McLuhan - Associazione Europea di Psicoanalisi

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McLuhan - Associazione Europea di Psicoanalisi
MARTEDÌ 27 DICEMBRE 2005
LA REPUBBLICA 39
DIARIO
DI
DI
ANNIVERSARI/ LA SCOMPARSA 25 ANNI FA
Il 31 dicembre
del 1980 moriva
lo studioso dei
media. Storia
di un guru
ei venticinque anni che
ci separano dalla scomparsa di Marshall
McLuhan (1911-1980) il mondo delle comunicazioni di massa è esploso (o forse imploso) in
quella nebulosa a più dimensioni che chiamiamo “il mediatico”: ogni piccola porzione di
informazione può rifrangersi e
deformarsi, espandersi e contrarsi, lungo diramazioni innumerevoli, dai tg satellitari al più
privato dei blog. È lecito domandarsi se siano ancora utili
le teorie massmediologiche di
questo professore canadese di
letteratura inglese, cattolico,
politicamente conservatore,
pionieristico e bizzarro. O meglio, se tali teorie siano anche
solo visibili, sotto una manciata di titoli e aforismi divenuti rituali come formule liturgiche
più facili da ricordare che da
comprendere: il Villaggio Globale, la Galassia Gutenberg, il
“medium è il messaggio”, “il
medium è il massaggio”.
Studioso di retorica e di Tommaso d’Aquino, McLuhan
comprese innanzitutto che il
mondo delle comunicazioni di
massa andava studiato in una
prospettiva antropologica, a
costo di riscrivere la storia dell’uomo con periodizzazioni ottenute tramite machete piuttosto che tramite cesello.
Per capire il principio guida
delle sue riflessioni converrà
partire dall’aforisma che egli
stesso aveva ricavato da T. S.
Eliot (uno dei suoi autori di culto, assieme a James Joyce, a
Lewis Carroll, a Ezra Pound e a
Edgar Allan Poe). In un saggio
sulla poesia Eliot aveva detto
che il poeta si serve del significato come un ladro si serve del
pezzo di carne che lancia al cane per distrarlo mentre la casa
viene svaligiata. Secondo
McLuhan i media fanno lo stesso con il contenuto. Pensare
che i media trasmettono messaggi è come pensare che la funzione dei ladri sia quella di cibare i nostri cani. La poesia e i media ottengono i loro rispettivi
effetti tramite la struttura formale dei loro messaggi, e non
tramite il loro contenuto. Ecco
allora che McLuhan individua
nella storia dell’umanità tre invenzioni decisive: l’invenzione
dell’alfabeto fonetico (fuoriuscita dall’ambiente primitivo),
l’invenzione della stampa a caratteri mobili (Galassia Gutenberg), invenzione del telegrafo
(comparsa dell’Uomo Elettrico). Tali innovazioni tecnologiche hanno la capacità, la forza
di cambiare l’ambiente in cui
l’uomo si trova a vivere, munito
- prima che della propria intelligenza - del proprio sistema
nervoso, del proprio corpo e dei
propri organi di senso.
Gli stessi media non sono altro che estensioni del corpo
umano, che amplificano le possibilità di uno o più organi, a detrimento di altri organi. I media
- classificati in “caldi” e “freddi”
secondo una categoria che è
stata fonte di molti equivoci sollecitano il corpo dei loro
Nel tempo dei
blog privati e dei
tg satellitari,
sono ancora utili
le sue teorie?
Marshall McLuhan nel suo studio
in una fotografia del 1968
McLUHAN
Cosarestadelsuovillaggioglobale
STEFANO BARTEZZAGHI
utenti, stimolando o ipnotizzandolo, richiedendogli lavoro
o inerzia, agendo insomma come forze vere e proprie.
McLuhan è certamente autore di alcuni capolavori. Del 1951
è il suo esordio, con La sposa
meccanica: la sua idea è quella
che i media costituiscano “il
folklore dell’uomo industriale”: pubblicità, oggetti di con-
sumo, titoli di giornale, fumetti
al posto di proverbi, indovinelli, canti popolari, fiabe. Ma il libro non è un trattato: è un caleidoscopio di immagini (soprattutto ricavate da giornali popolari) commentate con brevi articoli e aforismi. Un esempio tipico di aforisma mcluhaniano:
«La moderna Cappuccetto Rosso, allevata a suon di pubblicità,
GUY DEBORD
LO STESSO McLuhan, il primo apologeta dello spettacolo, che sembrava l’imbecille
più convinto del suo secolo, ha cambiato parere scoprendo
finalmente, nel 1976, che la “pressione dei mass media porta all’irrazionale” e sarebbe diventato urgente moderare il loro uso. In precedenza aveva passato vari decenni a meravigliarsi delle molteplici libertà procurate dal “villaggio planetario”, istantaneamente accessibile a tutti senza fatica. I villaggi, contrariamente alle città, sono sempre stati dominati dal
conformismo, dall’isolamento, dalla sorveglianza meschina,
dalla noia, dalle chiacchiere ripetute all’infinito sulle stesse famiglie. Ed è così che ormai si presenta la volgarità del pianeta spettacolare, in cui non è più possibile distinguere la dinastia dei Grimaldi-Monaco o dei Borboni-Franco, da quella
che aveva sostituito gli Stuart. Tuttavia oggi certi discepoli ingrati tentano di far dimenticare McLuhan e di rispolverare le
sue prime trovate, puntando a loro volta a una carriera
nell’elogio mediale di tutte le nuove libertà da “scegliere”
in modo aleatorio nell’effimero. E probabilmente rinnegheranno se stessi più rapidamente del loro ispiratore.
“
McLUHAN
“
Repubblica Nazionale 39 27/12/2005
N
non ha nulla in contrario a lasciarsi mangiare dal lupo».
Per studiare la relazione fra i
versi di Gertrude Stein e i messaggi pubblicitari dei grandi
magazzini Macy’s, McLuhan
usa le stesse tecniche della
Stein e della pubblicità, facendo collage di frammenti, e certamente contestando qualsiasi
andamento sillogistico. Anche i
suoi libri posteriori alla Sposa
meccanica evitano il più possibile le logiche della dimostrazione, preferendo mostrare. Si
possono anche leggere ordinatamente dalla prima pagina all’ultima, ma pare chiaro che
McLuhan li ha scritti pensando
a un lettore che faccia zapping
fra i capitoli, gli aforismi, le immagini, le didascalie. Non per
nulla Umberto Eco nel 1967 intitolò Cogitus interruptus un
saggio per metà dedicato a una
stroncatura, sia pure a suo modo rispettosa, di uno dei maggiori libri di McLuhan (Understanding Media, del 1964, in italiano orribilmente storpiato in
Gli strumenti del comunicare).
Il cogito interrotto è una somma di premesse che non giunge
a conclusioni logiche ma cerca
di arrivare a un’autoevidenza,
per Eco surrettizia e potenzialmente ingannevole.
Fantasioso ed eretico,
McLuhan pare invitarci a guardare il dito e non la luna: e la sua
operazione pare almeno per
certi versi analoga a quella che
Jacques Lacan ha condotto sull’opera di Sigmund Freud, riletta con un decisivo richiamo al
significante. I due autori, peraltro diversissimi, hanno in comune anche la passione per
Joyce, e un andamento saggistico sconcertante, fatto di aforismi, salti logici, cedimenti al
witz e al nonsense, provocazioni, incrollabilmente convinti
come erano, ognuno a modo
proprio, dell’utilità del mascherare la propria maestria
personale dietro alla clownerie.
Almeno per quel che riguarda
McLuhan è interessante proprio il suo uso euristico delle
avanguardie letterarie (specialmente Pound e Joyce) da cui ricavava con un unico gesto sia
gli strumenti per leggere la
realtà che gli strumenti per parlarne.
Fu a sua volta un personaggio
mediatico e assai controverso
soprattutto per il suo rifiuto di
dare giudizi in termini di bene e
male sul mondo che descriveva. Dai suoi libri si possono ricavare ancora quantità di suggestioni utili quanto meno a stimolare la nostra perplessità e il
nostro sconcerto. Ma se lui
stesso ha usato il significato
delle sue parole come cibo per
distrarre i cani, il vero effetto - o
il vero bottino - della sua opera
sta nell’idea che il cortocircuito
e la scintilla delle idee illuminano il campo dei media più dell’analisi sillogistica della loro
ideologia. I media non ci “veicolano” qualcosa, ma ci modellano e ci trasformano.
Chiunque abbia visto Io e Annie di Woody Allen si è divertito
alla scena in cui il protagonista
è ossessionato da un professore
della Columbia che sta dietro di
lui nella fila per il cinema, e arringa una ragazza con un milione di bubbole massmediologiche. Allora Allen immagina di
poter far comparire Marshall
McLuhan in persona che confuta le tesi del chiacchierone.
McLuhan accettò di comparire
nel film, e coniò una battuta paradossale per zittire il suo interlocutore: «You mean my fallacy
is wrong?». La traduzione italiana («vuol dire che la mia utopia
è utopica?») è molto meno sottile: la battuta originale ci dice
che McLuhan poteva accettare
il torto delle sue ragioni, probabilmente perché sentiva le ragioni del suo torto.
40 LA REPUBBLICA
LE TAPPE
PRINCIPALI
MARTEDÌ 27 DICEMBRE 2004
DIARIO
LA FORMAZIONE, 1911
Marshall McLuhan nasce il 21 luglio 1911
a Edmonton, in Canada. A Cambridge
studia con I. A. Richards e F. R. Leavis ed
è influenzato dal New Criticism e dalle
analisi sugli “effetti” della comunicazione
L’UNIVERSITÀ, 1949
Si laurea su Thomas Nashe. Insegna nel
Wisconsin, all’Università di Saint Louis e
alla Toronto University, dove
rimarrà trent’anni. Tra i suoi allievi
c’è Walter J. Ong
IL PRIMO LIBRO, 1951
Con La sposa meccanica prosegue gli
studi sull’opinione pubblica e la cultura di
massa. Ottiene la presidenza di un
seminario alla Ford Foundation sulla teoria
delle comunicazioni
LA TESTIMONIANZA DELLO STUDIOSO EREDE DI McLUHAN
COSÌ IO RICORDO
IL MIO STRANO MAESTRO
DERRICK DE KERCKHOVE
I LIBRI
MARSHALL
McLUHAN
Gli strumenti
del
comunicare
Net, Il
Saggiatore
2002
La luce e il
mezzo.
Riflessioni
sulla religione
Armando
2002
Media e
nuova
educazione
Armando
1998
La cultura
come
business
Armando
1998
Le radici del
cambiamento
Armando
1998
Percezioni.
Per un
dizionario
mediologico
Armando
1998
La sposa
meccanica
SugarCo
1994
Repubblica Nazionale 40 27/12/2005
La legge dei
media
Lavoro 1994
La galassia
Gutenberg
Armando
1991
1930-1979
Corrispondenza
SugarCo 1990
Dal cliché
all’archetipo
SugarCo
1987
Il Paesaggio
interiore
SugarCo 1983
(a cura di
Eugene
McNamara)
Il medium è il
massaggio
Feltrinelli 1968
Guerra
e pace
nel villaggio
globale
Apogeo 1995
(con Quentin
Fiore)
Toronto
o lavorato con Marshall
McLuhan dal 1972 al
1980. Lo ricordo come un
uomo pieno di humour, calore
umano, passione e creatività.
Era un grande maestro e una
persona straordinariamente
divertente. I suoi saggi non nascevano quasi mai “a tavolino”,
ma sempre nell’ambito di lezioni, seminari, esperienze di vita,
scambi pubblici
e privati. A me
telefonava nel
cuore della notte, mi diceva:
«Dai vieni, ho
un’idea». Gli rispondevo:
«Marshall sto
dormendo, non
vengo», ma alla
fine vinceva
sempre lui. Andavo a casa sua e
lì si lavorava per
ore.
Il suo impatto
sulla nostra cultura è stato pari a
quello di Einstein. Ancora in
vita, non gli è
stato probabilmente riconosciuto il giusto
merito. Marshall scandalizzava, sorprendeva, infastidiva. Non ha mai
aderito a nessuna delle mode
culturali dei suoi
tempi: sociologia, marxismo,
psicoanalisi. Il
suo pensiero seguiva iperboli e paradossi. Aveva una personalità prepotentemente anti accademica, un
grande interesse per la cultura
popolare. I suoi libri non nascevano mai dal rispetto di un “metodo”. Quando penso a lui, mi
viene in mente la scena di una
commedia di Molière, in cui
due medici si incontrano e uno
dice: “Sono molto contento di
come ho curato un mio paziente”. “Ah è guarito”, gli fa l’altro.
Risposta: “No, è morto, ma secondo le regole”. Ecco, Marshall non ha mai rispettato le regole, ma soltanto la necessità
delle sue idee e interessi.
Con il passare del tempo, le
sue idee acquistano sempre più
rilievo. Oggi ci servono ad analizzare non soltanto i meccanismi dell’informazione, ma anche il mondo del business, la
struttura delle multinazionali,
le dialettiche globale/locale.
Più problematica una valutazione dei suoi contributi alla
nascente rivoluzione digitale.
McLuhan non si è mai davvero
occupato di computer, anche se
a lui spetta la diffusione del termine surfing in riferimento al
movimento rapido all’interno
di un corpo di documenti eterogenei. Esistono libri anche molto belli come quello di Paul Levinson, Digital McLuhan, che
mostra come McLuhan possa
essere capito meglio alla luce
della rivoluzione digitale. Ma
Marshall resta secondo me indissolubilmente legato all’antitesi alfabeto/elettricità, al passaggio dall’età in cui domina il
discorso orale, la pagina scritta,
a quella dei media elettronici.
H
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,,
CARATTERE
Aveva una personalità
prepotentemente antiaccademica,
una grande passione intellettuale e
interesse per la cultura popolare
McLuhan ha spiegato i modi
in cui i media strutturano la percezione, e questa a sua volta
l’organizzazione sociale. Insomma, quello che pensiamo è
legato al modo in cui percepiamo.
Alcuni critici hanno parlato
‘‘
,,
IL SUO LASCITO
È stato il primo a spiegare i modi
in cui i media strutturano la
percezione e come questa a sua
volta condiziona la società
di una sua certa “indifferenza
morale” nei confronti della rivoluzione tecnologica in corso.
Non sono d’accordo. Per Marshall la tecnologia non aveva di
per sé un significato morale, ma
gli uomini dovevano comunque essere sempre coscienti de-
ALAIN TOURAINE
gli effetti che i cambiamenti tecnologici hanno sulle loro percezioni. La non-vigilanza sull’impatto dei media poteva trasformare il “villaggio globale” in un
luogo di controllo autoritario.
Ecco perché la sua visione non
era così ottimistica. Il villaggio
I MEDIA
Sopra, i primi
anni della
televisione
negli Usa; a
sinistra,
McLuhan con
Woody Allen
JOHN CAGE
La comunicazione di massa
conferisce il primato alla
comunicazione, dunque
all’impatto, sul messaggio,
idea che McLuhan
espresse per primo
Concordo con McLuhan,
secondo il quale l’elettricità
ha esteso i confini del
sistema nervoso centrale.
Il mondo è una mente
che può mutare se stessa
Critica della modernità
1992
Intervista a Jonathan Brent
1981
ANDY WARHOL
JEAN BAUDRILLARD
Il modo per fare contro
cultura e avere successo
commerciale era fare
come McLuhan: scrivere
un libro che diceva che
i libri erano obsoleti
Per dire le cose nel loro
insieme, la formula
“Il medium è il messaggio”
non significa soltanto la
fine del messaggio, ma
anche la fine del medium
Pop
1980
Simulacri e impostura
1981
era secondo McLuhan un luogo
segnato da pericoli totalitari. Il
controllo dei media favoriva
l’imposizione di strategie unitarie di pensiero, sensibilità,
sentimenti. L’età dell’alfabeto,
della lettura, della scrittura,
aveva detribalizzato le società,
affermato il controllo dell’individuo sullo spazio.
La radio era invece il medium
della retribalizzazione. Attraverso di essa, si era affermato il
potere dei capi tribù. Era successo nell’Italia di Mussolini,
nella Germania di Hitler. Sarebbe successo nell’Iran di Khomeini, che diffondeva il suo
messaggio fondamentalista
con cassette e altoparlanti dai
minareti.
Il villaggio globale di
McLuhan è quindi pieno di
paure. Il passaggio dalla cultura
dell’alfabeto a quella dell’elettricità crea una crisi di identità,
un vuoto del sé che genera violenza. Culture diverse, che girano a velocità diverse, sono portate a difendere la loro unicità.
Una scena mondiale sempre
più uniforme, unificata da radio
e televisione, crea interdipendenza e coesistenza, ma anche
tensioni e rotture degli equilibri. L’elettricità fa implodere lo
spazio. È una visione che si fa
profezia oggi, nell’età del terrorismo planetario. La tecnologia
ha infatti ristretto lo spazio. In
un mondo sempre più piccolo, i
terroristi riescono a diffondere
con estrema facilità e rapidità la
loro strategia di tensione e paura. Ma la tecnologia è anche lo
strumento per sviluppare nuovi strumenti di indagine, per
MARTEDÌ 27 DICEMBRE 2004
LA REPUBBLICA 41
DIARIO
IL VILLAGGIO GLOBALE, 1962
La Galassia Gutenberg studia il legame
tra media e società, dalla cultura orale
a quella scritta, fino alle nuove
tecnologie e alla teoria del “villaggio
globale”
I NUOVI MEDIA, 1964-1967
Escono Understanding Media e The
Medium is the Massage. A San
Francisco nasce il McLuhan Festival.
Fonda e poi dirige il “Center for Culture
and Technology” a Toronto
GLI ULTIMI ANNI, 1973-1980
È consulente della commissione
vaticana per le comunicazioni sociali.
Nel 1977 aveva interpretato se stesso
in Io e Annie di Woody Allen. Muore il
31 dicembre del 1980
PARLA L’ANTROPOLOGO MARC AUGÉ
È STATO IL PROFETA
DEGLI ANNI SESSANTA
LAURA LILLI
ella memoria di molti
di coloro che li hanno
vissuti con intensità, gli
anni Sessanta hanno lasciato
una scia luminosa, simile alla
coda di una cometa “buona”
che si è avuto il privilegio di
cavalcare. (Sto parlando di
quanti non si sono “pentiti”,
particolare non privo di importanza nel paese di Girella
Emerito). Camminavamo ebbene, sì: c’ero anch’io - come se avessimo ai piedi gli stivali delle sette leghe.
Ma, quel che qui conta, non
solo nel presente, che ci sembrava la cosa più ovvia: sapevamo cosa era giusto e cosa
era sbagliato, e avremmo raddrizzato tutto. Il fatto è che
avevamo stivali magici anche
temporali, diretti verso il futuro. Eravamo certi di andare
verso grandi cambiamenti,
che immaginavamo ipertecnologici ma buoni, da cui non
solo noi ma l’intero pianeta,
votato a magnifiche sorti e
progressive, avrebbe tratto
enormi vantaggi. Icone confuse, amatissime, di quell’epoca di trasformazione,
com’è noto, assai prima del
Sessantotto, furono la triade
Kennedy-Kruscev-Papa Giovanni, la rivoluzione culturale
cinese (sì, di quella fede c’è da
pentirsi, ma va anche detto
che avevamo cattivi maestri),
i Beatles, Mary Quant, James
Bond, gli happening, la musica di John Cage, i cantautori
della “scuola di Genova”, un
pizzico di nascente NewAge e
via continuando
A darci sicurezza, avevamo i
nostri profeti, da Marcuse a
Cooper e Laing (Basaglia in
Italia) a Marshall McLuhan.
Alcuni di questi profeti, come
poi si è visto, avevano ragione;
altri no.
Fra i “no”, a quanto pare, bisogna ormai mettere Marshall McLuhan, inventore nel
1964, fra molto altro, del fortunato ossimoro “Villaggio
globale” (ossimoro, per chi si
senta lontano dagli studi classici, sono due parole di segno
opposto messe una accanto
all’altra. Qui, “villaggio” è piccolo, “globale” è grande). Secondo alcuni, McLuhan è l’inventore della parola “globalizzazione”, che regna e impera in questo inizio di Duemila.
Ma per molti studiosi, tra cui
Umberto Eco «Marshall
McLuhan ha sbagliato tutto. Il
bilancio è presto fatto: non ne
ha azzeccata una» (frase “rubata” in una telefonata di auguri).
Tuttavia, anche se aveva
torto, lo studioso canadese di
comunicazioni di massa (alcune sue opere: nel 1951 La
sposa meccanica, sul folklore
dell’uomo industriale, nel
1961 Galassia Gutemberg, sul
radicale cambiamento introdotto nella civiltà moderna
con l’invenzione della stampa
a caratteri mobili, nel 1964 Gli
strumenti del comunicare, sul
tentativo di capire e controllare i conflitti controllati dai
media), merita una disamina
un po’ più attenta.
Ci siamo rivolti per questo a
Marc Augé, antropologo dei
mondi contemporanei, che
insegna alla Ecole des Hauts
Etudes di Parigi.
«Certo, il mestiere di profe-
N
Repubblica Nazionale 41 27/12/2005
bloccare altri attentati. Nel bene e nel male, siamo tutti connessi.
Quanto alla televisione, ha sì
creato un mondo unico segnato
da simultaneità, interdipendenza, continua presenza degli
altri. Ma ha anche catapultato
GLI AUTORI
Il Sillabario di
Guy Debord è
tratto da Commentari sulla società dello spettacolo. Marc Augé,
antropologo, insegna all’Ecole
des Hauts Etudes.
Derrick
de
Kerckhove dirige
il “McLuhan Program” di Toronto.
I DIARI ONLINE
Tutti i numeri
del “Diario” di
Repubblica sono consultabili
in Rete al sito
www.repubblica.it, sezione
“Cultura e spettacoli”. Qui i lettori troveranno
le pagine comprensive di tutte
le illustrazioni.
nel regno dei media aree del
mondo quasi sconosciute fino a
quarant’anni fa. Queste aree difendono i loro valori e religioni
contro la cultura un tempo dominante, quella americana. La
televisione ha così creato una
rete di villaggi globali e strettamente connessi. La progressive
integrazione con altri media
rende il processo ancora più veloce. Il web ha dato visibilità a
comunità e centri negli angoli
più sperduti del mondo. I vecchi network uniformavano e accorciavano lo spazio. La nuova
televisione, i canali satellitari, le
reti specialistiche, l’uso integrato di Internet legano lo spazio in una catena senza fine di
punti collegati tra di loro.
Un’ultima cosa. Penso che la
sfida più importante dei prossimi anni sia quella volta a tutelare un’identità umana che vada
al di là della pura identità digitale. Marshall credeva nei media elettronici come estensione
del sistema nervoso umano.
C’è comunque, nella sua riflessione, il continuo riferimento a
una dimensione umana da tutelare contro l’uniformità prodotta dalla società della comunicazione.
Oggi viviamo ancora in una
fase di transizione tra l’età dell’alfabeto e quella dell’elettricità. Tra vent’anni potremmo
essere tutti cyborg, tutti “googlizzati”. Ci resta poco tempo
per rivendicare, attraverso la
parola, la lettura, l’alfabeto,
l’individualità irripetibile dell’esperienza umana.
(testo raccolto da Roberto Festa)
‘‘
,,
OSSIMORO
“Villaggio globale” era una
contraddizione voluta. Ma nella
sua idea di villaggio c’era
qualcosa di sbagliato
‘‘
,,
RIVOLUZIONE
È innegabile la sua capacità di
aver colto in anticipo alcune
nuove tendenze come la
diffusione dei computer
ta è difficile», esordisce. «La
parola disgraziata nel famigerato ossimoro», aggiunge, «è a
mio parere la prima, “villaggio”. Che la globalizzazzione
stia avvenendo siamo tutti
d’accordo, ma lo sta facendo
sul piano economico e tecnologico. “Villaggio”, invece,
implica un’organizzazione
sociale che mi pare lontanissima da quella che il pianeta
sta assumendo».
Vale a dire?
«Alcuni grandi insiemi si
stanno formando e possono
anche generare relazioni conflittuali. Il primo è l’Asia, con
giganti come Cina e Giappone, con l’India in arrivo; il se-
IL MESSAGGIO
In alto, le
copertine di
due importanti
lavori di
McLuhan
condo è l’America latina, che
sta andando verso una ricomposizione, le cui conseguenze
vedremo in futuro. Il terzo,
malgrado tante difficoltà, è
l’Europa. Non so dove andrà a
finire, ma certo è un ensemble
considérable, un insieme notevole. Sì, esistono enti mondiali come l’Onu o il Wto, che
pretende di regolare il commercio. Ma non parlano la
stessa lingua».
Parlano inglese, il nuovo
latino.
«... che è non certo una lingua da villaggio. Più che un
villaggio, il mondo sta diventando un’enorme metropoli».
Che però usa il computer,
tanto
decantato
da
McLuhan...
«È innegabile. Questa penso sia una rivoluzione irreversibile. Ma, ciò detto, vorrei aggiungere due cose. E qui sono
io, Marc Augé a parlare, lasciando stare McLuhan. La
prima: ritengo che, di fronte al
computer, il libro non sia in
regressione. A mio avviso,
non ci sarà necessariamente
una guerra tra l’informatica e
la carta. Il binomio scritturalettura non è in pericolo».
Molti però, specie giovani,
leggono solo sullo schermo.
«Dovremo abituarci a una
maggiore ricchezza di questo
binomio: leggere anche sul video e non solo sfogliare pagine di carta. Ma il testo scritto
non sparirà».
Cosa glielo fa dire?
«Intanto, l’informatica
consente di salvare libri che
altrimenti - quelli sì - sarebbero condannati a sparire. In secondo luogo, il computer rilancia la scrittura, e non è poco. Ciò significa che non siamo condannati all’immagine, questa invadente (ma apparente) regina del nostro
tempo. Poi, vorrei dire che ciò
minaccia il monopolio mondiale dell’inglese».
In che modo, mi scusi? Tutto è scritto sempre di più in
inglese, specie sui computer...
«La cosa a cui si sta lavorando più intensamente adesso è
la traduzione automatica. E sa
cosa significa? Che reintrodurrà le diversità linguistiche».
Mi chiedo come. Penso, ad
esempio, a molte letterature
di Paesi emergenti. In India
c’è un’infinità di lingue, ma
molti, fra loro, senza l’inglese
non si capirebbero. Lo stesso
avviene in Africa, non solo
con l’inglese, ma anche col
francese. Per di più, molte
lingue africane non sono
scritte.
«Non ho detto che l’inglese
debba scomparire, ho parlato
di monopolio a rischio. La traduzione automatica permette che mentre uno scrive nella
sua lingua, l’altro lo capisce
subito nella propria. Senza interpreti, come ora avviene al
Parlamento europeo. Il che ci
riporta a un rapporto personale, senza mediazioni. Le pare poco?».
Tutt’altro. Ma penso che il
povero McLuhan aveva parlato di passaggio da “uomo
meccanico” a “uomo elettrico”. Che fosse un modo per
parlare di “uomo informatico”?
I LIBRI
ZIGMUNT
BAUMAN
La società
sotto
assedio
Laterza
2005
NOAM
CHOMSKY
La
democrazia
del Grande
Fratello
Piemme
2005
JÜRGEN
HABERMAS
Storia e
critica
dell’opinione
pubblica
Laterza
2005
ALAIN
TOURAINE
Critica della
modernità
Net 2005
GIOVANNA
COSENZA
Semiotica
dei nuovi
media
Laterza
2004
MARIO
PERNIOLA
Contro la
comunicazione
Einaudi 2004
KARL R.
POPPER
Cattiva
maestra
televisione
Marsilio 2002
NEIL
POSTMAN
Divertirsi
da morire
Marsilio
2001
MASSIMO
BALDINI
Storia della
comunicazione
Newton
Compton 2003
JEAN
BAUDRILLARD
Il sogno
della merce
Lupetti 1995
PIERRE
LÉVY
Cybercultura
Feltrinelli
1999
Il virtuale
Raffaello
Cortina 1997