stabilizzazione, anestesia e trattamento post

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stabilizzazione, anestesia e trattamento post
STABILIZZAZIONE, ANESTESIA E TRATTAMENTO
POST- OPERATORIO DEL PAZIENTE CON
ERNIA DIAFRAMMATICA E PERITONEO-PERICARDICA
Valentina Andreoni
DVM, MRCVS- Libero professionista, Pisa
E- mail: [email protected]
Le complicazioni piu’ comuni associate alle ernie diaframmatiche (DH) e peritoneopericardiche (PPDH) sono di tipo respiratorio (dispnea, scarsa resistenza all’attivita’
fisica), gastrointestinale (vomito, dimagramento, anoressia) e riguardanti lo stato del
sensorio (depressione). Nel caso di ernie congenite come la PPDH, l’eta’ gestazionale
alla quale e’ avvenuta l’erniazione puo’ determinare il grado di ipoplasia del polmone.
Nelle PPDH possono inoltre essere presenti anomalie cardiache, deformazioni
sternali, shunt portosistemici, rene policistico.
Quando un paziente viene presentato alla visita con DH di origine traumatica, i segni
clinici piu’ comuni sono: ipoventilazione e dispnea attribuiti ad un’inadeguata
espansione polmonare e nel caso specifico, alla riduzione volontaria del movimento
della parete toracica dovuta al dolore (es. fratture). All’ascultazione toracica si rileva
tachicardia, toni cardiaci affievoliti o spostamento craniale dell’itto; frequente e’ la
presenza di aritmie cardiache dovute a traumi diretti del miocardio. Lo stato
cardiovascolare dell’animale dipende dalla severita’ delle lesioni riportate fino alla
presenza dello stato di shock. Gli organi piu’ comunemente erniati nel torace sono il
fegato, il piccolo intestino, lo stomaco, l’omento e la milza
(1, 5)
.
Emotorace o
chilotorace o entrambi dovrebbero essere sempre considerati nei casi acuti. Nei casi
cronici, puo’ essere rilevato idrotorace risultante dalla compressione venosa e gemizio
capsulare causato dalla presenza degli organi addominali in torace
(3)
. L’erniazione e
l’intrappolamento dello stomaco porta a distensione gassosa, con rapido decadimento
delle condizione fisiche del paziente.
Gli esami di laboratorio non indicano la presenza di DH o di PPDH e possono
non essere determinanti nella diagnosi differenziale. Tuttavia essendo il fegato
l’organo che si ritrova nel torace piu’ frequentemente, l’aumento degli enzimi epatici
(alanina aminotransferasi e fosfatasi alcalina) sono un comune reperto diagnostico
negli esami di laboratorio(2,
6)
. L’ipoventilazione e di conseguenza l’acidosi
respiratoria associata ad ipossiemia, possono essere di facile riscontro all’esame dei
gas ematici.
Nei pazienti affetti da DH o PPDH il trattamento iniziale consiste nell’ossigenoterapia
e nel caso, col trattamento dello shock mediante somministrazione di fluidi e
antibiotici ad ampio spettro, che limitano il rilascio di tossine in circolo in seguito alla
compromissione venosa. L’uso di antiinfiammatori (fans) o di cortisone e’ dettato dal
tipo di lesioni presenti nel soggetto al momento della visita clinica; tuttavia, a causa
della compromissione cardiovascolare e della conseguente ipotensione renale, non si
raccomanda l’uso dei fans nel periodo pre-operatorio.
Durante la visita clinica e l’iniziale trattamento, occorre collocare il paziente in
decubito sternale con il torace sollevato per migliorare la ventilazione. In presenza di
liquido in torace, si raccomanda la toracocentesi per garantire una migliore espansione
polmonare. I casi che presentano una distensione gastrica sono considerati emergenze
chirurgiche. In altri pazienti la stabilizzazione preoperatoria puo’ risultare utile a
migliorare l’ossigenazione corporea e a ripristinare le esigenze metaboliche
dell’organismo. Tuttavia questi pazienti devono essere strettamente monitorati per
rilevare l’eventuale aggravamento della funzione respiratoria.
Quando le condizioni cliniche del paziente sono ormai ben stabilizzate si può
procedere all’intervento.
I
problemi
anestesiologici
sono
principalmente
legati
all’ipossiemia
ed
all’ipotensione: l’ipossiemia, a causa della presenza degli organi addominali in cavita’
toracica che limitano la normale escursione polmonare, può essere dovuta sia alla
primaria ipoplasia polmonare che all’ipertensione polmonare. L’ipotensione e’ dovuta
all’anomala curvatura dei vasi maggiori, sopratutto quelli epatici.
Generalmente, la capacita’ dell’anestesista nel controllare la PCO2 riflette la severita’
della patologia polmonare.
L’uso dei farmaci preanestetici, in particolare dei narcotici, e’ sempre raccomandabile
per ridurre lo stress del paziente. L’induzione anestetica deve essere rapida per
facilitare l’intubazione; il propofol o l’alfaxolone sono i farmaci d’elezione; quando il
profilo cardiovascolare e’ instabile, una combinazione di oppioidi e benzodiazepine e’
sufficiente per ottenere l’intubazione. L’induzione tramite maschera e’ altamente
sconsigliata per l’aumentato stress e la liberazione conseguente di catecolamine con
effetti deleteri a livello miocardico.
Per il mantenimento dell’anestesia, sevofluorano o isofluorano sono gli agenti
anestetici di scelta. L’uso del protossido di azoto è controindicato per la sua diffusione
nelle cavita’ organiche come stomaco o intestino localizzati probabilmente a livello
toracico. Durante la chirurgia, l’uso dell’analgesia mediante infusione costante di
oppioidi e/o tecnica epidurale e’ altamente raccomandabile per diminuire gli effetti
collaterali degli agenti anestetici, quali ipotensione e bradicardia. L’uso della
ventilazione controllata, con basse pressioni polmonari ed elevata frequenza
respiratoria, e’ obbligatorio per prevenire l’insorgenza di barotrauma e conseguente
induzione di pneumotorace ipsi e/o controlaterale e prevenire inoltre l’eventuale
comparsa di edema polmonare da rinnovata espansione. In questi casi l’uso di
corticosteroidi puo’ rivelarsi utile per prevenire l’edema polmonare. Il monitoraggio
in corso di DH e PPDH deve comprendere elettrocardiografia, misurazione della
pressione, capnografia e pulsiossimetro indice di perfusione periferica e di
ossigenazione polmonare. L’esame dei gas ematici e’ indicato per correggere lo stato
acido-base del paziente e monitorare l’ossigenazione arteriosa. Il monitoraggio della
temperatura deve essere effettuato, poiche’ si tratta spesso di animali molto piccoli,
con un rapporto superficie/volume elevato per il quale la perdita di calore avviene
molto velocemente. L’ipotermia contribuisce a ritardare il risveglio dall’anestesia e
cosi’ ad aumentare il rischio di mortalita’; la diminuzione della temperatura corporea
e’ infatti associata ad una riduzione della funzione renale e cardiaca, alla ridotta
attivita’ piastrinica ed aumento del consumo di ossigeno dovuto alla termogenesi(7).
Nel periodo post-operatorio, il paziente deve essere monitorato per rilevare eventuali
segni di ipoventilazione. L’uso del pulsiossimetro in questo periodo e’ essenziale per
la diagnosi e gli episodi subclinici di ipossiemia. Il drenaggio dei liquidi dalla cavita’
toracica deve essere effettuato ad intervalli prestabiliti. La prognosi e’ favorevole se il
paziente riesce a superare le prime 12-24 ore dopo l’intervento. Il tasso di mortalita’
riportato in bibliografia per pazienti appartenenti alla specie canina e felina varia da
10.9 al 16%(4, 6). La piu’ alta mortalita’ si riscontra nei gatti anziani ed in quelli con
lesioni concomitanti all’ernia(5).
Bibliografia
1 Wilson GP, Newton CD, Burt JK (1971). A review of 116 diaphragmatic hernias in
dogs and cats. J Am Vet Med Assoc; 159: 142-1145
2 Garson HL, Dodman NH, Baker GJ (1980). Diaphragmatic hernia. Analysis of fiftysix cases in dogs and cats. J Small Anim Pract; 21: 469-481
3 Boudrieau RJ. (1993). Pathophysiology of traumatic diaphragmatic hernia. In.
Bojrab MJ: Disease Mechanism in Small Animal Surgery, 2nd ed. Malvern,
Pennsylvania: Lea & Febiger, 103-108
4 Gibson TWG, Brisson BA, Sears W (2005). Perioperative survival rates after
surgery for diaphragmatic hernia in dogs and cats, J Am Vet Med Ass 227: 105, 200
5 Schmiedr CW, Stevenson M, Tobias KM (2003). Traumatic diaphragmatic hernia in
cats: 34 cases (1991-2001). J Am Vet Med Assoc; 222: 1237-1240
6 Minihan AC, Berg J, Evans KL (2004). Chronic diaphragmatic hernia in 34 dogs
and 16 cats. J Am Anim Hosp Assoc; 40 51-63
7 Martin DD. Trauma patients (1996) In: Thurmon JC, Tranquilli WJ, Benson
Williams & Wilkins, 829-843

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