il jihadismo nei balcani: i nuovi focolai bosniaci
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il jihadismo nei balcani: i nuovi focolai bosniaci
AnalysisNo.264, luglio 2014 IL JIHADISMO NEI BALCANI: I NUOVI FOCOLAI BOSNIACI Giovanni Giacalone Negli anni ’90, in seguito al crollo del blocco sovietico, i Balcani divennero teatro di sanguinose guerre civili, come in Bosnia (1992-1995) e in Kosovo (1996-1999). Il nazionalismo imperante nelle diverse repubbliche dell’ex Federazione di Jugoslavia, l’odio etnico latente, influenti motivazioni economiche, interessi e ambizioni personali di leader politici furono tutti elementi che contribuirono a porre fine, in modo drammatico, all'esperienza della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. La Bosnia, dilaniata dalla guerra, divenne terra di infiltrazione per gruppi di mujahideen, supportati e finanziati dall’estero, principalmente dall’Arabia Saudita e giunti sul posto con l’obiettivo di diffondere il wahabismo, sfruttando il bisogno che le popolazioni bosniache di fede musulmana avevano nel combattere serbi e croati. ©ISPI2014 Giovanni Giacalone, GMA Islamic Studies, sociologo AIS sezione religione, ricercatore presso la European Foundation for Democracy 1 Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. In seguito agli accordi di Dayton del 21 novembre 1995, che posero fine al conflitto nei Balcani, la maggior parte dei combattenti stranieri lasciarono la Bosnia per spostarsi sul fronte ceceno, iracheno e afghano, ma diverse centinaia di loro decisero invece di rimanere nel paese. In seguito a matrimoni con donne locali e grazie al contributo alla nazione, il governo bosniaco concesse loro la cittadinanza, su approvazione dello stesso leader Alija Izetbegovic. Fu così che, con il tempo, i mujahideen iniziarono a formare delle vere e proprie comunità all’interno della Bosnia e vennero raggiunti da altri seguaci, molti dei quali giovani musulmani bosniaci, che avevano aderito all’islam salafita. Il fenomeno non risparmiò neanche Kosovo, Macedonia e Sangiaccato serbo; tutte zone nelle quali, negli ultimi 10 anni, si è registrato un incremento degli episodi di intolleranza, non soltanto nei confronti dei non-musulmani, ma anche nei confronti dell’Islam tradizionale balcanico, considerato dai wahabiti troppo laico e in alcuni casi “fuorviante” a causa di pratiche sufi da loro ferocemente avversate, come nel caso della confraternita dei Bektashi in Macedonia, vittima di ripetuti attacchi da parte degli islamisti radicali. È indubbio che due aspetti sono risultati fondamentali per l’espansione del Wahabismo nei Balcani, quello dottrinario-propagandistico da una parte e quello finanziario dall’altra. Predicatori radicali come Jusuf Barcic, Nusret Imamovic, Bilal Bosnic, Bakir Halimi, Muhamed Fadil Porca sono diventati fonte di ispirazione per molti musulmani balcanici, sia in loco che all’estero. Centrale è stato inoltre il ruolo di varie organizzazioni caritatevoli e ONG come la Al Haramain Islamic Foundation, la International Islamic Relief Organization, la World Assembly of Muslim Youth, la Third World Relief Agency (TWRA) e diverse altre, con ingenti flussi di denaro provenienti dai paesi del Golfo.1234 Finanziatori e promulgatori del wahabismo hanno saputo sfruttare bene il disagio socio-economico giovanile nell’area balcanica, dove speranze e aspettative per le nuove generazioni del periodo post-guerra sono ancora oggi ai minimi termini a causa dell’inflazione e dell’alto tasso di disoccupazione. ©ISPI2014 Dunque l’islam salafita ha saputo riaccendere le speranze in molti giovani che hanno così trovato una nuova ragione di vita, la “religione”. 1http://www.balkanpeace.org/index.php?index=/content/analysis/a15.incl 2http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail/?id=53104&lng=en A. PANOVSKI, “The spread of Islamic extremism in the Republic of Mecedonia”, Monterey, Naval Postgraduate School, 2011. 4http://serbianna.com/blogs/michaletos/archives/172 3 2 I mujahideen iniziarono a formare delle vere e proprie comunità all’interno della Bosnia e vennero raggiunti da altri seguaci, molti dei quali giovani musulmani bosniaci, che avevano aderito all’islam salafita Un’ ideologia totalizzante che impone la Sharia e contrappone la “ummah” (comunità) globale fondata sul puro Tahwid (monoteismo) a qualunque altro tipo di ideologia, denunciando la corruzione delle istituzioni e opponendosi a qualsiasi forma di pensiero o pratica ritenuta anti-islamica, a prescindere che giunga da contesti laici, cristiani o musulmani. Purtroppo gli effetti collaterali di tale fenomeno non sono tardati ad arrivare; dai primi pericolosi segnali degli anni ’90 con l’attentato alla caserma della polizia di Pola nel 1995 e le perlustrazioni all’ambasciata americana di Tirana nel 1998, fino agli odierni e ripetuti assalti a comunità islamiche non wahabite;dagli attentati di Sarajevo e di Francoforte del 2011 alle recenti partenze di jihadisti per la Siria; tutti elementi chehanno dimostrato come il problema del radicalismo islamico nei Balcani meriti la massima attenzione. Oggi in Bosnia vige una distinzione tra una componente maggioritaria composta dai “vecchi” musulmani tradizionali, eredi della tradizione turco-balcanica, che tentano di preservare il proprio patrimonio tradizionale, multiforme, che incorpora peculiarità dell’islam sufi e turco con abitudini locali e i “nuovi” musulmani, al momento ancora minoritari, influenzati dall’ideologia radicale, che aspirano ad imporre le dottrine salafite e wahabite nel paese. I mujahideen in Bosnia Come precedentemente illustrato, durante la guerra in Bosnia dei primi anni ’90 ci fu un vero e proprio flusso di mujahideen che si recarono nel paese balcanico per andare a combattere a fianco dei musulmani bosniaci, installandosi principalmente nelle città di Mostar, Sarajevo, Zenica e Zepce e dando vita a deiveri e propri battaglioni come l’unità “El-Mujahed”, che venne inglobata nel 3° corpo dell’esercito bosniaco. Secondo un rapporto dell’International Crisis Group il numero dei mujahideen che hanno combattuto in Bosnia prima del 1995 sarebbero tra i 2000 e i 50005. ©ISPI2014 Uno dei principali centri di supporto per i mujahideen era Milano, da dove operava il ben noto Anwar Shaban (Abu Abderrahman al-Masri), ex imam del Centro Culturale Islamico di viale Jenner e veterano della guerra afghana contro i sovietici. Shaban utilizzò il Centro di viale Jenner come base per il reclutamento di combattenti da mandare in Bosnia nell’unità “El-Mujahed”, come luogo per la preparazione di documenti falsi e come centrale di comunicazione con i militanti oltre Adriatico. Nel giugno del 1995 con l’operazione “Sfinge” la polizia italiana arrestò numerosi elementi legati alla cellula jihadista; AnwarShaban riuscì però a fuggire in Bosnia dove venne ucciso, insieme ad altri tre militanti, il 14 5 http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail//?id=92320&lng=en. 3 Durante la guerra in Bosnia dei primi anni ’90 ci fu un vero e proprio flusso di mujahideen che si recarono nel paese balcanico per andare a combattere a fianco dei musulmani bosniaci, installandosi principalmente nelle città di Mostar, Sarajevo, Zenica e Zepce e dando vita a deiveri e propri battaglioni come l’unità “El-Mujahed”, che venne inglobata nel 3° corpo dell’esercito bosniaco dicembre 1995, in uno scontro a fuoco con l’HVO croato nei pressi di Zepce6. Altro personaggio che combatté in Bosnia negli “El-Mujahed” e ottenne la cittadinanza bosniaca nel 1995 è il pakistano Khalid Sheikh Muhammad, attualmente detenuto nel carcere di Guantanamo con l’accusa di essere uno dei principali organizzatori dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, dell’attentato di Bali del 2002 e di numerosi altri. In seguito agli accordi di Dayton del novembre 1995, che posero fine alle ostilità, gran parte dei combattenti arabi vennero fatti uscire dal paese su pressioni statunitensi, mentre altri riuscirono a ottenere la cittadinanza, sposando donne bosniache e in seguito al loro contributo come volontari. Grazie a ingenti finanziamenti ottenuti da benefattori del Golfo, furono in grado di costruire centri religiosi in diverse zone della Bosnia, con l’obiettivo di promuovere l’Islam radicale. A vent’anni dalla fine della guerra, la Bosnia resta uno dei paesi più poveri d’Europa, con istituzioni deboli, frammentate e con tensioni tutt’ora presenti, dovute a divisioni etniche e religiose. La situazione economica e lavorativa è drammatica, con una disoccupazione che nell’aprile 2014 risultava del 44,09%7. In tali condizioni è estremamente semplice per predicatori radicali far presa sui giovani con una propaganda che bersaglia l’ideale di “democrazia”, per contrapporlo a un utopico stato fondato sulla Sharia, presentata come soluzione di tutti i mali. Come illustrato da Vlado Azinovic, esperto di sicurezza nei Balcani e autore del libro “al-Qaeda’s presence in Bosnia-Herzegovina”, un paese con istituzioni assenti, in preda a una forte crisi politica, dove vige un indebolimento dei valori morali, diventa terreno fertile per la propaganda degli imam radicali e purtroppo i fatti dimostrano che è esattamente ciò che sta accadendo.8 Imam radicali tra Bosnia e Austria La prima comunità salafita in Bosnia venne fondata dall’imam bosniaco Jusuf Barcic nel villaggio di Bocinje, ed era principalmente composta da arabi ex combattenti dell’unità “El-Mujahed”9. Rapporto su testimonianza Luka Babic, 04-10-2007 http://www.tradingeconomics.com/bosnia-and-herzegovina/unemployment-rate 8 http://www.rferl.org/content/bosnia-islamists/24916517.html 9 Jusuf Barcic, imam autoproclamato, iniziò a predicare in Bosnia dopo essere rientrato dall’Arabia Saudita nel 1999, dove studiò teologia. Divenne noto nel febbraio 2007 per aver tentato, assieme ad alcuni seguaci, di occupare la moschea Careva di Sarajevo. Ci furono violenti scontri con i fedeli presenti in moschea, contrari alla visione di Barcic e 6 ©ISPI2014 7 4 A vent’anni dalla fine della guerra, la Bosnia resta uno dei paesi più poveri d’Europa, con istituzioni deboli, frammentate e con tensioni tutt’ora presenti, dovute a divisioni etniche e religiose Barcic si rifiutava di riconoscere leggi e istituzioni bosniache e creò una vera e propria società parallela fondata sulla sharia. Secondo l'establishment religioso bosniaco ufficiale, l'attività di Barcic veniva finanziata da Muhamed Fadil Porca, un religioso bosniaco e capo della moschea di Al-Tawhid, con sede a Vienna, col quale aveva studiato in Arabia Saudita. In seguito alla morte di Barcic nel 2007, la leadership passò in mano a NusretImamovic10. In alcune zone della Bosnia-Erzegovina come a Bihac, Teslic, Zepce, Zenicae Gornja Maoca sono ormai presenti delle vere e proprie “sacche” wahabite dove si seguono alla lettera gli insegnamenti di Abu Muhammad al-Maqdisi, predicatore giordano-palestinese ben noto per le sue posizioni radicali. Nelle zone vivono centinaia di famiglie che non si mescolano con i “miscredenti” e dove l’accesso è precluso a visitatori e giornalisti, anche in modo violento, come dimostrano gli attacchi a due generali della Nato che si sono inoltrati nel paese per errore e un impiegato di un’organizzazione umanitaria, aggredito con un ascia. Molti bambini non seguono inoltre lezioni nelle scuole pubbliche ma piuttosto nelle scuole coraniche locali. Non riconoscendosi nella Islamiska Zaidenica, la principale organizzazione islamica di Bosnia, i wahabiti vivono secondo le leggi sharaitiche, senza telefoni o televisioni e seguendo i sermoni di imam radicali come BilalBosnic e NusretImamovic, entrambi molto attivi anche su internet con siti e canali YouTube come www.putvjernika.com (Il cammino dei Credenti), www.studiotewhid.it.gg e www.sahwa.info, nonché il canale Muzdaxx, che raccoglie numerosissimi filmati di Bosnic11. ©ISPI2014 Bilal Bosnic è ben noto nell’area di Gornja Maoca per i suoi sermoni nei quali fa affermazioni del tipo: «tutto ciò che va da Prijedor al Sangiaccato appartiene ai musulman...Un giorno anche il Vaticano sarà musulmano». In un altro sermone il predicatore salafita ha incitato i suoi seguaci ad «amare tutti coloro che amano Allah e odiare tutti coloro che odiano Allah; fu necessario l’intervento delle forze di polizia bosniache. Nel 2001 un tribunale bosniaco lo condannò a sette mesi di reclusione per violenza domestica nei confronti della moglie. Barcic morì il 30 marzo 2007 in un incidente automobilistico. Al suo funerale presenziarono circa tremila salafiti provenienti da Bosnia, Slovenia, Sangiaccato serbo,Germania e Austria. http://www.isn.ethz.ch/layout/set/print/content/view/full/73?id=53104&lng=en http://www.wavemagazine.net/arhiva/06/soc/vehabije.htm http://strategicanalysis.wordpress.com/2007/page/32/ 10 Come documentato ampiamente in: A. CERESNJES - R. GREEN, “The Global Jihad Movement in Bosnia. A time bomb in the heart of Europe ”, Memri, 2012 e dal rapporto del Parlamento Europeo, Direttorato Generale per le Politiche Estere dell’Unione: “SalafistWahhabbitesupport to educational, social and religiousinstitutions ” del 2013: http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/etudes/join/2013/457136/EXPO-AFET_ ET(2013)457136_EN.pdf 11 http://www.youtube.com/user/mudzaxx 5 odiare gli infedeli, anche se sono nostri vicini o vivono nelle nostre case». 121314 Nel luglio del 2011 venne inoltre pubblicato in rete un video, ripreso anche dal Memri, nel quale si vede Bosnic mentre canta: «con l’esplosivo sul nostro petto prepariamo la nostra strada verso il paradiso… La splendida jihad si è innalzata sulla Bosnia… Se Allah vuole l’America sarà distrutta dalle sue fondamenta».15 Bosnic è ben noto anche per i suoi tour che attirano numerosi seguaci in Austria, Germania, Svizzera, Olanda, Belgio e anche in Italia dove è stato ospite di alcune comunità islamiche tra cui a Pordenone e Cremona, con tanto di video pubblicati dai suoi seguaci su YouTube. Secondo alcuni rapporti il villaggio di Gornja Maoca è da anni luogo di transito per jihadisti stranieri in viaggio per lo Yemen, l’Iraq e la Siria e il nome di Bosnic è più volte comparso in relazione alle attività di trasporto dei guerriglieri16. C’è poi Nusret Imamovic, classe 1971 e successore di Jusuf Barcic, bosniaco naturalizzato austriaco, veterano della guerra di Bosnia ed ex imam della moschea King Fahd di Sarajevo,il quale fa spola tra Vienna e Gornja Maoca. Imamovic divenne meglio conosciuto al grande pubblico bosniaco quando, assieme ad altri sei salafiti, tre dei quali cittadini austriaci, aggredì il serbo-bosniaco Mihajlo Kisic a Brcko, nel 2006. Dopo un breve processo, i sette vennero condannati a pene simboliche in libertà vigilata e alcuni di loro ritornarono a Vienna17. Altro elemento di spicco del radicalismo bosniaco è il già citato Muhamed Fadil Porca, residente in Austria, imam del centro islamico Tewhid di Vienna, nella quale è più volte stata segnalata la presenza dello stesso Imamovic. Secondo alcuni funzionari della Comunità islamica di Bosnia, Porca sarebbe tra gli organizzatori di viaggi in Bosnia per i musulmani radicali provenienti da Germania e Austria18. http://acdemocracy.org/the-ideology-of-militant-islamism-in-southeastern-europe/ #_edn20 13 http://www.memrijttm.org/bosnian-salafi-preacher-bilal-bosni-sings-songs-of-jihadwith-explosives-on-our-chests-we-pave-the-way-to-paradise.html 14 R. ISRAELI, From Arab Spring to Islamic Winter , New Brunswick, Transaction, 2013, p.222 15 http://rogersparkbench.blogspot.it/2012/06/with-explosives-on-our-chests-we-pave. html 16 http://www.memri.org/report/en/print6471.htm 17 http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail/?lng=en&id=98336 18 http://www.jamestown.org/programs/tm/single/?tx_ttnews%5Btt_news%5D=4532 &tx_ttnews%5BbackPid%5D=182&no_cache=1#.U6kXkfl_ukE ©ISPI2014 12 6 Secondo documentazioni del governo austriaco, Asim Cjvanovic, il quarantunenne bosniaco che nell’ottobre del 2007 cercò d’infiltrarsi all’interno dell’ambasciata statunitense di Vienna con uno zaino imbottito di esplosivo, al momento dell’arresto aveva con sé un testo, “Namaz u Islamu” pubblicato proprio dal centro islamico Tewhid di Fadil Porca192021. La presenza in Austria di predicatori e seguaci salafiti di origine bosniaca non è un caso visto che Vienna, assieme a Milano, negli anni ’90 fu un importante centro logistico e finanziario per il governo bosniaco ed ospitò diverse agenzie umanitarie islamiche che raccolsero fondi utilizzati per armare l'esercito bosniaco e per organizzare il trasferimento di combattenti stranieri in Bosnia. Inoltre, secondo fonti istituzionali bosniache, centinaia di combattenti ottennero la cittadinanza bosniaca proprio tramite l’ambasciata di Vienna. Per quanto riguarda i finanziamenti, società di spicco fu la Third World Relief Agency (TWRA), con sede a Vienna e fondata nel 1987 dal sudanese Al-Fatih Ali Hassanein, considerato dagli inquirenti molto vicino all’ex presidente bosniaco Aliat Izetbegovic. La presenza in Austria di predicatori e seguaci salafiti di origine bosniaca non è un caso visto che Vienna, assieme a Milano, negli anni ’90 fu un importante centro logistico e finanziario per il governo bosniaco ed ospitò diverse agenzie umanitarie islamiche che raccolsero fondi utilizzati per armare l'esercito bosniaco e per organizzare il trasferimento di combattenti stranieri in Bosnia Tra il 1992 e il 1995 circa 350 milioni di dollari in donazioni, provenienti principalmente da paesi islamici, passarono nelle casse della TWRA; la metà di questi fondi vennero utilizzati per finanziare il governo bosniaco. Nel 1996, due anni dopo che Ali Hassanein aveva lasciato l’Austria per trasferirsi in Turchia, la polizia austriaca fece irruzione negli uffici della TWRA. Le successive indagini dimostrarono aveva origine da donazioni provenienti dall’Arabia Saudita2223. Mujahideen e attentati in Europa Mettendo da parte, per motivi di spazio, i numerosi attacchi interni al territorio balcanico, che hanno preso di mira comunità sufi, musulmani “moderati” e cristiani, è possibile notare come la Bosnia è più volte stata definita come “centro di addestramento” per jihadisti stranieri che hanno poi pianificato attentati contro obiettivi internazionali. Il 20 ottobre 1995 una Fiat 131 Mirafiori imbottita con 70kg di esplosivo Tnt venne fatta detonare da un attentatore-suicida fuori della stazione di Polizia Primorje-Gorani, a Rijeka. Nell’esplosione vennero gravemente http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail//?id=53864&lng=en http://www.parlament.gv.at/PAKT/VHG/XXIV/J/J_11447/fnameorig_250761.html 21 Il testo può essere visualizzato al link: https://archive.org/stream/NamazUIslamu-OdAbdestaDoZikra-dzemat-sabah#page/n1 /mode/2up 22 http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail//?id=53864&lng=en 23 http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail/?id=53104&lng=en 19 ©ISPI2014 20 7 Mettendo da parte, per motivi di spazio, i numerosi attacchi interni al territorio balcanico, che hanno preso di mira comunità sufi, musulmani “moderati” e cristiani, è possibile notare come la Bosnia è più volte stata definita come “centro di addestramento” per jihadisti stranieri che hanno poi pianificato attentati contro obiettivi internazionali ferite due persone e in misura lieve altre ventisette. L’attentato venne rivendicato pochi giorni dopo dalla Gamaa al-Islamiya egiziana, in risposta all’arresto da parte della polizia croata di un loro leader, Abu Talalal-Qasimy, catturato mentre cercava di infiltrarsi in Bosnia, probabilmente per raggiungere l’unità “El-Mujahed”. Sulla scena dell’esplosione gli inquirenti croati ritrovarono frammenti di un passaporto canadese che aiutarono a risalire all’identità dell’attentatore, precedentemente finito sotto indagine in Italia per rapporti con Anwar Shaban, l’ex imam del Centro milanese di viale Jenner. Secondo l’intelligence americana fu proprio Shaban a coordinare l’attentato di Rijeka; un rapporto degli investigatori francesi confermò inoltre che la leadership dell’unità “El-Mujahed” era strettamente legata alla Gamaa al-Islamiya. Ulteriori indagini della polizia croata portarono all’identificazione di Hassan al-Sharif Mahmud Saad, come soggetto presente sulla scena poco prima dell’esplosione, allontanatosi alla guida di una Mercedes. Saad, segnalato anche lui in viale Jenner, sparì da Milano nel giugno 1995 assieme a tutta la famiglia alla volta di Zenica, dove si sarebbe unito al battaglione “El-Mujahed”24252627. Nel 1995 venne segnalata la presenza in Bosnia di due cittadini sauditi che combattevano con i mujahideen, Nawaf al-Hazmi e Khalid al-Mihdhar che faranno parte del commando di dirottatori del volo American Airlines 77 che, l’11 settembre 2011, si schiantò nei pressi del Pentagono28293031. Nell’ottobre del 2005 la polizia bosniaca fece una retata in un appartamento nei sobborghi di Sarajevo, trovando armi da fuoco, esplosivi e materiale video; venne arrestato Mirsad Bektašević, cittadino svedese di origine bosniaca, assieme ad altri due militanti: il danese di origine turca Abdulkadir Cesur e il bosniaco Bajro Ikanovic . secondo gli investigatori il gruppo stava pianificando un attentato all’ambasciata britannica di Sarajevo32333435. E. KOHLMAN, “The Afghan-Bosnian Mujahideen Network in Europe”, Swedish National Defence College, http://www.aina.org/reports/tabmnie.pdf 25 http://www.apnewsarchive.com/1995/Car-Bomb-Explodes-in-Croatian-City-DriverKilled/id-fd267d6afc95d73f8fe035633ea14758 26 http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail//?id=92320&lng=en 27 http://www.hercegbosna.org/dokumenti_upload/20091209/herceg_bosna200912091 748280.pdf 28 September 11th 2001 Commission Report, Chapter 5.2, pp. 153-159. 29 http://www.9-11commission.gov/report/911Report_Ch5.htm 30 https://www.princeton.edu/~achaney/tmve/wiki100k/docs/Nawaf_al-Hazmi.html 31 https://www.princeton.edu/~achaney/tmve/wiki100k/docs/Khalid_al-Mihdhar.html 32 http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2005/11/30/AR200511300 ©ISPI2014 24 8 Nel marzo del 2008 Rijad Rustempasic, Muhamed Meco, Abdulah Handzic eEdis Velicvennero arrestati in Bosnia. La polizia sequestrò mine anticarro, mirini laser, apparecchiature elettroniche, carte topografiche e manuali di bombe. Secondo gli investigatori il gruppo, che era da tempo sotto stretto monitoraggio, stava tramando attacchi alle chiese cattoliche e le forze internazionali presenti in Bosnia durante la Pasqua cristiana. I quattro vennero rilasciati tre mesi dopo, da un tribunale bosniaco, per insufficienza di prove3637383940. Il 2 marzo 2011 Arid Uka, albanese del Kosovo, aprì il fuoco contro alcuni soldati americani all’aeroporto di Francoforte, uccidendone due e ferendone altrettanti. Le indagini portarono alla luce che Uka aveva ricevuto addestramento nell’enclave salafita bosniaca di Zenica,tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011414243. Il 28 ottobre 2011 Mevlid Jasarevic, si presentò davanti all’ambasciata statunitense di Sarajevo e sparò un centinaio di colpi di Kalashnikov verso l’edificio prima di essere neutralizzato e arrestato dalle forze speciali bosniache. Jasarevic, originario di Novi Pazar, era già noto alle forze dell’ordine austriache e serbe, aveva trascorso diverso tempo nell’enclave salafita di Gornja Maoca444546. ©ISPI2014 Secondo alcune fonti serbe uno dei mandanti dell’attentato, sarebbe l’egiziano Imad al-Misri, uno dei leader religiosi di importanza chiave 2098.html 33 http://www.thelocal.se/20070618/7639 34 http://www.internationalcrimesdatabase.org/Case/942/Bekta%C5%A1evi%C4%87 -et-al/ 35 http://www.svd.se/nyheter/inrikes/mirsad-bektasevic-overford-till-sverige_3159935. svd 36 http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail/?lng=en&id=106554 37 http://www.globaljihad.net/view_page.asp?id=2071 38 http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail//?ots591=4888CAA0-B3DB -1461-98B9-E20E7B9C13D4&lng=en&id=52023 39 http://www.paginedidifesa.it/2008/punzo_080618.html 40 http://www.isn.ethz.ch/Digital-Library/Articles/Detail//?ots591=4888CAA0-B3DB -1461-98B9-E20E7B9C13D4&lng=en&id=88472 41 http://www.faz.net/aktuell/politik/inland/anschlag-in-frankfurt-lebenslange-haft -fuer-flughafenattentaeter-11644726.html 42 http://www.huffingtonpost.com/2012/02/10/arid-uka-frankfurt-sentenced_n_12677 70.html 43 http://www.mirror.co.uk/news/uk-news/arid-uka-admits-terror-outrage-114088 44 http://www.theguardian.com/world/2011/oct/28/us-embassy-bosnia-gunman 45 http://www.sarajevotimes.com/mevlid-jasarevic-is-sentenced-to-18-years-in-prison/ 46 http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Sarajevo-attentato-all -ambasciata-USA-106272 9 dell'unità “ElMujahid”. L’uomo ha già scontato una pena detentiva in Egitto dal 2001 al 2009, dopo essere stato espulso dalla Bosnia su pressione degli Stati Uniti. Una volta uscito dal carcere, el-Misri è nuovamente apparso nei Balcani. Tra il 1992 e il 1995, più di duemila jihadisti sono passati attraverso l’addestramento religioso di quaranta giorni condotto da Imad el-Misri, un prerequisito per l’ammissione nella brigata “El-Mujahid”. 474849 Jihadisti bosniaci in partenza per la Siria da Austria e Italia Un altro problema che il governo bosniaco, come quelli di altri paesi europei, si è recentemente trovato a dover fronteggiare è quello dei jihadisti in partenza per la Siria, circa 150 secondo le ultime stime. La Camera alta del Parlamento bosniaco ha così approvato una serie di pene volte a poter condannare i cittadini del paese balcanico recatisi all’estero a combattere a fianco degli estremisti islamici. Attraverso alcune modifiche al codice penale, è stato inserito un articolo diviso in sei commi che rende illegale “la formazione” e l’ “arruolamento in unità paramilitari” destinate a essere impiegate fuori dai confini nazionali. Codice che prevedrà in futuro condanne fino a 10 anni di reclusione50. Carcere previsto anche per chi farà proselitismo per arruolare e addestrare nuovi guerriglieri; per questi ultimi, le pene potranno arrivare a dieci anni. Il testo è stato reso disponibile sul sito del Parlamento della Bosnia-Erzegovina. 51 I jihadisti bosniaci non partono solo dalla Bosnia; lo scorso 10 aprile, infatti, due ragazze minorenni austriache di origine bosniache, Samra Kesinovic (16) e Sabina Selimovic (15) sono scomparse dalle loro abitazioni di Vienna per ricomparire pochi giorni dopo in alcune foto su Facebook, con fucile alla mano e con velo integrale nero; un’immagine che non può non ricordare le ormai note “vedove nere” cecene che parteciparono all’assalto al Teatro Dubrovka di Mosca nel 2002. I genitori delle ragazze, che fuggirono dalla guerra di Bosnia negli anni ’90, hanno dichiarato che Samra e Sabina avevano recentemente iniziato a frequentare una moschea di Vienna dove predica Ebu Tejma, ben noto per http://pressrs.ba/sr/vesti/vesti_dana/story/4200/Imad+al+Masri+pod+lupom+FBI. html 48 http://www.bulgaria-italia.com/notizie-est/printer77fc.asp 49 Bosnia and Herzegovina Agency for Investigation and Documentation report 06/12/2001 50 http://www.reuters.com/article/2014/04/29/us-syria-crisis-bosnia-idUSBREA3S0 PN20140429 51 https://www.parlament.ba/default.aspx?langTag=bs-BA&pril=b ©ISPI2014 47 10 Un altro problema che il governo bosniaco, come quelli di altri paesi europei, si è recentemente trovato a dover fronteggiare è quello dei jihadisti in partenza per la Siria, circa 150 secondo le ultime stime le sue posizioni radicali e con tanto di blog e canale YouTube dal nome Muhadzir5253. Un altro caso è quello di Ismar Mesinovic, imbianchino di 36 anni, originario della città bosniaca di Doboj in Bosnia, dopo aver vissuto in alcuni comuni della Valbelluna, era arrivato a Longarone nel 2011 dove viveva con la moglie e il figlio di due anni e mezzo. La scorsa estate, in seguito alla separazione dalla moglie, Mesinovic si era recato assieme al figlio prima in Germania e poi in Bosnia a trovare i parenti, dopo di che non si è più saputo nulla fino alla notizia della sua uccisione, rimbalzata sia su siti web bosniaci che sui social network con tanto di foto del suo cadavere. Non risulta ancora chiaro quale sia stato il motivo che ha portato alla repentina partenza per la Siria di Mesinovic ma, secondo un’analisi delle sue foto e dei post sui social network, gli analisti hanno rilevato come nel 2010 il ragazzo non portasse ancora la barba tipica salafita e come apparisse in foto con la moglie senza velo. Nel 2011 le cose sembrano cambiare, Ismar diventa più religioso, inizia a frequentare assiduamente centri islamici della sua zona e a navigare sulla rete, cosa che di per se non implica necessariamente l’inizio del suo processo di radicalizzazione, ma che è comunque significativo. All’inizio di giugno del 2013, a Pordenone,era stata segnalata la presenza di Bilal Bosnic, con tanto di volantini in bosniaco che pubblicizzavano il tutto; quel Bilal Bosnic che nei filmati diffusi sul web incita alla jihad e che sarebbe un punto di riferimento per i militanti in transito verso il Medio Oriente; non è da escludere che all’incontro fosse presente anche Mesinovic54. Alcune considerazioni conclusive Lo sviluppo delle reti jihadiste in Bosnia potrebbe essere suddiviso in due fasi separate ma strettamente correlate. ©ISPI2014 La prima, che potremmo definire “fase d’infiltrazione”, ha avuto inizio nei primi anni ’90 in concomitanza con lo scoppio della guerra civile quando numerosi mujahideen arabi, molti dei quali reduci dell’Afghanistan e legati a gruppi radicali nei loro paesi d’origine, si introdussero in Bosnia per combattere affianco dei musulmani locali. Si trattava di un’occasione d’oro per i mujahideen che avevano finalmente l’occasione di penetrare e http://muhadzir.wordpress.com/ https://www.youtube.com/user/Muhadzir1 54 http://www.ilgazzettino.it/NORDEST/PORDENONE/pordenone_imbianchino_ terrorista_siria_reclutamento_jihad/notizie/515781.shtml 52 53 11 La “fase d’infiltrazione”, ha avuto inizio nei primi anni ’90 in concomitanza con lo scoppio della guerra civile quando numerosi mujahideen arabi, molti dei quali reduci dell’Afghanistan e legati a gruppi radicali nei loro paesi d’origine, si introdussero in Bosnia per combattere affianco dei musulmani locali agire attivamente in Europa diffondendo la loro visione radicale dell’islam, con la speranza di trovare terreno fertile in un paese di tradizione musulmana, seppur moderata, che in quel momento si trovava ad affrontare un sanguinoso conflitto di matrice non prettamente religiosa quanto piuttosto etnico-nazionalista. La seconda fase, di sviluppo, ha avuto inizio in seguito agli accordi di Dayton del 1995, quando alcune centinaia di mujahideen che avevano combattuto nella guerra civile si insediarono in Bosnia, dando vita a quelle “sacche” che sono poi diventate roccaforti dell’Islam radicale. È in questi luoghi che predicatori radicali trovano terreno fertile per la propaganda di stampo jihadista e molti seguaci disposti alla mobilitazione violenta, come dimostrano i fatti analizzati; insomma, delle vere e proprie basi del jihadismo in Europa. Bisogna inoltre tener presente che tale pericolo è esteso ad altre zone dei Balcani, visto che queste “enclaves” sono presenti non soltanto in Bosnia ma anche in Macedonia, Kosovo e Sangiaccato serbo; tutti contesti altrettanto pericolosi che meriterebbero di essere trattati. Vi è poi il rischio di passare a una terza fase, quella del “ritorno” dei jihadisti partiti per andare a combattere a fianco dei jihadisti in Siria. Anche se è molto difficile avere stime attendibili, secondo gli esperti sarebbero circa 450 i jihadisti balcanici presenti in Siria e intorno ai 150 quelli partiti dalla Bosnia nell’ultimo anno. Le autorità bosniache sono ben consapevoli di ciò e del rischio che un loro ritorno potrebbe comportare per la sicurezza interna del paese. Non è un caso che nell’aprile 2014 il Parlamento bosniaco ha approvato una serie di pene volte a poter condannare i cittadini del paese balcanico recatisi all’estero a combattere a fianco degli estremisti islamici. Mirsad Djugum, deputato del partito SBB, è stato molto chiaro durante la presentazione dei provvedimenti in Parlamento55: «Queste persone ritornano in Bosnia dopo un periodo all’estero e intraprendono attività di propaganda, incoraggiando altri a commettere i medesimi atti criminali»56. Questa potenziale “terza fase” non è un pericolo soltanto per la Bosnia, ma anche per il resto d’Europa, che si troverebbe a dover fronteggiare una vera e propria minaccia interna. La Bosnia è considerata da alcuni analisti un “anello debole” per quanto riguarda le misure preventive nei SBB, Savez za boljubudućnostBosne i Hercegovine (Alleanza per un future migliore Bosnia Herzegovina). Partito di centro-destra fondato nel settembre 2009 da FahrudinRadoncic. 56 http://www.reuters.com/article/2014/04/29/us-syria-crisis-bosnia-idUSBREA3S0PN 20140429 ©ISPI2014 55 12 La fase, di sviluppo, ha avuto inizio in seguito agli accordi di Dayton del 1995, quando alcune centinaia di mujahideen che avevano combattuto nella guerra civile si insediarono in Bosnia, dando vita a quelle “sacche” che sono poi diventate roccaforti dell’Islam radicale ©ISPI2014 confronti dei cosiddetti “jihadisti di ritorno” e come illustrato anche dal sopra citato Vlado Azimovic, un inasprimento del codice penale potrebbe non essere sufficiente a contrastare il fenomeno57. 57Ibid 13