l`aliquota imu strangola tutte le imprese

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l`aliquota imu strangola tutte le imprese
“L’ALIQUOTA IMU STRANGOLA TUTTE LE
IMPRESE”
L’IMU è una tagliola mortale per le imprese, si tramuterà in un aggravio di costi che in qualche caso provocherà la chiusura
delle nostre medie e piccole imprese. Un esempio è il comparto alberghiero di cui presentiamo alcuni casi ma ne possiamo
fare a migliaia in qualsiasi settore e lo faremo in futuro in quanto risulta incomprensibile che per dare sviluppo si debba far
chiudere le aziende ________________________________________“Il Comune di Arezzo abbassi l’aliquota IMU sugli
alberghi o li condannerà al tracollo”. Lo chiedono insieme Confcommercio, Confindustria, CNA, Confesercenti, Confartigianato
e Coldiretti in nome e per conto delle strutture alberghiere, degli agriturismo e di tutte le imprese ricettive presenti nell’area del
capoluogo. “Con un tasso di occupazione che viaggia intorno al 45% e una redditività per camera di poco più di 33 euro,
segnali di una crisi già molo forte, nessuno potrà sopportare l’inasprirsi delle imposizioni fiscali, se non mettendo a rischio
posti di lavoro e la stessa sopravvivenza dell’azienda”. In base ai provvedimenti dell’Amministrazione, da quest’anno gli
alberghi si troveranno infatti a pagare praticamente il doppio di quanto versavano per l’ICI. Una quota che fino al 2011 si
aggirava intorno ad una media di 23.129,50 euro (€ 4.128.03 per mille mq) per ogni albergo di Arezzo, parametrata ad un
fatturato medio annuo di € 1.690.236. Ora, tanto per fare un esempio, con la nuova imposta sugli immobili Imu i due maggiori
alberghi aretini passano rispettivamente da € 22.000 a € 42.000 e da € 49.000 a € 87.000, perché il Comune di Arezzo, come
molti Comuni della provincia, ha scelto di innalzare di ben tre punti e mezzo il coefficiente di moltiplicazione che era previsto
per l’Ici, portandolo dal 6.4 al 9.9. In realtà, il Governo Monti ha fissato al 7,6% l’aliquota base per calcolare l’Imposta
Municipale Unica sul valore catastale degli immobili, lasciando ai Comuni la libertà di abbassarla o alzarla di tre punti
percentuali. “Nessuno si aspettava che il Comune arrivasse al minimo del 4,6%, di questi tempi, ma addirittura fissare un
rialzo vicino al massimo è davvero troppo. Anche perché” spiegano le organizzazioni di categoria “i valori catastali degli
alberghi sono altissimi”. Perché una struttura ricettiva sia funzionale e adeguata ai più moderni standard di accoglienza
occorrono in effetti grandi immobilizzazioni di capitale e grandi quantità di spazi, nonchè frequenti ristrutturazioni e restyling.
“Fattori che, anziché essere premianti per gli operatori che reinvestono i capitali nelle loro imprese, sono penalizzanti perché
innalzano molto il valore catastale degli immobili innescando un sistema impositivo molto più aspro”, sottolineano le
organizzazioni di categoria. Così gli operatori del turismo, a fronte di una perdita del valore aziendale pari al 30% negli ultimi 4
anni, come rivela Unioncamere, si trovano stretti fra l’incudine e il martello: da una parte il mercato che sollecita continui
investimenti nella cura degli immobili, dall’altra parte imposte e tasse che sembrano avvantaggiare solo chi resta fermo.“Se la
sola ICI finora gravava per quasi il 3% sul fatturato, la percentuale di erosione della redditività nelle strutture alberghiere
cresce molto se si aggiungono le altre tasse, le imposte e balzelli vari, dalla Siae alla Scf, dalla Tia alla Tarsu”, proseguono le
associazioni del comparto “poi ci sono il Consorzio della Bonifica e la Tosap sulle insegne, aumentata negli ultimi 5 anni del
37%. Per non parlare infine degli aumenti subiti dal costo del lavoro, da materie prime e servizi. E tutti questi costi, gli alberghi
li hanno affrontati senza aumentare i loro prezzi al pubblico dal 2001”.Il problema Imu non vale solo per Arezzo. Altri Comuni
della provincia hanno infatti fissato aliquote assai penalizzanti per gli alberghi. E l’appello congiunto di Confcommercio,
Confindustria, CNA, Confesercenti, Confartigianato, Coldiretti, Cia e Confagricoltura, si estende quindi a tutte le
Amministrazioni. “Per tutte le ragioni evidenziate, chiediamo che i Comuni della provincia operino sulle strutture ricettive
l’abbassamento di 3 punti previsto dalla legge sul coefficiente moltiplicatore. Se è vero che il turismo è uno dei fattori chiave di
sviluppo dell’economia locale, dobbiamo impedire che venga soffocato dalla pressione fiscale sulle aziende e sui turisti”.A
proposito dei valori delle rendite catastali degli hotel, le associazioni di categoria tengono a precisare: “sono elevatissimi
perché non tengono minimamente conto che una camera di una struttura ricettiva è un bene assolutamente strumentale. E
che se un imprenditore apporta migliorie qualitative all’immobile per venire incontro alle richieste di un mercato sempre più
esigente, tale imprenditore sarà punito dallo Stato con l’aumento del valore intrinseco dell’immobile e quindi della rendita, che
nulla a che fare con il “valore dell’impresa”.Se un imprenditore reinveste nella sua azienda per migliorare la classe energetica
del proprio hotel o l’insonorizzazione, lo Stato, al posto di premiare il generale miglioramento dell’accoglienza ed il risparmio
energetico, lo punisce con rendite basate su un “valore catastale” che non corrispondono ad un valore di impresa. “È come se
alla Fiat si imponesse un aggravio fiscale perché ha migliorato la prestazione energetica di una pressa meccanica. Entrambe,
la camera per l’albergo e la pressa per la Fiat fanno parte della “linea di produzione” aziendale”.Ed il futuro non si prospetta
migliore, se infatti venisse approvata entro il 2013 la cosiddetta riforma catastale con l’avvicinamento delle rendite catastali al
valore di mercato si arriverebbe a storture insanabili. E, soprattutto se consideriamo che quelle in discussione sono attività al
limite del collasso economico per le difficoltà di mantenere strutture immobiliari che richiedono ingenti e continui investimenti e
che, di contro, da tempo non producono più redditività (basta pensare che il tasso di occupazione delle camere è al 45%, da
sempre soglia minima per la sopravvivenza).