Lezione 23 - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione

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Lezione 23 - Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione
Corso di laurea in Scienze dell’Educazione
A. A. 2012 / 2013
Istituzioni di Linguistica (M-Z)
Dr. Giorgio Francesco Arcodia
([email protected])
1. La pragmatica linguistica
“La pragmatica può essere definita in prima approssimazione come lo studio del
linguaggio in relazione ai suoi utilizzatori, al contesto in cui avviene la comunicazione,
alle funzioni e agli scopi che esso assolve nell’uso concreto che ne fanno i parlanti”
→ livello di analisi dei fenomeni linguistici che tiene conto di fatti extralinguistici, legati
al contesto dell’enunciazione e alle effettive condizioni di uso della lingua
“Più precisamente, dunque, potremmo definire la pragmatica come lo studio degli aspetti
del linguaggio che dipendono dal contesto, come lo studio dei principi di uso e
comprensione che esulano dalle conoscenze linguistiche puramente strutturali
(fonologiche, morfologiche, sintattiche, lessicali) (...)”
( Basile, G. et al., Linguistica Generale, Roma, Carocci)
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→ lo scopo del linguaggio non è solo rappresentare la realtà; con il linguaggio, noi
compiamo ‘attività’ (pregare, invitare, ordinare...) → ‘fare cose con le parole’
Es.: hai una sigaretta?
Sì. Tieni.
Mi spiace, mi è rimasta l’ultima. → enunciato
perfettamente 'normale', ma non spiegabile facendo
riferimento solo al significato della domanda
Sì. E tu? → espressione ben formata, ma
pragmaticamente inadeguata (ma possibile uso ironico)
→ anche le espressioni deittiche sono connesse con la dimensione pragmatica, in quanto
non possono essere intese senza fare riferimento al contesto dell’enunciazione
Ess.:
vieni qui
lo chiamo domani
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1.1 Teoria degli atti linguistici
Lingua come modo di agire sociale → "che azione si compie quando si dice qualcosa"?
→ ogni enunciato realizza un atto linguistico, costituito da tre atti simultanei (necessari):
(1) atto locutorio (locutivo): produzione di un enunciato (con una certa struttura, etc.)
(2) atto illocutorio (illocutivo): compimento di un’azione con l’enunciazione
(affermazioni, richieste, ordini, preghiere, domande)
(3) atto perlocutorio (perlocutivo): l’effetto che intendiamo produrre sull’interlocutore
(sui suoi pensieri, azioni, sentimenti)
Es.: Gianni ha telefonato?
→ atto locutorio: produzione di un enunciato interrogativo
atto illocutorio: fare una domanda
atto perlocutorio: farsi dare una risposta
(Graffi, G., Scalise, S., 2002, Le Lingue e il Linguaggio, Bologna, Il Mulino)
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→ importanza della forza illocutoria (fare un’affermazione, dare un consiglio, fare una
promessa, una minaccia, un ordine, un invito, un rifiuto, un divieto...)
il gatto è sul divano
affermazione
ordine
insinuazione
avvertimento
...
→ tipi di atti illocutivi: affermazione, richiesta, promessa, minaccia, ordine, invito, divieto,
confessione, rifiuto...
→ atti illocutivi direttivi (ordinare, supplicare, consigliare) vs. commissivi (promettere,
garantire, rifiutarsi)
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→ uno stesso atto illocutivo può essere realizzato tramite diversi tipi di enunciato (atti
locutivi):
Ess.:
richiesta di accendere l'aria condizionata
che caldo!!
certo che qui si muore...
ma tu non hai caldo?
l'aria condizionata è accesa?
ma l'avete l'aria condizionata in ufficio?
accenderesti l'aria condizionata?
accendi subito l'aria condizionata!!
→
scelte connesse con la dimensione diafasica (cortesia linguistica)
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Enunciati constatativi vs. enunciati performativi
J. L. Austin (1962): teoria generale dei modi d’uso del linguaggio → cosa possiamo fare
con un’enunciato
→ enunciati constatativi (descrittivi, dichiarativi): descrizioni di oggetti, eventi,
processi, etc.; possono avere un valore di verità
Paolo è biondo, la mia casa è grande, c’è vita su Marte...
→ enunciati performativi (ing. to perform): enunciati mediante i quali compiamo
delle azioni
vi dichiaro marito e moglie
ti proibisco di avvicinarti a me
ti nomino amministratore delegato della società
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Gli enunciati performativi sono costruiti intorno ai verbi performativi → verbi il cui
contenuto referenziale è inseparabile dall'atto illocutivo: ciò che 'dicono' concide con ciò
che 'fanno'
Ess.:
Confesso che sono stato io a perdere le chiavi
Prometto che ti telefonerò
La dichiaro dottore in Scienze dell’Educazione
Mi scuso per il ritardo
Nego di averti mai autorizzato
N.B.: la realizzazione dell’atto lingustico designato da un verbo performativo è legata alla
forma della prima persona del presente (o ad espressioni come vietato fumare, etc.)
Es.: Luisa proibì a Gianni di uscire
→
semplice descrizione dell’atto di ‘proibire’
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Per i verbi performativi non vi sono condizioni di verità, bensì condizioni di felicità
(condizioni necessarie per l’efficacia dell’enunciato)
ieri sono andato al cinema → affermazione che può essere vera o falsa
vi dichiaro marito e moglie → l'atto si realizza se esistono le condizioni per la sua
realizzazione (ad esempio, non si realizza se a pronunciare la frase è una persona priva
dell'autorità necessaria, un ufficiale di stato civile o un religioso)
leggimi questo messaggio
→ una condizione di felicità di questo atto è che il
destinatario sia in grado di compiere l’azione richiesta (ad es., deve essere in grado di
leggere)
ti prometto X
→
(a) l’interlocutore deve essere in grado di compiere X
(b) X è riferito ad un evento futuro
(c) il parlante normalmente non farebbe X
(d) il parlante si impegna seriamente a compiere X
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1.2 Significato letterale e intenzione comunicativa
Puoi passarmi il sale? → non è una domanda, è una richiesta
Atti linguistici indiretti: enunciati in cui la forza illocutoria non è espressa con chiarezza,
mancanza di corrispondenza biunivoca tra la forma dell’enunciato (atto locutivo) e la sua
funzione pragmatica
→ si confrontino: chiudi subito la finestra!!
oggi in questa stanza fa proprio freddo → forza illocutoria non esplicita
Linguaggio letterale e non letterale:
Pronto, c’è Sergio?
Te lo passo subito!!
Sì. (riaggancia)
→ enunciati ironici: Ma che bella figura che mi hai fatto fare!!
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Quella è la porta (!!)
Contesto (a): il parlante sta descrivendo una stanza
Contesto (b): il parlante sta litigando furiosamente con il suo interlocutore
→ nel primo caso, è verosimile un’interpretazione letterale, nel secondo
un’interpretazione non letterale; non è possibile decodificare in modo appropriato il
messaggio senza informazioni contestuali
Espressioni metaforiche e metonimiche
Ho il morale sotto le scarpe
Ho letto tutto Pirandello
→ espressioni comprensibili solo in riferimento a principi e conoscenze condivise
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→ cfr. Ritorno al futuro (Back to the Future, regia di Robert Zemeckis, 1985)
“Ancora questa parola: pesante...ma perché è tutto così pesante per voi del futuro? Avete
problemi con la forza di gravità?”
(http://www.youtube.com/watch?v=q78bgSk2vjE)
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1.3 Principio di cooperazione, implicature e presupposizioni
A: Andiamo al cinema?
B: Ho un po' di mal di testa...
→ l'enunciato di B non costituisce una risposta diretta alla domanda; il significato
implicito (= non detto espressamente, non parte del significato denotativo, letterale
dell’enunciato) inferibile è ‘non voglio andare al cinema’
Non chiedermi il mio parere (!!)
→ significato implicito: ‘ho un’opinione (molto) diversa dalla tua’
“Di fondamentale importanza per il buon svolgimento della conversazione è il quadro
pragmatico in cui essa si svolge, e cioè l’insieme degli atteggiamenti, delle conoscenze
previe e delle azioni che si combinano nella comunicazione ordinaria”
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET)
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Le massime conversazionali di Grice
Principio di cooperazione: “conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è
richiesto, nel momento in cui avviene, dall’intento comune accettato e dalla direzione
dello scambio verbale in cui sei impegnato”
→ quattro massime:
(1) massima della quantità: dai un contributo né meno né più informativo di quanto
richiesto
Es.: se chiedo che documenti servono per l’immatricolazione, mi aspetto che mi si dicano
esattamente i documenti necessari, né meno né più
(2) massima della qualità: dai un contributo vero, senza dare informazioni false o di cui
non sei certo
Es.: se chiedo a che ora parte il treno, mi aspetto che mi si dica l’orario effettivo, o che mi
si risponda “non lo so / non sono sicuro”
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(3) massima della relazione: sii pertinente
Es.: se chiedo a che ora parte il treno, non mi aspetto che mi si risponda “Parigi è la
capitale della Francia”
(4) massima della modalità: sii chiaro, evita formulazioni oscure, ambigue, disordinate,
inutilmente prolisse
Es.: se un bambino mi chiede cos’è un tricheco, non gli risponderei che è “un grosso
mammifero marino pinnipede con distribuzione circumpolare discontinua nel mar
Glaciale Artico e nei mari subartici dell'emisfero boreale”
(http://it.wikipedia.org/wiki/Odobenus_rosmarus)
(Grice, P., 1993, Logica e conversazione, in Grice, P. (ed.), Logica e Conversazione. Saggi su intenzione,
significato e comunicazione, Bologna, Il Mulino)
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La violazione di una o più massime può causare il fallimento dello scambio comunicativo;
spesso la violazione delle massime è intenzionale, e la comunicazione ha comunque
successo grazie alle implicature
→ lo scambio Andiamo al cinema? Ho un po' di mal di testa... viola apparentemente
questa massima; il successo della comunicazione dipende dalle implicature
Presupposizioni: tipo particolare di implicito, parte del significato di una frase che resta
vera anche se la frase viene negata
Es. Gianni legge
vs.
Gianni non legge
→ presupposizione: ‘esiste Gianni’ (ed è noto a parlante ed ascoltatore); la
presupposizione resta vera in entrambi i casi (legge e non legge)
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Gianni ha smesso di fumare
Presupposizione: Gianni fumava (prima del momento dell’enunciazione)
→ se la presupposizione è falsa (Gianni non fumava), l’enunciato non è valido
Piero ha finito di leggere l'Ariosto
Presupposizioni:
(1) esite un Piero, noto ai partecipanti all'interazione
(2) Piero leggeva, precedentemente al momento dell'enunciazione
(3) esiste un autore (o un'opera) che si chiama 'Ariosto'
→ le presupposizioni restano vere anche se l'enunciato viene negato (Piero non ha finito
di leggere l'Ariosto); le presupposizioni sono ciò che l'emittente assume come vero o noto
al ricevente; se il ricevente ignora o rifiuta le presupposizioni dell'emittente, il messaggio
viene facilmente frainteso (→ violazione del principio di cooperazione)
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Verbi fattivi: “verbi che veicolano automaticamente la presupposizione di verità della
proposizione che reggono”
(Berruto, G. & Cerruti, M., 2011, La linguistica: un corso introduttivo, Torino, UTET)
→ finire, sapere, rimpiangere, confessare...
Es.: sapevo che eri partito
→
in entrambi i casi resta valida l’assunzione
tu eri partito
non sapevo che eri partito
Gianni ha confessato di aver rubato la marmellata
Gianni non ha confessato di aver rubato la marmellata
→ in entrambi i casi resta valida l’assunzione Gianni ha rubato la marmellata
→ le presupposizioni sono sempre presenti nella conversazione; quando parliamo,
poniamo delle presupposizioni che ritentiamo condivise dal nostro/i interlocutore/i
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2. La cortesia linguistica
“Buone maniere nel parlare”: codifica linguistica del rapporto sociale tra noi e
l’interlocutore (e, eventualmente, gli altri presenti, anche se non partecipanti diretti)
→ la codifica non si basa necessariamente sui rapporti effettivi; spesso, per essere
cortese, il parlante ‘abbassa’ il proprio status e ‘innalza’ quello dell’interlocutore
→ importante il ‘dosaggio’ della cortesia; un discostamento eccessivo dai reali rapporti
di status può risultare falsa o derisoria (ma possibile uso ironico intenzionale)
Due assi fondamentali:
(a) alto - basso (cfr. stratificazione sociale)
(b) maggiore o minore familiarità (‘asse orizzontale’)
“I due assi individuano uno spazio entro cui parlante e ascoltatore scelgono di collocarsi
con le loro scelte linguistiche”
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET)
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La proposizione non è neutrale: “(...) parlante e interlocutore sono sempre presenti allo
stato latente, per così dire: chi parla e chi ascolta condizionano sempre e fin dal primo
momento la forma che assumerà poi la proposizione, come del resto condizionano
perfino il modo in cui si manifesteranno le proprie emozioni (...). Solo in casi estremi, di
forte contenuto emotivo, si perderà di vista l’interlocutore e verranno in superficie i
comportamenti linguistici più spontanei, quelli normalmente non sottoposti a censure e
filtri”
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET)
Ess.: ‘piove!!’
‘al fuoco!!’
→
se il contenuto della proposizione non riguarda
direttamente l’ascoltatore, la cortesia è superflua
→ differenze legate anche al livello di coinvolgimento dell’interlocutore; domande e
richieste saranno tendenzialmente più ‘cortesi’
Italiano: tu
vs. Lei (Loro) / Voi
allocutivi (signore, dottore, mamma, etc.)
formule (se non Le dispiace, con permesso, con rispetto parlando)
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Importanza della voce e dell’organizzazione spaziale:
“Quello che noi correntemente chiamiamo il tono della voce e che invece ne è insieme
l’intonazione e il volume, è un potente mezzo per creare intimità, ridurre lo spazio
interpersonale”
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET)
Volume della voce →
Tono della voce
→
confidenza, ufficialità, allargamento della platea di ascoltatori
confidenza, formalità, aggressività, distacco, etc.
Disposizione degli interlocutori
Intonazione → un caffé (intonazione conclusiva) vs. un caffé (intonazione sospensiva)
scortese
cortese
Linguaggio indiretto
→ norme di cortesia variabili a seconda della cultura di riferimento, stereotipi di genere
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Allocutivi:
“Col nome di allocutivi indichiamo un’ampia classe di elementi, di uso probabilmente
universale, che sono usati nell’allocuzione diretta, per coinvolgere l’interlocutore con
gradi variabili di cortesia e rispetto; l’allocutivo non ha altro contenuto che questo, è un
‘tu che mi ascolti’ rivestito delle forme sociali più opportune”
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET; grassetti miei)
Allocutivi di rispetto (signore, signora, dottore, etc.)
→ possibile uso ironico, beffardo
Allocutivi parentali (mamma, zio, nonna, etc.)
→ allocutivi parentali inversi: ‘papà’ (detto da un padre al figlio), ‘nonna’ (detto da
nonna a nipote); diffusi in Italia meridionale, Nordafrica, etc.
→ rilevanza degli allocutivi nelle lingue che non hanno pronomi di cortesia:
Es.: ingl. you can call me Bill (≈ it. dammi del ‘tu’)
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2.1 Espressioni indirette e cortesia
Espressioni indirette (= atti linguistici indiretti): forza illocutiva e atto illocutivo non
corrispondono
Ess.:
Ti dispiacerebbe chiudere la porta?
Ingl. I’d like you to take out that dustbin
sometime this morning
→ uso ironico di espressioni ‘eccessivamente’ indirette:
Ess.:
Saresti così gentile da spostarti un po’?
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ATTO
FORZA
domanda
richiesta
affermazione richiesta
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Significato letterale e significato non letterale in giapponese:
Situazione: la sig.na Honda ha studiato alle Hawaii e ha trovato lavoro in un’azienda
giapponese, dove ci si aspetta che le donne indossino vestiti di colori sobri.
Capoufficio: Kyō no fuku wa totemo ‘Hawaii’ desu ne...
‘Il suo look di oggi è davvero hawaiano’
→
messaggio: ‘non indossare colori sgargianti in ufficio’
Situazione: il sig. Smith chiede ad una sua collega, la sig.na Sato, di correggere il suo
compito di giapponese
Sig.na Sato:
→
Korekara conpyutā no jugyō ga hachiji made arun desu...
‘Ho lezione di informatica fino alle 8.30...’
messaggio: ‘non posso soddisfare la tua richiesta (ora)’
(Adattato da: Taguchi, N., 2009, Comprehension of indirect opinions and refusals in L2 Japanese, in Taguchi, N.
(ed.), Pragmatic Competence, Berlin-New York, Mouton de Gruyter, pp. 249-274)
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2.2 I ‘livelli’ (o ‘stili’) linguistici
Il sundanese (o sondano)
‘Livelli linguistici’:
kasar pisan, volgare
kasar, usato con gli inferiori o con gli intimi
panengah, livello mediamente formale
sedeng, forma più rispettosa
lemes pisan, riservato a persone di alto rango
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Es.: pronomi di prima e seconda persona nei diversi livelli
→
(Cardona, G.R., 2009 [1987], Introduzione alla sociolinguistica, Torino, UTET)
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necessità di
coerenza tra i
livelli
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Giavanese (isola di Giava, ‘vicino’ del sundanese)
Stile ngoko (basico)
vs.
stile basa (educato) o
krama (‘propria condotta’)
Stile domestico, appreso
per prima dai bambini,
stile usato con i familiari
o con gli amici coetanei
o più giovani, stile più diretto
Stile cortese, utilizzato con gli estranei
o con chi è socialmente ‘superiore’,
utilizzo di vocaboli specifici e di
linguaggio indiretto, mediato e misurato
(adattato da Goddard, C., 2005 , The Languages of East and Southeast Asia, Oxford, Oxford University Press)
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‘Piove’ in coreano:
(adattato da Goddard, C., 2005 , The Languages of East and Southeast Asia, Oxford, Oxford University Press)
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