1 Legge 24 giugno 1888, n. 5489 (serie 3°). Abolizione delle servitù
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1 Legge 24 giugno 1888, n. 5489 (serie 3°). Abolizione delle servitù
Legge 24 giugno 1888, n. 5489 (serie 3°). Abolizione delle servitù di pascolo, di seminare, di legnatico, di vendere erbe, di fidare o imporre tassa a titolo di pascolo nelle ex-provincie pontificie. (Gazz. Uff. luglio 1888, n.157) Art. 1. — Le servitù di pascolo, di seminare, di legnatico, di vendere erbe, di fidare o d’imporre tassa a titolo di pascolo, che in alcuni comuni o frazioni di comuni delle provincie di Roma, Perugia, Ascoli Piceno, Macerata, Ancona, Pesaro e Urbino, Forli, Ravenna, Bologna e Ferrara si esercitano dalla generalità degli abitanti dei comuni stessi o delle frazioni, o di altri comuni e frazioni o da associazioni di cittadini sopra beni comunali o di altri enti morali o di particolari, sotto qualunque forma e denominazione, con o senza corrisposta, sono abolite nella estensione e misura dell’ultimo possesso di fatto. Parimenti sono aboliti i diritti di vendere le erbe, di fidare o d’imporre tassa a titolo di pascolo che si esercitano da alcuni comuni delle stesse provincie sopra i beni dei particolari. Art. 2. — Le servitù ed i diritti di cui all’articolo 1 per gli effetti della presente legge, si hanno come derivati da un titolo espresso o presunto e come aventi natura di servitù negativa o proibitiva. I proprietari dei fondi gravati delle servitù e dei diritti suddetti sono in conseguenza obbligati a dare agli utenti una indennità o in terreno od in un annuo canone corrispondente al valore della servitù o del diritto cui i fondi erano soggetti. Art. 3. — Quando le servitù di cui all’articolo 1 si esercitano dalla generalità degli abitanti di un comune o di una parte di esso o da una università od associazione di cittadini col godimento in natura, la indennità da darsi dal proprietario per la liberazione dalle servitù consisterà nella cessione di una parte di ciascun fondo affrancato, la qual parte abbia un valore eguale a quello che si giudichi competere al diritto che rimane abolito. Art. 4. — La parte di terreno assegnato agli utenti, ai. termini del precedente articolo, sarà libera da ogni peso ed ipoteca, rimanendo questi, se esistano, consolidati e ristretti al fondo liberato dalla servitù, salvo le imposte prediali, che saranno con le norme consuete divise ed attribuite alle parti rispettive. Se però i diritti che si redimono sono affetti da vincoli o da ipoteca, questi sono tolti dal fondo o terre redente, e rimangono ristretti alla porzione data per indennità, in contraddittorio del creditore. Nei casi nei quali i pesi e le ipoteche gravano tanto la proprietà quanto gli usi che si redimono, si osserveranno le norme del codice civile sulla divisione. Art. 5. — La indennità di cui all’articolo 2 della presente legge consisterà sempre in un annuo canone corrispondente al valore del reddito annuo della servitù della quale il fondo o le terre rimangono liberate: 1. Quando la servitù è esercitata col vendere, fidare od imporre tassa a titolo di pascolo, e non col godere in natura l’erba ed il pascolo sui terreni gravati; 2. Quando, nel caso contemplato dall’articolo 3 della presente legge, la parte da segregarsi da ogni potere, possedimento o tenuta a titolo di indennità non superi la superficie di quattro ettari nelle regioni montane e di dieci ettari nelle altre. Art. 6. — Il valore del canone verrà determinato sulla media dell’ultimo decennio. I creditori dell’annuo canone conserveranno il diritto di prelazione a qualunque creditore sopra gli immobili liberati dalla servitù, mediante la ipoteca derivante dalla presente legge, e da inscriversi nei sei mesi dalla data in cui è divenuta definitiva la liquidazione del canone. Se la iscrizione avrà luogo dopo i sei mesi, l’ipoteca legale avrà effetto dalla data della iscrizione. 1 Il canone stesso è sempre affrancabile, secondo le prescrizioni della legge 24 gennaio 1864, n. 1636. Art. 7. — L’effetto della liberazione del fondo dalla servitù avrà principio col 1 ottobre successivo al contratto. Potrà però pattuirsi altro termine, come pure un diverso modo di prestazione di indennità, salvo l’approvazione della autorità competente a forma di legge. Art. 8. —È istituita in ciascun capoluogo di circondario delle provincie, di cui all’art. 1, una giunta di tre arbitri, composta del giudice anziano del tribunale del territorio, nel quale i beni sono situati, il quale ne sarà il presidente; e di due arbitri, uno scelto dal presidente dello stesso tribunale, ed un altro dal prefetto della provincia. Sarà cancelliere del collegio arbitramentale un vice-cancelliere o vice-cancelliere aggiunto dello stesso tribunale. L’arbitramento sarà valido anche per le persone incapaci, e per gli enti morali legittimamente rappresentati. Art. 9. —La giunta di arbitri è incaricata: 1. della ricognizione e identificazione dei fondi di cui all’art. 1; 2. della liquidazione ed assegnazione dell’indennità agli aventi diritto; 3. della risoluzione di qualunque questione relativa alle servitù ed allo svincolo di esse. Quando la giunta d’arbitri riconoscerà indispensabile per una popolazione che si continui nell’esercizio dell’uso, e la estensione del terreno da cedersi in corrispettivo dell’affrancazione sia giudicata dalla giunta stessa insufficiente alla popolazione per proseguire come per il passato nell’esercizio della pastorizia o delle altre servitù, avuto riguardo alle condizioni speciali dei luoghi, la giunta d’arbitri ammetterà gli utenti alla affrancazione di tutto o di parte del fondo gravato, mediante pagamento di un annuo canone al proprietario. Contro la deliberazione della giunta si potrà ricorrere al Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio, il quale, udito il parere del Consiglio di Stato, provvederà in modo definitivo. L’ammontare del Canone da pagarsi al proprietario sarà dalla giunta determinato in base al valore del fondo, depurato dall’onere della servitù, e Saranno applicabili le disposizioni dell’articolo 6 della presente legge. Art. 10. — Le giunte d’arbitri provvederanno da amichevoli compositori ed inappellabilmente. Nel solo caso che insorga questione sull’esistenza o sui limiti e sulla natura della servitù di cui all’articolo i della presente, possono gl’interessati produrre gravame alla corte d’appello con le forme del procedimento sommario. L’appello è sospensivo, salvo alla corte d’appello di ordinare la provvisoria esecuzione della decisione arbitramentale sulle istanze delle parti. L’appello dev’essere interposto nel termine di giorni trenta dalla notificazione della decisione della giunta d’arbitri nei modi di legge. Art. 11. — Le parti devono essere intese personalmente, o per mezzo di mandatario speciale, e presenteranno i loro documenti, memorie difensionali e le conclusioni sulle quali gli arbitri emetteranno i loro provvedimenti. Possono le giunte degli arbitri ordinare i mezzi istruttorii che stimano necessari al riguardo; e se ammettono la perizia, questa dev’ essere fatta da un solo perito. La relazione del perito si avrà per notificata alle parti con l’avviso, datone agli interessati dal cancelliere, dell’eseguitone deposito nella cancelleria del tribunale. Le parti potranno fare opposizione alla detta relazione entro un mese dall’avutone avviso. Questa opposizione dovrà essere depositata nella cancelleria del tribunale per poterne le parti prendere cognizione fra quindici giorni dal dì dell’avviso ricevutone. 2 Art. 12. — Entro un anno dalla pubblicazione della presente legge i prefetti delle provincie, nel territorio delle quali sono costituiti i diritti e le servitù di cui all’articolo 1, formeranno l’elenco dei diritti e delle servitù medesime esistenti nel territorio suddetto, nel quale verranno indicati il diritto o la servitù, il fondo in cui si esercita, la sua ubicazione, la superficie, l’estimo censuario e quant’altro occorra alla sua identificazione, il nome del proprietario del fondo gravato e quello dei singoli utenti della servitù o del diritto. L’elenco così formato verrà trasmesso ai sindaci dei comuni nel territorio dei quali sono costituiti i diritti e le servitù per essere pubblicati nell’albo pretorio del comune, a forma del disposto dell’articolo 90 della legge comunale e provinciale 20 marzo 1865, e contro il detto elenco potrà sporsi ricorso alla giunta degli arbitri nel termine di due mesi dalla sua pubblicazione. Art. 13. — Divenuti definitivi, gli elenchi verranno dal prefetto rimessi al presidente della giunta di arbitri per la liquidazione ed assegnazione della indennità a tenore della presente legge per il diritto o la servitù inscritta nel relativo elenco. Art. 14. — Le spese occorrenti per l’esecuzione della presente legge sono a carico di coloro che procedono all’affrancazione; ma sono anticipate e pagate dai comuni nel cui territorio sono posti i beni gravati, nella misura che è stabilita dalla giunta di arbitri. Il rimborso al comune dagli interessati sarà fatto in base a decisione della giunta di arbitri, e coi mezzi di esecuzione stabiliti dalla legge 20 aprile 1871, n. 192, per la riscossione delle imposte dirette. Art. 15. — I capitali o beni provenienti dalla seguita affrancazione e ceduti in compenso di questa saranno con decisione della giunta di arbitri destinati all’ente o associazioni di fatto che anteriormente godevano della servitù o diritto affrancato. Nel caso in cui il comune sia il proprietario o l’utente, il prodotto dell’affrancazione va a suo beneficio, e ne dispone a forma della legge comunale e provinciale. Quando, a giudizio della giunta di arbitri, le associazioni che prima godevano delle servitù affrancate più non esistano o non rispondano più ai fini per i quali vennero costituite, su proposta della medesima giunta, sentito il consiglio comunale, il Ministro di Agricoltura e Commercio, determinerà come e da chi i beni e capitali debbano essere impiegati per maggior vantaggio delle classi meno abbienti del comune o della frazione. Contro il giudizio della giunta di arbitri è ammesso l’appello a termini dell’articolo 10. Art. 16. — Nulla è innovato per le servitù di abbeverare e di transito del bestiame. Se il fondo affrancato dalle servitù e dai diritti di cui all’articolo 1 dovesse rimanere soggetto alla servitù di abbeverare o di transito, la giunta di arbitri provvederà in modo da conciliarne l’uso con lo scopo della presente legge. Art. 17. — Sono egualmente abolite le servitù di cui è parola nell’articolo 1 che esercitano i particolari, e specialmente gli ex-baroni sopra terreni comunali, o particolari, con l’obbligo di pagare la indennità dovuta agli utenti; ed il procedimento di affrancazione avrà luogo secondo la presente legge. Art. 18. — La notificazione pontificia del 29 dicembre 1849 rimane abrogata per effetto della presente legge. DISPOSIZIONE TRANSITORIA 3 Art. 19. — Le cause, che al giorno in cui entrerà in vigore la presente legge, si troveranno pendenti davanti il tribunale di prima istanza, saranno proseguite davanti le giunte d’arbitri con le forme stabilite dalla legge medesima. I termini per introdurre l’appello dalle sentenze che furono proferite prima dell’attuazione della presente legge, sono quelli stabiliti dal codice di procedura civile. L’appellabilità delle sentenze pronunziate prima dell’attuazione della presente legge è limitata alle sole quistioni, di cui è parola nell’articolo 10. www.demaniocivico.it 4