La configurazione del reato di «riciclaggio»

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La configurazione del reato di «riciclaggio»
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SOMMARIO
La configurazione del reato di
«riciclaggio»
1. Premessa. – 2. La configurazione del reato di riciclaggio. – 3. Lo scenario di riferimento: l’humus del fenomeno. – 3.1. La globalizzazione dei mercati. – 3.2. Internet e riciclaggio: cenni e rinvio. – 3.3. L’Euro e la «monetizzazione» del crimine. –
3.4. Il segreto bancario ed i «paradisi finanziari». – 3.5. Il riciclaggio e i c.d. «reatipresupposti». – 4. Qualche dato numerico.
1. Premessa
È un dato che la lotta alla «criminalità economica» e, quindi, anche al riciclaggio, necessiti della collaborazione sia delle istituzioni, sia delle imprese che
dei cittadini.
Negli ultimi anni, il riciclaggio di denaro sporco ed il reinvestimento dei
proventi derivanti da attività illecite si sono sviluppati in modo considerevole
e preoccupante, sia a livello nazionale che internazionale.
Tra le cause complici di tale sviluppo, rivestono particolare importanza:
 la maggiore sofisticazione dei servizi di investimento e dei prodotti della
«genetica finanziaria»;
 i progressi della tecnologia, quali le nuove frontiere della comunicazione
aperte da Internet e da altri sistemi on line, capaci soprattutto di fornire una
notevole velocizzazione del trasferimento di denaro e degli investimenti di capitali;
 la globalizzazione dei mercati, e quindi l’integrazione anche con quei Paesi
caratterizzati da «economie emergenti»;
 nel contesto europeo, l’adozione della «moneta unica».
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Capitolo Primo
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Il «riciclaggio» e «l’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illeci2
3
ta» costituiscono un reale pericolo per una pluralità di interessi . Quindi, la necessità di contrastare tale fenomeno nasce sia da esigenze prettamente sociali,
ma soprattutto per prevenire le destabilizzazioni economiche che provoca, quali, tra le altre, le alterazioni tipiche dell’allocazione delle risorse finanziarie, nonché numerosi e variegati fenomeni di concorrenza sleale e di inquinamento del
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mercato .
La criminalità organizzata possiede una sfera di influenza molto vasta e tale
da incidere negativamente sullo sviluppo sociale, nazionale ed internazionale, a
causa dei metodi utilizzati, delle strutture organizzative che adotta e dell’ingente
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mole di risorse finanziarie di cui dispone .
In tale contesto, la strategia globale adottata, ed unanimemente condivisa,
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Innanzitutto, grazie a Domenico de Palma per l’essenziale contributo alla redazione
integrata delle note che seguiranno, ed alle correzioni in bozza. Cioè il «lavaggio», occultamento della reale provenienza, in verità delittuosa, del denaro (o dei titoli o dei beni) utilizzati in transazioni finanziarie, commerciali o immobiliari del tutto regolari all’apparenza
(v. infra).
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La fattispecie del «reimpiego» o investimento di denaro, titoli o beni già «lavati» costituisce, come vedremo, un’ulteriore species del riciclaggio.
3
Circa la «plurioffensività» del reato in esame non vi sono dubbi; anzi, essa potremmo
dire (rinviando alla trattazione che ne facciamo in seguito) costituisca il connotato ontologico ed essenziale della fattispecie, tale da conferirle quella particolare virulenza, da cui la
(altrettanto particolare) invasività delle norme di prevenzione.
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Cfr. AA.VV., Nuova guida agli adempimenti antiriciclaggio e antiusura, Bancaria Editrice, Roma, 1998; per l’analisi economica, D. MASCIANDARO-F. BRUNI, Mercati finanziari e
riciclaggio. L’Italia nello scenario internazionale, Egea, Milano, 1998.
Si vedano, più recentemente, P. PINOTTI, I costi economici della criminalità organizzata,
in Atti Commissione Parlamentare Antimafia, 9 febbraio 2011; E. BONACCORSI DI PATTI,
Weak institutions and credit availability: the impact of crime on bank loans, in Questioni di
Economia e Finanza, Banca d’Italia, n. 52, 2009.
5
Su tale tema si vedano, su tutti, le autorevolissime analisi di P. MARTUCCI, La criminalità economica, Laterza, Bari, 2006, con la bibliografia ivi citata; R. PENNISI, Riciclaggio e
autoriciclaggio: strumenti e metodi di contrasto, in GNOSIS – Rivista italiana di intelligence,
n. 4, 2009, p. 63 ss.; G. AMATO, Il discrimine tra ricettazione, riciclaggio e reimpiego di capitali illeciti, in GNOSIS – Rivista italiana di intelligence, n. 2, 2010, p. 43 ss.; R. GALULLO,
Economia criminale, ed. Il Sole 24 Ore, maggio 2010. Sul punto anche M. SFERRAZZA, Antiriciclaggio: un lungo cammino verso il Testo Unico, in Riv. G.d.F., n. 2, 2006, p. 207 ss.;
nonché, N. GRATTERI, Fratelli di sangue, Mondadori, Milano, 2010; G. NANULA, Le bucature del sistema normativo antiriciclaggio, in Riv. G.d.F., n. 1, 1997, p. 45 ss.; F. BELLI-F.
MAZZINI, Lotta al riciclaggio del denaro sporco: una breve panoramica dell’evoluzione legislativa, in Studi e note di economia, n. 1, 1998, p. 43 ss.; C. SIMONCINI-P. DI LORENZO, Il
riciclaggio, in Riv. G.d.F., n. 3, 2008, p. 396 ss. Senza parlare della Relazione del Procuratore Nazionale Antimafia per il 2010, cui naturalmente si deve fare rinvio.
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per svolgere l’attività di contrasto è rivolta sostanzialmente a prevenire e perseguire l’accumulazione di capitali illeciti, la ripulitura di questi e la tracciabilità degli investimenti effettuati mediante tali risorse.
Senza il riciclaggio, la criminalità di tipo associativo, l’eversione terroristica
sia interna che internazionale sono spiazzate, colpite nella loro fase metabolica
essenziale, più che con qualsiasi azione militare; la quale, semmai, deve giungere complementare (o addirittura postuma) rispetto all’indebolimento esercitato mediante la chiusura dei rubinetti di alimentazione di quel circuito per6
verso che giunge fino all’autofinanziamento dell’impresa malavitosa .
È anche questo un dato: le organizzazioni terroristiche, tanto per rimanere
nella stringente, scottante attualità, alimentano le loro azioni con flussi di denaro rivenienti dal complesso intreccio di affari criminosi che altri fanno per
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loro, accumulando e distribuendo ricchezze atte allo scopo .
Le tecniche di contrasto e di prevenzione, quando possibile, non possono
allora che passare attraverso la strategia che evoca l’immagine poliziesca dei
«posti di blocco»: si rincorre il riciclatore seguendo le tracce che lascia il denaro che egli muove, fruendo spesso di inconsapevoli «appoggi» presso talune
categorie di intermediari o professionisti.
È solo mediante i controlli mirati operati da costoro e su costoro – si badi
bene, né come soggetti incriminati né come «collaboratori» o «ausiliari» di
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Su questo punto ci si consenta di rinviare al nostro L’antiriciclaggio e gli appalti pubblici, in Amministrazione pubblica, compartecipazione dei cittadini ed appalti di servizi e forniture, a cura di IEOPA, Istituto Etico per l’Osservazione e la Promozione degli Appalti,
2005, p. 314; ciò non senza, doverosamente, ricordare che la traccia sinteticamente descritta si deve, a livello investigativo, alle intuizioni del compianto e mai dimenticato Giovanni
Falcone (v. F. LA LICATA, Storia di Giovanni Falcone, Feltrinelli, Milano), cui deve andare
la deferente riconoscenza di tutti noi. Ancora M. DRAGHI, Le mafie a Milano e nel Nord,
Milano, 11 marzo 2011.
Inoltre si vedano le «opere magne» di P.L. VIGNA-P.L. DELL’OSSO-A. LAUDATI, Sistema criminale ed economia, Cedam, Padova, 1998; N. POLLARI-A. DEL CIOPPO, Tecnica
delle inchieste patrimoniali per la lotta alla criminalità organizzata, Laurus Robuffo, Roma,
2006. E ancora, sui risultati conseguiti in questo settore, mentre scriviamo sempre più eclatanti, dalle Forze dell’ordine e dalla Magistratura, le sintesi di cui al sito dell’Associazione
Italiana Responsabili Antiriciclaggio, www.airant.it; La relazione annuale DNA, cit.; La relazione AISI per il 2010.
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Sul tema, si vedano in particolare CENTRO STUDI CRIMINOLOGICI, Il terrorismo internazionale e la sicurezza globale, Atti del Convegno, Trieste, 2002; M. CONDEMI-F. DE
PASQUALE, Profili internazionali dell’attività di prevenzione e contrasto del riciclaggio di capitali illeciti, in BANCA D’ITALIA, Quaderni di Ricerca Giuridica, n. 60, 2008; V.C. DEL RE
(a cura di), Il crimine organizzato straniero ovvero le mafie di importazione, in GNOSIS, n.
3, 2006, pp. 1-18; AA.VV., Criminalità e finanza, Centro studi AREL, Il Mulino, Bologna,
1992; AA.VV., Immigrazione e flussi finanziari, Egea, Milano, 2003; V.C. DEL RE, Un impero economico dalla mafia allo Stato, in GNOSIS, n. 2, 2010, p. 33.
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Capitolo Primo
giustizia – che si può ottenere un sostanzioso, anche se non determinante (il
resto lo si deve alla capacità nell’utilizzo delle tecniche investigative), ausilio
nella suddetta opera di prevenzione e rintracciamento dei fondi illeciti e dei
«piani di reato».
2. La configurazione del reato di riciclaggio
Non si può procedere – questo errore viene, in verità, perpetrato assai
spesso – ad una disamina delle misure di prevenzione e contrasto del riciclaggio, senza averne compreso sia la natura e, soprattutto, cosa intenda il legisla8
tore con il termine «riciclaggio» .
In gergo, ormai noto a tutti, esso viene definito «lavaggio di denaro sporco» e consiste in quell’attività (o insieme di attività) volte a nascondere, occultare o comunque ostacolare l’accertamento circa l’origine illecita delle risorse
finanziarie o patrimoniali utilizzate in un’operazione finanziaria, ovvero, lato
sensu, economica.
Si vuole, cioè, da parte del soggetto che detiene beni o denaro frutto di reato, immetterli sul mercato attraverso operazioni, negozi giuridici ed attività
perfettamente lecite, consentite dall’ordinamento, quanto più possibile «tipiche» e «tipizzate». Da ciò si trae già un primo «guadagno», quando, cioè, si è
riusciti nell’intento di non far percepire alla controparte donde rivengano le
risorse utilizzate nelle suddette transazioni.
Questa esemplificazione ci pone subito dinnanzi alla perniciosità della fattispecie delittuosa, tanto difficile da indagare proprio perché, per dirla con
una battuta, «riciclare è facile».
Dal semplice posizionamento sul mercato dei beni illeciti, senza che nessuno se ne accorga, il criminale ha già tratto un primo beneficio, non importa se
con operazioni che si chiudono, contabilmente, in pari o in perdita; i beni sono stati «lavati», depurati (almeno apparentemente) dalla loro origine delittuosa: ça suffis, non finiremo mai di ricordarlo!
Il cosiddetto «costo della provvista» di quel denaro il criminale non lo ha
ovviamente pagato, così come la tassazione che ne sarebbe dovuta derivare;
poco importa se ci «rimette» qualcosa in sede di impiego (ovvero, come si vedrà meglio in seguito, di «reimpiego»). Questa configurazione fattuale del rea8
Si tratterà per ora della definizione giuspenalistica, rimandando all’apposito capitolo
per quella fornita dal legislatore della c.d. legge “231/2007”. Per un approfondimento sul
profilo penale del riciclaggio, si rinvia al nostro Il riciclaggio nella giurisprudenza, Milano,
2011, ed alla dottrina ivi citata.
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to è quella che in realtà sfugge ancora a molti, specie quando – ancorché (come vedremo) con qualche motivata apprensione – il legislatore impone obblighi, all’apparenza «parainvestigativi», alle categorie economiche più esposte
all’inconsapevole partecipazione a questo complesso meccanismo.
Dal nostro codice penale il riciclaggio emerge come un reato concorsuale e
associativo, nel senso che esso può essere commesso da un soggetto estraneo
alla produzione della risorsa finanziaria, cioè che non concorre alla commissione del reato presupposto, ma si presenta solo nella fase di gestione della
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provvista .
Infatti, possiamo dire che il reato di riciclaggio è composto da due fasi, distinte ma complementari, quali:
I. commissione del reato presupposto da parte di un soggetto qualunque, reato punito dalla legge con reclusione e multa. In tale ambito, l’ipotesi delittuosa sottostante può essere di vario tipo, come: evasione fiscale, false fatturazioni, traffico di stupefacenti, usura, reati contro la Pubblica Amministrazione,
appropriazione indebita, truffa e/o reati contro il patrimonio in genere, estorsione, rapina, sequestro di persona, bancarotta fraudolenta, per arrivare ai più
10
recenti «abusi di mercato» , ecc.;
II. intervento di un soggetto diverso dall’autore del reato presupposto, quale
può essere, in genere, un congiunto ovvero una persona di fiducia (prestanome), il quale, essendo a conoscenza dell’origine illecita della disponibilità, si
preoccupa di gestire tale risorsa finanziaria, occultandone la provenienza e
magari reinvestendo i proventi illeciti in un’attività perfettamente legale, rendendo così – come già più sopra abbiamo anticipato – difficoltosa l’attività investigativa degli inquirenti.
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Anche se personalmente auspichiamo una scelta legislativa – adombrata in una primissima versione della c.d. «legge Tremonti» del 2005, poi divenuta la «riforma del risparmio»
del dicembre 2005 –, che consenta di eliminare l’incipit degli artt. 648-bis e ter c.p. («fuori
dei casi di concorso nel reato»), di modo da giungere alla punibilità del cosiddetto «autoriciclaggio», descritta efficacemente da taluna dottrina (v. infra). Per un commento alla citata
norma, non approvata, del d.d.l. Tremonti, si veda R. RAZZANTE-U. DI NUZZO, Criminalità
internazionale ed il riciclaggio, in Dir. ban. merc. fin., n. 1, 2002; ancora, R. RAZZANTE-U. DI
NUZZO-A. CARANO, Contrasto al riciclaggio alla luce delle novità previste nel disegno di legge
sulla tutela del risparmio, in Riv. pen., 2004, I, p. 681. Poi l’evoluzione legislativa sull’autoriciclaggio è stata più corposa, pur non approdando ancora, come si vedrà in seguito, ad una
configurazione nel nostro ordinamento giuridico. La fattispecie risulta invero presente nel
d.lgs. n. 231/2007, di cui ampiamente nel seguito della trattazione.
10
Su tale tematica si vedano i numerosi scritti di M. ARENA, sul sito www. reatisocietari.it e R. RAZZANTE, Sicurezza finanziaria e sicurezza globale: qualche spunto di riflessione, in
OSN, n. 1, 2006, p. 51; stesso A., Segnalazioni antiriciclaggio e segnalazioni per market abuse, in IR TOP, n. 4, 2010, p. 59.
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Capitolo Primo
Il reato di riciclaggio è riconosciuto e punito, nel nostro ordinamento penale,
dagli artt. 648-bis e ter, ma soltanto (e questo è il limite cui si accennava e sul
quale si dovrà ritornare) in seguito all’individuazione del reato presupposto.
L’ipotesi criminosa del delitto di «riciclaggio» è stata introdotta con l’art. 648-bis
fin dal 1978, con legge n. 191, nella quale venivano individuate quattro tipologie
di reato presupposto: rapina aggravata, estorsione, sequestro di persona e traffico
11
di stupefacenti .
La tassatività dei reati di base comportava, però, sia problemi di natura interpretativa, sia di compatibilità con gli orientamenti delle organizzazioni internazio12
nali ma, soprattutto, si presentavano problemi dal punto di vista operativo .
Per ovviare a questi, non trascurabili, inconvenienti, la legge 9 agosto 1993,
n. 328, modificava l’art. 648-bis adeguando le disposizioni della normativa a
quelle della Convenzione di Strasburgo stipulata l’8 novembre 1990. Tale Convenzione rappresenta l’acquisita e dichiarata consapevolezza della preoccupante
dimensione del riciclaggio a livello mondiale, costituendo il cardine della (fu13
tura) azione di contrasto di tale fenomeno .
Il testo attuale dell’art. 648-bis è quello introdotto, appunto, dalla legge n.
14
328/1993, la quale ha ampliato le tipologie dei reati presupposti .
L’attuale formulazione insiste, soprattutto, sull’aspetto della dissimulazione
dell’origine delittuosa dei proventi che vengono sostituiti o trasferiti, o in relazione ai quali vengono compiute altre operazioni in modo da ostacolarne l’identificazione della provenienza.
Dunque, affinché possa esservi incriminazione, sulla base di tale norma,
basta che il soggetto abbia volontariamente agito; in altre parole, occorre ed è
sufficiente verificare la sussistenza del cosiddetto «dolo generico» dispensan15
do, in sede di indagine probatoria, dell’accertamento del dolo specifico .
L’art. 648-ter, invece, è volto a contrastare e reprimere «l’impiego» di denaro, di beni o altre utilità di provenienza illecita, introdotto nel codice penale
11
Cfr. G. FALCONE, Evoluzione del reato di riciclaggio, in Riv. dir. banc., maggio 2004.
Infatti, era necessario fornire la prova della consapevolezza del soggetto circa la provenienza delle utilità dai reati dettagliatamente indicati affinché si potesse concretizzare l’ipotesi criminosa di riciclaggio. Sul punto, si veda A. MANNA (a cura di), Riciclaggio e reati
connessi all’intermediazione mobiliare, Utet, Torino, 2000.
13
In tal senso, R. RAZZANTE, La normativa antiriciclaggio in Italia, Giappichelli, Torino, 1999, p. 6 ss.
14
U. LIGUORI, L’ampliamento dei reati presupposto e delle condotte principali, in A.
MANNA (a cura di), Riciclaggio e reati connessi all’intermediazione mobiliare, Utet, Torino,
2000, capp. 3 e 4.
15
Accertare, cioè, che il soggetto abbia agito con l’intento di «procurare a sé o ad altri
un profitto o di aiutare gli autori dei delitti ad assicurarsi i profitti del reato».
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La configurazione del reato di «riciclaggio»
7
dalla legge n. 55/1990 e successivamente modificato, anch’esso, dalla legge n.
16
328/1993 .
Con tale previsione, l’intento del legislatore è volto specificatamente a criminalizzare la fase dell’articolato processo di «lavaggio» dei capitali, cioè la
cennata reimmissione, nei circuiti finanziari, dei flussi illeciti.
Pertanto, commette il delitto di «impiego di denaro, beni o altre utilità di
provenienza illecita» il soggetto che:
I. fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi di ricettazione o riciclaggio
«impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto»;
II. agisce volontariamente e con la consapevolezza della loro provenienza
17
delittuosa .
18
A tal proposito, è stato correttamente osservato che tutte le operazioni di
riciclaggio, a partire dalle più semplici fino a giungere a quelle più complesse,
sono accomunate tra loro da quattro elementi:
 occultamento della reale proprietà;
 modifica della «forma» del denaro;
 occultamento delle tracce;
 controllo costante sul denaro riciclato.
Inoltre, possono individuarsi le «fasi del ciclo di riciclaggio», cioè il procedimento attraverso il quale il riciclaggio di denaro sporco viene posto in essere. Tali fasi sono ben definite ed hanno lo scopo di far perdere le tracce
dell’origine illecita del denaro e rendere profittevoli gli investimenti a fronte di
questo.
Possono essere identificati tre distinti stadi:
1. immersion, detta anche fase del collocamento, il cui obiettivo primario è
quello di trasformare il denaro contante (o suoi surrogati) di origine delittuosa
in «moneta scritturale», cioè in un complesso di saldi attivi presso gli intermediari finanziari. A seguito di questa operazione i fondi vengono trasferiti elettronicamente, ma per evitare di destare sospetti all’Autorità Giudiziaria, i ver16
Si veda, per una più approfondita descrizione penale della fattispecie, il testo di A.
MANNA già citato, nonché, G. AMATO, Il riciclaggio del denaro sporco, Laurus Robuffo,
Roma, 1993. Dello stesso A., Il discrimine tra ricettazione, riciclaggio e reimpiego di capitali
illeciti, in GNOSIS, n. 2, 2010, p. 43 ss.
17
Cfr. AA.VV., Nuova guida agli adempimenti antiriciclaggio e antiusura, cit., pp. 89-95.
Si veda, altresì, G. NANULA, La lotta alla mafia, Milano, 2009, 343 ss.
18
P. GRANATA, Aspetti finanziari del riciclaggio connessi con il traffico di sostanze stupefacenti, in Riv. G.d.F., 2003, pp. 1667-1668.
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Capitolo Primo
samenti vengono frazionati mediante l’accensione di più conti, o presso lo
stesso intermediario, oppure in banche diverse;
2. laundering, che rappresenta la fase più importante in cui si dissociano i
guadagni dalla fonte (illecita), procedendo ad occultare l’origine del denaro
sporco, attraverso l’eliminazione di ogni traccia contabile, ricorrendo ai trasferimenti elettronici oppure alla riconversione in denaro contante;
3. integration, che consiste nell’immissione del denaro nel sistema legale,
con modalità apparentemente lecite, come, ad esempio, l’acquisto di immobili
o aziende, l’esercizio di attività commerciali o finanziarie, l’investimento nel
mercato borsistico, ecc.
Proprio la vasta gamma di risorse e di mezzi di cui dispongono i criminali per
porre in essere operazioni illecite, unite alle molteplici attitudini e competenze
in materia di dissimulazione della fonte del denaro illecito, sono le cause che
rendono difficoltosa l’attività sia di prevenzione, sia di identificazione che di
controllo delle Autorità investite del compito di «combattere» il preoccupante
fenomeno del riciclaggio.
3. Lo scenario di riferimento: l’ humus del fenomeno
Per comprendere pienamente il fenomeno del riciclaggio di denaro sporco
e, di conseguenza, affrontare i problemi che incontrano le relative politiche per
la prevenzione e il contrasto, dobbiamo necessariamente porre il nostro sguardo in una prospettiva internazionale.
In particolare, questo fenomeno nasce e si consolida per la presenza di due
elementi strettamente correlati: da una parte, la crescente globalizzazione dei
flussi di riciclaggio; dall’altra, il persistere di forti segmentazioni e disomogeneità riscontrabili nelle legislazioni adottate dai vari Paesi, in cui i casi estremi
19
sono rappresentati dai «paradisi fiscali e bancari» , che adottano dei compor19
Chi scrive ritiene peraltro che la «criminalizzazione» tout court dei paradisi fiscali
non possa essere efficacemente dispiegata, se non dopo una attenta comparazione delle
legislazioni di Paesi ritenuti tali. In altre parole, e come si è affermato in altra sede (si veda
ns. intervista su L’Espresso del 18 marzo 2010, 133), il paradiso «fiscale», inteso come sito
«a fiscalità privilegiata», consente a chi abbia disponibilità economiche di investirle in prodotti finanziari che lucrano più alti rendimenti proprio per il peso minore delle aliquote
sul risparmio. Ciò che costituirebbe illecito, in questa evenienza, sarebbe l’investimento di
somme di illecita provenienza (riciclaggio, per l’appunto) ovvero la sottrazione al Fisco italiano delle imposte su tali investimenti (omessa dichiarazione). E questo potrebbe ben avvenire se il paese oggetto delle attenzioni dell’investitore fosse un paradiso «normativo»,
nel senso che consentisse detti comportamenti in virtù di regole penali tributarie «lasche»
La configurazione del reato di «riciclaggio»
9
tamenti non cooperativi, così provocando dei «buchi» nella rete antiriciclag20
gio .
La criminalità organizzata, sia a livello nazionale che internazionale, rappre21
senta un coacervo molto complesso , che proprio a causa della continua evoluzione e della costante variabilità non consente di stilare una facile, stabile e
attendibile classificazione delle attività mediante le quali si pongono in essere i
reati, rendendoli cosi difficilmente individuabili.
L’Italia, già da molti anni, possiede alcune caratteristiche che favoriscono la
sua «internazionalizzazione» nel settore del crimine. A ciò contribuisce sicuramente la posizione geografica, che pone il nostro Paese potenzialmente al centro
di tutti i traffici illeciti che circolano all’interno del bacino mediterraneo.
Inoltre, la situazione è resa più difficile dalla crescente espansione della realtà criminale degli altri Paesi, in particolare quelli che possiedono un tenore
di vita basso e che cercano di indirizzare le loro «attività» verso le zone più
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ricche .
In sostanza, la globalizzazione dei mercati, gli ingenti flussi monetari a livello mondiale e la ricerca da parte della popolazione più povera di un rapido
arricchimento sono i fattori che consentono alla criminalità organizzata di rag23
giungere dimensioni sempre più imponenti e preoccupanti .
Quindi, oltre a combattere il cosiddetto «braccio armato» della criminalità,
nasce e si consolida sempre più l’esigenza di contrastare anche e, per certi versi, soprattutto – come si accennava – il «braccio economico», bloccando, cioè,
o, peggio, inesistenti. Ad esempio, le note Isole Cayman, le Seychelles, le Mauritius, ecc.,
per non parlare della tanto citata Repubblica di San Marino, sono dotate di normative contro il riciclaggio molto simili alla nostra. L’attenzione quindi si sposta sull’aspetto «amministrativo» del controllo, e non può rimanere confinata, sempre a nostro avviso, al mero
riscontro oggettivo circa l’esistenza o meno di regole giuridiche.
20
Per approfondimenti, vedi L. FEROLA, Il riciclaggio dei proventi illeciti nel diritto internazionale, Giuffrè, Milano, 2005; D. MASCIANDARO-F. BRUNI, Mercati finanziari e riciclaggio, cit.; G. NANULA, Le bucature del sistema normativo antiriciclaggio, cit., p. 47; F.
TOSCANO-R. RAZZANTE, Il segreto bancario nelle indagini tributarie ed antiriciclaggio, Giuffrè, Milano, 2002, pp. 54-57; AA.VV., Il riciclaggio, Annali della Guardia di Finanza, giugno 2002, vol. II; F. DE PASQUALE-M. CONDEMI, cit., passim.
21
Sulla configurazione di tale «coacervo» si deve per forza di cose rimandare agli illuminanti saggi, più volte citati, di Gratteri e altri.
22
Cfr. AA.VV., Nuova guida agli adempimenti antiriciclaggio ed antiusura, cit.
23
Vedi, anche su questo punto, P. MARTUCCI, La criminalità economica, cit.; A. GASY, I
soldi sporchi, Isba, Rovereto, 2001; L. DONATO-D. MASCIANDARO, Moneta, banca, finanza:
gli abusi del mercato, Hoepli, Milano, 2001; A.M. COSTA, “La globalizzazione del crimine:
una valutazione del rischio del crimine organizzato transnazionale”, nuovo Rapporto dell’Ufficio dell’ONU contro la droga e il crimine, presentato a Vienna il 17 giugno 2010.
10
Capitolo Primo
la trasformazione di ricchezza illecita in risorse pulite e individuando e confi24
scando i patrimoni criminali .
Sul piano operativo, occorre innanzitutto rintracciare ed esaminare i singoli
flussi finanziari, in modo da riuscire a comprendere la complessità dei canali
del riciclaggio. Tale obiettivo, però, non può prescindere da una conoscenza
globale e unitaria della realtà nazionale e da un’attività preventiva e repressiva
a livello sopranazionale.
In sostanza occorre innanzitutto rendere unitaria l’analisi e l’informazione
e, in secondo luogo, potenziare il sistema dello scambio informativo interna25
zionale, sia a livello di polizia che di magistratura .
3.1. La globalizzazione dei mercati
Con il termine «globalizzazione» si intende soprattutto un processo economico che interessa, in primo luogo, l’internazionalizzazione dei mercati finanziari, i quali, per eccellenza, rappresentano proficuità e contraddizioni dell’economia mondiale vista in un’ottica unitaria.
Infatti, se fino a pochi anni fa erano le merci ad essere oggetto di trasferimenti nel mondo, oggi, anche per effetto delle nuove tecnologie, sono i capitali, i servizi e le risorse finanziarie ad essere trasferite più rapidamente.
In tale contesto, la riduzione del ruolo dell’intermediazione bancaria (e
connessa deregolamentazione dei movimenti dei capitali) e l’abbattimento delle frontiere, sia interne che esterne, tra i diversi mercati, hanno favorito il processo di globalizzazione dell’economia.
Infatti, nel nuovo sistema finanziario internazionale è stata ridotta la dipendenza, nella richiesta ed ottenimento del credito, dalle banche e dai tradizionali prestatori di denaro.
Tale contesto ha portato inevitabilmente al diffondersi di nuovi strumenti
finanziari, di nuove e sempre più «processate» (a livello informatico) tecniche
di pagamento, regolazione delle transazioni commerciali e finanziarie, inve26
stimento .
24
In materia di confisca, un grosso passo in avanti è stato compiuto dal legislatore con
l’introduzione, mediante l’art. 63, comma 4, d.lgs. n. 231 del novembre 2007, dell’art. 648quater c.p., che inserisce per l’appunto la confisca tra gli strumenti a complemento delle
indagini di riciclaggio.
25
Su questo argomento occorre riferirsi ai protocolli di intesa tra le varie Autorità nazionali ed internazionali, molti dei quali resi pubblici sui siti internet delle stesse.
26 C. DI GREGORIO, Antiriciclaggio: strumenti e sistemi di pagamento, in Riv. G.d.F., n.
1, 2005.
La configurazione del reato di «riciclaggio»
11
Questo processo, definito «finanziarizzazione dell’economia», offre (purtroppo) i medesimi vantaggi sia agli operatori dell’economia legale che di quella
cosiddetta «illegale».
La globalizzazione ha contribuito ad incrementare la dimensione del crimine, favorendo anche per le imprese criminali il ricorso ad «economie di scala», soprattutto mediante lo sfruttamento dei progressi della tecnologia informatica e delle comunicazioni, oltre che del più facile raggiungimento della
«clientela» e, perché no, dei «fornitori».
L’elemento rilevante che favorisce l’affermarsi del «sistema criminale» è
sempre e comunque da ricercare, principalmente, nell’ingente disponibilità di
mezzi e di capitali di cui dispongono queste organizzazioni e dalla vastità del
27
«parco tecniche» di occultamento ed investimento .
Quindi, poiché l’affermarsi di una criminalità senza frontiere è ormai una
realtà innegabile agli occhi del mondo economico e sociale, occorre che le istituzioni deputate al contenimento di questo fenomeno prendano coscienza della nascita di due esigenze particolari:
 inquadrare i flussi di liquidità generati dalla criminalità organizzata in una
dimensione globale;
28
 prevenire l’introduzione di innovative tecniche di riciclaggio .
A tutto ciò bisogna sicuramente provvedere mediante una normativa di
contrasto non statica: ma a questa istanza, come vedremo, ha già mostrato di
essere sensibile sia il legislatore comunitario che quello nazionale.
Anticipando comunque uno dei contenuti di fondo della regolamentazione
di contrasto, che ripeteremo a piè sospinto nel corso della trattazione in questo volume, desideriamo riaffermare la centralità del «tracciamento» dei flussi,
ma che non riguarda – contrariamente a quello che comunemente si pensa,
più per sottrarsi agli obblighi che per diffusa convinzione – i «macro-investimenti», bensì operazioni che possono apparire (rectius: che sono) insignificanti per un riciclatore.
In altre parole, l’affermazione che il riciclatore non muove piccoli capitali,
per cui è difficilmente rintracciabile da un operatore economico piuttosto che
da un libero professionista obbligati dalla normativa nel senso che vedremo, è
destituita di qualsiasi fondamento, sia logico che empirico.
27
Per approfondimenti, vedi U. DI NUZZO, Economia criminale e nuove prospettive di
sicurezza finanziaria, in Riv. G.d.F., n. 3, 2002; nonché il rapporto: «L’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia di alcune regioni del Nord Italia», a cura dell’Osservatorio socio-economico sulla criminalità del CNEL, Roma, 23 febbraio 2010.
28
Cfr. S. BOSCO-G. SANARIGHI, L’infiltrazione del crimine organizzato nell’economia
legale, in Riv. G.d.F., n. 6, 2000, pp. 2353-2354.
12
Capitolo Primo
L’esperienza mostra, agganciandosi subitaneamente alla logica, che l’impiego
«frazionato» di capitali illeciti riduce il rischio della loro identificazione; tale affermazione non disconosce la veridicità di quella più sopra enunciata, circa
l’ingente disponibilità di ricchezze illecite da parte delle associazioni criminali:
non confondiamo il fine con il mezzo!
3.2. Internet e riciclaggio: cenni e rinvio
Le opportunità di riciclare i proventi derivanti da attività illecite sono state
favorite, inoltre, dalla crescita imponente di Internet come il mezzo di comunicazione/scambio più veloce e diffuso del mondo.
L’utilizzo di Internet come strumento per il transito di attività illecite è, infatti, una conseguenza inevitabile e connessa con le caratteristiche proprie di questo mezzo di comunicazione, fra le quali: l’anonimato delle controparti della
transazione; la rapidità con cui questa viene eseguita; la connessione virtuale –
ma valida a tutti gli effetti – anche fra parti residenti in opposti punti del globo, in modo da sfuggire al controllo delle Autorità di polizia. Queste caratteristiche, inoltre, non riguardano solo la fase di conclusione dell’accordo nego29
ziale ma anche, e soprattutto, la fase della regolarizzazione monetaria .
Occorre considerare che, oltre alla pericolosità sociale di questo particolare
utilizzo della rete, esso assume un ruolo preoccupante dal punto di vista economico, soprattutto per le conseguenze destabilizzanti che provoca in questo
settore.
Infatti, le attività intraprese mediante l’impiego di fondi di dubbia provenienza hanno, evidentemente, un minore costo del capitale d’avvio e conseguentemente un elevatissimo (quasi incomparabile) grado di concorrenzialità.
Gli scambi finanziari che utilizzano la rete come strumento di contatto, offrono alle organizzazioni criminali e terroristiche numerosi canali di riciclaggio
estremamente innovativi rispetto a quelli tradizionali. La vera rivoluzione offerta da Internet nel campo dei sistemi di pagamento è rappresentata dall’in30
troduzione del «denaro elettronico» e della «moneta virtuale» , termini con i
29
Cfr. S. SCREPANTI, Riflessi operativi di Internet, in Riv. G.d.F, 1999, pp. 1439-1440. Per
approfondimenti si veda anche la «Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza»
redatta per l’anno 2010 della Presidenza del Consiglio dei Ministri e scaricabile dal sito
www.governo.it., nonché la Comunicazione UIF del 5 febbraio 2010: “Schemi rappresentativi di comportamenti anomali ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. b) del d.lgs. 231/2007 – Frodi
Informatiche”.
30
G. LEMME, Moneta scritturale e Moneta elettronica, Giappichelli, Torino, 2003; R.
NANULA, Gli IMEL, in Il governo delle banche in Italia: commento al TU bancario e alla
normativa collegata, a cura di R. RAZZANTE-L. LACAITA, Giappichelli, Torino, 2006. Sul
La configurazione del reato di «riciclaggio»
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quali si è soliti definire quei nuovi strumenti di liquidità che si caratterizzano
in particolare per il mancato supporto cartaceo, per l’anonimato garantito e
per la notevole velocità di circolazione dei capitali da essi rappresentati.
In tal modo, si riduce significativamente la possibilità di individuare la relazione tra riciclatore ed attività illecita. Inoltre questi mezzi, anche se dotati
di caratteristiche e limitazioni proprie, sono progettati in modo da conservare
i «tratti somatici» della moneta convenzionale, cioè: convertibilità, trasferibilità, anonimato, basso livello di rischio. Allo stesso tempo, però, essi godono di
una migliore flessibilità e minori costi di transazione.
Proprio da questi vantaggi offerti dalla comunicazione in rete discende la
preferenza da parte della criminalità organizzata per Internet, in cui viene offerto ogni genere di prodotto o servizio ma, soprattutto, per la presenza di un
sistema giuridico internazionale altamente debole e ambiguo – in particolare
31
rispetto alla sanzionabilità dei reati informatici – e, pertanto, inadeguato
nell’affrontare i rischi derivanti dalla globalizzazione delle attività economiche,
garantendo così a chiunque, a costi ridotti e spesso anonimamente, l’accesso
ad una serie di servizi particolarmente utili per l’attività di riciclaggio.
Purtroppo, l’ingresso ai siti che offrono questi servizi è difficilmente limitabile da parte delle autorità di controllo perché, spesso, gli intermediari che
offrono i suddetti servizi agiscono sui confini della legalità, adducendo finalità
di privacy degli utenti e, frequentemente, collocano le loro società in Paesi che
32
adottano in merito una legislazione particolarmente flessibile .
In questo modo viene resa più difficile l’attività d’indagine sui soggetti sospettati; per conseguenza ciò ha spinto ad un rafforzamento della legislazione
sul controllo e la trasparenza dei movimenti di capitali da parte delle Authority della maggior parte dei Paesi, mediante un’efficace cooperazione internazionale a livello legislativo ed uno stretto coordinamento tra organismi operati33
vi e organismi di intelligence .
tema, da ultimo, i rapports dell’UCAMP rinvenibili sul sito del Ministero dell’Economia
Sezioni frodi su strumenti di pagamento. Inoltre, la comunicazione UIF sulle carte c.d.
“Revolving” del 24 aprile 2010.
31
Per questi profili, e più diffusamente sui reati informatici, si rinvia – come accennato
sin dal titolo del paragrafo, proprio per esigenze di trattazione – al testo di L. CUOMO-R.
RAZZANTE, I crimini informatici, Giappichelli, Torino, 2006, nonché alla versione aggiornata dello stesso testo, La nuova disciplina dei reati informatici, Giappichelli, Torino, 2009.
32
Cfr. L. CARTA-N. ALTIERO, L’utilizzo dei sistemi telematici a scopo di riciclaggio, in
Riv. G.d.F., 1999, pp. 961-962. Ancora, il Rapporto GAFI del novembre 2010 sulla moneta elettronica.
33
Per approfondimenti, vedi U. DI NUZZO, Economia criminale e nuove prospettive di
sicurezza finanziaria, cit., nonché M. DRAGHI, L’azione di prevenzione e contrasto del riciclaggio, testimonianza del Governatore della Banca d’Italia presso la Commissione Parla-
2.