TRIBUNALE DI MODENA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL

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TRIBUNALE DI MODENA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL
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Servitù – Acquisto della servitù: usucapione – Acquisto di servitù di passaggio per
usucapione – Possibilità di possesso mediato ai fini dell’usucapione – Concessione a vario
titolo del fondo dominante in uso al proprietario del fondo servente – Possesso della servitù
da parte del concedente a titolo derivativo - Esercizio del diritto domenicale sul bene Requisito del mantenimento della pubblicità del possesso – Necessità – Usucapione della
servitù – Esclusione - Rif.Leg.artt.1061, 1146,1158 cc;
Sentenza n.462/06
Deciso il 10/10/2005
Deposito il 14/03/2006
TRIBUNALE DI MODENA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Modena –II Sezione Civile, riunito in Camera di Consiglio in
persona dei sigg.ri
1) - dr. GUIDO STANZANI - Presidente
2) - dr. ALBERTO ROVATTI - Giudice
3) - dr. MICHELE CIFARELLI - Giudice rel.
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta col n°2039/97 al Ruolo Generale il 11 agosto 1997 e
vertente
TRA
XX , elettivamente domiciliato in Modena presso lo studio dell’avv. Gioacchino
Pifferi, che lo rappresenta e difende in virtù di mandato a margine dell’atto di
appello;
-APPELLANTEE
Z.G. , elettivamente domiciliato in Modena presso lo studio dell’avv. Giorgio
Fregni, che lo rappresenta e difende in virtù di mandato in calce alla copia
notificata dell’atto di appello;
-APPELLATO oggetto: appello
CONCLUSIONI DELLE PARTI:
L'avv.Gioacchino Pifferi per l’appellante (come da atto d’appello):
in riforma dell’impugnata sentenza accertare e dichiarare che, in forza di
usucapione ultraventennale ordinaria a sensi dell’art.1061 cc si è costituita, a favore
del fondo di proprietà di XX , rappresentato da fabbricato rurale ad uso stalla
posto in Lama Mocogno, loc. Barigazzo Vecchio, in NCT part.2949 fl.62 mapp.49,
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servitù di passaggio a piedi, con animali e veicoli a carico del terreno, in parte
adibito a strada e per la restante parte ad area cortiliva, di proprietà del convenuto
Z.G. in NCT part.2949 fl.62 mapp.50;
condannare altresì il convenuto a rimuovere la transenna fatta di pali con bastoni
orizzontali posta nel corso del 1992 trasversalmente alla strada che, partendo dalla
via comunale Boccasuolo, adduce attraverso i mapp.59 e 50 anche alla porta di
accesso al piano terra del fabbricato-stalla di proprietà dell’attore, tra l’angolo
posteriore del muro di detto fabbricato ed il muro frontale latitante alla stessa
strada.
Con totale rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.
L’avv. Giorgio Fregni per l’appellato (come da comparsa di costituzione nel grado)
voglia il Tribunale respingere il gravame avversario e confermare integralmente la
sentenza di primo grado, con.vittoria di spese, competenze ed onorari.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 17 giugno 1993 XX conveniva in giudizio
dinanzi al Pretore di Modena, Sezione Distaccata di Pavullo, Z.G. e P.B.
esponendo:
-di aver acquistato nel 1985 un fabbricato rurale ad uso fienile al piano rialzato e
stalla al piano terra, posto in Lama Mocogno, loc. *** in NCT part.2949 fl.62
mapp.49;
-che l’accesso alla stalla era consentito da una porta posta nel muro a confine con
l’area cortiliva e stradale del mapp.50 del medesimo fl.62, di proprietà dei
convenuti;
-che fino al 1991 egli ed i suoi danti causa da tempo immemorabile avevano
transitato attraverso l’altrui proprietà a mapp.50 per accedere a detta stalla;
-che i convenuti avevano però iniziato a contestare tale diritto di transito, erigendo
nel 1992 una transenna di pali con bastoni orizzontali tra l’angolo del fabbricato di
esso attore ed il muro latistante la strada comunale che conduce al mapp.50.
Formulava pertanto le domande di costituzione di servitù di usucapione e
rimozione del manufatto successivamente riproposte in questa sede e riportate in
epigrafe.
Costituitosi in giudizio, Z.G. , premesso di essere unico contraddittore, essendo il
bene di provenienza ereditaria paterna ed avendo la madre P.B. rinunciato
all’eredità, si opponeva alla domanda, deducendo che i precedenti proprietari del
locale de qua avevano illo tempore ottenuto dal proprio dante causa Z.T.
l’autorizzazione al transito attraverso il mapp.50 per pochi mesi ed a puro titolo di
cortesia; che tale locale era stato poi condotto in affitto da Z.T. dal 1955 al 1985, e
quindi il transito attraverso il mappale 50 si configurava quale esercizio del diritto di
proprietà dello Z.G. su tale mappale; che, del resto, nel rogito d’acquisto dell’attore
non v’era alcuna menzione di servitù attive di transito attraverso il mappale 50; che
l’attuale attore, dopo l’acquisto, era stato immediatamente avvisato dell’inesistenza
di un siffatto diritto; che il collegamento fra il mapp.50 e la ss n°12 era un passaggio
privato, per cui corrispondeva il canone all’Anas come passo carrabile fin dal 1984;
che la transenna consentiva il passaggio pedonale agli aventi diritto, essendo
destinata ad evitare unicamente scorribande di moto da cross sulla corte in parola,
ripetutamente avvenute in passato. Chiedeva pertanto il rigetto della domanda
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Rinunciata dall’attore la domanda nei confronti di P.B. – non costituitasi-, ed
assunta prova orale e documentale, all’esito il Pretore, con sentenza n°49 in data
16-18 giugno 1997 –dichiarata estinta per rinuncia la domanda nei confronti della
P.B. - rigettava la domanda nei confronti dello Z.G., sostenendo in sostanza il
difetto di prova certa del possesso utile all’acquisto per usucapione, soprattutto con
riguardo al tipo di transito (pedonale, con animali, veicolare), nonché la perdita del
possesso anteriore per effetto del godimento del locale da parte di Z.T. a partire
dai primi anni settanta fino al 1985.
Avverso tale sentenza, notificata il 16 luglio 1997, XX proponeva appello con atto
di citazione dinanzi a questo Tribunale notificato il 9 agosto 1997. In tale atto
contestava analiticamente l’analisi del materiale probatorio fornita dal primo
giudice, nonché il rilievo della perdita del possesso nel periodo 1970-1985.
Rassegnava pertanto le conclusioni riportate in epigrafe.
Si costituiva in giudizio Z.G. che, fatto proprio il ragionamento operato dal primo
giudice e contestate analiticamente le argomentazioni esposte nel gravame, ne
chiedeva il rigetto.
All’esito della fase istruttoria la causa, sulle conclusioni delle parti riportate in
epigrafe, veniva rimessa al collegio che, in data 10 novembre 2004, la riservava per
la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Per essere utilizzato a fini di usucapione, il possesso deve essere pacifico,
ininterrotto e pubblico. In particolare, con riferimento a tale ultimo requisito, è
necessario che il possesso non si acquisti clandestinamente e si eserciti
pubblicamente, cioè in maniera tale da ingenerare nella collettività la convinzione
che la relazione mantenuta e manifestata con la cosa costituisca esplicazione delle
facoltà riconosciute al titolare del corrispondente diritto reale che s’intende
usucapire. La previsione dell’art.1061 cc, che esclude la possibilità di usucapire le
servitù non apparenti, considerando a contrario usucapibili soltanto le servitù per
cui esistano opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, non è altro che
una specificazione di tale regola generale, risalente al diritto romano, espressamente
riprodotta nel codice del 1865 e rinvenibile anche nell’attuale disciplina codicistica
(vedi Cass., sez.II, sent. n°1069 del 9 febbraio 1985).
2) Il possesso utile all’usucapione può anche essere mediato; e cioè in generale ben
possibile che la relazione col bene sia concretamente esercitata attraverso altri in
forza di vincolo contrattuale. Così, la detenzione dell’affittuario (del conduttore, del
comodatario precario, etc.) tipicamente, esprime contemporaneamente anche il
possesso del locatore, e se presenta le caratteristiche suindicate, è ben utilizzabile
per l’usucapione da parte di quest’ultimo.
3) Normalmente, non si pongono problemi di pubblicità del possesso mediato:
trovando la relazione del detentore col bene la sua fonte esclusiva nella derivazione
dal possesso del concedente, v’è una perfetta sovrapposizione fra l’utilizzazione
posta in essere dal primo ed il suo atteggiarsi anche quale esplicazione del possesso
del secondo, tale da rendere inconcepibile nella collettività una percezione
divaricata dei due effetti.
4) Laddove, però, il possesso riguardi una servitù di passaggio, ed il fondo
dominante sia concesso (in forza di qualunque titolo contrattuale: affitto, locazione,
comodato, etc.) in uso al proprietario (o ad uno dei comproprietari) del fondo
servente, la fattispecie perde ogni automatismo, perché ogni relazione di
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quest’ultimo con il fondo servente può essere percepita dalla collettività –e, anzi,
per lo più viene così percepita- come esercizio delle facoltà di cui si compone il suo
diritto dominicale sul bene, più che come esplicazione derivata dell’altrui possesso
di servitù.
5) In tal caso, se da un lato deve ribadirsi che il preesistente possesso della servitù
da parte del concedente in ogni caso continua attraverso la relazione mediata del
detentore, dall’altro è però necessario, ai fini della sua utilizzabilità per l’usucapione,
dimostrare in concreto che esso abbia mantenuto il requisito della pubblicità nel
senso precisato in precedenza, e cioè che la collettività abbia continuato a
percepire, nella relazione dell’utilizzatore col fondo servente, anche l’esercizio di un
potere proprio del concedente e quindi mutuato dal rapporto obbligatorio; perché
se ciò non è, il possesso mediato della servitù da parte del concedente non può più
considerarsi pubblico, perché non è più manifesta nella comunità la persistenza
della sua volontà di assoggettamento della cosa al proprio volere.
6) Nella specie, è incontrovertibile (trattandosi di accertamento del primo giudice,
non sottoposto a specifici rilievi in questa sede di gravame) che l’immobile per cui è
in causa rivendicata l’usucapione della servitù di transito è stato utilizzato in via
esclusiva (in forza di titolo derivato non indicato dal Pretore, e che l’appellante
qualifica comodato precario; la qualificazione del titolo è peraltro all’evidenza
irrilevante) dall’inizio degli anni 70 fino al 1985 da Z.T. , dante causa dell’appellato
ed all’epoca comproprietario del fondo in tesi gravato da tale possesso.
L’istruttoria, però, non ha affatto chiarito (non essendo stata fra l’altro a tanto
indirizzata) se l’uso del fondo in tesi servente da parte di costui sia stato dalla
generalità percepito anche quale mantenimento e continuazione di un precedente
possesso della servitù di transito del proprio concedente. A parte infatti, le
dichiarazioni testimoniali di L.E. (che, quale venditrice dell’immobile all’attuale
appellato, è per ragioni individuali a conoscenza delle relazioni giuridiche sottese
all’uso del bene, e quindi, non in grado di esprimere la percezione della collettività),
nulla è in proposito emerso dai testimoni teoricamente favorevoli all’appellante:
R.R si è limitato a dire “vedevo la famiglia di Z.T. transitare sul n°50….so soltanto
che Z.T. utilizzava la stalla”; L. P. nulla sa del periodo in considerazione; V. A. ha
detto solo che “negli anni settanta-ottanta presero l’edificio i Z….nulla so tranne
che, ad un certo punto, lo presero i Z.”; B.A. ha semplicemente dichiarato “poco
dopo che la R. smise di tenere le bestie nell’edificio entrò Z.T. , che vi teneva delle
galline”. In tutte queste dichiarazioni manca, all’evidenza, già la consapevolezza
della natura derivata dell’uso del bene da parte di Z.T. , ed a maggior ragione esse
sono radicalmente inidonee a qualificare l’uso del mapp.50 da parte di costui quale
persistente manifestazione mediata del possesso di servitù del concedente.
7) Ne consegue, per quanto detto in precedenza, che in relazione a detto periodo
l’eventuale possesso del dante causa dell’attuale appellante non può comunque
considerarsi pubblico, e risulta pertanto inutilizzabile a fini di usucapione.
8) A tale rilievo consegue il rigetto dell’appello, senza necessità di ulteriori
approfondimenti, poiché, anche a ritenere provato un valido possesso ad
usucapione nel periodo successivo da parte dell’attuale appellante e nel periodo
anteriore da parte dei suoi danti causa, l’unione degli stessi ai fini di cui all’art.1146
co.2° cc è impedita dalla cesura rappresentata dal possesso clandestino di cui si è
detto, e l’eventuale possesso del XX a partire dal 1985 è privo del requisito minimo
di durata previsto dall’art.1158 cc.
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9) Le spese del presente grado giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Modena, definitivamente pronunciando sull'appello avverso la
sentenza n°49 resa dal Pretore di Modena, Sezione Distaccata di Pavullo, in data
16-18 giugno 1997 e notificata il 16 luglio 1997, proposto da XX nei confronti di
Z.G. con atto di citazione notificato il 9 agosto 1997, così provvede:
RIGETTA l’appello;
CONDANNA XX al rimborso delle spese sopportate da controparte per il
presente grado di giudizio, che liquida in complessivi €.2.317,43 oltre spese generali
ed accessori di legge, di cui €.92,48 per esborsi, €.724,95 per diritti ed €.1.500,00 per
onorario.
Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Modena il 10 ottobre 2005
IL PRESIDENTE
-Guido StanzaniIL GIUDICE ESTENSORE
-Michele CifarelliDep. in cancelleria il 14.03.2006