Scarica il file PDF - AIB studi

Transcript

Scarica il file PDF - AIB studi
note e discussioni
Information literacy e mondo del lavoro:
un connubio possibile anche in Italia?
di Tommaso Paiano
È un mondo difficile
e vita intensa
felicità a momenti
e futuro incerto.
(Tonino Carotone, Me cago en el amor, 1999)
Il mondo dei lavori
Premessa
1
In Italia ci sono circa quaranta forme di contratto di lavoro : subordinato, parasubordinato, autonomo, di formazione, speciale, a tempo indeterminato e determinato, part-time, accessorio, di apprendistato, di collaborazione coordinata e continuativa, autonomo con partita IVA, in telelavoro ecc. Nel linguaggio comune è
abituale riferirsi a lavoratori precari, atipici, freelance, a cottimo, intermittenti, ‘voucheristi’, in nero, alla spina, a chiamata. Le nuove tendenze vedono il diffondersi di
concetti come on-demand economy, sharing economy, crowd-work, lavoro a rubinetto,
smart working, coworking. E ricorrenti sono i richiami all’autoimprenditorialità2 e
all’impresa start-up innovativa.
TOMMASO PAIANO, bibliotecario atipico, 60019 Senigallia (AN), e-mail [email protected].
L’articolo rappresenta il punto di arrivo e la descrizione di un’esperienza professionale e di studio avviata
a settembre 2014 e tutt’ora in corso; risponde innanzitutto all’esigenza di elaborazione pratica di contenuti e alla sperimentazione di strategie formative bibliotecarie rivolte a lavoratori e disoccupati. Si tratta quindi di un work in progress che aspira a fornire a sua volta un punto di partenza ai bibliotecari che intendano
impegnarsi su questo fronte, nel quale sono carenti sia la letteratura scientifica che le esperienze pratiche.
Ultima consultazione siti web: 31 maggio 2016.
1 Un elenco completo delle tipologie, «che non ha pari in altri ordinamenti», da rivedere alla luce delle recenti riforme del diritto del lavoro è disponibile sul sito della Cgil: Lavoro: Cgil, 46 forme contrattuali esistenti, portarle a 5, 2012, <http://old.cgil.it/news/Default.aspx?ID=18076>. Un punto di vista sugli effetti del riordino
attuato con il Jobs act (l. 10/12/2014, n. 183), è consultabile sulla rivista online «Nuovi lavori», <http://www.
nuovi-lavori.it/index.php/sezioni/526-il-riordino-delle-tipologie-contrattuali-secondo-il-jobs-act>.
2 Per una critica del concetto di autoimprenditorialità si veda il numero monografico Intellettuali di se
stessi: lavoro intellettuale in epoca neoliberale, a cura di Dario Gentili e Massimiliano Nicoli, «Aut aut»,
365 (2015), <http://autaut.ilsaggiatore.com/2015/04/365/>.
aib studi, vol. 56 n. 2 (maggio/agosto 2016), p. 241-264. DOI 10.2426/aibstudi-11451
242
note e discussioni
Neanche il mondo del lavoro è più quello di una volta, abituati come eravamo
ad aspirare a un posto fisso da ‘dipendenti’ durante tutto l’arco della vita professionale3. Oggi, non è facile per nessuno orientarsi in una materia così complessa: non
lo è per chi è alla ricerca di un impiego, subordinato o indipendente che sia; non lo
è per chi un’occupazione ce l’ha già e deve attrezzarsi per migliorarla o anche solo
conservarla; e non è facile per i bibliotecari, professionisti dell’informazione, che
intendano offrire sul mercato le proprie competenze o inserirsi operativamente nel
solco delle politiche istituzionali, inerenti il mondo dei ‘lavori’4, affermando il proprio ruolo sociale.
Trasformazioni
I grandi cambiamenti economici, tecnologici e sociali in atto stanno in effetti inducendo le persone a una continua mobilità tra condizioni contrattuali e generando
quella che viene chiamata ‘uberizzazione’ delle prestazioni lavorative5. Certo, i processi produttivi e le politiche del lavoro hanno cominciato a mutare pelle e articolazione almeno a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, sotto la spinta delle
trasformazioni innescate in primo luogo da alcuni fattori come il
ricorso al decentramento produttivo anche su scala globale; l’introduzione
massiccia delle tecnologie informatiche nel ciclo lavorativo; la nuova forma
della produzione a ‘rete’ che sostituisce l’integrazione [dei lavoratori] orizzontale con quella verticale; [...] l’attitudine riflessiva dell’impresa che si concentra sui propri nessi organizzativi dando luogo a processi di costante reengineering; l’espandersi di attività connotate dalla dimensione intellettuale dei
6
knowledge workers .
Precarietà
Da una parte le difficoltà aziendali e dall’altra l’urgenza di favorire un incremento
occupazionale, hanno modificato nello stesso periodo anche l’ordinario sistema di
regole lavoristiche e del mercato del lavoro che è stato progressivamente sottoposto
a eccezioni e deroghe. Si è rafforzata così l’area dei rapporti di lavoro atipici, «aggiungendo nuove forme di reclutamento non stabile e a garanzie ridotte», gettando le
3 Valentina Magri, Se il posto fisso non esiste (quasi) più: il nuovo lavoro italiano, «AdviceOnly», 1
luglio 2015, <http://it.adviseonly.com/blog/economia-e-mercati/politica-e-societa/se-il-posto-fissonon-esiste-quasi-piu-il-nuovo-lavoro-italia/>.
4 Di ‘nuovi lavori’ scriveva Marco Biagi nell’articolo Le ragioni in favore di uno “Statuto dei nuovi lavori”, «Impresa & Stato», 46 (1998), <http://impresa-stato.mi.camcom.it/im_46/biagi.htm>. Nella direzione del riconoscimento di diverse forme di rapporto di lavoro, oltre a quello subordinato, vanno la
Carta dei diritti e dei princìpi del lavoro autonomo e indipendente, promossa dalla Coalizione 27 febbraio, <http://coalizione27f.info/2015/12/15/carta-dei-diritti-e-dei-principi-del-lavoro-autonomo-eindipendente/>, la proposta della Carta dei diritti universali del lavoro presentata il 12 gennaio 2016
dalla Cgil e il disegno di legge per lo Statuto del lavoro autonomo, collegato alla legge di stabilità 2016.
5 Carlo Formenti, Se il lavoro si “uberizza”, «Micromega», 2 febbraio 2015, <http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/02/02/carlo-formenti-se-il-lavoro-si-uberizza/>.
6 Giuseppe Allegri; Giuseppe Bronzini, Libertà e lavoro dopo il Jobs act: per un garantismo sociale
oltre la subordinazione. Roma: Derive approdi, 2015, p. 45. Per questo e i successivi paragrafi sono
fortemente debitore nei confronti del pensiero dei due autori.
note e discussioni
243
basi della cosiddetta precarietà o della segmentazione del mercato del lavoro, arrivando infine a modulare in modo flessibile gli elementi distintivi del contratto subordinato standard7.
Nuove soggettività
Insieme alle architetture produttive e normative muta anche la percezione soggettiva e individuale della prestazione lavorativa, facendo emergere bisogni di
autoregolazione di tempi e modi del proprio contributo produttivo, ad esempio
per ragioni di studio o di carattere familiare: basterà pensare alla richiesta diffusa, già a partire dagli anni Ottanta, di contratti part-time8. Si moltiplicano i casi
di ‘subordinazione’ addolcita che rendono «le prassi direttive [...] più partecipative e rispettose della creatività dei dipendenti», finendo per mettere al lavoro
qualità caratteriali, relazionali, affettive9. Contemporaneamente si estende l’a10
11
rea del lavoro autonomo di seconda e terza generazione , contribuendo così ad
incrinare ulteriormente «la pervasività della contrattazione nazionale con il suo
portato omologante e livellatore che inibisce gli spazi di creatività e di autova12
lorizzazione del soggetto» .
Ci troviamo dunque di fronte a un’estensione della precarietà e del lavoro indi13
pendente che non è generata solo dalla legge ma principalmente dal sistema produttivo, che si gioca la carta dell’innovazione e del cambiamento organizzativo: gli
14
ultimi 30-40 anni sono anche l’epoca del management delle risorse umane , cioè di
quel capitale umano messo permanentemente in produzione, 24 ore su 24.
NEET
A complicare ulteriormente il quadro linguistico e semantico (per i bibliotecari, ma
non solo), si aggiunge la questione sociale dei NEET (Not engaged in education, employ15
ment or training) , acronimo inglese per indicare coloro che non studiano, non lavorano e non sono inclusi in percorsi di formazione, formale o informale, balzata agli
7 Ivi, p. 44.
8 «Il contratto part-time si è sviluppato come prassi nell’ambito dei rapporti di lavoro e ha trovato una prima
disciplina soltanto negli anni Ottanta con il decreto legge 30 ottobre 1984 n. 726 (Misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali) convertito in legge 19 dicembre 1984 n. 863»: Contratto di
lavoro a tempo parziale. In: Wikipedia: l’enciclopedia libera. <https://it.wikipedia.org/wiki/Contratto_di_
lavoro_a_tempo_parziale>.
9 Si vedano le liste e le classifiche sul sito Great place to work, <http://www.greatplacetowork.it/>.
10 Sergio Bologna; Andrea Fumagalli, Il lavoro autonomo di seconda generazione. Milano: Feltrinelli, 1997.
11 Andrea Fumagalli, La nuova generazione: terziario avanzato e lavoro autonomo, «Global project»,
22 marzo 2010, <http://www.globalproject.info/it/in_movimento/la-nuova-generazione/4333>.
12 G. Allegri; G. Bronzini, Libertà e lavoro dopo il Jobs act cit., p. 46.
13 Per informazioni sui più significativi fenomeni socio-economici è utile la consultazione del 49° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, a cura del Censis, 2015, <http://www.censis.it/10?shadow
_ricerca=121041>.
14 Massimiliano Nicoli, Le risorse umane. Roma: Ediesse, 2015.
15 Alessandro Rosina, NEET: giovani che non studiano e non lavorano. Milano: VP, 2015.
244
note e discussioni
onori della cronaca nel 2008, quando i primi ad essere colpiti dalla crisi sono stati i
16
giovani in tutti i paesi europei, seppure con notevoli differenze di intensità .
Politiche pubbliche europee
Nel corso degli ultimi decenni si determina, quindi, a vari livelli di responsabilità
politica, sociale ed economica, la necessità di operare degli interventi capaci di gover17
nare questi fenomeni . Ne nasce un fitto intreccio tra la produzione di una vasta let18
teratura italiana ed europea, di ambito socio-economico e giuslavoristico , e la rea19
lizzazione di politiche pubbliche che, a dispetto del «crampo all’immaginazione» ,
pongono l’accento sul lavoro ‘di qualità’ (more, but better jobs), sulla flessibilità in
ascesa quindi su iniziativa del lavoratore, sulle politiche di sostegno alla forza lavoro nel mercato, tramite la formazione permanente e continua (lifelong learning), sulla
valorizzazione delle capabilities20 individuali, sull’opera di indirizzo dei servizi pubblici per l’impiego, sulla protezione generalizzata dal rischio di disoccupazione e il
mantenimento dei livelli di reddito nelle transazioni lavorative21.
Flexicurity
I primi negoziati per introdurre la flexicurity22 (flessibilità e sicurezza) in Europa risalgono alla metà degli anni Novanta, ma è con l’avvio del metodo aperto di coordinamento (Open method of coordination, OMC)23, nel quadro della strategia di Lisbona24 del
2000, che si mettono le basi per «un garantismo pluralista nella disciplina dei vari rapporti ma universalista nell’esigenza di valorizzare l’autonomia e la libertà di scelta della
persona attraverso tutele sia nel rapporto di lavoro sia nel mercato, anche mediante un
welfare più inclusivo e pro-attivo»25. Stato sociale, attenzione, che non ha lo scopo, come
16 Si vedano i Quaderni del Rapporto giovani disponibili gratuitamente sul sito della casa editrice Vita e
Pensiero, <http://www.rapportogiovani.it/portfolio/quaderni-rapporto-giovani-ebook/>, e Ruggero Cefalo; Vittorio Sergi; Nicola Giannelli, “We are not NEET”: how categories frame (mis)understanding and impede solutions. Urbino: Facoltà di economia, 2015, <http://www.econ.uniurb.it/RePEc/urb/wpaper/
WP_15_08.pdf>.
17 Fenomeni che vengono qui descritti in maniera generica e hanno l’obiettivo di indicare ai bibliotecari delle piste, non tanto di ricerca scientifica, quanto di applicazione pratica professionale, a seconda del contesto istituzionale, normativo e sociale in cui ognuno si trova ad operare.
18 Rimandiamo al libro di Allegri e Bronzini per la ricostruzione del sorprendente livello di approfondimento raggiunto dal dibattito italiano negli anni Novanta, anche in rapporto a quello europeo, con
le analisi di Massimo D’Antona, Piergiovanni Alleva, Carlo Smuraglia e Giorgio Ghezzi. In particolare
G. Allegri; G. Bronzini, Libertà e lavoro dopo il Jobs act cit., p. 39-61.
19 La definizione è di G. Allegri; G. Bronzini, ivi, passim.
20 Martha Nussbaum, Creare capacità: liberarsi dalla dittatura del Pil. Bologna: Il Mulino, 2012.
21 G. Allegri; G. Bronzini, Libertà e lavoro dopo il Jobs act cit., p. 56.
22 Flexicurity. In: Wikipedia: l’enciclopedia libera. <https://it.wikipedia.org/wiki/Flexicurity>.
23 Commissione europea, Collaborazione a livello europeo: il metodo aperto di coordinamento,
<http://ec.europa.eu/culture/policy/strategic-framework/european-coop_it.htm>.
24 Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Strategia di Lisbona, <http://europalavoro.lavoro.gov.it/
EuropaLavoro/Partecipo/strategia-di-lisbona/>.
25 G. Allegri; G. Bronzini, Libertà e lavoro dopo il Jobs act cit., p. 53.
note e discussioni
245
alcune voci della biblioteconomia italiana hanno giustamente sottolineato, solo di rimediare ai fallimenti del sistema, ma appunto di valorizzare il capitale umano26. Alla strategia di Lisbona fa seguito la strategia Europa 202027, il cui obiettivo è garantire, in un
mondo che cambia, una ‘crescita inclusiva’ con elevati livelli di occupazione e ridurre
il numero delle persone che vivono in condizioni di povertà o a rischio di esclusione
sociale. Ogni stato membro adotta, ovviamente, per ciascuna di queste aree i propri
obiettivi e interventi nazionali, utilizzando i fondi strutturali e di investimento28.
Occupabilità
Le politiche sull’occupabilità rientrano tra gli obiettivi tematici finanziati dal fondo
sociale europeo e cioè: promuovere un’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori; promuovere l’inclusione sociale, combattere la povertà
e qualunque discriminazione; investire nell’istruzione, nella formazione e nella formazione professionale per sviluppare capacità e favorire l’apprendimento lungo
tutto l’arco della vita; rafforzare la capacità istituzionale delle autorità pubbliche e
delle parti interessate e promuovere un’amministrazione pubblica efficiente.
L’occupabilità29 indica, in effetti, la capacità degli individui di essere occupati o
di saper cercare attivamente, di trovare e di mantenere un lavoro, e si colloca nel quadro delle politiche attive promosse anche dal Ministero del lavoro e delle politiche
sociali italiano30, che si
articolano lungo le quattro direttrici indicate prima nella Stretegia di Lisbona
e poi nella Strategia Europea per l’Occupazione (SEO): occupabilità, adattabilità, imprenditorialità, pari opportunità. Gli strumenti messi a disposizione dei
cittadini per realizzare questi obiettivi sono, la formazione, la riqualificazione,
31
l’orientamento, l’alternanza scuola lavoro, i tirocini e le work experiences
erogati attraverso una serie di progetti internazionali32 e nazionali33 e di programmi
di incentivazione al reinserimento o inserimento lavorativo34.
26 Giovanni Di Domenico, Un’identità plurale per la biblioteca pubblica, «AIB studi», 55 (2015), n. 2,
p. 235-246.
27 Commissione europea, Europa 2020, <http://ec.europa.eu/europe2020/index_it.htm>.
28 Commissione europea, Fondi strutturali e di investimento europei, <http://ec.europa.eu/contracts
_grants/funds_it.htm>.
29 Occupabilità. In: Dizionario di economia e finanza. Treccani, 2012, <http://www.treccani.it/
enciclopedia/occupabilita_(Dizionario_di_Economia_e_Finanza)/>.
30 Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Jobs act, <http://www.jobsact.lavoro.gov.it/Pagine/
default.aspx#politiche>.
31 Politiche attive del lavoro, «Randstad», <https://www.randstad.it/azienda/le-nostre-soluzioni/
politiche-attive-del-lavoro/>.
32 Commissione europea, Garanzia per i giovani, <http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1079&
langId=it>.
33 Crescere in digitale, <http://www.crescereindigitale.it/>.
34 Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Progetti e programmi di incentivazione al reinserimento o inserimento lavorativo, <http://sitiarcheologici.lavoro.gov.it/AreaLavoro/PoliticheAttive/
Incentivazione_Reinserimento/Pages/default.aspx>.
246
note e discussioni
Servizi per l’impiego
Tramite Cliclavoro35, il portale unico della rete nazionale dei servizi per le politiche
del lavoro, il Ministero offre l’accesso ai numerosi servizi per l’impiego pubblici e
privati, rivolti a lavoratori e imprese, che perseguono l’obiettivo di favorire l’incrocio tra domanda e offerta, si occupano della prima accoglienza e dell’orientamento
del lavoratore al quale forniscono le informazioni relative al mondo del lavoro, alla
normativa, alle opportunità di impiego e ai percorsi formativi. La platea degli enti
vede coinvolti i centri per l’impiego provinciali, le agenzie private del lavoro, le università pubbliche e private, i comuni, le camere di commercio, gli istituti di scuola
secondaria di secondo grado, statali e paritari, le associazioni datoriali e dei lavoratori firmatarie di CCNL, gli enti bilaterali, le fondazioni i soggetti costituiti dall’ordine nazionale dei consulenti del lavoro, le aziende sanitarie, gli enti di formazione
e le cooperative sociali.
In base alle recenti norme introdotte con i decreti attuativi del Jobs act si annuncia l’istituzione dell’ANPAL (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro) e
che il Ministero del lavoro si impegna a fissare le linee di indirizzo triennali e gli obiettivi annuali in materia di politiche attive, definendo i livelli minimi che le prestazioni devono avere su tutto il territorio nazionale.
Patto di servizio personalizzato
Lavoratori disoccupati o a rischio disoccupazione, oppure impegnati in attività lavorative non a tempo pieno, o scarsamente remunerative, o non confacenti al proprio
livello professionale, o semplicemente perché sono alla ricerca di una occupazione
più adatta alle proprie aspettative, vengono assegnati a una classe di profilazione,
allo scopo di valutarne il livello di occupabilità e sono convocati dai centri per l’impiego per la stipula di un ‘patto di servizio personalizzato’ che deve riportare la disponibilità del richiedente a partecipare a iniziative di carattere formativo, di riqualificazione o di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro36.
Nei prossimi due paragrafi cercheremo di dimostrare che l’integrazione dell’information literacy nei programmi di formazione dei servizi per l’impiego può
favorire opportunità di lavoro sia per gli utenti che per gli stessi bibliotecari.
Workplace information literacy
Una cornice di riferimento
Il connubio tra information literacy e lavoro è all’origine del movimento di alfabetizzazione che si diffonderà in tutto il mondo, a partire dal 1974, data in cui un
avvocato statunitense, impegnato sui temi della proprietà intellettuale e industriale
nel settore privato, presenta una relazione alla Commissione nazionale per le biblioteche e le scienze dell’informazione in cui propone lo sviluppo della competenza
informativa con un approccio universale attraverso tutti i mestieri, le occupazioni
e le professioni37.
Il concetto di information literacy comunque molto presto traghetta dal
mondo del lavoro alle biblioteche scolastiche e accademiche e la maggior parte
35 Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Cliclavoro, <https://www.cliclavoro.gov.it/Pagine/default.aspx>.
36 Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Jobs act, <http://www.jobsact.lavoro.gov.it/>.
37 Paul G. Zurkowski, The information service environment relationships and priorities. Washington:
National Commission on libraries and information science, 1974.
note e discussioni
247
degli studi e delle ricerche lì restano ancorate, fino alla fine degli anni Novanta,
quando prima Bonnie Cheuk Wai-Yi38 della Nanyang Technological University
di Singapore e poi Christine Susan Bruce39 della Queensland University of Technology di Brisbane in Australia descrivono i primi modelli ed esperienze di information literacy applicata al mondo del lavoro. A questi contributi, seguono durante tutti gli anni Duemila una serie di studi e approfondimenti che diventeranno
nel 2014 la base di almeno tre rassegne bibliografiche in lingua inglese sull’information literacy nel mondo del lavoro40, sulle quali ci basiamo per introdurre a grandi linee un tema sostanzialmente inesplorato dalla ricerca e dalla letteratura professionale italiana41.
Kamran Ahmadpour dell’University of Ontario Institute of Technology in
Canada42, ad esempio, nel suo testo Developing a framework for understanding information literacy in the 21st century, si propone di sviluppare un quadro di riferimento
multidimensionale, tramite la selezione di 101 articoli di riviste peer-reviewed pubblicati tra il 2004 e il 2013, con l’obiettivo di illustrare i maggiori temi e le attuali
tendenze di ricerca scientifica nel campo dell’alfabetizzazione informativa. I risultati della rassegna identificano sia le nuove direzioni assunte dall’information literacy (con il passaggio da un approccio orientato alla ‘ricerca’ di informazioni a
quello finalizzato alla ‘produzione’ di contenuti), sia i temi chiave che l’autore
organizza in cinque dimensioni: cognitive, technological, social, affective, metacognitive. Degli articoli esaminati, 89 fanno riferimento all’ambito accademico mentre solo 12 provengono da altri ambiti (tra cui 10 specificatamente dal mondo del
lavoro) registrando quindi definizioni e approcci limitati alle competenze necessarie per orientarsi nelle università.
Si comprende così come mai, diversi autori indicati nella bibliografia fanno notare che le definizioni correnti di information literacy non riflettono la realtà di ciò
che accade nei posti di lavoro. Infatti, l’information literacy è stata sviluppata nelle
istituzioni accademiche, focalizzate innanzitutto sulle capacità e sugli obiettivi di
38 Bonnie Cheuk Wai Yi, An information seeking and using process model in the workplace: a constructivist approach, «Asian libraries», 7 (1998), n. 12, p. 375-390.
39 Christine Susan Bruce, Workplace experiences of information literacy, «International journal of
information management», 19 (1999), n. 1, p. 33-47.
40 Il tema è stato affrontato recentemente anche nella conferenza annuale europea sull’information
literacy: European conference on information literacy (ECIL): abstracts, Tallinn, Estonia, October 1922, 2015, edited by Sonja piranec [et al.]. Tallinn: Tallinn University, 2015, <http://ecil2015.ilconf.org/
documents/ecil2015_abstracts.pdf>.
41 Tra le esperienze pratiche professionali in Italia, oltre ai servizi informativi per giovani e lavoratori
avviati da sportelli informagiovani, come ad esempio a Fano presso la Mediateca Montanari con il progetto Dedalo <http://www.sistemabibliotecariofano.it/servizi-delle-biblioteche/progetto-dedalo/>,
segnaliamo il master universitario di I livello per le funzioni di coordinamento delle professioni sanitarie, attivo dal 2005 e frequentato da lavoratori sanitari, presso il Centro di ricerca in economia e
management in sanità e nel sociale (CREMS) dell’Università Carlo Cattaneo LIUC, nel quale i bibliotecari della Biblioteca Mario Rostoni propongono un programma strutturato intorno alla didattica del
processo di ricerca documentale e offrono una serie di servizi da quelli bibliografici, alla consulenza
personalizzata, fino alla fornitura di accessi ad articoli e libri elettronici da casa.
42 Kamran Ahmadpour, Developing a framework for understanding information literacy in the 21st century: a review of literature [tesi di laurea]. Oshawa: University of Ontario Institute of Technology, 2014.
248
note e discussioni
natura individuale. Invece, nei posti di lavoro, l’information literacy si realizza attraverso un processo sociale di costruzione di senso, basato sul dialogo43.
Oltre la scuola
In effetti, la competenza informativa, ci ricorda Ahmadpour, non può essere confinata a ciò che accade a scuola o in biblioteca ma è un elemento vitale anche al di
fuori di esse, come non ha mancato di sottolineare l’Unesco44; a maggior ragione
oggi, aggiungiamo noi, che siamo tutti soggetti all’aumento esponenziale delle fonti
di informazione e al bisogno di literacy plurali45. Più avanti l’autore, a proposito delle
influenze degli studi di information literacy provenienti dal mondo del lavoro, ci
segnala diversi punti di vista, tra cui ancora quello di Annemaree Lloyd per la quale
lo sviluppo di vari modi di esplorare l’information literacy ci permette non solo di
ampliare la nostra comprensione del concetto, ma anche di costruire un quadro di
riferimento per indirizzare le tendenze delle correnti educative, delle comunità e dei
posti di lavoro46; oppure quelli di Harris e O’Farril che sottolineano l’esistenza di
almeno due tipi di comunità per l’information literacy cioè le comunità di pratica e
le comunità di apprendimento47.
Definizioni
La seconda rassegna48 che prendiamo in esame, curata da Dorothy Williams, Katie
Cooper e Caroline Wavell nel 2014, propone una specifica bibliografia ragionata di
41 pubblicazioni apparse nei quindici anni precedenti sulla rilevanza dell’information literacy nei posti di lavoro, a partire da due domande fondamentali:
1) come viene descritta l’information literacy all’interno dei posti di lavoro? Quali
sono le abilità e le capacità informative prioritarie legate all’uso efficace di informazione nei posti di lavoro?
43 Confronta: David Bawden, Information and digital literacies: a review of concepts, «Journal of documentation», 57 (2001), n. 2, p. 218-259; Annemaree Lloyd, Learning to put out the red stuff: becoming information literate through discursive practice, «The library quarterly», 77 (2007), n. 2, p. 181198; Rubén Toledano O’Farrill, Information literacy and knowledge management at work: conceptions
of effective information use at NHS24, «Journal of documentation», 66 (2010), n. 5, p. 706-733; Robert
Schroeder; Ellysa Stern Cahoy, Valuing information literacy: affective learning and the ACRL standards,
«Libraries and the academy», 10 (2010), n. 2, p. 127-146.
44 United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, Alexandria proclamation on information literacy and lifelong learning, 2006, <http://portal.unesco.org/ci/en/ev.php-URL_ID
=20891&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html>.
45 Vedi: Laura Testoni, Dall’information literacy alle literacy plurali del XXI secolo. In: Biblioteche e biblioteconomia: principi e questioni a cura di Giovanni Solimine e Paul Gabriele Weston. Roma: Carocci, 2015.
46 Annemaree Lloyd, Information literacy, «Journal of librarianship and information science», 37 (2005),
n. 2, p. 82-88.
47 Benjamin R. Harris, Communities as necessity in information literacy development: challenging the
standards, «The journal of academic librarianship», 34 (2008), n. 3, p. 248-255; R. T. O’Farrill, Information literacy and knowledge management at work cit.
48 Dorothy Williams; Katie Cooper; Caroline Wavell, Information literacy in the workplace: an annotated bibliography. Aberdeen: Robert Gordon University, 2014, <http://www.researchinfonet.org/
wp-content/uploads/2014/01/Workplace-IL-annotated-bibliography.pdf>.
note e discussioni
249
2) esistono delle evidenze del valore e/o dell’impatto dell’information literacy nei
posti di lavoro?
È raro, ci avvertono le autrici, trovare nella letteratura sull’information literacy
nei posti di lavoro una sua definizione specifica; alcuni ricercatori adottano descrizioni generiche basate sugli standard (per esempio ACRL, Sconul); altri invece ritengono del tutto improduttivo lo sforzo definitorio e forniscono descrizioni più contestualizzate, ponendo maggiore enfasi sui processi informativi informali,
sull’organizzazione, creazione, trasformazione dell’informazione in conoscenza49.
Gli standard e i modelli generici fondati sull’attribuzione dello stesso peso alle
fasi dell’information literacy non sempre sono applicabili nei contesti di lavoro e
professionali, dove differenti livelli di responsabilità nello staff (per esempio dirigenti, impiegati e... lavoratori autonomi) possono esprimere bisogni diversi, oppure dove l’uso e la condivisione delle informazioni è all’interno di un team che percepisce il progetto di lavoro in cui è coinvolto come una sfida e non un’esperienza
scoraggiante, come accade talvolta a scuola o all’università.
Impatto dell’information literacy nei posti di lavoro
A proposito, invece, del valore generato dall’information literacy nei posti di lavoro, le autrici della bibliografia ci segnalano che i partecipanti alle ricerche effettuate, spesso la definiscono come ‘importante’ ma raramente ne misurano l’impatto in
termini di profitto, come è accaduto nel 2007 in uno dei pochi esperimenti segnalabili, dove l’impatto generato da inefficienze nelle procedure di ricerca di informazioni nelle piccole e medie imprese inglesi è stato stimato, prudentemente, con la
perdita di 3,7 miliardi di sterline all’anno50. Il valore dell’information literacy nei
posti di lavoro piuttosto viene espresso in altri modi come: maggiore efficienza, riduzione dei costi, supporto alla gestione della conoscenza, rilevazione ambientale,
aggiornamento, condivisione delle conoscenze a livello aziendale, superamento dell’information overload, maggiore capacità di problem solving, supporto all’apprendimento organizzativo, maggiore successo sul mercato, migliore comunicazione aziendale, maggiore competitività e redditività, supporto al processo decisionale, sviluppo
economico e incremento della resilienza aziendale.
Comunque sia, concludono gli autori, per i bibliotecari e i professionisti dell’informazione, produrre una maggiore evidenza dell’impatto dell’information literacy nei posti di lavoro è un requisito urgente, se si vuole convincere della sua rilevanza e del suo significato imprenditori, lavoratori e governi.
Occupabilità e information literacy
Si potrebbe sostenere con Charles Inskip, membro del Cilip (Chartered Institute of Library
and Information Professionals) in Gran Bretagna, autore della terza rassegna bibliogra49 In questa direzione si collocano però sia Un quadro di riferimento per la competenza informativa
per gli studi universitari, traduzione italiana a cura del Gruppo di studio AIB sull’information literacy,
2015, <http://www.aib.it/attivita/2015/51715-il-framework-acrl/>, sia la recente revisione dei sette
pilastri di SCONUL sulla base del concetto di employability, Stéphane Goldstein, Graduate employability lens for the SCONUL seven pillars of information literacy, 2015, <http://www.sconul.ac.uk/
sites/default/files/documents/Employability%20lens%20and%20report.pdf>, che superano entrambi gli standard pubblicati in precedenza.
50 Martin De Saulles, Information literacy amongst UK SME: an information policy gap, «Aslib proceedings», 59 (2007), n. 1, p. 68-79.
250
note e discussioni
fica esaminata, che l’«information literacy è per la vita e non solo per conseguire una
buona laurea»51. Si tratta in questo caso di una panoramica delle principali pubblicazioni sull’information literacy nei posti di lavoro, con particolare attenzione ai temi dell’occupabilità, della transizione scuola-lavoro, delle teorie, delle politiche e delle esperienze pratiche realizzate e riportate da ricerche accademiche, report ufficiali di governi
e di associazioni professionali, industriali e commerciali. L’autore si chiede tra l’altro:
- identificare l’information literacy come attributo dell’occupabilità (come abbiamo
visto al centro delle politiche attive in Italia e in Europa) può aiutarci a gettare un ponte
tra il mondo accademico e il mondo del lavoro, per troppo tempo rimasti separati?
- oppure: come impatta l’information literacy sui livelli di occupabilità degli studenti?
A questo scopo ci suggerisce la lettura di diversi articoli, che proprio a partire dal
generale spostamento dalla library instruction all’information literacy hanno iniziato
a prendere in considerazione gli effetti sull’occupabilità tra commercialisti, ingegneri, studi legali, commercianti, studenti di economia e accelerato significativamente lo
sviluppo dell’attenzione sulla fase di transizione scuola-lavoro. Tuttavia, Inskip segnala alcune ricerche che dimostrano che quando gli studenti confrontano gli skills informativi acquisiti a scuola con ciò che gli viene richiesto sui posti di lavoro, trovano molte
differenze in termini di fonti e tipologie di informazioni conosciute52.
Non va sottovalutato, d’altronde, come spesso il termine ombrello ‘information
literacy’ nei posti di lavoro non venga né utilizzato né compreso dai lavoratori, mentre la presenza della competenza informativa viene celata dietro altri nomi: sono diversi gli ambiti indagati dalla letteratura scientifica, come call center, vigili del fuoco, PMI,
servizi sanitari e legali. Vale la pena tenere conto, secondo Inskip, delle osservazioni di
Cheuk53 quando sottolinea che nei posti di lavoro la ricerca informativa non è sempre
necessaria, anzi spesso essa procede per tentativi ed errori, non restituisce risposte, non
è né lineare né compito di una sola persona e i criteri di rilevanza cambiano. Insomma, conclude Inskip, i bibliotecari che si vogliono avventurare con successo nel mondo
del lavoro hanno la necessità di una solida teoria che riconosca la natura contestuale
delle pratiche informative, dello sviluppo di partnerships, di nuovi linguaggi che colmino il gap semantico, di metodi basati sulle evidenze, di policy adeguate alle comunità di lavoro e al ruolo che gioca l’informazione nell’economia della conoscenza.
Queste sollecitazioni sono state messe alla base del progetto formativo territoriale descritto nel prossimo paragrafo.
Che fare? Sintesi di un progetto integrato di alfabetizzazione
Obiettivo competitività regionale e occupazione
Il Centro per l’impiego, l’orientamento e la formazione di Fano che fa parte della
Rete job del Servizio formazione e lavoro della provincia di Pesaro Urbino54, con un
51 Charles Inskip, Information literacy is for life, not just for a good degree: a literature review. CILIP, 2014.
52 Confronta tra gli altri: James E. Herring, From school to work and from work to school: information
environments and transferring information literacy practices, «Information research», 16 (2011), n. 2,
p. 3-19, <http://www.informationr.net/ir/16-2/paper473.html>.
53 Bonnie Cheuk Wai Yi, Exploring information literacy in the workplace: a process approach. In: Information
literacy around the world: advances in programs and research, edited by Christine Bruce, Philip C. Candy, Helmut Klaus. Wagga Wagga, N.S.W.: Centre for information studies, Charles Strut University, 2000, p. 177-191.
54 Provincia di Pesaro e Urbino, Cos’è il Servizio formazione e lavoro?, <http://www.provincia.pu.it/formazionelavoro/>.
note e discussioni
251
finanziamento ad hoc ha accolto nel dicembre del 2013 un progetto presentato da
un gruppo di professionisti riunito all’interno di Warehouse coworking factory, uno
spazio di coworking che ospita da circa tre anni freelance e gruppi collaborativi nella
stessa provincia55.
Il progetto formativo della durata di 84 ore, comprensivo di un modulo dedicato all’information literacy, inquadrato nell’ambito del FSE 2007/2013 Obiettivo Competitività regionale e occupazione56 e destinato a 18 disoccupati e inoccupati, lavoratori in mobilità e/o in CIGS anche in deroga57, è rientrato nelle linee di attuazione
delle politiche attive del lavoro e preventive, con particolare attenzione all’integrazione dei migranti nel mercato del lavoro, all’invecchiamento attivo, al lavoro autonomo e all’avvio di imprese che hanno la finalità di promuovere l’inserimento e il
reinserimento di inattivi e disoccupati; ridurre la disoccupazione giovanile e di lunga
durata; incrementare i tassi di attività e di occupazione degli over 45, nell’ottica dell’invecchiamento attivo; innalzare e qualificare la partecipazione al mercato del lavoro; favorire l’inserimento socio-lavorativo degli immigrati58.
Finalità del progetto formativo
In linea con gli obiettivi generali del bando, il programma offerto dal gruppo dei formatori, denominato Geronimo59 (Giovani eroi nuovi imprenditori), si è proposto
di sostenere l’imprenditoria di nuova generazione attraverso lo sviluppo di un approccio creativo e la sistematizzazione di pratiche di apprendimento partecipativo orientate a fornire ai candidati, provenienti dal territorio marchigiano, competenze chiave per strutturare al meglio la propria idea di impresa e il proprio business, ma anche
metodologie, strumenti, linguaggi, conoscenze e categorie mentali nuove, finalizzati a perfezionare l’intrapresa personale e professionale, in un mondo in crisi e in
rapidissimo cambiamento, dove non è più possibile avviare delle attività imprenditoriali con i metodi e gli strumenti del passato.
Fare innovazione sociale e sviluppare nuove idee imprenditoriali, intese non solo
come invenzioni originali ma anche come ri-progettazione dell’esistente o capacità
di immaginare soluzioni inedite e più efficaci agli stessi problemi, richiede, secondo gli ideatori del corso, oltre ad ambizione, intraprendenza, competitività, talento
e coraggio, anche il rinnovo e il rilancio di parole chiave come partecipazione, collaborazione, condivisione, comunicazione e formazione tra pari, soprattutto grazie
al supporto delle nuove tecnologie digitali. Il territorio marchigiano d’altronde, che
è l’area di riferimento dei soggetti organizzatori coinvolti, è ricco di idee imprenditoriali e giovani professionisti che non si arrendono all’immobilità del mercato lavorativo, e si lanciano in esperienze di autoimprenditorialità, avviano imprese, apro55 Warehouse Coworking Factory, <http://www.warehouse.marche.it/>.
56 Regione Marche, Programma operativo regionale Marche F.S.E. 2007-2013, 2013, <http://www.
opencoesione.gov.it/media/files/programma-asse-obiettivo-2007it052po007/POR%20FSE%20Marche.pdf>.
57 Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Obiettivo competitività regionale e occupazione,
<http://europalavoro.lavoro.gov.it/EuropaLavoro/Glossario/Obiettivo-Competitivita-regionale>.
58 Regione Marche, Programma operativo regionale Marche F.S.E. 2007-2013 cit., p. 57; sono alcuni
degli obiettivi operativi di Asse II Occupabilità.
59 La documentazione è disponibile presso il sito Warehouse coworking factory a Marotta (PU),
<http://www.warehouse.marche.it/2015/01/geronimo-gionavi-eroi-nuovi-imprenditori-autoimpiegoe-imprenditorialita/>.
note e discussioni
252
60
no una partita IVA . Costoro rappresentano un capitale intellettuale, cioè un insieme di risorse umane, di capacità e di relazioni che, se convogliato anche in uno spazio fisico come il coworking, ha tutto il potenziale per generare quegli asset intangibili che servono alle Marche, alle sue piccole e medie imprese, alle sue istituzioni e
adeguati ai nuovi scenari di mercato e sociali.
Adriano Olivetti avrebbe utilizzato l’espressione ‘intangibili di comunità’61 cioè:
valori, conoscenze e competenze che concorrono alla crescita e allo sviluppo non
solo economico, ma anche sociale e umano delle comunità e dei territori.
I contenuti del corso
Il gruppo dei docenti coinvolti62 si è avvalso del supporto di metodologie e modalità come open space technology63, barcamp64, b2b speed dating65, laboratori di partecipazione e apprendimento attivo, focus group tematici, workshop di progettazione; il
tutto a partire dal presupposto che le idee progettuali vanno ‘messe sul tavolo’ dando
l’opportunità a ogni partecipante di portare il proprio contributo.
Il corso è stato strutturato in tre moduli teorico-pratici, indirizzati ad approfondire, dal punto di vista imprenditoriale, le potenzialità dei processi partecipativi, la
produzione e la comunicazione di contenuti e, infine, la pianificazione e il finanziamento della propria idea di business.
Il primo modulo di 27 ore intitolato Creatività, modelli collaborativi e intelligenza collettiva, finalizzato a sviluppare la capacità di comunicazione interpersonale dei singoli partecipanti e accrescere le competenze motivazionali e relazionali tra pari, ha
trattato i seguenti argomenti:
- ‘la disposizione in campo’: la risorsa del gruppo;
- io e gli altri: intelligenza emotiva e comunicazione interpersonale;
- oltre l’expertise: competenze motivazionali;
- paradigmi per la soggettività;
- laboratorio ‘esprimersi e ascoltare’: crescere con congratulazioni e critiche costruttive;
- laboratorio di costellazioni sistemiche;
- modelli economici e capacità cognitive;
- fiducia (trust e confidence) e incertezza;
60 Regione Marche, Osservatorio regionale mercato del lavoro, <http://www.istruzioneformazionelavoro.
marche.it/Osservatorioregionalemercatodellavoro.aspx>.
61 Innovazione, intangibili, territorio: analisi e valorizzazione del capitale intellettuale per le politiche di sviluppo locale: Convegno per i cinquant’anni della Fondazione Adriano Olivetti, Roma, Accademia nazionale dei lincei, 30 maggio 2012. Roma, Ivrea: Fondazione Adriano Olivetti, 2012,
<http://www.fondazioneadrianolivetti.it/pubblicazioni.php?id_pubblicazioni=253>.
62 Oltre al sottoscritto nel ruolo di bibliotecario, hanno fatto parte: Simone Moriconi (marketing e
comunicazione), Patrizio Massi (psicologo del lavoro), Francesca Centofanti (avvocato), Floriano Bonfigli (ricercatore Istao), Tommaso Sorichetti (co-design, strategic planning), Cristiana Rubbio (social
media manager), Ronnie Garattoni e Laura Sgreccia (tutor e coworking manager).
63 Open space technology. In: Wikipedia: l’enciclopedia libera. <https://it.wikipedia.org/wiki/
Open_Space_Technology>.
64 BarCamp. In: Wikipedia: l’enciclopedia libera. <https://it.wikipedia.org/wiki/BarCamp>.
65 Speed dating. In: Wikipedia: the free encyclopedia. <https://en.wikipedia.org/wiki/Speed_dating>.
note e discussioni
253
- coprogettazione: dall’idea al progetto condiviso;
- la forza del team e la sua resilienza.
Nel secondo modulo di 34 ore Information literacy e comunicazione nella rete si è tenuto conto del fatto che un’idea di business presuppone un’accurata capacità nella
ricerca e nell’uso di informazioni riguardo al settore in cui essa si inscrive e un insieme di competenze e capacità creative nel narrarlo. Gli argomenti specifici in questo
caso sono stati:
- la valorizzazione delle idee, diritto d’autore, marchi, brevetti e modelli di utilità;
- scenari e politiche della conoscenza, della ricerca e dell’informazione;
- risorse informative: dove e come;
- scrivere per capire e comunicare: dalle mappe concettuali allo storytelling;
- branding e storytelling: come differenziare le proprie idee e trovare la propria narrazione identitaria;
- l’importanza di avere un blog: uno strumento fondamentale per raccontarsi;
- content marketing e content curation: come creare contenuti utili per il mercato potenziale;
- creare un blog con Wordpress: lezione pratica;
- dal social media marketing plan alla progettazione del social storytelling;
- viralità comunicativa: comprendere e praticare ‘il contagio’;
- raccontarsi nei social network Facebook, Twitter, Linkedin, Instagram, YouTube:
come fare social media marketing per i propri progetti;
- e-mail e webinar come strumenti di comunicazione diretta.
Il terzo e ultimo modulo di 23 ore complessive Valore e sostenibilità economica del progetto
ha fornito ai partecipanti, i principali strumenti per gestirsi finanziariamente a partire dalla
definizione del proprio modello di business, avvicinandosi alle nuove piattaforme e modalità per la raccolta fondi che si basano sul vasto pubblico online, come donazioni per cause
di interesse collettivo, partecipazioni agli utili in forma di equity66, fino ai prestiti di denaro peer-to-peer e al baratto di servizi tra professionisti. Gli argomenti sviluppati sono stati:
- collaborative business: modelli di multistakeholder engagement;
- strumenti online collaborativi: come migliorare la produttività di un gruppo di lavoro;
- finanziare un’idea in crowdfunding: come creare e promuovere una campagna reward-based;
- personal fundraising per progetti sociali: cercare finanziamenti tramite donazioni;
- scambi di servizi peer-to-peer: dal social lending al baratto di servizi per realizzare il
proprio progetto;
- business model canvas, SWOT analysis;
- strutturare un business plan per il proprio progetto.
Il gruppo dei partecipanti
Il corso è stato presentato ufficialmente il 13 febbraio 201567 nella sede del CIOF di
Fano, alla presenza di circa cinquanta persone interessate. Sono state aperte quindi
66 Equity (finance). In: Wikipedia: l’enciclopedia libera. <https://en.wikipedia.org/wiki/Equity_(finance)>.
67 La notizia è passata sulla stampa quotidiana, vedi “Geronimo”, i giovani imparano a diventare imprenditori, «Il resto del Carlino», 2015, <http://www.ilrestodelcarlino.it/fano/centro-impiego-corso-formazioneimprenditori-1.664554>. Successivamente verrà proposto come best practice anche a Bari al convegno “La
biblioteca per lo sviluppo del Paese: tra economia e welfare: XVII workshop di Teca del Mediterraneo”, Bari,
30 marzo 2015, <http://biblioteca.consiglio.puglia.it/ViewStatic.aspx?q=8020773A7FE03DDC1DA82
F6015B7D13A>.
254
note e discussioni
le iscrizioni e definite le date per la selezione di 18 allievi più 4 auditori in possesso
di diploma di istituto superiore o laurea. Su 60 iscritti, provenienti anche dai centri
per l’impiego della provincia di Ancona, in 53 sono stati ammessi alle prove: la prima
prova scritta di cultura generale in forma di test e, a seguire, un colloquio motivazionale in cui i candidati hanno presentato la propria idea progettuale, dimostrato
di avere sufficienti competenze informatiche e conoscenza delle più comuni piattaforme di conversazione e condivisione online.
Tutti questi fattori, insieme al curriculum, hanno costituito gli elementi a disposizione della commissione di valutazione, di cui, oltre ai responsabili del CIOF hanno
fatto parte anche due referenti del gruppo Warehouse. I profili dei 22 candidati selezionati sono rientrati in quattro macrosettori: artigianato artistico, industria editoriale e grafica, turismo e food, innovazione sociale. In particolare, creazione di accessori uomo/donna; oggetti come borse, borsellini e portafogli upcycling; gioielli in
metallo e in ceramica; oggetti in legno naturale; packaging; scultura; editoria d’arte;
grafica pubblicitaria; serigrafia; incoming turistico; turismo esperenziale; ludoteca
con giochi tradizionali; orto di erbe antiche; antico forno a legna; stagionatura formaggi locali in grotta; supermercato multietnico; albergo per cani.
Analisi delle abitudini informative
Le lezioni hanno preso il via ad aprile 2015. Nel modulo di 12 ore dedicato all’information literacy, sono stati coinvolti un avvocato per introdurre l’argomento della
proprietà intellettuale e delle sue sfaccettature in tema di diritto d’autore, brevetti,
marchi e design, e il sottoscritto nelle vesti di bibliotecario per fornire un’alfabetizzazione con cui agire consapevolmente nella complessità del mondo dell’informazione, in cui tutti, aspiranti imprenditori compresi, sono potenzialmente produttori e consumatori di contenuti.
Se nell’articolazione e nella realizzazione del programma si è cercato innanzitutto di trovare una cifra comune con gli altri moduli (anche per poter supportare
docenti e allievi con adeguate risorse bibliografiche su tutti gli argomenti del corso),
per far emergere più chiaramente le specificità e i bisogni espliciti o latenti degli aspiranti imprenditori è stato invece somministrato, via e-mail una settimana prima dell’inizio del modulo, un questionario68 di 12 domande aperte e chiuse, per verificare
le abitudini informative.
Nel questionario è stato chiesto di descrivere:
1) i fattori ritenuti più importanti per il successo delle attività imprenditoriali in cantiere,
2) le informazioni ritenute necessarie in fase di avvio,
3) gli strumenti informativi usati correntemente nella vita quotidiana e attraverso
quali canali,
4) la capacità di produrre particolari formati di contenuti.
Dalla rilevazione è emerso che insieme alla formazione, tra i ‘fattori di successo’
della propria attività gli allievi ritengono prioritario l’accesso all’informazione, subito dopo la comprensibile preoccupazione di riuscire ad offrire una buona qualità dei
propri servizi. Tra i ‘fattori critici’ invece, risolvibili anche tramite l’uso di un’adeguata informazione, sono stati indicati: burocrazia, business plan, campagne SEO/SEM,
68 I risultati del questionario sono stati elaborati sulla piattaforma Survey monkey messa a disposizione dell’AIB tramite il Gruppo di studio sulla information literacy, di cui faccio parte dal 2015, con
l’obiettivo, tra l’altro, di approfondire l’impatto dell’information literacy nei settori del lavoro professionale e delle imprese.
note e discussioni
255
accesso a competenze esterne, comunicazione, costi di avviamento, diritto d’autore, finanziamenti, welfare e pensioni, logistica, marketing, motivazione, pubblicità,
questioni legali per il tipo di servizio, realizzazione-gestione diretta sito web, regolarizzazione di spazi e attrezzature, relazioni con soci, ricerca e analisi del mercato,
ricerca e formazione dei partner, ricerca tecnologica, scelta della zona migliore dove
avviare l’attività.
Le tipologie di fonti informative e documentarie ritenute particolarmente importanti sono state le informazioni legislative, i rapporti di mercato e le informazioni
tecniche; in rete invece i servizi più usati sono risultati e-mail, social network, Youtube e Wikipedia, mentre sul versante della capacità di produrre contenuti in determinate forme le risposte più frequenti hanno riguardato presentazioni pubbliche,
contenuti generici sul web e la tradizionale tesi di laurea. Solo 3 rispondenti su 20
hanno confermato infine di essere informati sulle politiche sul diritto d’autore, sui
brevetti, i marchi e, in genere, su tutto ciò che riguarda la proprietà intellettuale compreso il movimento copyleft.
Sulla scorta di queste rilevazioni i docenti hanno articolato un corso di alfabetizzazione di base con l’obiettivo di rendere i partecipanti capaci di comprendere, in
vista di un eventuale approfondimento personalizzato e a partire dalla mappatura
del loro ambito di lavoro specifico, i seguenti aspetti: l’ecosistema documentario, i
canali per la ricerca informativa e infine i criteri di organizzazione e valutazione dell’informazione.
Contraffazione e ignoranza
Sono stati forniti pertanto alcuni esempi di contraffazione69 e plagio balzati all’onore della cronaca, in ambito aziendale e istituzionale, proprio per mettere in evidenza l’importanza di saper usare, anche responsabilmente, l’informazione e per
non compromettere già all’apertura la propria attività imprenditoriale. È stata condivisa a proposito, l’opinione di Giuseppe Campagnoli, su un presunto caso di plagio in cui sono stati coinvolti un’amministrazione pubblica e un’agenzia pubblicitaria marchigiane70:
Il rischio di plagio nell’artista in genere diminuisce in funzione della sua preparazione e della sua formazione. Chi si improvvisa artista senza alcuna scuola cade più frequentemente nella copia e nel plagio. Quando si progetta occorre fare preliminarmente un’approfondita ed ampia analisi storica e iconografica,
una ricognizione documentale, un ricorso al proprio solido bagaglio culturale (oggi il web, se ben usato è uno strumento preziosissimo, specialmente se si
adoperano le webquest). Un musicista ad esempio più ascolta i classici e la musica contemporanea più riuscirà a orientarsi verso lidi originali e ad evitare di
71
copiare platealmente .
69 Ministero dello sviluppo economico, La contraffazione in cifre: la lotta alla contraffazione in Italia
negli anni dal 2008 al 2013, a cura di Lidio Maresca e Paola Riccio, 2014, <http://www.uibm.gov.it/
iperico/home/Rapporto_Iperico_2014.pdf>.
70 Margherita Giacchi, Ricci: “Il nostro city brand non è copiato: non lo cambiamo”, «Il resto del Carlino», 2014, <http://www.ilrestodelcarlino.it/pesaro/logo-pordenone-city-brand-pesaro-1.490446>.
71 Giuseppe Campagnoli, I loghi pesaresi: perseverare diabolicum est?, «ReseArt», 2015,
<http://researt.com/2015/03/02/i-loghi-pesaresi-perseverare-diabolico-est/>.
256
note e discussioni
L’attenzione sul tema della proprietà intellettuale è estremamente importante poiché il sistema delle informazioni è un asse fondamentale del mondo economico globalizzato e tecnologizzato, con tutto l’insieme di norme, limitazioni ed esclusive che
esso comporta72.
Anche se si stanno diffondendo sempre di più aree e pratiche di scambio e condivisione, generalmente identificate con i termini sharing economy, open innovation,
open content, open data, open access fondate su politiche di copyleft e licenze creative commons, che abbassano, quando non eliminano del tutto gli ostacoli posti all’accesso alla proprietà intellettuale, le politiche ufficiali continuano a registrare una
sostanziale chiusura all’innovazione e molte difficoltà ad armonizzarsi73. L’allarme
per il rischio di plagio e contraffazione non è giustificato solo dalla grande quantità
di pratiche giudiziarie gestite dagli studi legali74, ma anche dalle statistiche e dai rapporti pubblicati periodicamente dalle principali agenzie e istituzioni che monitorano lo stato dell’ignoranza in Europa e in Italia. Siamo senza sapere, si è detto75.
Pratiche convergenti
Indispensabile è stato quindi descrivere ai discenti, senza pretese di esaustività, come
funziona il mondo dei saperi, delle conoscenze, delle informazioni e dei dati, sottolineando che la conoscenza trova la sua completezza nella condivisione, e come
questa sia possibile anche attraverso la produzione di documenti (scrittura di testi,
video, audio) che diffondano la conoscenza ovunque, anche e soprattutto fuori da
un ambito strettamente accademico.
Conoscenza intesa come patrimonio e conoscenza intesa come interazione, frutto di un aggiornamento continuo, di contaminazione e accesso a un sapere sempre
rinnovato tramite lo studio e l’esperienza. E certamente non è potuto mancare il riferimento alla rete come metafora e luogo di conversazione orizzontale, ma anche
come depositaria di conoscenze alla luce di una ‘storia sociale’ sviluppatasi per mezzo
di pratiche di raccolta, analisi, diffusione e utilizzo di conoscenze, magistralmente
descritta da Peter Burke76.
Un aspirante imprenditore potrebbe avere bisogno di raccogliere informazioni
e fare ricerca attraverso rilevamenti, indagini, questionari, interviste, registrazioni,
consultazione di banche dati; lavorare in cantiere o in ufficio e avere bisogno di analizzare le informazioni a fini statistici, comparativi, interpretativi; essere in grado di
diffondere le conoscenze tramite comunicazioni verbali e scritte, tabelle, grafici, diagrammi; orientarsi nelle politiche sulla proprietà intellettuale, strutturare informazioni sui clienti e sulla produttività e, non ultimo, gestire la conoscenza secondo il
canone del knowledge management che si è imposto negli ultimi decenni. È una cul-
72 In ambito bibliotecario vedi l’importanza attribuita alla questione dall’IFLA, «IFLA trend report»,
<http://trends.ifla.org/>.
73 Per farsene un’idea è sufficiente seguire le attività dell’AIB: Osservatorio diritto d’autore e open
access, <http://www.aib.it/struttura/osservatori/osservatorio-diritto-autore/>.
74 Oltre all’esperienza dell’avv. Francesca Centofanti, docente nel corso, ho raccolto la testimonianza dell’avv. Gianluca Benedetti, esperto di proprietà intellettuale di Pesaro e membro dell’Associazione italiana
documentalisti brevettuali (AIDB), Ufficio brevetti Pedrini e Benedetti, <http://www.pedrinibenedetti.it/>.
75 Giovanni Solimine, Senza sapere: il costo dell’ignoranza in Italia. Bari: Laterza, 2014.
76 Peter Burke, Dall’Encyclopédie a Wikipedia. Bologna: Il Mulino, 2013.
note e discussioni
257
77
tura convergente quella a cui deve essere informato l’imprenditore, resa possibile
dall’integrazione nell’ordine del discorso digitale di diversi strumenti informativi.
Saperi78
Naturalmente, se è stato utile illustrare durante il corso le procedure di circolazione
delle conoscenze altrettanto lo è stato riflettere intorno alle forme del sapere nelle
sue articolazioni (sapere organizzato, diffuso, organizzativo) alle quali corrispondono certe forme e filiere informative e documentarie, che come le pratiche della
conoscenza non sono mondi separati ma appunto convergenti.
Il sapere organizzato dello studio e della ricerca viene registrato su particolari
tipologie di documenti (saggi, riviste) e divulgato da università, centri di ricerca,
scuole, spin-off, fondazioni, mentre quello diffuso lo possiamo vedere materializzato, banalmente, in librerie, edicole, radio, televisioni, cinema, mostre e in una forma
molto polverizzata sul web e sui social network più popolari, ai quali si accede quotidianamente tramite dispositivi mobili, e alla sua produzione, diffusione e accumulazione concorrono una molteplicità di soggetti formando opinioni, usi e costumi di milioni di persone. Se tradizionalmente, infine, il sapere organizzativo era
accumulato, e molto spesso non documentato, all’interno delle grandi organizzazioni formali, fossero esse amministrazioni pubbliche o imprese, oggi quello che
definiamo know how pratico e applicativo è un sapere indispensabile e misurabile
anche nelle PMI o nelle attività libero professionali, a maggior ragione se si intende
impegnarsi in attività di ricerca e sviluppo con tutti gli obblighi e le forme di comunicazione79 a carico delle imprese che ciò comporta.
Imprenditore e alfabeta
Oggi più di ieri, per gestire la complessità, anche per gli imprenditori è necessario
allora essere information literate, media literate o addirittura transliterate80. L’imprenditore alfabeta, deve sapersi destreggiare in un ampio ventaglio di processi, strumenti
e contenuti, come:
- analisi di mercato, ricerca appalti e commesse, normative;
- brand management, campagne pubblicitarie, social media marketing, storytelling,
crowdfounding, crowdsourcing, content curation, problem solving, e-commerce;
- produzione di comunicati, dossier, documenti tecnici, progetti, video, fotografie,
business model, mappe concettuali, citazioni, articoli, newsletter, libri, tesi, infografiche, siti web, blog;
77 Henry Jenkins, Cultura convergente. Milano: Apogeo, 2007.
78 Un’agile disamina sulle forme dei saperi, corredata di riferimenti bibliografici, è disponibile in G.
Solimine, Senza sapere cit.
79 Min. Sviluppo economico, d.min. 28/3/2008, n. 76. Regolamento concernente disposizioni per l’adempimento degli obblighi di comunicazione a carico delle imprese [...], Gazzetta ufficiale n. 92 del 18
aprile 2008, <http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:ministero.sviluppo.economico:decreto:200803-28;76!vig=>, vedi l’art. 2, Attività ammissibili. Maggiori dettagli sono verificabili su La divulgazione dei
risultati nei progetti di ricerca: l’esperienza di Sommact, a cura di Gianfranco Malagola, «Innovare», 12
(2011), n. 3, p. 50-51, <http://www.rivistainnovare.com/wp-content/uploads/2011/10/innovare_3.pdf>.
80 L. Testoni, Dall’information literacy alle literacy plurali del XXI secolo cit. Al mondo del lavoro fa
riferimento anche la Lyon Declaration on access to information and development. 2014,
<http://www.ifla.org/past-wlic/2014/ifla80/node/522.html>.
258
note e discussioni
- conferenze, lezioni, seminari, pitch, presentazioni, colloqui di lavoro;
- software, keywords e posizionamento SEO, RSS, confronti online, valutazione, commenti e recensioni;
- cavi, antenne, TV, smartphone, tablet, pc, e-reader, stampanti 3D, foto e videocamere.
Gli imprenditori, nel loro rapporto con la ricerca e l’uso di informazioni sono condizionati, come tutti del resto, da una serie di attributi e percezioni personali81, nonché da fattori esterni come la disponibilità di risorse e tecnologie, le leggi, le politiche
governative, i sistemi educativi, le relazioni tra pari o con i docenti e, perché no, anche
con i bibliotecari che hanno nei loro confronti l’opportunità di fare da coach82.
Mapping
Per questo è stato proposto agli allievi di descrivere la propria idea imprenditoriale
attraverso un’esercitazione di mapping83, di gruppo e individuale, in continuità con
gli altri moduli del corso Geronimo, nei quali il brainstorming e la mappatura, indipendentemente dal fatto che vengano realizzati su carta o in digitale, sono considerati un passaggio fondamentale per tenere conto di tutti gli elementi coinvolti
nella propria attività lavorativa (si pensi tra l’altro, allo story board aziendale, alla
redazione di un business plan oppure alla gestione dei lavori di gruppo). Gli allievi
hanno analizzato il loro ambito lavorativo, individuando enti, persone fisiche, organizzazioni, attività specifiche, attrezzature hardware e software, materiali, spazi e
tempi operativi, adottando, su proposta del bibliotecario, il metodo analitico-sintetico (o a faccette)84 con l’obiettivo minimo di ricavarne un set di parole chiave da
utilizzare nelle successive fasi di ricerca, valutazione, organizzazione e produzione
di informazioni. Si è sottolineato infatti come le parole chiave possono tornare utili
come tags, menu web, redazione di elenchi e indici, schemi di classificazione di repository, oppure come query su motori di ricerca e banche dati o per l’allestimento di
campagne search engine optimization.
Fonti informative
Particolare attenzione è stata data quindi all’uso e alla distinzione tra diverse fonti
di informazione (primarie, secondarie, terziarie), ad accesso aperto o a pagamento,
soffermandosi sui loro criteri di organizzazione tramite metadati e indici. Sono stati
analizzati siti commerciali come Amazon, eBay, documentazione di fonte pubblica
e privata di immediato interesse imprenditoriale su fisco, previdenza, agevolazioni,
mercati esteri, normative, statistiche85. Ricorsivo è stato perciò l’approfondimento
dei criteri di ‘valutazione’ (anche economica) delle risorse, introducendo la diffe-
81 Moira Bent, Information literacy landscape, «Moira’s infoLit blog», 2008, <http://moirabent.
blogspot.it/p/information-literacy-landscape.html>.
82 Sul ruolo del bibliotecario nel processo di information literacy si consulti Laura Ballestra, Information literacy in biblioteca. Milano: Bibliografica, 2011.
83 Alberto Scocco, Costruire mappe per rappresentare e organizzare il proprio pensiero: strumenti
fondamentali per professionisti, docenti e studenti. Milano: Angeli, 2008.
84 Laura Ballestra; Piero Cavaleri, Manuale per la didattica della ricerca documentale: ad uso di biblioteche, università e scuole. Milano: Bibliografica, 2014, p. 66. Questo metodo è alla base del modello
terminologico concettuale di tipo categoriale per l’analisi di un ambito proposto dai due autori.
85 Associazione italiana biblioteche, DFP Documentazione di fonte pubblica in rete, <http://dfp. aib.it/>.
259
note e discussioni
86
renza tra risorse strutturate, sottoposte a un processo di peer-rewiev e risorse non
strutturate che rischiano a volte di essere inattendibili, inesatte, obsolete o parziali,
generando bufale e falsi, soprattutto in Internet87.
Per quanto riguarda infine gli strumenti e le tecniche di organizzazione delle
informazioni in funzione della conservazione, del recupero e dell’applicabilità produttiva, è stata indicata l’utilità di tools online basati sul cloud computing o il virtual
desktop, lasciando ai moduli gestiti dagli altri docenti il compito di approfondirne il
funzionamento e la configurazione in ogni specifico dominio.
Feedback
Il corso Geronimo si è concluso a luglio 2015, registrando un altissimo livello di frequenza dei partecipanti e anche un buon grado di soddisfazione rilevato alla fine di
ogni singolo modulo. Inoltre, come parte fondante del processo di apprendimento,
è stata avviata una ricerca psico-sociale in collaborazione con l’Università delle persone88, allo scopo di valutare l’efficacia formativa del corso nel suo complesso attraverso il monitoraggio, la misurazione e l’analisi del cambiamento degli allievi. Per
la rilevazione è stato approntato un questionario proiettivo di 60 items e somministrato all’inizio del corso, poi uno in fase intermedia, e un altro alla conclusione del
terzo modulo (e quindi per tutte le attività didattiche). Successivamente è stato creato un gruppo di controllo (come si fa solitamente nei casi di studio quasi-sperimentali)89 per verificare se la condivisione sociale e spaziale avesse favorito lo sviluppo di alcuni comportamenti.
Anche se non sono mancate osservazioni e critiche da parte degli allievi, a cominciare dall’integrazione fra le materie del corso fino all’impostazione a volte troppo
teorica o non aderente ai profili professionali specifici, i risultati definitivi hanno
registrato un impatto positivo su aspetti come la crescita della consapevolezza rispetto alle proprie competenze, l’importanza attribuita alle abilità relazionali e partecipative, il senso di appartenenza a una community e l’uso delle tecnologie di rete.
Conclusione
Jobs act!
«L’obiettivo primario del Jobs act è creare nuova occupazione stabile. Il contratto a
tempo indeterminato diventa finalmente la forma di assunzione privilegiata»90. Se,
come abbiamo tentato di dimostrare nel primo paragrafo del presente articolo, questo obiettivo sembra quanto meno discutibile91 per via della centralità attribuita alla
86 Revisione paritaria. In: Wikipedia: l’enciclopedia libera. <https://it.wikipedia.org/wiki/Revisione_
paritaria>.
87 Carlo Bianchini, Il falso in Internet: autorevolezza del Web, information literacy e futuro della professione, «AIB studi», 54 (2014), n. 1, p. 61-74.
88 Comunità di apprendimento creata da Enzo Spaltro: Università delle persone, <http://www.
universitadellepersone.com/>.
89 Piergiorgio Corbetta, Metodologia e tecniche della ricerca sociale. Bologna: Il Mulino, 2014.
90 Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Jobs act, <http://www.jobsact.lavoro.gov.it/Pagine/
default.aspx#tutelecrescenti>.
91 Per un’analisi critica delle visioni del mercato del lavoro, si veda Andrea Fumagalli, Lavoro male
comune. Milano: Mondadori, 2013.
260
note e discussioni
subordinazione e al ‘posto fisso’ (tanto incerto quanto non desiderabile), tanto più,
per individuare meglio quale ruolo possono ricoprire i bibliotecari in questo contesto storico praticando l’‘information literacy nei posti di lavoro’, è indispensabile
tenere conto delle criticità sull’effettivo valore delle ‘politiche attive’ italiane ed europee. Per alcuni studiosi queste ultime hanno avuto fino ad oggi un effetto positivo
sui livelli di occupazione solo di quei paesi e regioni europee dove il sistema di welfare e le istituzioni pubbliche sono realmente funzionanti, come nei paesi del nord
Europa92. Per altri, certi modelli europei di politiche ‘attive’ e ‘passive’ non sono
esportabili in paesi come l’Italia, dove i servizi pubblici per l’impiego sono pletorici
ma poco preparati ed efficaci nella ri-qualificazione del capitale umano, e dove la
mancanza di misure di protezione universali, come il reddito minimo garantito ad
esempio93, favoriscono il ricorso a stage, tirocini gratuiti e volontariato nelle attività
di cura ed educazione94, nonché al lavoro nero nel settore agricolo95.
Un altro lavoro è possibile
Esistono d’altra parte esperienze pilota, oltre a quella descritta più su, che sembrano
offrire delle buone occasioni per proporre l’information literacy nei programmi di insegnamento dei servizi italiani per l’impiego, come Migeneration lab attivato a dicembre 2015 dal Comune di Milano, che prevede 21 percorsi formativi offerti ai NEET, incentrati sull’innovazione (dalla stampa 3D alla comunicazione multimediale) ed erogati
in collaborazione con fabLab, università, associazioni giovanili e del terzo settore96.
Molto utile per i bibliotecari può essere il confronto internazionale con l’ampia
mole di materiali ed esperienze disponibili sul portale delle biblioteche gallesi che
pone grande attenzione proprio a temi come l’occupabilità, la professionalità e le
opportunità di sviluppo economico97; oppure il programma del governo britannico denominato Enterprising libraries98 che punta a trasformare le biblioteche in centri di attivazione economica, che forniscono consulenze e supporto gratuiti per lanciare un’impresa, incoraggiando soprattutto le donne e le minoranze etniche.
Certo, dal punto di vista di chi scrive, i bibliotecari potrebbero ampliare con pertinenza il raggio di intersezione tra servizi informativi, information literacy e ‘mondo
dei lavori’ (oltre i fattori occupabilità, resilienza, tutela), aderendo alle politiche sulla
‘crescita’ e lo ‘sviluppo’, promosse dall’Unione europea99 e contenute nella strategia
92 John P. Martin, Activation and active labour market policies in OECD countries: stylized facts and
evidence on their effectiveness. Bonn: Institute for the study of labor, 2014, <http://ftp.iza.org/pp84.pdf>.
93 Giovanni Perazzoli, Contro la miseria: viaggio nell’Europa del nuovo welfare. Bari: Laterza, 2014.
94 Giuseppe Allegri [et al.], Economia politica della promessa. Roma: Manifestolibri, 2015.
95 Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, Indagine sul lavoro sommerso
e irregolare degli stranieri in Italia: sintesi dei principali risultati. Roma: Isfol, 2014, <http://isfoloa.isfol.it/
bitstream/123456789/895/3/Ficco_Iadevaia_Pomponi_Tagliaferro_Lavoro%20stranieri.pdf>.
96 Comune di Milano, MiGeneration Lab, <http://www.migeneration.it/>.
97 Welsh Libraries, <https://libraries.wales/>.
98 Arts Council, Enterprising libraries, <http://www.artscouncil.org.uk/funding/apply-funding/funding-programmes/enterprising-libraries/>.
99 Parlamento europeo, Le politiche settoriali, <http://www.europarl.europa.eu/atyourservice/it/display
Ftu.html?ftuId=theme5.html>.
261
note e discussioni
Europa 2020, in particolare nella politica regionale e di coesione, nella politica industriale e di ricerca (con la centralità assegnata all’Agenda digitale e all’innovazione)
e, ovviamente, nella politica del settore Cultura, istruzione e sport. L’auspicio infatti
è che le strutture e le competenze bibliotecarie diventino presto, anche in Italia, un
punto di riferimento per l’enorme bacino di utenza in età da lavoro, rappresentato da
occupati, disoccupati, inoccupati, imprenditori, dipendenti e indipendenti.
riferimenti bibliografici
[1] Centro studi investimenti sociali, 49° Rapporto sulla situazione sociale del Paese. Censis, 2015, <http://www.censis.it/10?shadow_ricerca=121041>.
[2] Ahmadpour Kamran, Developing a framework for understanding information literacy in
the 21st century: a review of literature [tesi di laurea]. Oshawa: University of Ontario Institute of Technology, 2014.
[3] Allegri Giuseppe [et al.], Economia politica della promessa. Roma: Manifestolibri, 2015.
[4] Allegri Giuseppe; Bronzini Giuseppe, Libertà e lavoro dopo il Jobs act: per un garantismo sociale oltre la subordinazione. Roma: Derive approdi, 2015.
[5] Ballestra Laura, Information literacy in biblioteca. Milano: Bibliografica, 2011.
[6] Ballestra Laura; Cavaleri Piero, Manuale per la didattica della ricerca documentale: ad
uso di biblioteche, università e scuole. Milano: Bibliografica, 2014.
[7] Bawden David, Information and digital literacies: a review of concepts, «Journal of documentation», 57 (2001), n. 2, p. 218-259.
[8] Bianchini Carlo, Il falso in Internet: autorevolezza del Web, information literacy e futuro
della professione, «AIB studi», 54 (2014), n. 1.
[9] Bent Moira, Information literacy landscape, «Moira’s infoLit blog», 2008,
<http://moirabent.blogspot.it/p/information-literacy-landscape.html>.
[10] Biagi Marco, Le ragioni in favore di uno “Statuto dei nuovi lavori”, «Impresa & Stato»,
46 (1998), <http://impresa-stato.mi.camcom.it/im_46/biagi.htm>.
[11] Bologna Sergio; Fumagalli Andrea, Il lavoro autonomo di seconda generazione. Milano:
Feltrinelli, 1997.
[12] Bruce Christine Susan, Workplace experiences of information literacy, «International
journal of information management», 19 (1999), n. 1, p. 33-47.
[13] Burke Peter, Dall’Encyclopédie a Wikipedia. Bologna: Il Mulino, 2013.
[14] Cefalo Ruggero; Sergi Vittorio; Giannelli Nicola, “We are not NEET”: how categories
frame (mis)understanding and impede solutions. Urbino: Facoltà di economia, 2015,
<http://www.econ.uniurb.it/RePEc/urb/wpaper/WP_15_08.pdf>.
[15] Cheuk Wai Yi Bonnie, An information seeking and using process model in the workplace: a constructivist approach, «Asian libraries», 7 (1998), n. 12, p. 375-390.
[16] Bonnie Cheuk Wai Yi, Exploring information literacy in the workplace: a process approach.
In: Information literacy around the world: advances in programs and research, edited by
Christine Bruce, Philip C. Candy, Helmut Klaus. Wagga Wagga, N.S.W.: Centre for information studies, Charles Strut University, 2000.
262
note e discussioni
[17] Corbetta Piergiorgio, Metodologia e tecniche della ricerca sociale. Bologna: Il Mulino, 2014.
[18] Lyon Declaration on access to information and development. 2014, <http://
www.ifla.org/past-wlic/2014/ifla80/node/522.html>.
[19] De Saulles Martin, Information literacy amongst UK SME: an information policy gap,
«Aslib proceedings», 59 (2007), n. 1, p. 68-79.
[20] Di Domenico Giovanni, Un’identità plurale per la biblioteca pubblica, «AIB studi», 55
(2015), n. 2, p. 235-246.
[21] La divulgazione dei risultati nei progetti di ricerca: l’esperienza di Sommact, a cura di
Gianfranco Malagola, «Innovare», 12 (2011), n. 3, p. 50-51, <http://www.rivistainnovare.com/
wp-content/uploads/2011/10/innovare_3.pdf>.
[22] Formenti Carlo, Se il lavoro si “uberizza”, «Micromega», 2 febbraio 2015, <http://blogmicromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/02/02/carlo-formenti-se-il-lavoro-siuberizza/>.
[23] Fumagalli Andrea, Lavoro male comune. Milano: Mondadori, 2013.
[24] Fumagalli Andrea, La nuova generazione: terziario avanzato e lavoro autonomo
<http://www.globalproject.info/it/in_movimento/la-nuova-generazione/4333>.
[25] Harris Benjamin R., Communities as necessity in information literacy development: challenging the standards, «The journal of academic librarianship», 34 (2008), n. 3, p. 248-255.
[26] Herring James E., From school to work and from work to school: information environments and transferring information literacy practices, «Information research», 16 (2011), n.
2, p. 3-19, <http://www.informationr.net/ir/16-2/paper473.html>.
[27] Inskip Charles, Information literacy is for life, not just for a good degree: a literature
review. CILIP, 2014.
[28] Intellettuali di se stessi: lavoro intellettuale in epoca neoliberale, a cura di Dario Gentili e Massimiliano Nicoli, «Aut aut», 365 (2015).
[29] Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, Indagine sul lavoro sommerso e irregolare degli stranieri in Italia: sintesi dei principali risultati, 2014,
<http://isfoloa.isfol.it/bitstream/123456789/895/3/Ficco_Iadevaia_Pomponi_Tagliaferro
_Lavoro%20stranieri.pdf>.
[30] Jenkins Henry, Cultura convergente. Milano: Apogeo, 2007.
[31] Lloyd Annemaree, Information literacy, «Journal of librarianship and information science», 37 (2005), n. 2, p. 82-88.
[32] Lloyd Annemaree, Learning to put out the red stuff: becoming information literate
through discursive practice, «The library quarterly», 77 (2007), n. 2, p. 181-198.
[33] Magri Valentina, Se il posto fisso non esiste (quasi) più: il nuovo lavoro italiano, «AdviceOnly», 1 luglio 2015, <http://it.adviseonly.com/blog/economia-e-mercati/politica-esocieta/se-il-posto-fisso-non-esiste-quasi-piu-il-nuovo-lavoro-italia/>.
[34] Martin John P., Activation and active labour market policies in OECD countries: stylized
facts and evidence on their effectiveness. Bonn: Institute for the study of labor, 2014,
<http://ftp.iza.org/pp84.pdf>.
[35] Nicoli Massimiliano, Le risorse umane. Roma: Ediesse, 2015.
[36] Nussbaum Martha, Creare capacità: liberarsi dalla dittatura del Pil. Bologna: Il Mulino, 2012.
note e discussioni
263
[37] O’Farrill Rubén Toledano, Information literacy and knowledge management at work:
conceptions of effective information use at NHS24, «Journal of documentation», 66 (2010),
n. 5, p. 706-733.
[38] Perazzoli Giovanni, Contro la miseria: viaggio nell’Europa del nuovo welfare. Bari: Laterza, 2014.
[39] Rosina Alessandro, NEET: giovani che non studiano e non lavorano. Milano: VP, 2015.
[40] Rapporto giovani, <http://www.rapportogiovani.it/portfolio/quaderni-rapportogiovani-ebook/>.
[41] Schroeder Robert; Cahoy Ellysa Stern, Valuing information literacy: affective learning
and the ACRL standards, «Libraries and the academy», 10 (2010), n. 2, p. 127-146.
[42] Scocco Alberto, Costruire mappe per rappresentare e organizzare il proprio pensiero:
strumenti fondamentali per professionisti, docenti e studenti. Milano: Angeli, 2008.
[43] Solimine Giovanni, Senza sapere: il costo dell’ignoranza in Italia. Roma: Laterza, 2014.
[44] Testoni Laura, Dall’information literacy alle literacy plurali del XXI secolo. In: Biblioteche e biblioteconomia: principi e questioni a cura di Giovanni Solimine e Paul Gabriele
Weston. Roma: Carocci, 2015.
[45] United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, Alexandria proclamation on information literacy and lifelong learning, 2005, <http://portal.unesco.org/
ci/en/ev.php-URL_ID=20891&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html>.
[46] Un quadro di riferimento per la competenza informativa per gli studi universitari, traduzione italiana a cura del Gruppo di studio AIB sull’information literacy, 2015,
<http://www.aib.it/attivita/2015/51715-il-framework-acrl/>.
[47] Williams Dorothy; Cooper Katie; Wavell Caroline, Information literacy in the workplace:
an annotated bibliography. Aberdeen: Robert Gordon University, 2014.
[48] Zurkowski Paul G., The information service environment relationships and priorities.
Washington: National Commission on libraries and information science, 1974.
Articolo proposto il 29 gennaio 2016 e accettato il 10 maggio 2016.
ABSTRACT
aib studi, vol. 56 n. 2 (maggio/agosto 2016), p. 241-264. DOI 10.2426/aibstudi-11451
TOMMASO PAIANO, bibliotecario atipico, 60019 Senigallia (AN), e-mail [email protected].
Information literacy e mondo del lavoro: un connubio possibile anche in Italia?
Le trasformazioni in corso nel mondo del lavoro hanno posto al centro dell’attenzione pubblica il tema
dell’‘occupabilità’, ovvero della capacità delle persone – bibliotecari compresi – di saper cercare
attivamente, trovare e mantenere un impiego. L’articolo propone, senza pretese di sistematicità e
completezza, domande, spunti di analisi, risorse scientifiche e qualche indicazione pratica per esplorare
questo fenomeno, con un focus specifico sulle sfide e le opportunità offerte dall’information literacy.
Il testo si compone di tre parti: nella prima vengono prese in esame a grandi linee le politiche attive del lavoro
messe in campo dalla governance europea e italiana; nella seconda si presenta una rassegna introduttiva
alla letteratura professionale biblioteconomica (in lingua inglese) dedicata al rapporto tra information literacy
264
note e discussioni
e posti di lavoro; nella terza si riporta l’esito di un corso di formazione per giovani imprenditori – finanziato
da un centro per l’impiego italiano tramite fondi europei – tenuto da un gruppo interdisciplinare di professionisti,
nel quale è stato integrato un modulo dedicato all’alfabetizzazione informativa.
Information literacy and the world of work: is an alliance possible, in Italy?
The recent reshaping of the world of work has brought into the limelight the issue of employability, i.e.
the ability to know how to actively seek, find and keep a job. The article provides a few questions,
insights, scientific resources and practical suggestions in order to analyze the issue with a specific
focus on information literacy.
The text consists of three parts: the first one examines the national and international (i.e. European)
active labour market policies; the second part provides a first LIS literature review about the relationship
between information literacy and the world of work; the last part describes an Italian pilot project
accomplished by a job center thanks to European funds: a training course for young entrepreneurs
given by a heterogeneous team of professionals, including a full module of information literacy.