Breve storia di Eugenia Micarelli, vittima della 2

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Breve storia di Eugenia Micarelli, vittima della 2
Breve storia di Eugenia Micarelli,
vittima della 2° guerra mondiale
Infanzia e adolescenza
Eugenia Micarelli nacque a Genzano di Roma il 14 luglio 1907, da Giuseppe e Natalina Franciosi nella diocesi di
Albano.
Fu ultima di sei figli, i genitori morirono a breve distanza di tempo uno dall'altro, quando Eugenia era ancora in tenera
età. Prese cura della sua educazione la sorella Virginia, secondo genita, giovane profondamente cristiana, ella seppe
trasmettere alla piccola i valori umani e spirituali, che crebbero in lei col crescere dell'età e ciò fu favorito dal contatto
che le due giovani ebbero con le Suore Agostiniane Serve di Gesù e Maria, presenti in Genzano dal 1870 e aventi come
scopo principale la formazione della gioventù. Virginia ed Eugenia erano iscritte all'Associazione del "S. Cuore di Gesù"
e delle "Figlie di Maria" ne vivevano con fedeltà e impegno le direttive e le norme.
Eugenia aveva un carattere vivace, sereno, ilare e nello stesso tempo un po' timido, riservato (facilmente il rossore
fioriva sulle sue gote). Nelle decisioni era determinata, ma anche docile e remissiva di fronte ai consigli e comandi dei
più grandi in famiglia. Era molto amata in casa e benvoluta dai vicini. La sorella V irginia ripeteva, ancora da anziana,
che la virtù più amata ed esercitata da Eugenia, fu sempre l'obbedienza, perché vedeva in essa la Volontà di quel Dio
che amava fortemente.
Sposa e Madre
Eugenia all'età di ventidue anni, andò sposa al giovane Tommaso Silvestri, maggiore di lei di due anni.
Il matrimonio fu celebrato il 24 novembre 1929 nella chiesa parrocchiale di Genzano dedicata alla ss.ma Trinità.
Ebbero quatto figli: Mario, Italia, Amedeo ed Ezio.
Nel febbraio 1942, Tommaso morì di tetano, conseguenza di un infortunio sul lavoro ed Eugenia restò sola
responsabile della troppo giovane famiglia.
La sua forte fede non l'abbandonerà mai, anzi sembrava crescere con l'aumentare delle difficoltà e preoccupazioni.
Dovette andare a lavorare in campagna ogni giorno e allora chiamò a stare in casa con i bambini la sorella Virginia, che
viveva sola. Ritirò dalla scuola Mario il primogenito che frequentava la 4a classe elementare, perché le fosse di
compagnia andando in ·campagna e per altre necessità in casa, infatti Virginia camminava con difficoltà, per una
caduta da piccola, Amedeo il terzogenito era stato compito dalla poliomelite quando aveva 18 mesi, ed era perciò
bisognoso di cura. Ezio aveva solo due anni e mezzo e Italia aveva sette anni. Eugenia pregava molto ed insegnava a
pregare ai figli, a parlare con Gesù presente nell'anima, seppe infondere in loro un profondo amore e timore di Dio,
affettuosa devozione alla Madonna e all’angelo custode. Salutava dicendo “sia lodato Gesù e Maria” oppure “sia
lodato Gesù Cristo”. La preghiera della buona notte terminava con la benedizione materna che si esprimeva baciando
la mano della mamma per i figli era come un vero dono, se non veniva accordata era segno di punizione, di castigo per
qualche capriccio dei bambini, ma sempre si risolveva nel perdono, prima di dormire.
Gli anni di fuoco per l’Italia
La 2a guerra mondiale, infuriava sempre più. Ovunque si vedeva distruzione e morte. Genzano era presa di mira dai
bombardamenti e dalle cannonate che giungevano dal vicino porto di Anzio, uno dei punti di sbarco dei nuovi alleati
gli anglo-americani.
Lucio, fratello di Eugenia, sposato e abitante in Roma, andò a Genzano a prendere Eugenia coi bambini ed altri parenti,
perché si diceva che soltanto Roma sarebbe restata salva dalla guerra data la presenza del Papa, che era allora Pio XII,
Eugenio Pacelli. Messa la biancheria e qualche suppellettile più necessaria sul carretto trainato dal cavallo, a piedi la
piccola comitiva raggiunse Roma a sera inoltrata.
Il 4 giugno 1944 le truppe anglo-americane arrivarono a Roma alle Porte di S. Giovanni in Laterano, i militari furono
accolti festosamente come liberatori dalla popolazione; il giorno dopo entrarono in città. La gente cercava di tornare
alle proprie case, al proprio paese, ormai la guerra stava per finire. Eugenia, approfittando di un parente che andava a
Genzano, decise di andare per preparare il ritorno della famiglia e partì.
Il 18 giugno, prima di tornare a Roma, Eugenia volle recarsi in campagna per prendere qualche frutto e un po' di latte
dai pastori. Per essere in compagnia, si unì ad altre persone.
Al ritorno, si mise d'accordo con dei vicini di casa: Demetrio e due suoi figli, uno di una ventina d'anni ed Elena di soli
16 anni.
La strada principale era piena di militari, allora, per maggior sicurezza decisero di fare la strada di campagna.
La Chiamata di Dio
A mezzogiorno si miséro in cammino per tornare a Genzano, giunti all'altezza di Poggidoro, alcuni soldati delle truppe
anglo-americane, provenienti dal Marocco, intimarono loro di fermarsi. Volendo prendere la ragazza, spararono subito
al padre e al fratello uccidendoli; Eugenia cercò d'impedirglielo avvicina ndosi per
proteggerla e gridava: "Elena, scappa!!!" I militari infuriati le spararono colpendola gravemente all'addome, ma lei
continuava a gridare:'"Elena, mettiti in salvo!" I soldati allora presero Eugenia e la trascinarono gettandola in un fosso
(per fortuna era asciutto). Ormai a Eugenia restava solo di pregare·per Elena. Infatti toltasi la corona del Rosario, che
portava sempre al collo, sotto il vestito, pregava la Madonna.
Intanto Elena tentò di fuggire, i militari le spararono, il proiettile le sfiorò i capelli ed Elena si lasciò cadere a terra
fingendosi morta. I due soldati la raggiunsero, la alzarono, la scossero in mille modi perché, non vedendola ferita, la
credevano svenuta e non morta. Elena sentiva tutto, più volte la alzarono e la gettarono in terra, ma lei riuscì a non
dare segno di vita, (mi ha ripetuto lei stessa che non sa spiegarsi come ciò fosse avvenuto) i soldati, credendola morta,
la gettarono a terra con violenza e si allontanarono.
Elena non sentendo più i loro passi e pensando che anche Eugenia fosse morta, carponi a terra, si diresse verso la
strada maestra, entrò in una capanna, dove c'erano due uomini uno anziano e uno giovane, a loro raccontò piangendo
e tremante l'accaduto, quelli non vollero crederla, le diedero un po' di latte dicendole di tornare a casa, perché non
stava bene (ospitare ragazze in quel tempo con quella realtà era veramente rischioso). Elena allora barcollando e
impaurita prese la strada di Genzano.
In casa trovò la madre, altri familiari ed amici, riunitisi, perché preoccupati per il loro ritardo. Elena, come poté,
raccontò la tragedia che era capitata... ascoltata la cosa Orlando Silvestri, cognato di Eugenia, andò con altri in fretta,
al comando militare e qui ebbe una macchina. Recatisi sul posto videro i corpi del padre e del fratello di Elena, riversi a
terra, ma Eugenia non era con loro, allora Orlando la chiamò gridando ripetutamente, finché percepì la sua flebile
risposta. Si avvicinò al fosso e udì Eugenia che diceva: "Non cercate me, cercate Elena...", come sentì che Elena era
tornata a casa sana e salva esclamò: "Grazie, Madonna mia!" aveva tra le mani la corona del Rosario inzuppata nel suo
sangue (così mi disse zio Orlando), poi, aiutato da altri tirò Eugenia su dal fosso e la portò a casa dei suoceri, già
rientrati dallo sfollamento, (essi amavano Eugenia più di una figlia... '...ed anche lei ci amava moltissimo', ripeteva
spesso Amalia, la suocera). Fu chiamato il medico che diagnosticò la gravità del caso in cui riversava Eugenia, sarebbe
stato necessario operarla subito,ma ciò era impossibile, l'ospedale era un semplice pronto soccorso. Fu chiamato
anche il sacerdote Don Angelo Previtali che risiedeva nella chiesa del Duomo, in Via Livia; poco distante dalla casa; egli
le parlò e la confessò. Eugenia chiedeva di fare la Comunione, perché si sentiva morire, ma non poté ricevere
l'Eucarestia, aveva il vomito troppo frequente, Don Angelo le chiese se perdonava i soldati che le avevano sparato e
lei rispose: "Si, li perdono, non fategli del male ... sono poveri figli di madre!" Poi a fatica continuò:
"portatemi a Roma, voglio vedere i miei figli, poveri bambini ...!" -Cercarono diaccontentarla, ma arrivati verso
Frattocchie, sulla Via Appia, spirò. Era il 18 giugno 1944 alle ore 17.30.
Visto che Eugenia era morta, non proseguirono, ma tornarono indietro, a Genzano. Il sacerdote che la conosceva bene
e l'aveva assistita esclamò: "Non è morta una donna, è volato al Cielo un Angelo!".
Il suo corpo fu posto in una cassa d'emergenza e sepolta in terra, soltanto più tardi si poté fare una cassa a modo e fu
posta nella tomba di famiglia, dove ancora riposa, anche se la tomba è passata ad una nipote di Eugenia, Lilia Silvestri,
figlia del cognato Armando Silvestri.
Italia Silvestri
Figlia dei coniugi Tommaso Silvestri e Eugenia Micarelli
N.B. Dichiaro che la relazione su descritta è un riassunto di ciò che mi è stato riferito da parenti e conoscenti.