L`alchimista - Fondazione Plart

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L`alchimista - Fondazione Plart
Alchimia: il mistero che anticipa la chimica
L’alchimista, misterioso dipinto di Pieter Bruegel il vecchio restituisce tutto il fascino che ancora
esercita su di noi l’universo alchemico. Nata in maniera clandestina nel Medioevo, l’alchimia tenta
di trasmutare i metalli di base in oro simboleggiando un tentativo di arrivare alla perfezione e
superare i confini ignoti dell'esistenza. Gli alchimisti credevano che l'intero universo stesse
tendendo verso uno stato di perfezione, e l'oro, per la sua intrinseca natura di incorruttibilità, era
considerato la sostanza che più si avvicinava alla perfezione. Riuscire a svelare il segreto
dell'immutabilità dell'oro avrebbe permesso di ottenere la chiave per vincere le malattie ed il
decadimento organico; da queste premesse si generò un intreccio di tematiche chimiche, spirituali
ed astrologiche che sono le caratteristiche dell'alchimia medievale.
La scienza dell'alchimia ha avuto una notevole evoluzione nel tempo. All’inizio si presenta quasi
come un'appendice metallurgico-medicinale della religione, maturando, poi, in un ricco coacervo di
studi e trasformatasi nel misticismo. Infine, arriverà a fornire alcune delle fondamentali conoscenze
empiriche nel campo della chimica e della medicina moderne. La prima storia dell'alchimia fu
scritta, nel 1561 a Parigi, da Robert Duval. De veritate at antiquitate artis chemicae
Anche molti artisti, come per esempio il Parmigianino, e persino personalità politiche del periodo si
interessarono all'alchimia. Tra questi: Caterina Sforza, Francesco I de' Medici, nel cui studiolo di
Palazzo Vecchio a Firenze fece dipingere allegorie alchimistiche da Giovanni Stradano. Sebbene
l'alchimia fu studiata o praticata anche da principi e re, dall'altro essa non riuscì a entrare nelle
università, dove pure era accolta e insegnata l'astrologia. I teologi e la Chiesa tendevano a
considerare l'alchimia una falsa scienza, in ciò seguendo il giudizio di Tommaso d'Aquino, per il
quale l'alchimia era una scienza teoricamente possibile ma i cui procedimenti di imitazione della
natura molto difficilmente potevano essere realizzati in laboratorio. Sulla liceità dell'alchimia non si
confrontarono solo teologi e giuristi, ma anche eruditi e uomini di scienza polemizzavano spesso
se l'alchimia fosse scienza vera o falsa. I dubbi sull'alchimia erano stati accolti da figure di spicco
della cultura europea del XIV-XVI secolo, ispirando un modello letterario che raffigurava l'aspirante
alchimista come un disgraziato che va incontro alla rovina personale e sociale. Francesco Petrarca
scriveva: “Individui ricchissimi si consumano per tale futilità. E mentre si sforzano di diventare più
ricchi, dedicandosi a questa brutta faccenda, gettano via malamente le ricchezze guadagnate
bene. E infine, avendo speso così i loro averi, viene loro a mancare perfino quanto è necessario ai
più elementari bisogni”.
Fu Paracelso (1494-1541), a spostare l'accento dell'alchimia sugli aspetti naturalistici e medici,
facendo dell'alchimia una scienza finalizzata non più alla fabbricazione dell'oro ma alla
preparazione di medicine per curare i malati. Come fisico e padre della chimica come scienza,
Paracelso era convinto che il vero scopo del processo alchemico fosse la preparazione di
sostanze terapeutiche che avrebbero aiutato a ridare la salute perfetta ai corpi ammalati.
Lavorando con questo obiettivo, le sue idee sull’alchimia e le sue speculazioni sul significato della
vita lo portarono ad approfondire la psiche umana, nei campi che oggi conosciamo come
psicologia e psichiatria. Paracelso credeva che come possiamo usare il processo alchemico per
manifestare la salute fisica nel corpo, allo stesso modo possiamo comprendere il processo come
un sentiero psicologico per la salvezza dell’anima – un sentiero verso la perfezione del nostro
essere e l’apertura completa della nostra coscienza. Il resto è storia recente.