dall`Alchimia alla Chimica

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dall`Alchimia alla Chimica
Dall'Alchimia alla Chimica
L'alchimia fu una sorta di filosofia, intrisa di elementi magici ed esoterici.
Ciò nonostante gli alchimisti, con il loro paziente lavoro di laboratorio,
accumularono una serie di conoscenze che si dimostreranno utili per la
successiva nascita della chimica moderna.
Numerosi furono i punti di contatto tra alchimia e astrologia. Fino al XVII secolo,
gli alchimisti conoscevano soltanto sette metalli (oro, argento, mercurio, rame,
ferro, stagno e piombo). A ciascuno di essi veniva associato uno dei sette corpi
celesti fino ad allora conosciuti (Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno). Secondo le
concezioni alchemiche, infatti, la generazione dei metalli sarebbe avvenuta nel "grembo della
terra", sotto l'influsso dei vari corpi celesti. In tal modo, ad esempio, l'oro corrispondeva al Sole,
l'argento alla Luna, il mercurio all'omonimo pianeta, ecc. Addirittura i metalli e i corpi celesti
venivano rappresentati con gli stessi simboli, che sopravvissero fino alla rivoluzione chimica di fine
settecento.
I testi alchemici sono notoriamente costellati di simboli e termini stravaganti che ne
accentuano il carattere esoterico. Il significato stesso del termine “alchimia” è
avvolto dal mistero. Si sa con certezza solo che la prima sillaba della parola fu
introdotta in epoca islamica. Sulle origini del resto del termine sono state fatte nel
corso dei secoli ipotesi svariate: dall'etimologia fantasiosa di frà Simeone da
Colonia, che credeva nell'esistenza di un filosofo di nome Alchimo, a quella più
recente, secondo la quale il termine deriva dal cinese Kim Iya o Kiam Iok (succo o
sperma dell'oro), passando per l'egiziano Km.t (nero) e il greco Chyma (fusione dei
metalli).
Storia dell’alchimia
Si sono trovati scritti dell’alchimia risalenti al III-IV secolo d.C., sia in Oriente che in Occidente.
Essa raccoglie il patrimonio di conoscenze dell'antichità (soprattutto egizio) relativo alle
proprietà e alle trasformazioni della materia. E' credibile che l'alchimia abbia avuto origine in
Oriente e che di lì abbia coinvolto tutti i popoli e tutte le culture. La sua espansione seguì di pari
passo lo sviluppo della metallurgia.
La lavorazione del piombo nacque nel VII millennio avanti Cristo, ma solo nel III millennio avanti
Cristo vennero preparati i primi composti chimici di uso farmaceutico e inventati i primi strumenti da
laboratorio. Sappiamo che in quest'epoca venne elaborata la teoria della Terra Madre e dei metalli
come embrioni in gestazione. La pratica metallurgica aveva, quindi, anche un carattere religioso.
L’abilità nella chimica applicata degli egizi e la conoscenza teorica dei greci s’incontrarono
e si fusero. In origine l'alchimia aveva probabilmente scopi pratici e tecnologici.
La teoria dei quattro elementi aristotelici acqua, aria, terra, fuoco affermava che le sostanza
fossero una miscela di questi quattro principi e che per trasformare una sostanza in un’altra era
sufficiente cambiare le relative proporzioni. L’acqua evaporando si trasformava in aria, il legno
bruciando si trasformava in fuoco ed aria, ecc. Se era possibile trasformare una pietra rossiccia in
ferro per il resto sarebbe stato sufficiente trovare la tecnica adatta.
La khemeia era esercitata più da “maghi” che da scienziati. Ben presto però si trasformò in una
curiosa attività iniziatica e segreta in cui gli adepti, pur continuando a occuparsi delle
trasformazioni della materia, attribuivano però a queste ultime un profondo significato spirituale.
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L’arco di tempo durante il quale si sviluppò maggiormente l’alchimia Greco-Alessandrina è
quello compreso fra la morte di Alessandro Magno (323 d.C.) e la chiusura dell’accademia di
Atene (529 d.C.). Particolarmente significativa in questo periodo è la città di Alessandria d’Egitto,
specialmente la sua biblioteca, che rappresentava al tempo una delle più importanti luoghi, in cui
confluivano le maggiori conoscenze nel campo scientifico. I primi alchimisti alessandrini sono
artigiani a tutti gli effetti e hanno anche risultati di notevole livello tecnico, ma ciò che più ci
interessa è il fatto che si dedichino a quattro antichissime tecniche:
la lavorazione dei metalli (oro e argento),
la preparazione di pietre preziose sintetiche e di perle,
la tintura delle stoffe in porpora
Dopo questo periodo, fino al 1100 l’alchimia fu in mano araba e molti termini hanno questa origine,
come alambicco, alcalino, alcool, nafta, zirconio, ecc.
Con le crociate gli europei s’impadronirono delle conoscenze arabe.
L'obiettivo degli alchimisti era la ricerca della "pietra filosofale": misteriosa sostanza in grado di
trasformare in oro i metalli vili. Tale trasformazione sarebbe stata possibile
attraverso le cosiddette "nozze chimiche" in cui i tre "principi ipostatici" dello
zolfo, del mercurio e del sale si sarebbero uniti per generare l'oro, simbolo
ideale di tutto il regno minerale. Lo scopo non era tuttavia economico. La
rigenerazione dei metalli verso lo stato di perfezione rappresentato dall'oro
rispecchiava, per analogia, la redenzione dell'uomo verso lo stato di grazia,
perduto a causa del peccato originale. L'obiettivo principale dell'alchimia non
era pertanto la trasmutazione dei metalli, bensì la trasformazione
dell'alchimista stesso verso un'umanità nobile e aurea.
A questo punto è lecito domandarsi il ruolo, anzi la posizione che la Chiesa assunse circa questi
"eventi scientifici". Dopo un primo periodo di osservazione la Chiesa espresse il suo parere
sull’alchimia, e lo fece con una serie di solenni condanne. La presa di posizione di Tommaso
d'Aquino nella Summa Theologica, gli atti capitolari che tra il 1272 e il 1373 proibiscono lo studio e
la pratica dell'alchimia ai francescani e ai domenicani, e infine la famosa decretale Spondet quas
non exhibent di Papa Giovanni XXII (1245-1334) sono attacchi perentori che si rivolgono tutti alla
questione della trasmutazione. Dal momento che è impossibile realizzare la trasmutazione dei
metalli in oro (così si espresse ufficialmente la Chiesa) coloro che affermano di trasmutare e non
ottengono alcun risultato sono truffatori, o se vi riescono (ipotesi assurda) allora hanno trasmutato
per mezzo di opere di magia.
Leonardo da Vinci (1452-1519) rigettando le antiche argomentazioni sulla trasmutazione, giudica
l'alchimia esclusivamente sulla base dei prodotti che è in grado di fornire, e anzi egli stesso si
applica al lavoro di laboratorio con la preparazione di composti e il perfezionamento di
apparecchiature.
L'immagine più rappresentativa degli ultimi sviluppi dell'alchimia del Rinascimento è probabilmente
da ricercare nell’opera del medico svizzero Philipp Theophrast Bombast von Hohenheim
(1493-1541) che, forse per affermare la sua superiorità sull’antico medico latino Cornelio Celso (I
secolo d.C.) assume l'enigmatico nome di Paracelso.
Sono i tempi della Riforma di Martin Lutero e PARACELSO (1493-1541), oltre a cercare la pietra
filosofale, usò l’alchimia finalizzata alla medicina. Paracelso accetta i quattro principi fondamentali
aristotelici, ma aggiunge i principi ipostatici, Sale, Zolfo e Mercurio.
Sale: tutto ciò che è incombustibile ed inalterabile
Zolfo: associato alla infiammabilità e combustibilità
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Mercurio: associato alla fusibilità e volatilità.
Non c’è una fine dell’alchimia ed un inizio della chimica, Paracelso è un alchimista che usa
operazioni chimiche quali Calcinazione, Sublimazione, Distillazione, si parla inoltre di gradi di fuoco
(inizio di concetto di temperatura) espressi come 'sterco di cavallo', 'brace rossa', ecc.
A partire dai primi anni del XVII secolo, con le opere di Cartesio (1596-1650), di P. Gassendi
(1592-1655), di R. Boyle (1621-1691), per la prima volta Dio diviene Colui che contempla il mondo
come un gigantesco orologio che ha caricato all'inizio dei tempi. Non c'è dubbio che l'orologio sia
stato caricato da lui, ma il meccanismo procede secondo leggi che non hanno bisogno del suo
intervento. Mentre metafisica e fisica si allontanano, non appare più così eretico contemplare la
possibilità dell’esistenza di infiniti mondi, di infiniti corpuscoli, che non possono essere né affermati
a priori, né direttamente individuabili dai sensi, ma che possono essere rivelati a partire
dall'osservazione, dall'analisi, dai mezzi di cui lo scienziato di volta in volta può disporre. Impegnati
come sono nelle loro argomentazioni pro o contro Paracelso, gli alchimisti non sembrano
accorgersi tempestivamente che la realtà sta cambiando, ed il loro mondo è ormai "morto".
Il passaggio alla chimica avverrà fra poco, ma non sarà né "indolore", né immediato a causa di
correnti che rimarranno ancora per alcuni tempi nelle concezioni e metodologie dei chimicoalchemici. Fin dalla sua nascita, la chimica moderna, pur non potendo dire nulla sugli aspetti
spirituali e allegorici connessi all'alchimia, dimostrò la totale infondatezza delle concezioni
alchemiche relativamente al mondo della materia. In particolare evidenziò l'illusorietà della ricerca
della pietra filosofale (nessuna sostanza può essere in grado di trasformare un elemento in un
altro. Tale trasformazione è possibile soltanto attraverso complesse reazioni nucleari).
La chimica è una disciplina scientifica che ha come oggetto di studio la materia e le
trasformazioni che essa può subire.
Essa si avvale del metodo scientifico che poggia sostanzialmente sull'osservazione sperimentale e
sul ragionamento logico matematico.
La chimica moderna muove i suoi primi passi tra il XVII e il XVIII secolo grazie a quegli autori (per
citare due soli nomi: Robert Boyle e Antoine Laurent Lavoisier) che introdussero il metodo
quantitativo nello studio delle trasformazioni della materia, contribuendo a eliminare tutte le
false credenze che avevano dominato fino a quel momento lo studio di tali fenomeni. Obiettivo
costante della chimica è lo stabilire le relazioni esistenti tra la struttura microscopica (a livello
atomico e molecolare) delle sostanze e le loro proprietà macroscopiche direttamente
osservabili.
La nascita vera e propria della chimica (anche se in verità è dell'ottocento) può essere collocata
dopo la rivoluzione scientifica, ed è per questo che l'influenza dell'alchimia si è sentita soprattutto
nella prima fase di sviluppo, quando ancora non si può neanche parlare di chimica moderna.
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