Richard Kuklinski
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Richard Kuklinski
ASSASSINI cattivi del XX Secolo ASSASSINI cattivi del XX Secolo Iceman, l’uomo senza emozioni Gli hanno attribuito circa 200 omicidi: Richard Kuklinski è stato probabilmente il più importante ed efferato killer del Novecento. La sua storia si innesta nella lotta tra Mafia e Giustizia negli anni Settanta e Ottanta. E come in un film di Scorzese il finale è stato tutt’altro che lieto o eroico: una morte ambigua dopo una vita violenta e squallida. Dove c’è stato spazio per le lacrime una sola volta: quando sua moglie, scoperta la verità, decise di lasciarlo… Richard Kuklinsky (1935-2006) dopo l’arresto di Veronica Arpaia «N oi europei non uccidiamo in modo seriale come gli americani e questo dipende dal fatto che la nostra psiche porta dentro di sé un’enorme quantità di storia, quindi di modelli di comportamento, di conoscenza delle virtù e dei vizi rispetto al mondo americano dove manca questo racconto degli esempi. Gli americani non hanno quella mediazione nei confronti dell’altro, è un mondo in cui prevale la dimensione gestuale rispetto a quella dialogica: invece di parlare, ti sparo». Così Umberto Galimberti, tra i maggiori psicanalisti italiani, intervistato sulla vita di uno dei detenuti più celebri degli Stati Uniti, Richard Kuklinski (1935-2006), figlio di immigrati polacchi, che più di un serial killer può essere considerato uno spietato predatore di esseri umani. Richard commette il primo omicidio all’età di sedici anni nei confronti di un suo coetaneo, Charlie Lane, capo di una «comitiva» che lo sbeffeggia per i suoi indumenti poveri. La vittima sottovaluta il carnefice, sembra godere nel schernirlo, e imprudentemente lo chiama «sporco polacco». Richard un giorno lo attira in disparte e lo uccide letteralmente di botte, gli taglia tutte le falangi e gli estrae i denti affinché il corpo non sia riconoscibile, tanto che non sarà mai ritrovato. In seguito come | STORIA IN RETE 46 affermazione di sé, picchia tutti i ragazzi che accompagnavano Charlie. Confesserà anni dopo di aver provato un grande senso di onnipotenza. Ma ha anche un talento innato: quello di uccidere. Un talento che decide di coltivare. All’età di 25 anni, Kuklinski ha già ucciso 65 uomini con quella brutalità priva di rimorsi che ha accompagnato tutta la sua esistenza. Ma da dove deriva tanta violenza? Quali sono gli elementi che portano un essere umano a non provare nessuna forma di pietà o compassione per il prossimo? La prima indiziata è, ovviamente, la famiglia: il ragazzo cresce a Jersey City, nel New Jersey, la città di Frank Sinatra. La sua è una famiglia dove povertà, soprusi e brutalità sono pane quotidiano. I genitori non si sono sposati per amore ma per sfuggire alla solitudine in una città piena di immigrati. Il padre Stanley, alcolizzato, lavora per una società ferroviaria e picchia quotidianamente moglie e figli. La madre, Anna, abbandonata dai genitori, è stata violentata da un prete in un orfanotrofio e non esita ad usare le mani nei confronti della prole. Lo stesso Richard dirà più tardi: «Mio padre era un pazzo, un sadico nato, non avrebbe dovuto avere figli. Mille e mille volte mi sono chiesto perché non l’ho ucciso. Se l’avessi fatto sono certo che avrei compiuto la cosa migliore della mia vita». E infatti il padre in un giorno di particolare ubriachezza, massacra Febbraio 2014 letteralmente di botte suo il figlio maggiore Florian, uccidendolo. La madre, quando Richard rientra a casa, racconta che Florian è stato travolto da un pirata della strada. Il futuro killer, ancora bambino e ignaro della gravità della situazione, supplica suo fratello, mentre è già nella bara, di non lasciarlo solo. Non vede un possibile aiuto neanche nella madre: Anna è ben lontana dall’essere empatica con i figli e, molto tempo dopo, Kuklinsky la definirà «un cancro, che distruggeva tutto ciò che entrava in contatto con lei» e che aveva messo al mondo due killer, lui stesso e suo fratello Joseph che sarà condannato all’ergastolo per aver stuprato ed ucciso una bambina di dodici anni. Sin da piccolo Richard mostra una certa tendenza al sadismo: brucia vivi alcuni animali nel forno, osservandoli mentre gemono o tentano di salvarsi. Segnali che indicano una personalità criminale almeno stando a un noto psichiatra statunitense, Mac Donald, che nel 1963 indicò tre delle principali caratteristiche di un futuro assassino seriale: la crudeltà nei confronti degli animali, la piromania e l’incontinenza urinaria. Indicazioni che col tempo l’FBI ha fatto proprie: si tratta di gravi alterazioni che Kuklinski aveva tutte. Nel film «Il silenzio degli innocenti» (1991) la figura di Hannibal Lecter (interpretato da Anthony Hopkins), ci permette di osservare un folle lucido molto simile ad «Ice- Febbraio 2013 man», l’uomo di ghiaccio, il soprannome con cui verrà chiamato Kuklinski dalla stessa polizia del suo Stato, il New Jersey. E’ a Jersey City che Richard inizia la sua spaventosa carriera: inizialmente si «distingue» come abile giocatore di biliardo e uccidendo chiunque non sia in grado di accettare la sconfitta provando a sbeffeggiarlo. Il fisico lo aiuta: è alto circa due metri e pesa 100 chili. Dopo poco decide di spacciare droga, fa piccole rapine e smercia film pornografici. Si sfoga in particolar modo attraverso una grande passione per la caccia. Ed è proprio cacciando che scopre una grotta piena di ratti giganti. Questa grotta diverrà il luogo di elezione per finire le vittime che vuole far soffrire di più, il luogo dove torturerà e umilierà decine di persone sino a farle mangiare vive dai ratti. Questa inutile crudeltà non tarda a farsi notare dalla mafia italo-americana. Un primo incontro tra Richard Kuklinski col mafioso Roy Demeo (1941-1983), capitano della famiglia Gambino, avviene nell’agosto 1973 quando il killer ha trentotto anni ed è al suo secondo matrimonio: ha sposato Barbara Pedrici e ha tre bambini, due femmine e un maschio: Merrick, Chris e Dwayne. Iceman racconterà che l’unico giorno della vita in cui si era sentito nervoso era stato quello del suo matrimonio a causa della grande emozione. Richard ama in qualche modo sua moglie anche se, negli anni, il «predatore» avrà troppo spesso il sopravvento sul marito. In apparenza la | 47 STORIA IN RETE