri in lanuggine, e finalmente in altri in piccoli pezzetti, i quali restavano permanentemente sul cappello dei medesimi..”. Dopo accurate indagini microscopiche si convinse che il segreto della riproduzione dei funghi stava nella porzione inferiore del cappello: l’imenoforo, dove scoprì “…dei minutissimi semolini distribuiti…con ordine regolarissimo; e ognuno di loro stava situato sopra una base, la quale mi fece dubitando dire: chi sa che non sia il fiore o il calice dei funghi?”. Risulta quindi evidente che P.A.Micheli pose classificazione micologica l’esame della parte fertile. alla base della sua Capitolo 3) MATERIALI E METODI La scelta della metodologia e della strategia operativa con cui portare avanti il progetto è stata la prima questione da affrontare, ponendosi come obiettivo la comprensione della trasmissione di nozioni di natura scientifica, relative alla Micologia. Le tesi di laurea del corso quadriennale di Scienze Naturali dal titolo “L’insegnamento della biodiversità vegetale nella scuola dell’obbligo: un progetto sperimentale in collaborazione con l’Orto Botanico Forestale dell’Abetone” (LONGHI, 2002/2003) e quella della laurea specialistica in Storia Naturale dell’Ambiente e dell’Uomo, curriculum educazione e comunicazione naturalistica, dal titolo “Proposte didattiche e di comunicazione micologica del comprensorio dell’Alto Appennino Tosco - Emiliano: un progetto in collaborazione con l’Orto Botanico Forestale dell’Abetone” (LONGHI, 2004/2005) sono state un ottimo spunto per la fase di preparazione del lavoro da svolgere. I bambini della classe che ha aderito al progetto dovevano avere un’età scolare adeguata alla comprensione della disciplina. Non era necessario che gli alunni partecipanti avessero appreso i primi rudimenti in materia. Il progetto, nella sua globalità, è stato pensato secondo un percorso verticale da iniziare nella classe 3° e da proseguire nelle successive 4° e 5° elementare. Il metodo utilizzato in questo percorso culturale ha fatto si che gli strumenti didattici forniti agli alunni, per stimolare l’apprendimento, alternassero secondo un ritmo prestabilito azioni di “dire”, “fare”, “osservare”, “riconoscere”, “giocare”, “capire” e “denominare”. Tutti i supporti didattici adottati durante il progetto sono stati appositamente ideati, elaborati e realizzati ex novo, attraverso un meticoloso lavoro, con l’intento di realizzare un itinerario culturale specifico per la realtà macromicetica del comprensorio dell’Alto Appennino Pistoiese, e che vedesse nell’OBFA il laboratorio all’aperto da utilizzare per le osservazioni in presa diretta. Il lavoro può essere schematizzato in varie fasi: • Fase 1: l’organizzazione del progetto. • Fase 2: Moduli micologici in classe. • Fase 3: Moduli micologici in orto. • Fase 4: Gli strumenti per la verifica dell’apprendimento. • Fase 5: Analisi dei risultati. La dinamica dell’intero progetto è stata concepita secondo un metodo definito “tecnica sandwich”, che alterna momenti di lavoro all’interno dell’aula scolastica con altri all’esterno. Per quanto riguarda la creazione del percorso di apprendimento micologico si doveva operare una scelta sui generi e le specie da proporre ai bambini per il riconoscimento. L’insieme complessivo era rappresentato dalle specie fungine presenti in OBFA così che alla parte teorica potesse seguire la conoscenza diretta su campo in un ambiente protetto e organizzato come quello del giardino botanico. I criteri seguiti per scegliere le specie di cui in elenco sono stati (in ordine di priorità): I. la rappresentatività nella flora macromicetica della zona. II. La particolarità come caratteristiche morfologiche e/o adattamenti per la maggiore potenzialità in termini di resa didattica. III. Le La supposta fase fenologica nel periodo del lavoro in campo all’OBFA. specie dell’Orto. prescelte sono localizzate principalmente nell’area forestale Capitolo 4) MODULI IN CLASSE: FASE 2 L’attività con i bambini è stata concepita adottando come supporto didattico delle schede appositamente elaborate. Di queste è stato attentamente valutato l’ordine cronologico di presentazione ai discenti, sia all’interno di uno stesso modulo, che nella successione temporale dei diversi interventi nel tentativo di costruire un percorso ideale per l’apprendimento e favorire la comprensione delle nozioni trasmesse secondo l’indice di cui sotto: Moduli in classe,percorso tematico: • Che cos’è la micologia? • Il padre della micologia: Pier Antonio Micheli • Chi sono i funghi? • La classificazione di Linneo • Il fungo fantasma • I funghi non hanno gusti difficili • Saprofiti • Parassiti e …non solo • Simbionti: l’unione fa la forza. • Come si riproducono? • Com’è fatto un asco? • …e un basidio? • Lo sapevate che…..i Basidiomiceti • Osserviamo un fungo • Il cappello • Sotto il cappello…le spore: l’imenoforo • Il gambo • La volva • L’anello • Un’osservazione speciale…..Il fungo al microscopio Come si può notare osservando l’indice dei moduli in classe, gli argomenti trattati coprono diversi aspetti della Micologia. Il punto di partenza è stato un discorso generale sulla disciplina, con una breve nota storica, riferendosi al personaggio simbolo della micologia moderna PIER ANTONIO MICHELI, scelto fra tutti, non solo per il grande apporto che ha dato alla materia, ma anche perché avendo condotto tante ricerche nel comprensorio dell’Appennino Tosco – Emiliano è stato possibile sottolineare ulteriormente il grande valore naturalistico del territorio. Le schede successive hanno riguardato nell’ordine: l’organizzazione cellulare; la nutrizione; la riproduzione. A questo punto della trattazione l’attenzione si è spostata sul gruppo dei Basidiomiceti. La parte relativa allo studio della morfologia e l’osservazione dei macromiceti epigei è stata portata avanti concentrando l’attenzione su caratteristiche facilmente osservabili ad occhio nudo e successivamente riscontrabili al microscopio. Data la complessità degli argomenti trattati il punto focale dell’elaborazione del materiale didattico è stato quello relativo allo sviluppo di un linguaggio per cui la materia trattata risultasse accessibile agli alunni, ma scientificamente corretto. L’apprendimento è stato facilitato inserendo nell’impostazione delle schede e negli interventi con l’operatore un certo dinamismo che ha permesso di alternare momenti di lezione frontale ad altri dove l’esercizio e la verifica dei risultati avvengono sottoforma di gioco e di espressione creativa. I momenti del “fare” sono stati di due tipi, uno più sensoriale, dove l’obiettivo era quello di far emergere la conoscenza personale dei bambini in natura. L’altra più mirata, dove la finalità era il raggiungimento di determinati risultati o puntualizzare alcuni concetti. Una delle prime fondamentali nozioni trasferite agli alunni è stata la posizione dei funghi in natura, ovvero la loro collocazione in un Regno a parte, distinto da quello vegetale, nel quale di norma a questo livello di scolarizzazione vengono annoverati per semplicità concettuale, ma anche da quello animale. La scheda numero 4 riguarda proprio questo argomento. E’ stato evidenziato l’elevato grado di diversità sottolineando al contempo l’alta omogeneità per quanto concerne determinate caratteristiche che hanno permesso agli studiosi di collocare i funghi in un regno autonomo: il regno dei Funghi. Per semplificare il concetto queste peculiarità sono state ridotte a due riguardanti la modalità di nutrizione per assorbimento e la presenza di una parete cellulare di chitina, pur esistendo anche nelle cellule delle piante, sebbene di cellulosa. L’informazione è stata puntualizzata utilizzando tavole grafiche appositamente ideate per favorire l’imprinting visivo di determinati concetti. Due schede, la numero 7 e la numero 8, sono state dedicate alla nomenclatura binomiale introdotta da LINNEO (1753). In questo contesto è stato fondamentale far comprendere ai bambini che i nomi delle singole specie vengono scientificamente espressi in lingua latina e l’importanza che questa scelta ha avuto ed ha a livello universale. In questa sede si è rivelata particolarmente utile la scheda numero 9 dove si chiedeva ai bambini di elencare i nomi comuni dei funghi del proprio territorio d’appartenenza, facendosi aiutare anche dai propri familiari. Le successive schede didattiche sono state costruite in modo da approfondire sempre di più l’argomento secondo la teoria induttiva. Nella scheda numero 10 è stata affrontata una questione relativa all’organizzazione cellulare dell’organismo fungino. E’ stata intitolata “Il fungo fantasma” con l’intento di sottolineare l’erroneità di una credenza piuttosto diffusa e assolutamente scorretta, ovvero quando si parla di funghi subito ci vengono in mente le forme classiche che si vedono nei boschi quando la stagione è propizia. L’attenzione è stata posta su come quello che noi vediamo è in realtà soltanto una piccola parte di un organismo più complesso ed articolato, incentrando quindi l’attenzione sulla presenza dell’intreccio ifale formanti il micelio sotterraneo puntualizzando come in effetti questo costituisce il vero organismo fungino e che quello che viene raccolto, semplificando enormemente il trasferimento di informazioni, sia paragonabile al frutto di un albero. A conclusione di questa prima parte si colloca la scheda didattica numero 11, dove il momento del “fare” prevedeva che i discenti disegnassero una specie di fungo nota perché realmente osservata e ne indicassero: il nome; il luogo di osservazione; il motivo di tale conoscenza. Si richiedeva inoltre che fosse ideato un nome scientifico, corretto dal punto di vista della sua costruzione secondo le regole del codice di Nomenclatura. Essi dovevano quindi creare un nome per il genere, l’epiteto specifico e attribuire se stessi come l’Autore della nuova specie, utilizzando l’iniziale del proprio nome in carattere maiuscolo, seguito da un punto per simboleggiare la forma abbreviata,come avviene per la “L.” di Carlo Linneo. Le successive schede, e le relative tavole grafiche, dalla numero 12 alla numero 20 riguardano gli aspetti legati alla nutrizione. La prima nozione importante che è stata trasferita agli alunni è quella relativa all’eterotrofia di questi organismi, ovvero l’incapacità di costruirsi autonomamente il nutrimento, mettendoli in antitesi con gli organismi autotrofi per eccellenza, ovvero le piante. Sono stati poi individuati i tre gruppi: saprotrofi, parassiti e simbionti. La tavola grafica 13 rappresenta una visione d’insieme di queste tre situazioni ecologiche. La scheda numero 14 scende nello specifico della trattazione dei funghi saprotrofi, chiamati per semplificare la terminologia saprofiti. I funghi saprofiti per la loro universale presenza rivestono importanza sotto il profilo dell’economia naturale, in quanto partecipano insieme ad altri microrganismi alla demolizione della sostanza organica e quindi al ciclo della materia in natura (ciclo biogeochimico), sottolineando con particolare rilevanza il ruolo ecologico all’interno di un habitat, soffermando l’attenzione sull’ecosistema bosco. E’ infatti nozione comune che la continuità della vita sulla terra si deve al continuo ed indispensabile riciclaggio degli elementi che, sintetizzati in composti organici da organismi autotrofi, devono necessariamente ritornare allo stato naturale. Il loro esaurirsi da una parte e l’ingombrante accumulo di sostanza organica sarebbe incompatibile con la vita. Sono stati definiti gli “spazzini dei boschi” e ne è stata evidenziata anche la diversità esistente all’interno di questo gruppo trofico per quanto concerne le varie nicchie ecologiche in cui si possono insediare questi organismi, ad esempio saprofiti lignicoli, coprofili, necrofili….. Con la tavola 15 queste nozioni sono state tradotte graficamente evidenziando il ruolo dei funghi in un’ipotetica catena alimentare, applicabile in qualsiasi tipo di ecosistema. E’ stata fatta quindi l’opportuna distinzione tra gli organismi produttori primari (autotrofi) e quelli consumatori (eterotrofi), all’interno dei quali sono stati evidenziati i diversi gruppi: erbivori, carnivori, onnivori ed infine quello dei decompositori. In quest’ultimo caso è stato poi evidenziato il ruolo ecologico dei funghi, ovvero come con la loro azione di demolizione della sostanza organica complessa riescono a reintrodurre nell’ambiente molecole semplici, allo stato minerale, quali principalmente acqua ed anidride carbonica che in questo modo sono rese nuovamente disponibili per i produttori primari,in particolare le piante, in modo che possa riprendere il ciclo biogeochimico. Le schede numero 16 e 17 trattano invece del gruppo trofico dei funghi parassiti, trasferendo ai discenti questa nozione prima in forma scritta e poi in forma grafica. Di questo gruppo è stata fatta emergere l’alto grado di specializzazione raggiunto soprattutto nella struttura delle ife, adattate per penetrare all’interno dell’ospite. E’ stata puntualizzata anche l’esistenza di funghi parassiti biotrofi, che ottengono il nutrimento dall’ospite senza causarne la morte; e di funghi parassiti necrotrofi, che al contrario uccidono le cellule, e spesso anche l’ospite, traendo il nutrimento dai tessuti morti. In questa sede è stato messo in evidenza il carattere opportunistico di questo gruppo di organismi, che possono in un certo senso cambiare dieta e passare dal parassitismo al saprotrofismo, cioè nutrirsi dell’organismo morto che avevano inizialmente parassitato. L’ultimo gruppo trofico considerato è quello dei funghi simbionti, alla cui trattazione sono state dedicate le schede didattiche 18 – 19 – 20. E’ stato affrontato soprattutto una tipologia particolare di simbiosi, quella mutualistica, ovvero un rapporto di aiuto reciproco con la specie vegetale con cui una determinata specie fungina può entrare in contatto. Il concetto è stato semplificato per essere più facilmente compreso dai discenti e presentato come uno scambio soprattutto di sostanze nutritive, acqua e sali minerali. In modo particolare si è parlato di due tipi di simbiosi, una più teorica, ovvero quella micorizzica e l’altra più facilmente osservabile in presa diretta, cioè i licheni. Nelle successive schede didattiche, 21- 22- 23, è stato affrontato il tema della riproduzione dei miceti. E’ stata quindi puntualizzata la riproduzione tramite spore, mettendo in evidenza la funzione analoga rispetto ai semi delle piante, ovvero il mantenimento della specie. Il discorso si è poi incentrato sulle strutture dove si formano e dalle quali a maturità le spore si disperdono nell’ambiente. Per semplificare la trattazione è stata considerata la forma ad asco, ed il relativo gruppo degli Ascomiceti, ed il basidio, con il gruppo dei Basidiomiceti. La trattazione della materia si è poi spostata sul gruppo dei macromiceti epigei facenti parte dei Basidiomiceti. Nella scheda 24 l’attenzione viene posta proprio su questo genere , del quale viene sottolineato: • l’elevato numero di specie; • la grande diversità di forme dei corpi fruttiferi; • l’ubiquità e la complessità trofica in quanto possono essere sia saprotrofi, parassiti piuttosto che simbionti; • la dannosità e la tossicologia. Dopo questa introduzione è stata posta l’attenzione sull’osservazione di un fungo. Nella scheda numero 25 vengono individuate le due parti che di norma sono oggetto di un’attenta osservazione a seguito della quale è possibile riconoscere la specie oggetto di studio. Le porzioni del pileo e dello stipite sono state poi studiate singolarmente in modo da fornire tutti gli strumenti utili per svolgere un’osservazione mirata al riconoscimento delle specie appartenenti ai 4 generi oggetto di studio. Nella scheda 26 si pone l’attenzione sul pileo, o “cappello”, come è stato chiamato per semplicità di linguaggio; di questa porzione si è osservato: la forma, le dimensioni (il diametro), la cuticola. Sulla scheda ci sono riportate alcune delle principali forme che si possono osservare. I disegni, appositamente ideati e realizzati dalla sottoscritta, recano la corretta terminologia per permettere agli alunni di associare l’immagine al termine giusto. In questo contesto è stato fatto notare come una specie possa assumere più forme del pileo nel corso del suo ciclo vitale, con particolare riferimento a quelle appartenenti al genere Amanita. La scheda 27 considera la porzione inferiore del pileo, ovvero l’imenoforo, cioè la parte dove si trovano i “contenitori” delle spore. L’osservazione di questa parte è molto importante perché si possono individuare almeno fino a tre gruppi: a lamelle; a tubuli o pori; ad aculei. Per quanto concerne le nostre finalità didattiche si sono considerati soltanto i primi due gruppi, in considerazione del fatto che dei quattro generi selezionati tre presentano l’imenoforo a lamelle ed uno a tubuli. La scheda numero 28 considera lo stipite (o gambo). Come prima considerazione è stata fatta una divisione in due grandi gruppi: peduncolati e sessili, in base alla presenza o meno di questa porzione. Il gambo può essere poi fortemente unito al cappello, oppure può esserne facilmente staccato, individuando in tal modo i funghi omogenei e quelli eterogenei. Altra considerazione da fare è quella inerente la posizione del gambo rispetto al cappello: centrato, oppure eccentrico. Lo stipite può presentare ancora altre strutture interessanti, facilmente osservabili ad occhio nudo e che sono utili per una determinazione specifica. Facendo riferimento al genere Amanita sono state considerate le seguenti strutture: volva ed anello. Di queste ne è stata spiegata l’origine, quindi è stato affrontato l’argomento del velo generale e del velo parziale. La veste grafica delle schede è stata molto curata, con l’uso del colore e dei disegni, così da renderle il più possibile gradevoli e semplici ad un utilizzatore in giovanissima età. Capitolo 5) GLI STRUMENTI PER LA VERIFICA DELL’APPRENDIMENTO La valutazione del lavoro svolto e la verifica dell’apprendimento sono strumenti indispensabili per testare l’efficacia del metodo sperimentale proposto finalizzato all’insegnamento della Micologia. Per valutare un progetto possono essere utilizzati diversi strumenti. Secondo ADAMOU (2003) possono essere considerati due tipologie di valutazione, una riassuntiva e una formativa. La prima è pensata per riassumere i risultati alla fine di un programma o di un progetto; la seconda viene usata per giudicare un lavoro durante il suo svolgimento. Nel caso del lavoro sperimentale proposto, gli strumenti di valutazione sono stati molteplici, sia perché rivolti da un lato al corpo docente, dall’altro ai bambini, sia perché proprio nei confronti di questi ultimi si sono potuti adottare i metodi e le tecniche di valutazione riportate in tabella. STRUMENTI DI VERIFICA 1) QUESTIONARI 2) ATTIVITA’ ARTISTICHE 3) ATTIVITA’ LUDICA 4) FOTOGRAFIE 5.1) Questionario bambini Il questionario di valutazione rivolto ai bambini è strutturato in 15 domande e ripercorre tutti i momenti e i concetti più importanti emersi durante le precedenti fasi del lavoro. Le domande proposte prevedono varie tipologie di risposta, con la possibilità sia di scegliere tra due alternative proposte, sia di formulare un breve personale ragionamento. In questo caso, l’obiettivo è, oltre alla verifica dell’apprendimento dei contenuti, anche lo sviluppo della capacità di sintesi e criticità nei confronti dell’argomento proposto. Seguendo il percorso del questionario, si parte dal ricordo personale dell’esperienza fatta, per poi affrontare con quesiti specifici la parte dei moduli micologici svolti in classe. I quesiti sono molto legati tra di loro, motivo per cui è necessaria un’analisi ordinata dei quesiti. La domanda numero due chiedeva agli alunni di indicare il nome comune di almeno cinque funghi presenti nel territorio di appartenenza e oggetto dello studio. Si pone in tal modo l’accento su quello che è uno degli obiettivi del lavoro, ovvero lo sviluppo di una certa criticità che permetta di creare un legame duraturo di attaccamento verso la natura del proprio territorio, attraverso la scoperta delle diverse ricchezze di cui è portatrice. Sarà poi interessante mettere a confronto le risposte a questa domanda, formulata alla fine del percorso culturale, e quella della scheda numero 7 dei moduli in classe, dal quale può emergere se, e come, è cambiata la percezione dell’ambiente da parte degli alunni coinvolti a seguito dell’esperienza di didattica micologica. Il quesito numero 4 prevede che i nomi comuni delle specie fungine elencate fossero associati al nome del genere di appartenenza. La difficoltà risiedeva nel fatto che il nome del genere era riportato correttamente in latino, secondo le regole di nomenclatura. Un’ altra domanda relativa al sistema di nomenclatura binomia adottato da Linneo, focalizzando sul concetto di genere e di specie è il quesito 15: dato un elenco di 10 funghi, si chiede ad esempio di cerchiare con lo stesso colore i numeri delle specie che appartengono allo stesso genere. Riportando, per facilitare la comprensione dell’esercizio, soprattutto per i bambini di III° il seguente esempio: 1) Ramaria pallida; 2) Calocera viscosa; 3) Ramaria formosa. La domanda 7 prevede un esercizio di associazione tra una serie di termini scientifici relativi alle diverse parti osservabili di un macromicete, e l’immagine di un “fungo fantastico”. I termini da collocare sono: squame, cappello (pileo), margine striato, lamelle, margine punteggiato, tubuli, aculei, volva, reticolo, gambo (stipite), anello, latice, cuticola, volva dissociata, spore, imenoforo. L’immagine da completare è stata così definita per sottolineare l’inesistenza in natura di un fungo così fatto, in quanto, ad esempio, tra i termini da collocare nel disegno si leggevano lamelle, tubuli, aculei, e in natura nella porzione dell’imenoforo si può osservare soltanto una di queste tre tipologie di struttura. L’immagine riporta una serie di frecce che evidenziano alcuni particolari del disegno, al fine di aiutare i discenti a trovare la giusta collocazione dei termini. Tuttavia il numero delle frecce presenti era in difetto rispetto al numero dei termini elencati; questo perché per alcuni di essi non c’era una posizione particolare, come ad esempio per il termine latice, oppure cuticola o imenoforo. Le domande dalla numero 8 alla 14 sono dedicate alla parte teorica di micologia trasferita ai discenti nel corso degli incontri in classe. Il quesito numero 8 richiedeva una lettura attenta del testo, completando le frasi con i sei termini scientifici elencati, inserendoli al posto giusto. Il testo riguardava aspetti legati alla riproduzione e i termini da collocare erano i seguenti: parte inferiore, imenoforo, spore, asco, cappello e basidio. Per aiutare gli alunni, nel completare con successo l’esercizio, gli spazi predisposti per l’inserimento dei termini prevedevano tante linee quante erano le lettere che componevano la parola corretta da inserire. Le successive domande riguardano aspetti legati all’organizzazione cellulare (numero 9 – 10), l’esistenza di un Regno Fungi (numero 11 – 12), la nutrizione (numero 13 – 14). Il quesito numero 9 chiede agli alunni di pensare all’organismo fungino nel suo insieme, chiedendo se quello che noi vediamo è tutto oppure è solo una parte. La domanda numero 10 è strettamente legata alla precedente, in quanto per i più attenti, vi si legge tra le righe la risposta al quesito precedente. Si chiede infatti come si chiama la parte dell’organismo fungino che sta nel terreno, e secondariamente da che cosa è composta. Anche in questo caso lo spazio predisposto per scrivere la risposta prevedeva un numero di linee uguale al numero delle lettere che compongono il termine corretto. Anche i quesiti numero 11 e 12 sono strettamente legati tra loro e riguardano la collocazione dei funghi in natura. Nella prima delle due domande si voleva accertare l’avvenuto apprendimento della posizione dei miceti in natura, in particolar modo verificando l’aumentata distinzione concettuale del regno dei Funghi da quello Vegetale. Successivamente, nel quesito 12 si chiedeva quali fossero le due caratteristiche per cui gli studiosi hanno collocato i funghi in un regno a parte. Relativamente alla nutrizione con le domande 13 e 14 si è posto l’accento in primo luogo sulla modalità attraverso la quale i funghi assumono il cibo; successivamente l’attenzione si è spostata su che cosa mangiano i funghi. Questo tipo di argomentazione è stato trattato in maniera più approfondita nel quesito 17 dove si consideravano i tre grandi gruppi trofici analizzati: saprofiti, parassiti e simbionti. La domanda era articolata in maniera da collegare con una freccia il termine indicante il gruppo trofico con la frase corretta. E’ stata predisposta una tabella a due colonne e tre righe dove erano riportate rispettivamente sulla colonna di sinistra le frasi, e su quella di destra i termini. Le frasi in tabella sono scritte utilizzando l’elaborazione fatta dai bambini durante gli incontri in aula. Quindi con una terminologia molto semplice e immaginando di far “parlare” in prima persona un fungo si legge: “ mi nutro di cose morte perché sono un…” riferendosi al gruppo trofico dei saprofiti; oppure “posso nutrirmi di un altro organismo fino ad ucciderlo, poiché sono un ….” riferendosi ai parassiti, ed infine “io non so stare da solo, devo vivere insieme ad una pianta perché sono …” relativamente al gruppo dei simbionti. Poiché quello che ci si proponeva con questo lavoro era anche lo sviluppo di una certa criticità nei confronti del proprio territorio, alcune domande sono formulate anche in modo da far emergere il punto di vista dei ragazzi rispetto a particolari tematiche. Ad esempio si vuole conoscere la loro opinione nei confronti del mondo vegetale e l’importanza da essi attribuita a questa componente dell’ambiente al fine di mettere in luce il ruolo centrale delle generazioni future e come su queste si debba investire per promuovere la cultura della sostenibilità nel quadro della conservazione della diversità biologica, nello specifico della diversità vegetale nel senso più ampio del termine. 5.2) Questionario insegnanti Al fine di ottenere una valutazione più ampia del lavoro svolto è buona regola ottenere anche il parere delle insegnanti coinvolte nel percorso culturale sperimentale. Lo strumento impiegato è stato un questionario, che è stato appositamente ideato per questo tipo di interlocutore e proposto al termine del ciclo di interventi con le classi. Dopo un iniziale specchietto identificativo dell’insegnante (nome, scuola di appartenenza, materia di competenza) sono proposti dieci quesiti che affrontano le seguenti quattro aree tematiche: • Materiali, contenuti e presentazione (domande n° 1-4). • Livello di interesse e partecipazione dei bambini (domande n°5-6). • Interesse e coinvolgimento del corpo docente (domande n°7-8). • Giudizio complessivo sull’iniziativa (domande n°9-10). Tutte le domande proposte sono strutturate con risposta a scelta multipla, con un grado crescente di giudizio per esprimere il proprio livello di gradimento. Conclude uno spazio libero per osservazioni e suggerimenti. Per quanto riguarda il primo gruppo di domande, sono stati considerati i materiali e i metodi con cui è stato portato avanti l’intero lavoro, la struttura delle schede didattiche proposte ai bambini, i contenuti trasmessi agli stessi e la presentazione della materia da parte dell’operatore didattico. La domanda n°7 richiede il parere del corpo docente sulla durata e sul ciclo di lezioni relativamente agli argomenti e all'età degli alunni. Nel considerare il livello di interesse con il quale la classe ha aderito al progetto, viene richiesto di prendere in esame anche l’atteggiamento dei bambini verso l’iniziativa al di fuori degli incontri con l’operatore. Perché un progetto di educazione specialistica, concepito come il presente abbia la massima resa in termini didattici è fondamentale il coinvolgimento e la partecipazione del corpo docente. In ultimo si chiede di esprimere un giudizio complessivo sull’iniziativa, rispetto alle aspettative del singolo. 5.3) Attività artistiche La concezione dinamica di costruzione delle schede didattiche alterna momenti di lezione frontale a strumenti in cui la trasmissione dell’apprendimento dei concetti avvengono attraverso l’espressione grafica o il gioco dei singoli. Entrambi sono un insostituibile elemento di verifica per valutare l’efficacia del lavoro svolto, quando ci si propone la verifica ai bambini con mezzi alternativi alla classica forma del “compito in classe”, ottenendo così una disposizione psicologica dei piccoli nei confronti delle attività loro proposte libera da stress emotivi determinati dalla valutazione. Il disegno viene utilizzato come strumento di comunicazione per sottolineare i diversi momenti di lavoro. La sua importanza di valutazione non verbale è evidente se si pensa alla dinamicità con cui sono stati elaborati i moduli proposti. Soprattutto per la fase del lavoro da svolgere in classe, i momenti definiti del “fare” prevedevano proprio l’utilizzo dell’espressione grafica come metodo di valutazione della capacità di osservazione. Il criterio di valutazione è la modalità, la cura del dettaglio con la quale certi particolari sono stati riprodotti dai bambini. Proporre il disegno in diverse fasi del progetto ha inoltre l’intento di verificare se la capacità di osservazione dei bambini muta con l’avanzamento del lavoro e l’acquisizione di nuovi concetti fondamentali. Significative in questo senso si sono rivelate la scheda n° 12 dei moduli in classe, e le schede operative concepite per l’attività in orto, dove si testa contemporaneamente il livello di osservazione del soggetto; il grado di diversità riscontrata e i fattori che possono indurre alla conoscenza di una determinata specie fungina. Un momento particolarmente importante per esaminare complessivamente i progressi del gruppo dei bambini è quello relativo alla realizzazione collettiva di cartelloni. Per la costruzione di questo materiale non è previsto l’apporto dell’operatore, permettendo in tal modo agli alunni di svolgere l’attività creativa liberamente e senza condizionamenti, ma è opportuno il supporto delle insegnanti che hanno seguito i bambini durante l’intero percorso culturale. 5.4) Attività ludica Il bambino è nel regno protetto del gioco, che gli permette di esplorare il proprio ambiente e di scoprire i meccanismi delle cose che lo circondano in modo integrale, attraverso l’utilizzo di tutti i propri sensi: il bambino, soprattutto se piccolo, è un esploratore innato, che attraverso di essi si appropria del mondo circostante. Educare alla diversità macromicetica, alla disciplina della Micologia, oltre alla trasmissione dei concetti fondamentali, vuol dire attivare una percezione più ampia e profonda. Giocando si impara, si sperimentano le proprie capacità, rendendosi autonomi. Attraverso il gioco si costituisce la propria individualità e si diventa più critici. Il gioco deve essere liberato dalla competitività, che non trova applicazione in un contesto didattico come questo, che vuole mirare al cambiamento di atteggiamento nei confronti di un territorio. Da queste considerazioni emerge come una programmazione che tiene conto dei fattori emotivi degli alunni, possa valorizzare anche materie apparentemente più pesanti, o noiose come le scienze. Il punto di partenza di questo percorso di apprendimento integrale è lo stimolo dell’entusiasmo, creando un clima di gruppo che permetta di familiarizzare. Si passa poi alla fase di concentrazione e di raccoglimento, seguita dall'esperienza diretta e dall'esplorazione, durante la quale viene indagato l’ambiente circostante. Solo dopo questi passaggi è possibile arrivare ad un momento più razionale che permetta di trarre conclusioni. Momenti di verifica caratterizzati da questo tipo di attività sono fondamentali per valutare l’efficacia del metodo didattico proposto. Proporre infatti il gioco come parte integrante di un’attività didattica pone gli alunni in una condizione psicologica ottimale nei confronti dell’apprendimento. Una delle prime applicazioni in tal senso è stata quella relativa al gioco delle carte per il glossario figurato, svolto in classe nel momento fondamentale dello studio della morfologia per sviluppare l’osservazione. Esso si è dimostrato utilissimo per imprimere nella memoria dei bambini l’esatta corrispondenza tra forma e termine, facendo anche emergere la grande varietà di forme presenti nel mondo della micologia. L’attività ludica è stata riproposta in altri due momenti del percorso: durante l’escursione all’orto botanico e nell’ultima fase del lavoro al momento della verifica finale. Nell’ultima fase del progetto, al momento della verifica dell’apprendimento, l’attività ludica è stata proposta sottoforma di puzzle. Questi sono stati realizzati utilizzando come immagini le tavole grafiche numero 1,2, e un’altra immagine costituita da quattro fotografie delle seguenti specie fungine: Boletus edulis, muscaria. Lactarius salmonicolor, Russula cyanoxantha, Amanita 5.5) Fotografie L’utilità della fotografia come elemento di valutazione risiede soprattutto nel fatto che attraverso di essa è possibile verificare anche successivamente alcuni aspetti, ad esempio il grado di coinvolgimento dei partecipanti ad una certa attività, oppure cogliere alcuni attimi particolari del lavoro. Le fotografie possono altresì essere impiegate per mostrare l’organizzazione sociale di un gruppo di lavoro, sottolineando il tipo di relazione prossemica al suo interno, documentando i momenti in cui alcune attività vengono svolte in gruppo oppure singolarmente. L’utilità di questo strumento è ulteriormente amplificata dal punto di vista della verifica dell’apprendimento, quando può essere integrato con gli altri sopra illustrati, come ad esempio nella realizzazione dei cartelloni dove la fotografia integra efficacemente gli elaborati grafici. Bibliografia di riferimento AA.VV., 1985 – Il rapporto didattico scuola – museo. Comunicazione al convegno nazionale “L’educazione e l’ambiente” del Centro meridionale di educazione ambientale (Sorrento, 15/17 marzo 1985). AA.VV., 1992 – L’Orto botanico dei Frignoli. Un progetto didattico per la conoscenza dell’ambiente. Tip. Mori, Aulla (MS). AA.VV., 1999 – Guida pratica ai fiori spontanei in Italia. Selez. Reader’s Digest, Milano. AA.VV., 1982 – Guida pratica ai funghi in Italia. Selez. Reader’s Digest, Milano. AA.VV., 1999 – I funghi in Toscana Mappatura e censimento dei macromiceti epigei. 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