La Banca Europea per gli Investimenti ei paradisi

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La Banca Europea per gli Investimenti ei paradisi
La Banca Europea per gli
Investimenti e i paradisi fiscali
“Counter Balance. Riformare la Banca Europea per gli Investimenti” è una campagna
promossa da un network di ONG Europee con l’obiettivo di trasformare la BEI in uno
strumento di promozione concreta degli obiettivi europei di sviluppo primo fra tutti la
riduzione della povertà e il raggiungimento degli obiettivi del Millennio.
Questa scheda è parte del toolkit della campagna.
Dall’Europa dure parole di contrasto ai
paradisi fiscali
La lotta all’evasione e all’elusione fiscale, facilitate dai
paradisi fiscali, occupa un posto importante nell’agenda
politica all’indomani della crisi finanziaria ed economica
globale. I leader europei hanno aumentato la pressione
pubblica sui paradisi fiscali e i centri finanziari
offshore. Il primo ministro francese, François Fillon,
ha affermato che i paradisi fiscali sono “buchi neri che
non dovrebbero esistere più”. Il ministro delle Finanze
svedese, Anders Borg, ha detto che i “parassiti fiscali”
devono essere seriamente affrontati.
Nel 2008, il Consiglio dell’UE si è impegnato
a “promuovere i principi del buon governo nel settore
fiscale” e a “migliorare la cooperazione internazionale
nel settore fiscale (...) e a sviluppare misure per
un’efficace attuazione dei principi suddetti”.1
Questi principi consistono in “trasparenza, scambio di
informazioni e leale concorrenza fiscale”.
Il Consiglio ha aggiunto “la necessità di includere nei
pertinenti accordi che la Comunità e i suoi Stati membri
(...) concluderanno con Paesi terzi una specifica
disposizione sul buon governo nel settore fiscale”.2
Questi principi sono stati ratificati dal rapporto del
Parlamento europeo sulla frode fiscale in cui viene
affermato che l’Europa ha il compito di prendere la
leadership e considerare l’eliminazione dei paradisi
fiscali nel mondo come una priorità, e “invita il Consiglio
e la Commissione ad usare l’influenza del potere
commerciale dell’UE quando vengono stipulati accordi
di commercio e cooperazione con i governi dei paradisi
fiscali, al fine di persuaderli ad eliminare i provvedimenti
fiscali e le pratiche che favoriscono l’evasione fiscale
e la frode”.3
allo sviluppo. Questa perdita di risorse è facilitata dai
paradisi fiscali, che forniscono infrastrutture e servizi
per permettere transazioni segrete.
I paradisi fiscali hanno un ruolo chiave nella finanza
globale. Secondo il FMI, i paradisi fiscali, nel 2004, hanno
rappresentato almeno il 50% dei flussi finanziari globali
e sono stati coinvolti in più di un terzo degli investimenti
di portafoglio a livello globale. La Conferenza delle
Nazioni Unite su Commercio e Sviluppo stima che più di
un terzo degli investimenti diretti esteri vada ai paradisi
fiscali e ha descritto come questa tendenza sia cresciuta
dagli anni ’90 in poi.
Contenere le perdite fiscali è necessario per mantenere
ed estendere i servizi pubblici, ridistribuire la ricchezza,
restituire uno spazio per la definizione di politiche di
interesse pubblico all’azione dei governi e permettere
ai cittadini dei Paesi del sud del mondo di esercitare
una forma di controllo sui loro governi. La promozione
di sistemi di tassazione progressiva, il rafforzamento
delle amministrazioni fiscali e la lotta ai paradisi normativi
e fiscali sono fondamentali nell’area della finanza per
lo sviluppo e devono essere visibili negli investimenti
europei nei Paesi del sud del mondo come parte
integrante di una coerente politica Europea per lo sviluppo.
La Banca Europea per gli Investimenti
Qual è il problema dei paradisi fiscali?
La Banca Europea per gli Investimenti (BEI), la
principale istituzione finanziaria dell’UE il cui ruolo nei
Paesi del sud del mondo sta crescendo, dovrebbe quindi
rispettare questi impegni e mettere in atto regole chiare
per la prevenzione dell’evasione fiscale
e per promuovere il buon governo in campo fiscale. Ciò
nonostante, uno studio del luglio 2009,4 pubblicato da
Counter Balance, dimostra che molti progetti
e beneficiari finanziati dai soldi della BEI coinvolgono
paradisi fiscali e multinazionali che li utilizzano
a fini fiscali.
Ogni anno, l’evasione e l’elusione fiscale dai Paesi
del sud del mondo rappresenta un ammontare di
risorse significativamente superiore all’aiuto globale
La BEI è ancora poco nota ai parlamentari, alle Ong
e agli altri soggetti che fanno monitoraggio sulla spesa
per lo sviluppo. Ma la banca sta assumendo un ruolo
1 Vedi: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ecofin/100844.pdf
2 Vedi: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ecofin/100844.pdf
3 Vedi: www.europarl.europa.eu/oeil/file.jsp?id=5597642
4 Il report “Flying in the face of development: How European Investment Bank loans enable tax
havens” (Luglio 2009) si può scaricare da http://www.tinyurl.com/nf5ot3
La Banca Europea per gli Investimenti e i paradisi fiscali
prominente nella risposta dell’Unione Europea alla crisi
economica e finanziaria. La BEI, ad esempio, allocherà
2 miliardi per sostenere l’Africa nel contesto della crisi
finanziaria per i prossimi tre anni, principalmente per
investimenti nelle infrastrutture, nei progetti energetici
e nel settore finanziario.5
Secondo l’Accordo di Cotonou, i prestiti della BEI verso
i Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico (ACP) ricadono
all’interno di un mandato per lo Sviluppo. L’Accordo di
Cotonou stabilisce che la BEI debba “agire secondo gli
obiettivi di questo Accordo” – definiti come “la riduzione
e lo sradicamento finale della povertà coerentemente
con l’obiettivo dello sviluppo sostenibile e la graduale
integrazione dei Paesi ACP nell’economia mondiale”.
Inoltre, una storica sentenza della Corte Europea di
Giustizia del novembre 2008, in un caso portato dal
Parlamento Europeo contro la Commissione Europea
e il Consiglio dell’Unione Europea sul tema del processo
decisionale riguardante i prestiti esterni della BEI
(comprendenti tutte le aree del mondo fuorché i Paesi
ACP), ha chiarito come ogni attività di cooperazione
economica sostenuta dall’UE nei Paesi del sud del
mondo debba essere considerata come un intervento per
lo sviluppo e quindi dovrebbe essere conforme ai principi
e agli obiettivi stabiliti dalle politiche europee per
lo sviluppo.
Negli ultimi anni la BEI ha provato a migliorare le
proprie politiche e procedure.
In seguito all’inizio della cosiddetta “Guerra al
terrorismo”, al principio di questo decennio, la BEI ha
introdotto una nuova politica suggerita da un giro di vite
internazionale contro il riciclaggio di denaro.
Tutto questo si è riflettuto nello sviluppo da parte della
banca di una politica al fine di “Prevenire ed impedire
la corruzione, la frode, la collusione, la coercizione, il
riciclaggio e il finanziamento del terrorismo nelle attività
della BEI”.6 Inoltre, dal 2004 la banca ha adottato una
policy interna sui centri finanziari offshore, divenendo
così la prima istituzione finanziaria internazionale ad
avere una politica autonoma su questo tema.
… e i paradisi fiscali ...
Lo studio di Counter Balance sui paradisi fiscali –
basato su un lavoro di ricerca sui documenti della BEI,
oltre ad interviste ed analisi delle procedure e delle
società – evidenzia come esista un sostanziale motivo di
preoccupazione. La ricerca identifica:
- gravi mancanze
- un’attuazione negligente
- progetti e transazioni sospetti
Una banca pubblica non dovrebbe facilitare l’elusione
fiscale privata. La BEI dovrebbe assicurarsi che chi
riceve i suoi prestiti non si avvalga di paradisi fiscali
o utilizzi altre pratiche come l’abuso del prezzo di
trasferimento (transfer pricing) che può portare
all’evasione o all’elusione fiscale.
Ancora, negli ultimi cinque anni, la BEI ha finanziato
5,66 miliardi di euro alle maggiori banche che utilizzano
i paradisi fiscali, da Gran Bretagna, Francia e Olanda,
(Société Générale, Barclays, BNP Paribas, RBS, ING)
mentre 210 milioni di euro sono andati a fondi africani
che utilizzano i paradisi fiscali nelle loro strategie.
Inoltre, alcuni dei maggiori progetti di infrastrutture
finanziati dalla BEI in nome dello sviluppo hanno legami
stretti con i paradisi fiscali, ed è anche il caso degli
intermediari finanziari che beneficiano dei prestiti
globali della BEI.
I controversi progetti infrastrutturali in Africa finanziati dalla BEI e
legati ai paradisi fiscali
La miniera di rame/cobalto di Tenke-Fungurume in Repubblica
Democratica del Congo:
la BEI ha accordato un impegno preliminare fino a 100 milioni di euro
nell’agosto 2007. Il progetto coinvolge la Tenke Holding Ltd/Lundin
Holding, registrata nel paradiso fiscale delle Bermuda.
Il West African Gas Pipeline dalla Nigeria al Ghana:
il progetto coinvolge la West African Gas Pipeline Company Limited
(WAPCo). La società è stata costituita dai governi dei quattro stati
coinvolti nel progetto, con una partnership pubblica/privata, ed
è controllata da Chevron-Texaco, Nigerian National Petroleum
Corporate, Shell Overseas Holdings Limited e Takoradi Power
Company Limited.
WAPCo è registrata alle Bermuda e opera come una società offshore
con esenzioni fiscali, ambientali e sociali concesse nello specifico
attraverso il trattato del progetto WAGP e le leggi attuative.7
Il progetto della miniera di rame Mopani in Zambia:
finanziato dalla BEI con un prestito di 48 milioni di euro nel 2005. Il
progetto coinvolge la Mopani Copper Mines plc., controllata da Carlisa
investments Corporation, con base nelle Isole Vergini Britanniche.
…specialmente nei Paesi del sud del mondo
Esiste una lunga lista di clienti e progetti della BEI nei
Paesi del sud del mondo che utilizzano paradisi fiscali
e simili giurisdizioni non trasparenti – uno dei paradisi
fiscali maggiormente usato per investimenti nella
regione africana sono le Mauritius. Tutto questo risulta
particolarmente contraddittorio rispetto ai propositi di
sviluppo che la BEI pretende di avere nei Paesi poveri,
dal momento che le giurisdizioni non trasparenti
promuovono la competizione fiscale, consentono il
segreto bancario e quindi la corruzione, e facilitano
l’evasione fiscale e l’elusione delle tasse.
5 www.eib.org/about/press/2009/2009-079-at-least-an-additional-ususd15-billion-to-respond-to-financial-crisis-in-africa.htm
6 Vedi http://www.eib.org/about/documents/anti-fraud-policy.htm
7 www.foei.org/en/publications/pdfs/wagp-inet.pdf
La Banca Europea per gli Investimenti e i paradisi fiscali
Le Mauritius offrono, infatti, un regime a tasse zero agli
investitori stranieri, non forniscono trasparenza sulle
operazioni, e gli accordi fiscali che hanno firmato con gli
stati africani contribuiscono a far diminuire le entrate
fiscali in questi Stati. Un rapporto del governo norvegese
sui paradisi fiscali e lo sviluppo, pubblicato nel giugno
2009, rileva che: “le Mauritius offrono una location agli
investitori esteri per una parcella nominale al governo
e con imposte estremamente basse protette attraverso
trattati fiscali. È questo un esempio di struttura dannosa,
in cui le Mauritius offrono agli investitori l’opportunità
di stabilire un domicilio addizionale, che permette
all’investitore di sfruttare il regime di tasse virtualmente
zero. In realtà, la nazione di provenienza è depredata
delle tasse sul reddito di capitale attraverso questo tipo
di struttura, mentre il risultato fiscale per l’investitore è
molto favorevole”.8
Esempio di un cliente BEI alle Mauritius
Africinvest Ltd.9
La BEI ha stipulato un contratto di progetto di 20 milioni di euro nel
dicembre 2008 con Africinvest Ltd., amministrata da Africinvest
Capital Partners con sede alle Mauritius. È specializzata nella
crescita e l’espansione di piccole e medie imprese principalmente
nell’Africa Subsahariana Occidentale e Orientale. Africinvest è affiliata
al Gruppo Finanziario Tuninvest, un equity fund privato attivo anche
in acquisizioni sfruttando l’effetto leva finanziaria. Un tal fondo mira
ad un tasso medio di ritorno sugli investimenti di ben il 20%. Altri
azionisti di questo beneficiario della BEI sono i fondi di sviluppo
europei, FMO e BIO.
Scrutinio e sanzioni limitate
Lo Studio di Counter Balance rivela inoltre che la
capacità della BEI di valutare i propri clienti è limitata
e che la BEI non è convincente nelle sue risposte sui
prestiti globali, forniti sulla fiducia alle maggiori banche
europee, principali utilizzatrici dei paradisi fiscali.
Allo stesso modo, la BEI è debole nel suo monitoraggio
sui clienti e sui progetti dopo la loro approvazione – le
società che ricevono soldi dalla BEI sarebbero esse
stesse tenute a riportare contro il proprio interesse nel
momento in cui ci siano significativi cambiamenti, un
concetto aperto ad ampie interpretazioni.
Oltre alla significativa mancanza di trasparenza che
prevale all’interno della BEI – se paragonata alle altre
banche di sviluppo multilaterale – che impedisce ai
gruppi di cittadini interessati a verificare le procedure
di due diligence o l’evidenza che viene utilizzata, la BEI
non riesce ad essere convincente sul fatto che i suoi
soldi siano ben spesi conformemente alla sua politica su
Frode e Corruzione.10
Persino nei rari casi in cui la BEI identifica delle
pratiche di evasione fiscale, le sue sanzioni sono troppo
deboli. Non esistono dichiarazioni pubbliche di società
che vengono escluse dal finanziamento, e nessuna
esclusione dalle gare d’appalto nell’ambito di altri
progetti finanziati dalla BEI a meno che o fino a che non
risulti una condanna penale definitiva. Tutto questo è
troppo poco per scoraggiare le società, ed è un approccio
ancor più debole di quello adottato dalla Banca Mondiale
e da istituzioni pubbliche simili.
Passi verso una nuova politica
Nel settembre 2008, indirizzando il suo discorso al
Parlamento europeo come presidente di turno dell’UE,
il Presidente francese Nicolas Sarkozy ha dichiarato che
le società e le banche che operano attraverso i paradisi
fiscali e i centri finanziari offshore non dovrebbero
ricevere un sostegno pubblico come parte dei salvataggi
senza precedenti offerti dai governi per reagire agli
effetti della crisi finanziaria.
La forte dichiarazione di Sarkozy si applica chiaramente
anche alla BEI, che riveste un ruolo chiave nel pacchetto
di rilancio fiscale a livello UE e che sostiene, inoltre, le
società europee e gli intermediari finanziari nelle loro
operazioni fuori dell’UE.
Ad ogni modo, il comportamento passivo della BEI
nei confronti dei paradisi fiscali e dell’industria
dell’evasione fiscale potrebbe essere stato incoraggiato
dalle difficoltà connesse al raggiungimento di un forte
consenso internazionale su misure robuste per colpire
i paradisi fiscali, incluse quelle all’interno dell’UE. In
particolare, la definizione corrente di centri finanziari
offshore e “giurisdizioni non cooperative” così come
stabilita dall’OCSE, a cui è stato dato mandato dal G20
di monitorare i progressi in questo senso, resta molto
vaga e inefficace. Ad esempio, Monaco e la Svizzera,
due ben noti paradisi fiscali, sono stati recentemente
esclusi dalla cosiddetta “lista grigia” delle giurisdizioni
controllate attentamente.
In ogni caso l’opinione pubblica e politica, negli ultimi
anni, si è schierata in modo più compatto che mai a
favore di posizioni nette contro l’evasione fiscale e a
favore della tassazione progressiva. La BEI dovrebbe
cogliere questa opportunità per migliorare la sua
politica, rimediare alle mancanze e assicurare che
una più ampia trasparenza e una minaccia più forte di
sanzione siano utilizzate per dimostrare ai clienti che la
BEI è un’organizzazione seria in questa materia e non
meramente sulla difensiva.
8 Commissione sulle fughe di capitali dai Paesi del sud del mondo. “Tax havens and development. Status, analyses and measures”. Rapporto della Commissione governativa sulle fughe di capitali
dai Paesi poveri. Nominata dal Decreto Reale del 28 giugno 2008. Presentato a Erik Solheim, Ministro dell’Ambiente e dello Sviluppo Internazionale, il 18 giugno 2008.
9 www.africinvest.com/index.html
10 Counter Balance (2009). The Long Struggle for Accountability of IFIs – the case of the EIB and the World Bank. Disponibile su: www.counterbalance-eib.org/EIB-transparency/
Alcuni primi passi sono stati presi. Il 27 maggio 2009,
come seguito alle conclusioni del summit del G20 sulla
lotta ai paradisi fiscali e all’evasione fiscale, la BEI ha
diffuso un comunicato stampa in cui annunciava che
avrebbe fatto rispettare severamente le procedure in
materia e che sta portando avanti una revisione per
assicurare che la sua politica sia aggiornata.
Inoltre, è allarmante il fatto che la BEI e i governi
europei non siano ancora disposti ad affrontare il
problema fondamentale delle istituzioni finanziarie nel
settore privato che beneficiano immensamente del
sostegno pubblico della banca attraverso i cosiddetti
“prestiti globali” e che sono tra i principali utilizzatori
dell’evasione fiscale attraverso i paradisi fiscali.
Commentando la politica della banca sui centri finanziari
offshore, il Presidente della BEI Philippe Maystadt ha
detto “La BEI si impegna ad assicurare che i suoi prestiti
siano usati per gli scopi prefissati, la promozione degli
obiettivi prioritari dell’Unione Europea”.11 La revisione
“sarà diretta ad assicurare che le attività di prestito della
BEI continuino a far fronte alle entrate perdute a causa
dei patrimoni nascosti nei paradisi fiscali sia nei Paesi
sviluppati che nei Paesi del sud del mondo.
Sarà messa in atto una stretta collaborazione con altre
istituzioni finanziarie internazionali per garantire che la
BEI continui a soddisfare i nuovi requisiti”.
Dal momento che il denaro è fungibile e che è
ampiamente riconosciuto che le maggiori banche nel
mondo così come la maggior parte delle più influenti
istituzioni finanziarie operano attraverso i paradisi
fiscali, è necessario mettere in piedi misure più
ambiziose e sistematizzate di screening completo
degli intermediari finanziari e di costruzione di black list
delle società.
Come ulteriore seguito, nell’agosto 2009, la BEI ha
pubblicato una interim policy riguardante i centri
finanziari offshore. Counter Balance vede con favore
il fatto che la BEI abbia finalmente riconosciuto che le
pratiche nei centri finanziari offshore abbiano bisogno
di una due diligence rafforzata e di precise richieste
ex-ante – da incorporare legalmente negli accordi
finanziari – per affari sostenuti dai soldi garantiti dai
contribuenti della banca. Ancor più importante, la BEI si
è ora impegnata in modo chiaro a ritirare gradualmente
il proprio sostegno a società, banche e operazioni legate
alle cosiddette “giurisdizioni monitorate” dall’OCSE,
entro marzo 2010.
Inoltre, nonostante la banca segua principalmente la
definizione vaga dell’OCSE sui paradisi fiscali per la
sua revisione, è un significativo passo in avanti che si
riservi la possibilità di portare avanti revisioni ad hoc di
problemi fiscali riguardanti alcuni stati.
…necessita di un ulteriore sviluppo
L’interim policy della BEI è un primo promettente passo.
Ad ogni modo, se la BEI vuole realmente portare avanti
la lotta contro la fuga dei capitali, dovrebbe sviluppare
una definizione più stringente di centri finanziari
offshore e giurisdizioni proibite e monitorate, ben oltre
l’attuale approccio seguito dall’OCSE. Allo stato attuale,
la lista internazionale delle giurisdizioni proibite è vuota.
L’onere della prova perché venga conferito il sostegno
pubblico della BEI dovrebbe toccare al settore privato,
che dovrebbe giustificare perché in molti casi è alla
ricerca di tagli alle tasse e luoghi con una tassazione più
competitiva per le sue operazioni.
La principale istituzione finanziaria dell’UE possiede
ancora una forte influenza da dispiegare per
condizionare il settore della finanza privata europea ad
agire a beneficio di tutti i cittadini europei e garantire
che il denaro investito vada a beneficiare le comunità
locali nei Paesi del sud del mondo.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto, la BEI dovrebbe
includere adeguati strumenti legali e clausole negli
accordi di progetto al fine di garantire che i Paesi
ospitanti ricevano una porzione adeguata delle entrate
del progetto, in modo che venga minimizzato il rischio
per queste comunità e non soltanto per quelle degli
investitori, come accade attualmente. Questo richiede un
approccio creativo per identificare meccanismi precisi
che rendano le operazioni della BEI capaci di contribuire
alla mobilitazione delle risorse interne invece che alla
fuga di capitali verso i Paesi ricchi.
Dal momento che l’UE è il più grande contribuente
all’aiuto globale, Counter Balance ritiene che la BEI
si debba focalizzare sull’assunzione di una leadership
internazionale a questo riguardo.
È quindi importante che la BEI vada avanti nella lotta
all’elusione ed evasione fiscale e che porti a termine
l’annunciata e completa revisione su questa tematica.
La revisione dovrebbe includere tutti gli stakeholders al
fine di pianificare e finalizzare una politica completa che
realmente serva allo scopo.
La Campagna “Counter Balance. Riformare la Banca Europea per gli
Investimenti” è promossa da:
CEE Bankwatch Network (Europa Centrale ed Orientale); Both Ends
(Olanda); Bretton Woods Project (Regno Unito); Campagna per la
Riforma della Banca Mondiale/Mani Tese (Italia); Les Amis de la Terre
(Francia); Urgewald (Germania); Weed (Germania)
Contatti:
email: [email protected]; www.counterbalance-eib.org
Bruxelles, Dicembre 2009
11EIB reinforces efforts to fight tax avoidance. Disponibile su: www.eib.org/about/news/eib-reinforces-efforts-to-fight-tax-avoidance.htm
Questo documento è stato prodotto con il contributo economico dell’Unione Europea. I contenuti del documento sono esclusiva responsabilità delle organizzazioni promotrici e non sono riconducibili in alcun modo alle posizioni ufficiali dell’UE.
La Banca Europea per gli Investimenti e i paradisi fiscali