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La convenzione contro il crimine
organizzato transnazionale (*)
Rosa RUSSO JERVOLINO
Rivolgo innanzitutto un caloroso saluto a tutto i presenti ed, in particolare, al Prof. Arlacchi ed al gruppo di esperti che collabora con lui per la
definizione della Convenzione e dei relativi protocolli.
Desidero poi esprimere il mio particolare compiacimento per l'organizzazione di questo simposio e per gli obiettivi che esso si propone.
La criminalità tende ad assumere sempre più una dimensione internazionale. Questo è uno dei pericoli maggiori che oggi insidiano la serena
convivenza delle società. Esiste infatti, a livello mondiale, una preoccupante tendenza all'integrazione fra organizzazioni malavitose. Su tale integrazione incidono specifici fattori che caratterizzano la nostra epoca quali il
crescente sviluppo della produzione, la globalizzazione dell'economia e
delle comunicazioni, la graduale perdita di significato delle frontiere nazionali (fatto, comunque, positivo da vari altri punti di vista) nonché la più
facile movimentazione dei flussi finanziari.
Lo scenario, già di per sé inquietante, si carica di ulteriori preoccupazioni se si considera, inoltre, l'elevatissima capacità dimostrata dai gruppi
criminali più organizzati di sfruttare la debolezza di un'azione di contrasto
basata sui singoli sistemi nazionali che, a causa delle differenze nei rispettivi assetti normativi, presenta varchi assai pericolosi.
La gravità della situazione ha progressivamente rafforzato nella comunità internazionale una coscienza comune sulla necessità di elevare il livello
(*) Stralcio dell’intervento del Ministro dell'Interno in occasione dell’incontro organizzato presso il Senato della
Repubblica il 26 febbraio 1999 sul tema “Criminalità Transnazionale”.
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dell'azione di contrasto soprattutto su scala transnazionale, al fine di fornire risposte strategiche e tattiche idonee alla pericolosa sfida lanciata dalla
criminalità organizzata.
L'esigenza di un approccio comune al tema del riciclaggio di danaro
sporco e dei cosiddetti paradisi fiscali è oggi ulteriormente dimostrata dall'interesse con cui, nell'ambito di una pluralità di fori internazionali, sono
stati avviati progetti per il rafforzamento della cooperazione in materia.
Con il progetto della convenzione contro il crimine organizzato transnazionale l'Organizzazione delle Nazioni Unite rafforza questo processo
evolutivo con la ricerca di alcuni obiettivi prioritari quali la definizione
delle fattispecie costituenti "crimine organizzato", la conseguente previsione negli ordinamenti giuridici dei singoli Stati dell'obbligo di criminalizzazione e la predisposizione e affinamento di idonei strumenti normativi e
operativi di settore.
Per quanto riguarda il tema centrale del mio intervento e cioè il fenomeno del riciclaggio esso rappresenta oggi uno degli strumenti più significativi fra quelli attraverso i quali il crimine organizzato appalesa la propria
forza ed il potere di condizionare ed inquinare l'economia.
La criminalità organizzata oggi viene definita sempre più industria del
crimine o impresa criminale, non soltanto perché il profitto costituisce la
sua ragione di essere, ma anche per la sua capacità di utilizzare articolate
strategie commerciali, inclusi la diversificazione di attività e lo sfruttamento di nuovi mercati.
La circolazione di persone, merci, informazioni ed idee, prodotta
anche dalla rivoluzione informatica e dall'enorme sviluppo degli investimenti in campo internazionale, ha contribuito alla globalizzazione dei mercati ed ha indirettamente favorito la crescita delle capacità economiche della
malavita creando nuove ed allettanti opportunità per operazioni criminose
caratterizzate da un elevato livello organizzativo.
L'esperienza nell'attività di contrasto realizzata negli ultimi anni
dimostra ampiamente che tale fenomeno è particolarmente sviluppato laddove la criminalità organizzata fa frequentemente ricorso ai servizi offerti
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dalle società commerciali ed al settore bancario, finanziario e fiduciario dei
c.d. Paesi "off-shore".
Il sistema operante in tali Paesi, in cui vige un regime fiscale meno
severo ed un sistema giuridico non ancora sufficientemente articolato e tale
da assicurare agli investimenti che vi giungono anonimato ed agevolazioni
specifiche e in particolare un impenetrabile segreto bancario, favorisce il
sorgere di società di comodo per fittizie triangolazioni di merci o di denaro. Queste operazioni contribuiscono a diminuire la capacità dei singoli
Stati di fronteggiare attacchi speculativi alle valute nazionali, agevolando
nel contempo il fenomeno del riciclaggio.
Con riferimento a tali realtà le tematiche di interesse investigativo per
il contrasto al riciclaggio investono non solo gli aspetti generali di cooperazione ma richiedono una valutazione tecnica del reale contributo alle indagini che i c.d. "paradisi fiscali" sono in grado effettivamente di offrire.
Va da sé, infatti, che la semplice adesione di alcuni di questi Paesi ai
dispositivi internazionali di collaborazione è poco efficace se non è sostenuta, sul piano normativo interno, da una serie di misure che assicurino:
– la reale punibilità dei comportamenti criminosi;
– la possibilità, nelle indagini sul riciclaggio, di ricostruire il percorso dei
flussi illeciti e di accertare l'identità dei soggetti coinvolti.
Laddove tali misure non risultino adottate o non si dimostrino efficaci, sarà opportuno l'avvio di azioni di contrasto da parte della Comunità
internazionale tese al "sostegno condizionato" ed alla "dissuasione".
Il "sostegno condizionato" potrà risultare idoneo nei confronti di quei
Paesi nei quali l'esistenza di una economia quasi esclusivamente basata sulle
attività off-shore è stata, a causa dell'estrema difficoltà nello sviluppo economico tradizionale (agricolo, industriale o commerciale), una più facile via
di uscita.
In questa ipotesi, i piani di sviluppo o di aiuto dovrebbero essere negoziati, includendo precise clausole che condizionino la continuità degli aiuti ad
un'azione di dismissione progressiva delle attività off-shore da parte del "paradiso finanziario" o, in alternativa, l'adozione, da parte dei centri off-shore, di
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norme che garantiscano il più ampio scambio informativo possibile.
Accanto a queste misure di "sostegno condizionato" potranno prevedersi meccanismi più efficaci che tendano, in un'ottica di prevenzione, a
"dissuadere" dall'utilizzare i servizi offerti in detti Paesi.
È anche in questo contesto che va condotta l'azione più forte che la
comunità degli Stati può opporre alla sfida della criminalità internazionale.
L'impegno delle Nazioni Unite ha il principale merito di farsi interprete di questa esigenza e di porre all'attenzione mondiale la necessità di
rispondere all'aggressione della moderna criminalità.
Per queste finalità acquista un particolare valore il lavoro che voi state
portando avanti per giungere alla definizione ed all'approvazione della
nuova Convenzione.
Essa consentirà la creazione di uno spazio giuridico in cui possano
riconoscersi Paesi con diverse esperienze politiche ed economiche e legislative e differenti sensibilità rispetto al fenomeno del riciclaggio del danaro.
La convenzione della quale oggi discutiamo già nell'attuale stesura,
dimostra un approccio pragmatico capace di incidere nelle concrete realtà
nonché al passo con le più avanzate indicazioni che provengono dagli organismi di settore maggiormente autorevoli.
Viene, infatti, opportunamente operata la scelta di definire il reato di
riciclaggio attraverso un'individuazione dei singoli comportamenti criminali penalmente perseguibili che possono dare luogo al fenomeno e non
attraverso una definizione astratta della fattispecie.
È ulteriormente previsto, per quanto riguarda i beni generati da attività illecite o dai loro proventi, che il condannato per appartenenza ad organizzazioni criminali debba provare la legalità dell'acquisto, pena la confisca
di essi. La legislazione italiana si è già posta nelle linee indicate dalla Convenzione.
Un altro aspetto significativo del testo su cui si sta lavorando è rappresentato dalle misure rivolte a preservare il settore finanziario da possibili illeciti utilizzi. Esse vanno dalle autorizzazioni per l'esercizio delle attività
finanziarie all'abrogazione delle leggi sul segreto bancario che risultino di
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impedimento ai programmi antiriciclaggio, dalla registrazione delle transazioni finanziarie e conseguente identificazione dei clienti con il divieto di
conti anonimi, numerici o sotto falsi nomi, all'obbligo di segnalare le operazioni sospette o insolite.
Anche in questo campo l'Italia si è già posta sulla linea di criteri indicati. Sono inoltre in corso di definizione ulteriori iniziative volte a migliorare il sistema di prevenzione, quali la previsione di estendere la disciplina delle
c.d. operazioni sospette a quelle attività e professioni suscettibili di essere utilizzate per fini di riciclaggio, nonché l'emanazione di un testo unico che raccolga, coordinandola, l'intera legislazione di contrasto al fenomeno.
La Convenzione risulta, infine, decisamente innovativa laddove
affronta il problema della responsabilità delle persone giuridiche, tema delicato ed importante sul quale, dalla lettura dei documenti, appare chiaro che
vi sia ancora molto lavoro da compiere.
omissis
... esprimo l’augurio che il vostro lavoro possa avere una rapida positiva
conclusione.
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