rivista dicembre 2009 - Asclepiadi nel terzo Millennio

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rivista dicembre 2009 - Asclepiadi nel terzo Millennio
ASCLEPIADI NEL TERZO MILLENNIO - Anno 8° - Numero 17 - Dicembre 2009 - Nuova Serie
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LA PALLA QUADRA
Dott. Giovanni Malgieri
DIFENDIAMO E
SVILUPPIAMO
IL NOSTRO AMBIENTE
Dott. Gianluca Aceto
GIOIA:
DALLA GROTTA AD UN HABITAT
PROTETTO DALL’ALTURA
Prof. Luigi R. Cielo
UNA CAREZZA
Dott.ssa Valeria Vicario
L’OBESITA’:
PROBLEMA MONDIALE
Prof. Renato Sinno
“GRIDA”,
DIO DICE AI SUOI PROFETI
Dott. Roberto Riccio
LA SICUREZZA SUL LAVORO
Dott. Pierluigi Santillo
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
Fondato da Giovanni Malgieri
Direttore Responsabile: Loredana Di Leone
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MYTHOS E/O LOGOS
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CENTO CITTA’
CONTRO IL DOLORE
Dott. Vincenzo Palmieri
PSICOLOGIA
DI COMUNITA’
Dott.ssa Anna Tecce
BLOOD PRESSURE
MORNING SURGE
Dott. Giovanni Malgieri
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Periodico trimestrale dell’associazione
“ASCLEPIADI nel terzo millennio-onlus”
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
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La palla quadra
Dott. Giovanni Malgieri
Pensierando...
Un 9 novembre recente ed uno di
venti anni fa sono date da ricordare, il
primo soprattutto per me, il secondo
per tutta la gente del mondo, per ragioni diverse. Ed hanno qualcosa in
comune.
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Il 9 novembre ultimo, si è laureata
mia figlia, in archeologia. Scelse archeologia in piena libertà, una passione nata con gli studi umanistici.
Ogni esame affrontato con entusiasmo, accanimento, sofferenza, presentandosi così alla seduta di laurea
con una media base di 108.98 ed una
tesi sperimentale di 167 pagine. Paradossalmente la lode non le ha reso il
giusto merito. E come lei vi è tanta
bella gioventù che si impegna con sacrificio, rinunciando alle giornate di
sole e spesso ai sogni della loro età.
Sanno che cosa vogliono, i loro diritti
ed i loro doveri. E' un piccolo mondo
di speranze, tondo. Ora sanno che cosa fare: studiare. Ma cosa succederà
quando avranno esaurito il loro compito? Cosa succederà quando scopriranno che questo non è il mondo che
avevano creduto che fosse? E mi chiedo che mondo stiamo consegnando
loro. Non abbiamo saputo o non siamo riusciti a confezionare dei modelli di vita e di lavoro degni del loro entusiasmo, delle loro aspettative, delle
loro speranze, dei loro sogni. I nostri
giovani. Sono semi che nonostante
tutto stanno germogliando in una terra arida, incolta, infestata da ortiche e
da erbacce, che abbiamo lasciato crescere confondendole con i fiori. Cosa troveranno. Famiglie spaccate, divise. Una società ipocrita, divisa, ammaestrata a giustificare i disvalori e a
trascurare i valori. L'illusione di una
democrazia, in effetti svilita, manipolata, sofferente, imperfetta, non in
grado di assicurare e soddisfare il legittimo bisogno di giustizia sociale. Il
merito? Un optional non necessario.
L'interesse personale, politico, economico, di appartenenza sbarrerà loro la strada.
Un altro 9 novembre, quello del
1989, è importante per l'intera umanità. Alle 9 di sera, di una sera fredda,
ma asciutta, un popolo raggiungeva
la propria libertà abbattendo un muro. Ricordiamo brevemente la storia.
Nel 1945, poco prima della fine della
seconda guerra mondiale, nella conferenza di Yalta, la Germania venne
spartita in quattro settori tra Unione
Sovietica, Stati Uniti d'America, Regno Unito e Francia. Il confine tra
Germania Est e Germania Ovest
venne chiuso nel 1952, ma 2.500.000
cittadini dell'est fino al 1961 riuscirono a passare più o meno clandestinamente all'ovest. Per fermare questo
esodo, nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, iniziò la costruzione a Berlino Est di un muro attorno ai tre settori occidentali. Inizialmente questo
consisteva di filo spinato, ma in fasi
successive venne fortificato prima
con prefabbricati di cemento, poi
con cemento armato. Il muro era lungo più di 155 km. Nel giugno 1962
venne costruito un secondo muro,
all'interno della frontiera, destinato a
rendere più difficile la fuga verso la
Germania Ovest, fu così creata la cosiddetta "striscia della morte". Vi erano recinzioni, trincee anticarro, oltre
300 torri di guardia con cecchini armati, trenta bunker e una strada, illuminata per il pattugliamento, lunga
177 km.
Fino al 1989 vi furono circa 5000 tentativi di fuga riusciti verso Berlino
Ovest, mentre furono circa 230 i morti ammazzati nei tentativi non riusciti. Il muro rappresentava il confine
tra i due schieramenti, tra i paesi cosiddetti democratici ed i paesi del cosiddetto blocco comunista. Il simbolo della guerra fredda.
Mi piace ricordare la frase finale con
cui il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy, il 15 giugno 1963,
concludeva il suo discorso a Berlino
ovest, nei pressi del muro, durante la
sua visita: “Tutti gli uomini liberi,
ovunque essi vivano, sono cittadini
di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso di dire: Ich bin
mente.” Tanto bastò che decine di migliaia di berlinesi scendessero per le
strade dirigendosi verso il muro. Le
guardie del muro, in numero esiguo,
non preparate e disinformate, videro
questa marea umana presentarsi e
non seppero, o non vollero, aprire il
fuoco, ma aprirono le barriere. Così
per un banale equivoco cadeva dopo
27 anni il muro e finiva la guerra fredda. Certo che, passato il primo entusiasmo, i berlinesi dell'est si sono trovati ad affrontare problemi nuovi.
Da quando erano protetti e costretti
in un guscio scomodo, oppressivo, in
uno spazio risicato, ristretto, ma certo, ora si dovevano confrontare con
la ricerca di un posto di lavoro, una
cultura più avanzata, una società, sotto certi aspetti, spietata con le sue leggi di sopravvivenza libera. Avranno
trovato la libertà sperata o immaginata all'ombra di un muro? Mia figlia,
i nostri giovani, quelli dell'est riusciranno a vedere sempre la palla tonda
ed a rincorrerla come fa Tom? Mi sorge, però, un dubbio: e se fossi io a
non riuscire a vederla più tonda? Lo
spero, per loro.
Pensierando...
A
ll'ennesimo richiamo della
madre Tom era uscito
dall'albergo di corsa per
prendere l'autobus. Non arrivava al
metro, capelli biondi, occhi chiari.
Ed una palla che faceva rimbalzare,
rotolare, inarrestabile negli spazi che
si guadagnava.
Tonda... e se non fosse stata tonda,
ma quadrata? Certo l'avrebbe sempre vista tonda. Ne era fiero, orgoglioso di inseguirla tra le gambe di
sconosciuti e di raggiungerla. Era la
palla che gli tracciava il cammino, nonostante egli pensasse il contrario.
Non sarebbe potuta essere che tonda
ai suoi occhi. Ma quante palle quadre
nasconde una palla tonda per ruzzolare via negli spazi che si può e si sa
guadagnare?
ein Berliner! (sono un Berlinese,
NdT).” E un muro stimolava il desiderio di libertà di un popolo. Un muro che nascondeva la libertà o li difendeva dalla libertà? La possibilità
di poter scegliere o di volere scegliere. Per esercitare la libertà c'è bisogno di avere più di una scelta, anche
se scomoda, ed il coraggio di perseguirla. Il 18 ottobre del 1989 Erich
Honecker si dimise. Il nuovo governo di Krenz decise, agli inizi di novembre, di concedere ai cittadini
dell'Est permessi per viaggiare nella
Germania dell'Ovest. Günter Schabowski, membro del politburo del
partito socialista unitario della Germania e ministro della propaganda
della DDR, il 9 novembre ebbe il
compito di dare la notizia alla Tv di
stato nel telegiornale delle 18.00, ma
non conoscendo i dettagli della decisione, presa in sua assenza, improvvisò e alle ore 18.53 ad un giornalista
dell'ANSA, che chiedeva da quando
fosse operativa quella direttiva, pronunciò la fatidica frase: “Se sono stato informato correttamente questo
ordine diventa efficace immediata-
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Difendiamo
e sviluppiamo
il nostro ambiente
Lago di Campolattaro (BN)
Politiche Ambientali
Dott. Gianluca Aceto
Assessore alla Provincia di Benevento
Politiche per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile
delle Comunità Montane e Rurali
un autunno intenso, pieno di
lavoro. La Provincia di Benevento è alle prese con tematiche ambientali importanti, ciascuna
delle quali è una vera e propria sfida.
Il primo pensiero corre alla questione rifiuti, che è argomento ambientale, economico e sociale.
La costituzione della società provinciale, con l'individuazione di un
esperto tecnico di provata competenza, rappresenta una tappa fondamentale del processo: ancora una volta si tratta non di un arrivo ma di un
punto di partenza. Passare ad un sistema razionale di gestione, dopo
quindici anni di emergenza in cui è accaduto di tutto, non è certamente facile. Farlo con l'obiettivo prioritario di
applicare tecnologie a freddo, e quindi in contrapposizione alla logica
dell'incenerimento, è cosa ancora più
ostica e intrigante.
Eppure le difficoltà non finiscono
qui: occorre infatti garantire la massima trasparenza e partecipazione, anche per rendere la pianificazione provinciale un autentico strumento operativo e non solo un mero elenco di
enunciati. Bisogna passare dalla tassa
alla tariffa. Bisogna pensare, ancora,
ad un metodo sicuro per la tracciabilità dei rifiuti. Occorre pensare e mettere in pratica sistemi efficaci per la riduzione a monte dei rifiuti, senza dimenticare le continue emergenze scaturenti dalla discariche presenti sul
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Discarica di S. Arcangelo Trimonte (BN)
territorio: S. Arcangelo, Montesarchio, S. Bartolomeo in Galdo (dove
la Provincia ha provveduto a finanziare e affidare i lavori per la copertura del sito, così affrontando definitivamente il problema della produzione di percolato).
Riuscire a strutturare queste linee di
intervento sarà l'obiettivo per il 2010.
In questo processo, articolato, lungo
e pieno di insidie, i programmi e gli
accordi già stipulati e finanziati sono
la base di partenza. Si pensi alle linee
guida provinciali per il nuovo piano
rifiuti, risalenti al 30 luglio 2008; alla
convenzione con il CONAI per la re-
dazione del nuovo piano provinciale,
stipulata nel settembre 2008 (prima e
unica provincia del Centro Sud); alla
partenza dell'osservatorio provinciale in coordinamento con la piattaforma regionale (ottobre 2008); all'accordo con il nucleo ambientale regionale della Guardia di Finanza (dicembre 2008), incentrato proprio sulla prevenzione e repressione degli illeciti legati al ciclo dei rifiuti; all'accordo con la Camera di commercio
di Benevento, finalizzato alla riduzione degli imballaggi e alla promozione di prodotti sfusi e spillati, nonché alla sperimentazione del mar-
chio di qualità ambientale. Nella
stessa direzione procede l'intesa, in
via di stipula, con l'Università del Sannio, che ha il dichiarato scopo di accompagnare il ciclo industriale sui rifiuti con una adeguata azione di ricerca e innovazione in grado di adattare razionalmente le migliori tecnologie al sistema Sannio.
Per fortuna, tuttavia, che il tema
dell'ambiente non significa esclusivamente emergenza, né si esaurisce nei
rifiuti. L'ambiente è una partita che si
gioca anche sul terreno della programmazione. Per questo siamo interessati a far partire la scuola di diagnostica ambientale, un istituto strategico che guarda ai modelli più avanzati d'Europa.
E per lo stesso motivo, inoltre, la Provincia di Benevento ha finanziato tre
borse di studio destinate all'ambiente, concentrandole su programmazione/ricerca, rifiuti, difesa suolo/acque. Anche in questo caso le ricerche saranno realizzate in collaborazione con l'ateneo sannita. Le attività di programmazione interessano
altre questioni. Si pensi all'avvio del
percorso per l'istituzione dei parchi
fluviali (Sabato-Calore e Medio Volturno), e all'obiettivo della stipula dei
cosiddetti contratti di fiume, a vantaggio dei corsi d'acqua secondari. Il
2010 sarà l'anno decisivo in tal senso,
mentre il 2009 ha già visto il concreto
risultato dell'istituzione della zona a
protezione speciale del lago di Campolattaro. L'uso dell'acqua di questa
diga, inoltre, con le sue molteplici vocazioni (potabile, irrigua, energetica),
rappresenta una sfida ulteriore ed avvincente, per la quale sono già stati
stanziati nove milioni di euro dalla Regione Campania.
In altri termini, mentre è in via di aggiornamento il piano territoriale provinciale, l'assessorato all'ambiente
per la prima volta gli sta dando attuazione, nella parte in cui individua i
corsi d'acqua come corridoi ecologici naturali, cioè come gli strumenti essenziali per garantire la salvaguardia
della biodiversità.
Il tema dell'acqua, nella molteplicità
delle sue articolazioni, rappresenta
una priorità strategica per la Provincia di Benevento. L'accordo con
l'Autorità di bacino Liri-Garigliano e
Volturno si pone l'ambizioso obiettivo di programmare razionalmente
l'uso e il governo del territorio e delle
acque, superficiali e sotterranee. Finanziato dalla Provincia, l'accordo è
entrato nella fase operativa, e vedrà
nel monitoraggio della risorsa idrica
(scarichi ed attingimenti) uno dei
punti iniziali di attività.
Altrettanto ambiziosa, e sperimentale, è l'intesa con Regione Campania –
Assessorato lavoro e formazione, e il
Consorzio di Bonifica del Sannio Alifano, destinato a formare un gruppo
di operai specializzati nella manutenzione dei corpi idrici superficiali. Si
intende coniugare il lavoro buono
con il tema dell'ambiente, in un progetto che non ha precedenti in Campania e nel Mezzogiorno. Infatti gli
operai coinvolti saranno quegli stagionali che, nel corso del 2008, a causa dei tagli alla bonifica, non svolsero
nemmeno le canoniche 101 giornate
lavorative. In un periodo di precarizzazione totale della vita lavorativa (e
non solo) un concreto segnale di controtendenza: gli operai, infatti, adeguatamente preparati, potranno lavorare per 151 giornate (con evidente
giovamento economico), destinando
l'incremento lavorativo alla manutenzione ordinaria dei fiumi. È utile
ricordare che una tale azione non è
mai stata fatta in precedenza, almeno
negli ultimi decenni.
Nella stessa direzione andrà la sperimentazione comparativa di due piante naturali, onde verificarne le potenzialità sia in ordine al dissesto idrogeologico superficiale sia alla fitodepurazione. Tale progetto sarà avviato
in primavera.
Tutte queste attività saranno interamente finanziate dalla Provincia,
che utilizzerà ingenti risorse del proprio bilancio. Siamo convinti che, dopo una programmazione seria e razionale, i soldi necessari per realizzarla siano degli investimenti necessari. Sperando che la notevole mole
di azioni in avvio sia patrimonio messo a disposizione dei cittadini anche
in un futuro non immediato.
Politiche Ambientali
ASCLEPIADI nel terzo millennio
Fiume Volturno
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
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GIOIA:
dalla grotta ad un habitat
protetto dall’altura.
Una carezza
Prof. Luigi R. Cielo
Università “Suor Orsola Benincasa” - Napoli
Storia dell’Arte
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Adolescentologia
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i Gioia, oggi Gioia Sannitica, il cui appellativo rimanda a radici preromane, le principali coordinate geostoriche riferibili al periodo longobardo si
riassumono nella esistenza di una
grotta dedicata a S. Michele e di due
contrade, Volgari e Auduni, agevolmente riconducibili ad un etnico, Bulgari, stanziatisi intorno al Matese e ad
un antroponimo, Audo e in una, per
ora solo ipotetica, corrispondenza di
un Casale Iohannis, che compare in un
documento, che dà un lungo elenco
di beni appartenuti ad un nobile, Potone.
Passati in età normanna, ci si imbatte
nel primo, vero riconoscimento di
una località, Ioham, o più precisamente di un feudo, del valore di due militi,
in possesso di un magnate, Gutardo,
titolare per conto del conte di Caserta, Roberto, accanto ad un'altra, Comestella, feudo del valore di un milite,
nel tenimento di Gioia, verso il fiume
Volturno. Su queste poche coordinate si deve costruire il discorso relativo alla nascita e all'allestimento di
un habitat concentrato d'altura, rivenendo dai tempi successivi informazioni relativamente utili alla messa a
fuoco del problema, come l'obbligo
degli abitanti della terra di Gioia a
contribuire alla riparazione, nel periodo svevo, del castello di Caiazzo o
la prova di un discreto sviluppo demografico agli inizi del dominio angioino, con XXVIII focularia e relativo peso fiscale di VII once.
In un cedolario angioino del 1320 risultano tassati, oltre a Gioia, gli abitanti di Caraczanum (Carattano), Rinianum, Iannuliscum , che per la verità
sono solo il segno di una disgrega-
Dott.ssa Valeria Vicario
Pediatra
P
zione degli abitati con in più questionabili ragioni di confini diocesani,
che il corso del torrente Advento
non può che chiudere in linea (fluviale) di massima. Cosicché, traendo le
conclusioni, su una maglia di costellazioni demiche, alcune delle quali indizianti un'alta cronologia, come Auduni e Volgari, già richiamate, o anche
Castell'arso, emerge l'aggregato di
Gioia – fenomeni analoghi sono stati
studiati per la valle di Tocco/Vitulano e per Faicchio – che ha dalla sua
l'eminenza e l'alta protezione naturale del sito, insieme ad una ulteriore garanzia di difesa, che era quella di una
più rassicurante distanza dal tracciato viario di fondovalle, e cioè il diverticolo della via Latina nel tratto AlifeTelese, che invece lambiva l'altro feudo di Comestella/Campostella, forse
perciò speso scomparso.
La domanda naturalmente è sui tempi della nascita del castrum di Gioia,
tempi che potrebbero esser quelli
dell'incastel-lamento del X secolo o
quelli normanni – negli anni della lotta Ruggero II/Rainulfo II e Roberto
di Capua, Gioia non pare costruisca
una piazzaforte, come Ponte, Limata, Guardia e, al di là del fiume Volturno, Dragoni – se l'attuale torre
quadrata, poi sopraelevata in forma
cilindrica, sta a rappresentare un
omaggio alla tecnica difensiva dei
nuovi signori del sud d'Italia, importatori di donjons quadrati e anche cilindrici per lo più sulle colline, ma talora anche su rialzi a “motta” artificiali.
Bibliografia:
• D. Caiazza, La terra il castello
di Gioia Sannitica, in Gioia Sannitica. Della città e del borgo, a c. N.
Lombardi, Piedimonte Matese
2000, pp. 34-43;
• L. R. Cielo, L'incastellamento
nel Matese campano. L'area telesina,
Rivista storica del Sannio, n.20,
3° serie, 2003, pp. 75-79.
orto ancora nel cuore
l'ultima visita di qualche giorno fa allo studio.
Era un momento di calma, intorno alle 12. Col senno di poi, ho creduto
che probabilmente anche i genitori
pensavano di pregustare così uno spazio ed un momento tranquillo tutto
per loro e… per noi.
Il sole inondava la stanza. Il telefono
aveva interrotto il suo squillo continuo, di quelli che non danno respiro.
Avevo davanti un quadretto classico,
come quello che compare alla visita
del primo figlio nato da poco. L'unica
differenza, rispetto alla prima visita,
era che quel figlio non era il primo e
non era nemmeno appena nato, ma
aveva da poco compiuto 14 anni.
Tergiversammo sul significato di
quella visita, ma nessuno di noi si sbilanciava ad ammettere che aveva il sapore malinconico del commiato.
Mentre tra di noi si alternavano riflessioni quotidiane e valutazioni cliniche, mi fermai dicendo: “Mio Dio
che visita triste! Sembra una visita di
addio... ci stiamo per lasciare!”
Il ragazzo sorrise e compresi che anche lui era coinvolto nella mia stessa
corrente emotiva.
Eravamo tutti presi dall'emozione.
Quattordici anni di vita percorsi insieme. Sempre un grande rispetto e
un'attenzione gli uni per gli altri. Sempre una grande ed estrema fiducia
per me, forse anche oltre quello che
avrei potuto meritare. Così ci siamo
salutati, ci siamo abbracciati. La porta così si chiudeva mentre una immensa, forte emozione mi attraversava l'anima.
Ho pensato e ripensato a quel momento e a tanti altri momenti come
questo capitati molto di frequente negli ultimi tempi.
Mi sono soffermata pensando che la
loro venuta, il loro saluto, era stato
un regalo. Un grande dono. Il ragazzo sarebbe dovuto essere a scuola a
quell'ora e la mamma e il papà sarebbero dovuti essere al lavoro, allora
quel momento era stato pensato proprio per me, per dirmi ciò che a parole non erano mai stati capaci di pronunciare. Hanno cercato un momento di intimità, di tranquillità, tutti insieme. L'unica cosa che posso fare è
ringraziarli perché mi hanno fatto
comprendere che una presenza si-
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
Si può cominciare così… semplicemente da una carezza! Se non lo facciamo più da tanto tempo, se pensiamo di non saperlo più fare, possiamo
ricominciare. Sarà come una chiave
che apre la porta dell'anima. Ci accorgeremo che , dopo una carezza, lo
sguardo si scioglie, i muscoli si rilassano, il respiro si fa più lento.
E' il momento giusto per ascoltare
l'altro, magari raccogliere le sue gioie
e le sue lacrime senza dire nulla perché il nostro “essere il tutto per te” è
già il tutto.
Il 26 ottobre scorso ho celebrato i
miei 25 anni di laurea. Se oggi dovessi
dire qual è il mio sogno come medico
e come medico dei bambini, direi che
il mio sogno è riuscire a far comprendere a tutti che il mondo dovrebbe
rallentare la sua insulsa corsa, di riuscire a convincere gli sposi che dovrebbero più spesso rubare un po' di
tempo per stare un po' da soli perché
questo fa bene a loro e fa molto bene
ai loro figli, di sapere insegnare ai genitori come regalare ai figli più tem-
L’OBESITÀ: problema mondiale
L'appuntamento al “Festival
della salute” che si è tenuto
dal 24 al 27 settembre a Viareggio in seconda edizione
quest'anno, con la collaborazione di esperti nazionali ed internazionali dedicato a sanità,
ambiente ed alimentazione
con l'obiettivo della prevenzione, ha avuto toni molto alti,
soprattutto nei confronti del
problema dell'obesità che, in
maniera piuttosto preoccupante, in funzione anche del territorio, è da considerarsi una vera
e propria malattia che funge da piattaforma per una morte prematura e fattore di rischio per le principali malattie croniche quali
quelle cardiovascolari, diabete fino ad alcuni tumori. Poiché tali
conseguenze dovute ad un peso eccessivo non sono una recente scoperta, ma sono note da tempo, è venuto il momento, dato il
diffondersi dell'obe-sità in modo esponenziale, di considerare
l'argomento in forma nettamente scientifica tenendo ben presente gli studi presentati dall' OMS e le statistiche ISTAT, non
sembra superfluo porre l'accento sui dati già pubblicati, non disgiunti da un'appropriata riflessione idonea a raggiungere, in termini molto semplici, anche chi molto spesso si lascia sedurre da
certe ghiottonerie, pur non essendo lontano dal conoscere certe
conseguenze negative. Secondo appunto le ultime statistiche
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po per raccontarsi, coccolarsi e meno cose da fare e traguardi da inseguire. Il mio sogno è che i genitori
vengano da me più per parlare dei loro problemi che per le banali malattie
dei loro bambini che si curano spesso da sole. Il mio sogno è liberarmi di
tutte quelle pratiche burocratiche inutili, riuscendo ad andare controcorrente anche contro le continue richieste dei genitori come quando ti
chiedono di visitare per forza i loro figli anche se piangono o dover visitare quella benedetta gola che spesso
non serve a nulla, col coraggio di non
prescrivere farmaci inutili per malattie che si risolvono da sole. Il mio sogno è quello di riuscire ad essere una
pediatra che sappia infondere fiducia, coraggio e certezze ai genitori di
oggi, sempre più incerti e spaventati.
Dopo questi 25 anni trascorsi tutti
con i bambini, ho capito che essi sono una carezza sul nostro cuore, il dono più grande e più prezioso, e che
ogni sforzo deve e dovrà essere per
loro, sempre e solo per loro.
Prof. Renato Sinno
Docente di Mineralogia e Geologia a r.
dell'OMS, il costo sociale relativo all'obesità rappresenta, in alcuni paesi europei l'1% del PIL ch equivale al 6% dell'intera spesa
sanitaria, ben diverso dagli US dove è l'1.7% del PIL con il 12%
della spesa sanitaria. In Italia il trend è in ascesa con un aumento
del 10% di obesi nel periodo 2005-2008, con la rispettabile cifra
di cinque milioni di obesi. Attribuire questo fenomeno in crescita
pressocchè esclusivamente a fattori genetici appare ormai assurdo, in quanto è universalmente riconosciuto che l'obesità che
reca le conseguenze già note con disturbi funzionali, comporta
una distribuzione anomala e difforme nelle sue componenti lipidiche, ma soprattutto glicidiche oltre che protidiche, discostandosi
alla lunga da un regime alimentare che prevede, al contrario, impiego di verdure e di frutta. Tutto ciò lascia prevedere una dieta
ipercalorica, a cui si aggiunge la sedentarietà forzata dalle difficoltà di movimento per l'aumento di peso. Se aggiungiamo poi
che la 'dilatazione', sensibile nell'età compresa tra i 18 e 24 anni,
raggiunge picchi più elevati nel range tra i 55 ed i 75 anni, per poi
decrescere lentamente. Si comprende facilmente come incidendo un peso eccessivo sulla salute, gli orizzonti che si intravedono
non sono certamente molto radiosi. Nel mentre è compito della
Sanità pubblica ricercare tutti i mezzi per diffondere una ampia informazione per porre in atto una indispensabile prevenzione, al
cittadino più colto, oltre che al professionista medico è affidato il
compito di diffondere, senza creare panico, notizie certe e semplici sulla scelta degli alimenti, con un orientamento preferenziale verso quella dieta semplice definita 'mediterranea'. In tal modo
saremo tutti più allenati al combattimento contro l'obesità.
“Grida”,
Dio dice ai suoi profeti
Dott. Roberto Riccio
E in nome di questo Dio, che mi sento di dover urlare, gridare. Finché questo grido
dei poveri non tocchi anche te, e in tanti si abbia il coraggio di "Sognare" il
GRANDE SOGNO: Un mondo diverso da quello che abbiamo fra le mani.
I
l sopralluogo al villaggio per fare i sondaggi necessari per vedere la presenza dell'acqua prima
di trivellare, è stato davvero un passaggio difficile per i miei occhi e la
mia anima. Un villaggio, con tante capanne, poche costruzioni bianche
che sono il ricovero dei tubercolotici,
dei lebbrosi, dei ciechi, dei nessuno.
La prima casa , quella dei lebbrosi. Mi
vengono incontro a quattro zampe,
la lebbra ha mangiato le mani e i piedi. In lontananza una bambina si accorge di me e mi viene incontro. Ha
dodici anni, non va a scuola, l'unico
gioco che conosce è andare a prendere l'acqua. E' lontana, sembra ascoltarmi da dietro un vetro. Le voci paiono arrivarle piano e piano parla, senza fretta, senza energia. Ma un'altra
voce risponde dal basso, è la voce della madre. Ha quarant'anni ed è un
tronco umano, non ha le braccia, le
gambe si fermano alle ginocchia. La
sua voce mi sorprende, non mi sono
accorto di lei, è arrivata da me strisciando.
Insisto con la piccola se ha paura a
stare lì, se sogna un posto diverso. Mi
risponde sempre piano e sottovoce.
"Io non sogno niente e non ho paura
a stare qui. Questo è il mio mondo, la
mia vita .Senza di me mia madre non
potrebbe vivere. Da sola non può
mangiare, non può bere, non può vi-
vere. Io sono le sue mani." Questa è
la sua vita, nessuno può offrirgliene
un'altra. La sua vita, un sacrificio offerto alla vita della madre. E nessuno
inorridisce. Per questi disgraziati tra i
disgraziati è solo uno dei mille sacrifici umani che si consumano ogni
giorno. Altri bambini che accudiscono altri malati. Per ogni malato, il sacrificio di un bambino. Occhi di bambino che guardano per tutta la vita, la
vita di un adulto. Bisognerà essere
fortunati a non ammalarsi prima, bisognerà aspettare che il proprio caro
muoia per poter guardare la propria
vita.
Mi vedono. Si mettono in posa,
aspettano una foto e sorridono. In
fondo, è un giorno di festa: la mia visita fa di queste ore, di questo momento, un giorno speciale. Vado avanti,
ancora sabbia rossa, ancora una casa
bianca. Quella dei tubercolotici. Mi
assale un rumore sordo, polmoni
gonfi di tosse. Non c'è modo di farli
La mano tesa
lenziosa tutta per me valeva molto
più di tante parole e di regali incartati.
Per me è stata una tenerezza... sì, è stata una carezza!... E di carezze abbiamo bisogno tutti, anche noi adulti.
Le carezze fanno bene sempre e ci ricordano che così come le amiamo
noi grandi, le amano anche i nostri figli, i nostri pazienti, piccoli e grandi
che siano. Sì, anche quelli grandi! Quelli che ora sono anche più alti di noi
e stanno attraversando la loro difficile adolescenza.
Una carezza. Un bacio. Un gesto di attenzione. Sono ancora doni grandi
che non dobbiamo dimenticare.
Per il nostro compagno di vita, per i
nostri figli, i nostri pazienti, i nostri familiari, i nostri amici. Un gesto vale
più di tante parole o di mille regali.
Un gesto richiede attenzione, richiede un sorriso, un attimo del nostro
tempo. Attraverso una carezza ci si
può fermare un attimo per vivere
nell'ascolto non solo delle parole, ma
del cuore che batte e degli sguardi
che parlano.
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smettere, tossiscono come dannati,
senza pace. Si tengono stretti, le mani
contro il petto e tossiscono. Non vanno in ospedale a morire, troppo lontano, non hanno cure. Loro muoiono qui.
Forse fanno bene, perchè quello degli ospedali, è un inferno annunciato.
Mi ritrovo a pregare ora davanti a un
Cristo metà bianco, metà nero.
Penso ancora all'incredulità di mia
madre, quando le dissi “voglio fare
qualcosa per l' Africa” - “Tornerai
presto” mi aveva risposto, “quella è
vita dura”.
Io ho deciso. Voglio essere amico dei
lebbrosi, dei tubercolotici, voglio essere amico dei bambini.
Sto tentando di donare loro un piccolo miracolo, un pozzo, un ospedale, un futuro.
Di bambini in questi anni ne ho visti
tanti, molti li ho visti nascere, tanti
morire tra le braccia delle madri.
Tra i miei progetti la costruzione di
9
10
un centro medico per i bambini, per
le donne, per i malati.
Ho fatto un sopralluogo all'ospedale
di Morogoro. La gente negli ospedali
viene a morire. Arrivano da lontano,
camminando per giorni e poi, si consegnano a loro, confidando in medicine che non hanno, in cure che non
sono in grado di offrire. E muoiono,
muoiono come mosche. Muoiono di
tubercolosi, di malaria, di fame, di dissenteria. L'ospedale di Morogoro è
un antinferno che serve tutto il distretto, cinquecentomila abitanti
sparsi in un raggio di cento chilometri. Un corridoio che toglie il fiato,
una puzza che prende alla gola, puzza di fogna, di morte. La prima stanza è il pronto soccorso. Un lavandino
nero di sangue mai lavato, perché senza acqua, due letti senza lenzuola, il
ferro arrugginito, i materassi lerci.
Poi il campo sterile. Galleggiano siringhe su una pozzanghera gialla di
pipì e, accanto, qualche flebo, un pò
di ovatta. Provo a mandare giù la puzza, il personale sorride "Bisogna che
guardiate e raccontiate, persino questa povera gente, che non è abituata a
sperare in molto, persino loro non si
fidano a venire qui. E fanno bene,
non hanno medicine, non hanno medici. Nessuna competenza, nessuna
preparazione.
Solo quando la loro medicina tradizionale fallisce, quando si sentono
senza scampo, solo allora vengono
qui. E arrivano con la disperazione di
chi va al patibolo.
Le donne portano i loro figli come a
un sacrificio, li assistono senza lacrime e senza speranza.
Vedo questi bambini. Le stanze hanno otto letti. Nella stessa stanza a terra un adulto infortunato, sui letti piccole gambe in trazione, un filo di spago legato ad una pietra a tirare il piede. E ancora , bende sporche sul torace di un uomo colpito da una freccia.
"Un incidente di caccia", non riescono a fermare l'infezione, non hanno
antibiotici. Aspettano che muoia.
Nella seconda stanza , sotto un lenzuolo sporco di chissà quali malattie,
scopro un corpo martoriato dal fuoco. La maschera di un viso che non
ha più occhi, né per vedere, né per
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piangere, il lamento soffocato attraverso quella che doveva essere la bocca. Un bambino di tre anni, è qui da
due giorni. Si è bruciato cadendo nel
fuoco. Qui succede spesso. E' la miseria, la fame. I bambini sono quasi
sempre soli, le loro mamme vanno a
prendere l'acqua facendo ore di cammino, scalze, con la latta in testa.
Quando sono fortunate, vanno a lavorare il loro pezzo di terra. I bambini si fanno compagnia, vivono per
strada, si inventano lavori, e poi si ritrovano intorno al fuoco per scaldare
lo stomaco vuoto che urla fame. Un
fosso nella sabbia rossa, quattro rami, un po' di foglie secche ed ecco il
fuoco, si soccorrono tra loro, muoiono. Così è successo per questo bambino. La madre lo ha portato qui da
lontano perche lo salvassero. Io spe-
ro solo che Dio se lo prenda presto.
Non hanno neanche un calmante, un
accidenti qualsiasi per placargli il dolore. E bisogna tapparsi le orecchie,
chiudere gli occhi e far tacere l'anima,
per non sentire il grido soffocato di
questo e degli altri bambini. Esco fuori dall'ospedale, è davvero troppo tutto questo. Avere la voglia di fare tanto e tutto, subito ma vedersi impossibilitato a fare qualsiasi cosa.
Fuori sotto un albero una piccola folla. E la sala d'attesa. Lì, i parenti dei
nostri assistiti trascorrono la loro
giornata. Arrivano qui dopo giorni di
viaggio a piedi. Poi restano sotto
quell'albero e aspettano. Pregano,
pregano il loro dio, qualche volta il
nostro. Spesso tornano a casa con un
morto tra le braccia. Quell'albero cresce per le loro lacrime e non smette
mai di crescere. Poi arrivata sera, mi
ritrovo la testa tra le braccia a pensare
alle parole dell'art.25 sulla dichiarazione dei diritti umani: “LA VITA È
UN DIRITTO”.
In Africa la vita ancora non è un diritto. E' un privilegio. La fame, la sete e
la malnutrizione provocano ogni anno la morte di quaranta milioni di persone tra cui 5 milioni di neonati e
bambini. Ogni giorno quarantamila
bambini, nel mondo muoiono per
malattie curabili con semplici antibiotici. Ogni 3 secondi un bambino
muore per fame. Ogni 20 secondi un
bambino muore per malattie associate alla mancanza di acqua. Questi sono i grandi numeri della fame. Ognuno di loro aveva un nome, una voce,
un sogno. Ma non voglio parlare di
numeri, bensì raccontarvi la favola di
tanti bambini, che grazie al nostro aiuto oggi hanno la possibilità di attingere acqua da fonti controllate, di studiare, di vaccinarsi e curarsi da malattie non più mortali.
A volte da bambini sogniamo di fare
mille mestieri, di girare il mondo con
aerei, di essere importanti e famosi
...ci sembra il massimo della felicità,
del vivere liberi. Ma poi con il passare
degli anni ci rendiamo conto che regalare una speranza, e perché no, un
amico a questi bambini significa dare
un senso alla propria esistenza. Chi è
diverso da noi, purtroppo, viene compianto solo per la sua disgrazia, tollerato in nome di buoni sentimenti,
non ancora accettato per quello che
è. Un altro di noi, uno di noi, uno come noi.
E a tutti questi vecchi bambini, con
cento rughe sul cuore, che hanno visto ogni cosa e con occhi ormai stanchi hanno imparato ad ingoiare la
paura e le notti buie senza stelle.
Insieme cercheremo di donargli sempre il loro diritto di essere BAMBINI. Per la fine del prossimo anno con
la collaborazione di tutti voi cercheremo di ultimare la costruzione di un
importante ospedale per i bambini e
le donne incinte.
Caro amico che mi hai dato l'onore di
essere letto ed ascoltato, ti chiedo la
possibilità di essermi accanto in questo importante percorso.
“Da ragazzino sognavo che da grande avrei fatto il pilota. Mi sembrava il
massimo della felicità, del vivere libero. A quattordici anni avevo già cambiato idea. Volevo sempre girare il
mondo, l'avrei fatto da missionario.
Mi piaceva l'idea di poter essere utile,
di regalare a tanta gente una speranza
e , perché no, un amico. E me li immaginavo i miei poveri. Gente semplice,
ma buona, eternamente sorridente”.
Era un sogno da bambino.
in un sorriso sul loro volto. Mi chiedo
ora che cos'è una favola. Mi chiedo
ancora. Mi ricordo la prima volta che
sono venuto qui, compravo cinquecento pani al giorno e, insieme al pane, il latte. Ma serviva a sfamare solo
poche bocche. Un privilegio terribile,
era come scegliere chi far vivere e chi
far morire. Spesso l'acqua c'è ma non
è buona. Sono al pozzo, riempiono le
taniche, al villaggio hanno sete.
La berranno comunque, in ogni caso.
La mano tesa
La mano tesa
ASCLEPIADI nel terzo millennio
PER CONTRIBUIRE
ALLA REALIZZAZIONE
DEI PROGETTI
Qui ho capito che la povertà è una cosa terribilmente seria, addirittura crudele, inimmaginabile. Ad ogni sguardo di questi bambini vorrei che potessimo dire: abbi cura di te. Sei mille
volte coraggioso, mille volte infelice.
Abbi cura di te. Ma spesso sto li, inchiodato alla mia inutilità. E' facile ripartire, ritornare alla mia comoda
normalità, tante volte ho sperato che
questi occhi smettessero di guardarmi, nei loro occhi scopro il dolore,
l'angoscia del bambino mai stato.
Eppure una mia smorfia si trasforma
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Diritti e doveri
La sicurezza
sul lavoro
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“E chi và 'a faticà
pur' 'a morte addà affruntà
murimm' 'a uno 'a uno
p'e colpa 'e 'sti padrune”.
(E'Zezi, "A' Flaubert", 1975)
I
l 5 agosto 2009, sulla G.U. n.
180 (supplemento ordinario
n.142), è stato pubblicato, ed è
quindi entrato in vigore, il decreto legislativo n. 106 del 3 agosto 2009: disposizioni integrative e correttive
del decreto legislativo 9 aprile
2008, n.81, in materia di tutela
della salute e della sicurezza nei
luoghi di lavoro (Testo Unico della
sicurezza nei luoghi di lavoro).
Il Testo Unico rappresentava l'attuazione dell'articolo 1 del D.Lgs. 123/
2007 (il Governo e' delegato ad adottare,…, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti
in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità
all'articolo 117 della Costituzione … garantendo l'uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il
rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche
con riguardo alle differenze di genere e alla
condizione delle lavoratrici e dei lavoratori
immigrati …).
Si trattava di uno dei primi provvedimenti dell'ultimo Governo Prodi, e
uno dei primi firmato dal Presidente
Napolitano, che lo aveva molto sollecitato, interpretando le aspettative di
tutti gli italiani, anche purtroppo
sull'onda emotiva dell'inarrestabile
catena di morti e infortunati sul lavo-
UNA GUERRA NASCOSTA
Dott. Pierluigi Santillo
Ingegnere edile
ro. Dopo l'entrata in vigore del Testo
Unico era auspicabile un fervore di
iniziative, la pronta adozione dei decreti attuativi, il completamento del
sistema organizzativo, un rinnovato
impegno collettivo per la formazione di una vera cultura della prevenzione.
Purtroppo, con la caduta del Governo, voluta da Mastella dopo l'inizio
dei suoi guai giudiziari, il processo
che era stato così faticosamente avviato, si è nuovamente, e colpevolmente, bloccato (proroghe, mancata
emanazione dei decreti attuativi, …).
E ora il recente provvedimento del
Governo Berlusconi rappresenta
una sostanziale controriforma e un ribaltamento della “filosofia” del Testo Unico e dei suoi contenuti fondamentali. Una autentica resa agli imprenditori (niente più multe, niente
più blocco dell'attività per le aziende
fuorilegge che sfruttano il lavoro nero e non rispettano le norme di sicurezza, niente più controlli).
Alcune delle più efficaci misure del
Testo Unico voluto da Prodi e Napolitano sono state eliminate o pesantemente ridimensionate: diritto al risarcimento dei danni delle vittime degli infortuni sul lavoro, rivisitazione
del sistema sanzionatorio, responsabilità penale del datore di lavoro. La
nuova norma introduce una deroga
al principio generale in tema di responsabilità penale per omissione (affermato dall'art. 40 c. 2 del codice
penale), per cui “non impedire un
evento, che si ha l'obbligo giuridico
di impedire, equivale a cagionarlo”.
In generale è stato deciso dal governo Berlusconi un rilevante abbassamento del livello di protezione dei lavoratori, talvolta in contrasto con le
norme comunitarie in materia, e in
particolare con la direttiva quadro
89/391/CE. Inoltre sono stati introdotti eccessi di delega, con la violazione della regola sancita nel D.Lgs.
n. 123/07 del divieto di abbassamento dei livelli di tutela, e spesso con modifiche contrastanti con altre parti
del nuovo Testo Unico.
In particolare le responsabilità del datore di lavoro o del dirigente in caso
di morte o infortunio sono state ridimensionate se l'evento è imputabile
al fatto colposo di un preposto (progettista, fabbricante, fornitore, installatore, medico, lavoratore, …),
cioè al fatto di uno qualsiasi degli altri
soggetti operanti nel contesto produttivo. In questo modo è stato svuotato di significato l'obbligo di vigilanza, in capo al datore di lavoro, in
ordine al corretto espletamento da
parte di tutti i soggetti delle funzioni
Ogni giorno in Italia si verificano
2500 incidenti sul lavoro, 3 lavoratori perdono la vita e 27 restano invalidi per sempre (circa un
milione di incidenti ogni anno,
con oltre 1000 morti). E dietro
ogni cifra ci sono la storia e la vita
di uomini e donne, e delle loro famiglie. Per molti lavoratori, morire o restare segnati per sempre è
una eventualità che può verificarsi in qualunque momento. Come
in guerra!
Ci sono poi le malattie professionali, provocate dal contatto quotidiano con sostanze tossiche,
che uccidono lentamente.
Certi lavori somigliano più ad
una trincea che a un diritto garantito dalla Costituzione.
Nei cantieri edili, in particolare, si
verifica quasi il 23% degli incidenti, anche se questo settore occupa solo l'8,4% della popolazione attiva; e 1/6 di questi incidenti
colpisce lavoratori immigrati, cui
di solito vengono affidate mansioni più rischiose, con turni prolungati e scarsa formazione in materia di sicurezza.
Anche la precarizzazione del lavoro incide negativamente sulla sicurezza: si verificano sempre più
spesso situazioni in cui lavoratori
inesperti e non sufficientemente
preparati vengono utilizzati per
attività anche molto pericolose,
con la conseguenza che i lavoratori “temporanei” sono 2-3 volte
più a rischio di quelli stabili.
loro assegnate.
Ma quello che è davvero grave e pericoloso è il significato simbolico di
queste modifiche: in una legislatura
in cui la politica del Governo in materia penale è tutta tesa ad un generale
inasprimento delle pene (pensiamo
all'immigrazione, alla circolazione
stradale, alle molestie, ecc.), la sicurezza sul lavoro è il settore in cui invece più si ritiene di modificare al ribasso il carico sanzionatorio, con la conseguenza che la giustizia diventa più
Figura 1: Lavorare "in sicurezza"!
dura nel colpire il singolo, spesso in situazioni di emarginazione, ed è morbida invece se c'è il rischio di colpire
gli interessi di chi detiene il potere, anche quando sono in gioco beni giuridici di importanza primaria, come la
salute, il lavoro, la dignità della persona umana e la stessa vita.
Infatti, con le modifiche introdotte,
diventa più difficile chiamare a responsabilità, in caso di infortunio, i
datori di lavoro, mentre per i lavoratori le pene sono spesso aumentate.
Anche in questo caso non è tanto e
solo questione di misura, quanto del
messaggio che si trasmette, favorendo la convinzione che in definitiva, in
moltissimi casi le maggiori responsabilità sono delle stesse vittime o comunque dei lavoratori nel loro complesso. Un messaggio che, da sempre, va di pari passo con quello – altrettanto nefasto – relativo alla “fatalità” degli infortuni. In un momento
in cui l'opinione pubblica è stata più
volte colpita dalla gravità di alcuni fenomeni particolarmente drammatici, e mentre si dovrebbe tendere, come richiesto da tutti e più volte sollecitato anche dal Presidente della Repubblica, alla corretta e convinta applicazione di una normativa faticosamente unificata e definita col Testo
Unico, ci sarebbe bisogno di ben altri
messaggi in favore della formazione
di una vera e diffusa cultura della prevenzione.
Non dovrebbe esservi nessuna attenuante per chi, consapevole del rischio cui è sottoposto un lavoratore,
pur essendovi obbligato dalla legge,
non fa nulla perché quel rischio sia
evitato o ridotto al minimo.
Invece tutto quello che riguarda la sicurezza viene visto dai datori di lavoro solo come una spesa aggiuntiva e,
nonostante un quadro normativo
che teoricamente dovrebbe dare garanzie sufficienti (dai DD. Lgs.vi
626/94 e 494/96 fino al T.U. del
D.Lgs. 81/2008), gli infortuni sono
ancora una piaga che sembra inevitabile, soprattutto per la scarsità dei
controlli, e soprattutto nei piccoli
cantieri e nelle fabbriche ed officine
artigianali o a conduzione familiare.
In occasione della bonifica dall'amianto di un grande edificio per uffici a Napoli, di cui mi sono occupato
come direttore dei lavori, la presenza
costante degli ispettori della ASL, sia
in fase preliminare che esecutiva, anche con un approccio più “da consulenza” che di vero e proprio controllo, e che quindi fu percepito in modo
non coercitivo, o semplicemente sanzionatorio, dall'impresa e dagli operai, la sicurezza fu la priorità, e non si
verificò nessun infortunio, né rilascio di fibre di amianto oltre i limiti
consentiti. Naturalmente, anche in
quel caso, non fu possibile eliminare
ogni rischio, ma, come sempre dovrebbe avvenire, si fece tutto il possibile per proteggere la salute degli ad-
Diritti e doveri
ASCLEPIADI nel terzo millennio
Figura 2: ponteggio completamente non a
norma, ma con dei "corni" scaramantici come
presidio di sicurezza.
13
14
detti ai lavori e degli abitanti della zona, anche se i tempi di lavoro furono
più lunghi di quelli contrattualmente
stabiliti, ma da parte della committenza non fu mai esercitata alcuna
pressione, né sull'impre-sa, né
sull'organo di controllo, per aumentare i ritmi di lavoro.
L'integrità e la sicurezza di un uomo, e la dignità dei lavoratori, dovrebbero essere sempre più importanti di un qualsiasi aumento
di produttività o di qualsiasi obbligo contrattuale.
Troppo spesso, invece, la sicurezza
dei lavoratori, soprattutto dove e
quando diritti negati e sfruttamento
sono la regola, viene spesso sacrificata al profitto dei datori di lavoro.
In nome del guadagno, imprenditori,
tecnici ed amministratori con pochi
scrupoli, mettono in atti o tollerano
sistemi produttivi che sfruttano manovalanza e risorse naturali, senza regole e remore, introducendo nei processi sostanze chimiche tossiche e
cancerogene, che avvelenano sia i lavoratori che i destinatari finali del
prodotto. E, in questa situazione, aggravata sempre più dal decadimento
morale della nostra società, alimentato dal degrado dell'ambiente che ci
circonda, sembra che siano normali
anche gli infortuni sul lavoro, ci si indigna sempre meno, e ci si abitua sempre più a pensarli come un inevitabile
“effetto collaterale”.
Così, di lavoro si continua a morire,
così come si muore per lo svilimento
delle strutture sanitarie pubbliche a
favore di quelle private, che riducendo i costi per massimizzare i profitti,
spesso sono anche peggiori di quelle
pubbliche, mentre l'evasione fiscale e
contributiva continua a sottrarre risorse alla collettività.
Intanto i mezzi di informazione, televisione in testa, continuano a diffondere notizie angoscianti e spot pubblicitari sempre più sofisticati ed “aggressivi”, costruendo da un lato paura, insicurezza, incertezza e diffidenza, che servono a giustificare politiche sempre più repressive e invadenti, e dall'altro bisogni e domanda di
merci, per sostenere la crescita economica e far aumentare i profitti del-
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La decrescita
necessaria
Per un consumo critico che ci sottragga
alla folle tirannia del PIL
Figura 3: Stati Uniti - colazione di lavoro sospesa!
Dott.ssa Carmela Longo
Psicologa - Psicoterapeuta
le multinazionali. Oggi però c'è la
chiara sensazione che il mito del mercato che si auto regola e della crescita
economica stiano crollando insieme
alle tante aziende che stanno fallendo; e infatti l'Italia è ferma, dal punto
di vista economico, ma non è detto
che ciò sia un male e non, invece,
un'opportunità.
E' auspicabile infatti che si rinunci
all'idea di crescita illimitata e che si avvii la costruzione di una società più
sobria che, pur senza rinunziare al benessere, elimini gli sprechi, ridimensioni i consumi, recuperi risorse, spinga sulle energie rinnovabili e modifichi il sistema produttivo, in modo
che sia più rispettoso della salute e sicurezza dei lavoratori e dei consumatori, oltre che dell'ambiente.
E', questa, la “decrescita felice” e la
“transizione” di cui parlano da tempo Latouche e tanti altri. E non si tratta solo di economia.
Se vogliamo salvare il Paese dalla bancarotta, e il mondo dalla catastrofe
(l'attuale ritmo di sviluppo e di logoramento delle risorse, e l'accelerazione della produzione e dei consumi
di beni non necessari, stanno pregiudicando il futuro del pianeta), è necessaria una rivoluzione culturale.
Scuotendoci dalla rassegnazione passiva e liberandoci da egoistici opportunismi, dobbiamo abbandonare il
mito della crescita senza limiti, e rifiutare l'idea che l'arricchimento personale possa essere un fine che giustifichi ogni mezzo e nefandezza.
Dobbiamo togliere centralità
all'economia e al mercato, e restituirla all'uomo: solo così potremo perseguire una più equa distribuzione delle risorse, e inoltre avremo anche can-
tieri e fabbriche più sicure e meno infortuni e morti, ma anche prodotti
meno pericolosi per i consumatori.
Investimenti appropriati in ricerca,
tecnologia e formazione, da erogare
solo alle imprese corrette e rispettose
delle regole, devono sostituire i finanziamenti a pioggia, ed è fondamentale un miglioramento dell'efficacia dei controlli delle istituzioni
pubbliche. E' questo il presupposto
indispensabile anche per la sopravvivenza delle aziende, che dovrebbero
competere sul mercato puntando
sull'innovazione e non sulla precarizzazione ed esasperazione dell'impegno dei lavoratori, perché ciò porta
poi a stanchezza e riduzione dei livelli di attenzione, favorendo gli infortuni sul lavoro (sono stati pubblicati
recentemente dati preoccupanti sulla
pericolosa diffusione delle droghe
sui luoghi di lavoro, spesso utilizzate,
e tollerate, per sopportare i terribili
ritmi di lavoro oggi richiesti in alcune
fabbriche o nei cantieri).
Imprenditori ed artigiani devono acquisire consapevolezza sulle conseguenze ambientali, economiche e sociali di ogni loro attività, devono sentirsi pienamente responsabili della salute e sicurezza dei loro prestatori
d'opera, ed avere coscienza di svolgere un ruolo di interesse collettivo, e
non solo un'attività finalizzata al profitto.
Lo sviluppo economico non deve
prescindere dal rispetto per
l'ambiente e dell'integrità, fisica e morale, della persona umana, la cui difesa deve condizionare ogni decisione
legislativa e amministrativa, ma anche le scelte e le azioni degli imprenditori.
“Se tutti gli animali se ne andassero, l'uomo morirebbe per la grande solitudine dello spirito. Poiché qualsiasi cosa accada agli
animali, presto accade all'uomo. Qualsiasi cosa accade alla terra, accade ai figli della terra. Questo noi lo sappiamo: la terra
non appartiene all'uomo. L'uomo appartiene alla terra”.
(Il capo indiano Seattle al Presidente degli Stati Uniti, 1854)
L’irretimento delle menti
tramite l'induzione
del bisogno di consumare.
L
'intreccio delle storie umane,
dei singoli e dei popoli, è ora,
più che nelle altre epoche storiche, connesso indissolubilmente
con il futuro di questa Terra. Ogni
singola scelta si rivale sull'intero sistema, e nessuno può chiamarsi fuori
rispetto a quello che ormai è sotto gli
occhi di tutti. L'occidente supertecnologizzato esporta l'onnimercificazione dei rapporti, più che la democrazia, visto che al suo interno ormai
anche questa parola si è svuotata di si-
gnificato. Una corsa sfrenata all'occidentalizzazione del mondo, in cui
l'irreti-mento delle menti è reso possibile anche dalla diffusione della paura verso l'altro, l'estraneo, visto come
l'alieno, altro-da-sé, e non altro-di-sé.
Fa comodo ai governi inculcare nella
gente l'idea che il primario bisogno
sia quello della sicurezza. Funziona
bene anche in Italia. Ricordate
Orwell in 1984? La gente era mantenuta in condizioni di schiavitù mentale dal Grande Fratello, e l'aggressività era convogliata su gruppi terroristici che minacciavano da un momento all'altro l'incolumità (!) della
collettività. Cosa cambia ora? Siamo
lì: il controllo burocratico dei flussi
migratori, già fazioso di per sé, lascia
il posto a vere e proprie azioni di guerra. L'occidente, e l'Italia nello specifico, attua politiche aggressive e di superiorità, e non si interroga invece
sui profondi squilibri che ha creato, e
che continua follemente a determinare, obnubilando le menti di ognuno con il mito del consumo e della
crescita senza limiti.
Provate a promuovere una campagna elettorale che non contempli al
suo interno le parole crescita e sviluppo.
Con molta probabilità non avrete
molto seguito, anzi verrete derisi.
Sia a destra che a sinistra (?!) la crescita è un totem, panacea di tutti i mali, divinità indiscussa e venerata, dogma di fede, droga di chi è invasato di
produttivismo.
L'economia basata sulla crescita del
P.I.L. (prodotto interno lordo) è, dalla maggioranza, considerata l'unica
economia possibile, e pur di perpetuarla vi si aderisce acriticamente, ciecamente, pericolosamente. Abbiamo
visto in un precedente articolo
(Asclepiadi, sett.2008) come la nostra
sia un'economia violenta, nel depredamento dell'ambiente, nello sfruttamento dei popoli del Sud del mondo,
nelle varie forme di alienazione e patologia dei rapporti che produce
nell'occidente, dove l'homo consumens sta consumando anche l'ultimo
pezzo del suo cervello.
15
Psicologia per la pace
Diritti e doveri
ASCLEPIADI nel terzo millennio
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Psicologia per la pace
“La crisi ecologica planetaria, la possibilità
concreta di autodistruzione del mondo, le
crescenti disuguaglianze e lo scandalo della
iniqua ripartizione delle risorse della Terra
mostrano l'irrazionalità di questa credenza
ed il fallimento, mai ammesso, dello sviluppo”. (Pieroni O., in S. Latouche, Altri
mondi, Altre menti, Altrimenti, Rubbettino ed., p.11).
16
L'obbligo morale della
decrescita, perché lo sviluppo è
il problema, non è la soluzione!
E' indispensabile far decrescere la
produzione materiale e i consumi di
beni nel ricco occidente, in modo da
ridurre l'impronta distruttiva del nostro sistema economico sul pianeta.
Una vera e propria rivoluzione culturale contro la violenza dell'antropocentrismo. Anche il modo di pensare
l'ecologia va rivisto, in favore di una
ecologia profonda, non di superficie: “…nell'ecologia profonda la specie
umana non è depositaria né proprietaria di
alcunché” (Guido Dalla Casa,
L'ecologia profonda, ebook Arianna ed.,
p.24). Lo stesso concetto di sviluppo
sostenibile diventa una specie di mostro che perpetua se stesso e ci lascia
imbrigliati nell'inganno dello sviluppo. Se si rimane nell'ottica dello sviluppo sostenibile, non si riescono a
trovare soluzioni che non siano in
qualche modo lesive. L'ultimo, inconcludente, vertice della Fao a Roma dimostra ancora una volta come
l'ottica dei governi sia unicamente sugli aiuti umanitari (tra l'altro sempre
insufficienti rispetto all'entità del disastro) e non metta assolutamente in
discussione lo stile di vita del mondo
industrializzato, che di per sé causa
tragici squilibri di distribuzione delle
risorse. Il cambiamento strutturale e
sostanziale della società opulenta
non viene neppure pensato. Appunto, è un dogma.
Come afferma ripetutamente Latouche, noto economista che da anni studia l'impatto drammatico del sistema
di vita occidentale sul pianeta, bisogna decolonizzare l'immaginario,
liberarlo di tutti i condizionamenti
che abbiamo sin da bambini e che trasferiamo acriticamente ai nostri figli,
Serge Latouche - Vannes, 12 gennaio 1940 - Economista e filosofo francese.
nella logica dell'affare, dell'accumulo,
del comprare per soddisfare ormai
ogni tipo di bisogni, a scapito della
presenza genuina, del tempo e delle
relazioni umane. “L' immaginario indenne dalla colonizzazione dell'economia
antepone la vita al lavoro, l'affetto
all'utilità, il dono allo scambio, secondo una
logica che pone al centro i legami sociali”
(S. Latouche, Altri mondi, Altre menti,
Altrimenti, Rubbettino ed., p. 13).
Inoltre è bene sottolineare che “decrescita non è il termine <simmetrico> di crescita… ma significa abbandonare radicalmente l'obiettivo della crescita per la crescita, obiettivo il cui motore non è altro che la ricerca del profitto da parte dei detentori del capitale.
Più che di decrescita si dovrebbe parlare di
<a-crescita>…poiché si tratta di abbandonare la fede e la religione della crescita, del
progresso e dello sviluppo” (S. Latouche,
La scommessa della decrescita, Feltrinelli
ed., p.11).
La decrescita in occidente deve articolarsi, secondo Latouche, intorno alla riscoperta della frugalità, della sobrietà, del senso del limite. E' chia-
ro come ciò strida in maniera dirompente col senso di onnipotenza che
permea il nostro modo di vivere come occidentali, nella cultura del sempre più-sempre più, con cui droghiamo noi e i nostri figli.
Nella società della decrescita:
-si riduce il tempo di lavoro, i trasporti e il consumo di energia, si riducono gli sprechi e i rifiuti
-si rivaluta il proprio modo di vita, a
favore di un ritmo più lento ed umano
• si ripristina l'agricoltura contadina
• si ridistribuisce l'accesso alle risorse, il lavoro, il reddito e i ricavi in
maniera equa
• si ricostruisce e riaggiusta
l'esistente, anziché operare un continuo e nuovo consumo di territorio
• si riutilizza anziché buttare al primo guasto
• si ricicla
• si rinuncia al superfluo
• si riconquistano il tempo e lo spazio per stare con sé, con i propri familiari e amici e con la propria comunità
• si restituisce ciò che indebitamen-
"Il silenzio di Dio ci obbliga a riprendere in mano la nostra responsabilità storica, a uscire dai
miracolismi per imboccare la strada della nostra responsabilità personale e anche sociale,
economica, politica, cui siamo chiamati".
AIex Zanotelli
te si è preso e non ci appartiene
• si reinventa
• si rilocalizza, per una rinascita del
locale e dei rapporti di vicinato
• ci si reincanta
In questo senso Latouche parla della
società della decrescita come vernacolare, che cioè produce per i propri
fabbisogni senza farsi dominare
dall'economia di mercato: cose fatte
in casa, tessute in casa, coltivate in casa, e non destinate al mercato ma al
solo uso domestico.
Il bene e la felicità possono essere raggiunti con costi minori, tramite le relazioni sociali, il dono e la convivialità, che è la capacità da parte di una
collettività umana di sviluppare un interscambio armonioso tra gli individui e i gruppi che la compongono, e
la capacità di accogliere ciò che è
estraneo, come portatore di valori, di
differenze che non spaventano ma arricchiscono.
Secondo Latouche, anche per il Sud
del mondo si può pensare a una decrescita come “di-sviluppo”, nel senso
di eliminare gli ostacoli che impediscono un'emancipazione di quei popoli secondo modi loro propri, non necessariamente appartenenti alla cultura industriale occidentale. “Lo studio delle forme di autorganizzazione al Sud
degli esclusi dal banchetto del sovraconsumo
è utile per comprendere che si può sopravvivere allo sviluppo e al di fuori dello sviluppo.
(…) E' chiaro tuttavia che la decrescita al
Nord è una condizione di ogni forma di progetto alternativo al Sud” (S. Latouche,
La scommessa della decrescita, cit.,
pag.160).
Parallelamente il Sud potrebbe organizzarsi con altre R alternative e
complementari, come:
• rompere con la dipendenza eco-
nomica e culturale rispetto al nord.
L'occidente depreda sistematicamente continenti come l'Africa, per
estrarre ad esempio materie prime
che poi verranno utilizzate nella produzione supertecnologica di computer, telefonia, ecc.. E' questo il caso
del coltan, estratto in Congo, la cui
ricchezza passa direttamente nelle
mani delle multinazionali occidentali, lasciando le popolazioni autoctone ancora più povere. Al danno la beffa.
• riannodare i fili della propria identità culturale e delle proprie radici, dopo secoli di colonizzazione, di manodopera a basso costo per lo sviluppo
dell'occidente, di globalizzazione violenta.
• reintrodurre coltivazioni dimenticate o abbandonate, dopo decenni di
agricoltura massiva anche con diffusione di OGM, che ha messo in ginocchio l'utilizzo di sementi locali,
distruggendo quasi ovunque la biodiversità. Questi processi violenti e
IMPATTO SOCIALE
• Rispetto delle condizioni di lavoro
• Assenza di lavoro minorile
• Assenza di produzione di armi
• Assenza di rapporti con regimi oppressivi
• Preferenza verso aziende piccole, con minori
possibilità di influenzare le scelte politiche
• Preferenza verso prodotti artigianali, o ad elevato
contenuto di manodopera
immorali hanno nel tempo arricchito solo le multinazionali, e hanno ingrassato per bene il bestiame da macello per le nostre mense. Quintali di
acqua per una bistecca.
Consumo critico e boicottaggio
Quando ognuno di noi acquista un
qualsiasi oggetto o servizio, dice a tutti implicitamente quale mondo vuole e quale è il mondo che ritiene possibile. Dice pure se ha smesso di sperare.
Ancora di più dichiara ad alta voce da
che parte sta.
Ancora di più rischia di diventare
complice di delitti bianchi, rosa, azzurri, per cui mai nessun tribunale
chiederà giustizia.
Ma quali sono i criteri per preferire
un prodotto piuttosto che un altro?
Essi sono essenzialmente l'impatto
sociale e l'impatto ambientale
(cfr. scheda 1 tratta da Saroldi A.,
Giusto movimento, EMI ed, p.30).
IMPATTO AMBIENTALE
Assenza di inquinamento dovuto agli impianti
Basso consumo di energia
Elevato utilizzo di materiali riciclati
Basso utilizzo di risorse non rinnovabili
Imballaggi ridotti o assenti
Aziende locali e filiera corta
Preferenza di prodotti verso cui è possibile effettuare riparazioni
• No usa e getta
•
•
•
•
•
•
•
Scheda 1
17
Psicologia per la pace
ASCLEPIADI nel terzo millennio
Rifiutare di collaborare con chi tiene
un comportamento iniquo è una delle azioni più semplici e immediate
per attuare un consumo critico. Si
può aderire a campagne nazionali e
internazionali di boicottaggio di un
prodotto o di una marca che si sia ripetutamente e notoriamente macchiata di gravi reati sia ambientali che
contro i lavoratori.
www.asclepiadi.it
Il boicottaggio come forma di lotta
non violenta si è diffusa anche in Italia, e coinvolge un sempre crescente
numero di persone consapevoli.
Anni fa per es. è partita la campagna
di boicottaggio verso la Nestlè, indetta a motivo delle tecniche di marketing del latte in polvere nei paesi del
cosiddetto Terzo mondo. Un'altra
campagna famosa è quella contro la
Coca-Cola. Si è calcolato che, nel corso di tutto il processo di produzione,
per fare un litro della famosa bevanda occorrano 9 litri di acqua, e spesso
è proprio l'acqua prosciugata in zone
che ne avrebbero bisogno per l'agricoltura e per tutti gli usi umani. La
campagna “Giochi Leali” fu lanciata
anni fa in seguito alla morte di 87 ragazze nel rogo sviluppatosi in una
fabbrica cinese di giocattoli che produceva, per conto dell'Artsana, i giocattoli Chicco. Altre campagne di boicottaggio vengono attuate nei confronti delle cosiddette “banche armate”, coinvolte cioè a vario titolo nel
commercio di armi. Anni fa, inoltre,
fu lanciata la campagna di Obiezione alle Spese Militari a favore di una Difesa
Popolare Nonviolenta (OSM), in cui
si chiedeva che sulla denuncia dei redditi fosse possibile scegliere di utilizzare la propria quota di tasse destinata all'esercito, per il sostegno di metodi
non armati per la prevenzione e la risoluzione dei conflitti.
E' sempre più chiaro dunque come il
nostro atteggiamento, quando decidiamo di acquistare un prodotto o un
servizio, abbia in realtà molto a che fare con chi siamo, chi crediamo di essere, chi
vorremmo essere. In questo caleidoscopio di bisogni talvolta inconsapevoli,
spesso contrastanti, dobbiamo tenere presente che non siamo soli a questo mondo, che siamo parte di una sacra unità, e che le nostre scelte parlano, spesso offendono e non poche
volte uccidono.
C'è bisogno di una rinnovata e più
giusta umanità, che recuperi un rapporto profondo e rispettoso con sé,
con l'altro, con la terra, ora, e nel tempo che ci è dato.
(continua)
Conversione di
San Paolo
La vocazione di Saulo
sulla via di Damasco
Dott.ssa Liliana Beatrice Ricciardi
S
i è concluso il 29 Giugno 2009
l'Anno paolino aperto alla stessa data dell'anno precedente
per ricordare il 2° millennio della nascita di San Paolo (fig. 1).
Il 28 Giugno 2008 erano iniziate le
manifestazioni con una solenne cerimonia presieduta da Benedetto XVI
nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Il Papa insieme con l'arcivescovo
di Canterbury, Rowans Williams, e
con il patriarca di Costantinopoli,
Bartolomeo I, ha aperto la Porta paolina. Papa Ratzinger vi ha celebrato
poi i vespri il 28 Giugno 2009 per la
chiusura dell'Anno paolino che ha goduto dell'indulgenza plenaria come
gli Anni giubilari.
E' stato un periodo straordinario per
Fig. 2
Bibliografia per approfondimenti:
• AMBIENTE E GIUSTIZIA SOCIALE. I LIMITI DELLA GLOBALIZZAZIONE di W. Sachs
• GUIDA AL CONSUMO CRITICO
del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, EMI ed.
• FIABE NEI BARATTOLI. NUOVI
STILI DI VITA RACCONTATI AI
BAMBINI di M. Aime, EMI ed.
Fig. 1
18
Fig. 3
le iniziative pastorali e sociali, legate
alla spiritualità paolina e per una serie
di eventi liturgici e culturali: il 19 Giugno di quest'anno gli archeologi della
Santa Sede hanno comunicato di
aver scoperto, nella catacomba di
Santa Tecla la più antica icona di San
Paolo.
Innumerevoli sono le immagini del
santo come quella bellissima conservata al Museo civico di Limoges, del
XII secolo, in oro e smalto (fig.2) o
l'altra che lo ritrae insieme agli apostoli in una miniatura del XV secolo
(fig.3).
La tradizione pittorica più diffusa ha
però sottolineato il momento della
cosiddetta “conversione” di SauloPaolo, come nella “Caduta e conversione
di san Paolo”, dal Retablo di Bonifacio
Ferrer, 1430, Valencia (fig.4). Qui appare già il cavallo che sarà poi per molti pittori l’attributo, oltre al libro e alla
spada, di San Paolo.
L'episodio della caduta e della vocazione di Saulo, fanatico fariseo e feroce persecutore dei cristiani, viene narrata da Luca negli Atti degli Apostoli
(8/39-9): “E avvenne che, mentre
era in viaggio e stava per avvicinarsi a
Damasco, all'improvviso lo avvolse
una luce dal cielo e cadendo a terra
udì na voce che gli diceva:«Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Rispose:
«Chi sei, o Signore?». E la voce: «Io
sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù,
alzati ed entra nella città e ti sarà det-
19
Il Sacro e l’Arte
Psicologia per la pace
ASCLEPIADI nel terzo millennio
Fig. 8
Fig. 7
Fig. 4
to ciò che devi fare». Gli uomini che
facevano il cammino con lui si erano
fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedevano nessuno. Saulo
si alzò da terra, ma, aperti gli occhi,
non vedeva nulla. Così, guidandolo
per mano, lo condussero a Damasco,
dove rimase tre giorni senza prendere né cibo, né bevanda”.
Il cavallo qui non è nominato, c'è solo la luce “dal cielo” che priva l'uomo
della vista e la caduta “a terra”. La vista poi viene recuperata attraverso
l'imposizione delle mani di Anania ordinatagli dal Signore. Anania è perplesso perché conosce il male che
Saulo ha fatto ai cristiani, partecipando, tra l'altro, al martirio di Santo Ste-
Fig. 5
20
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Il Sacro e l’Arte
Il Sacro e l’Arte
ASCLEPIADI nel terzo millennio
Fig. 6
fano. “Ma il Signore disse: «Va', perché
egli è per me uno strumento eletto per portare
il mio nome dinanzi ai popoli, ai ree ai figli
di Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome»”.
Da quel momento inizia la missione
di Paolo, Apostolo delle Genti, e i suoi
frenetici viaggi (fig. 5) fino all'arrivo a
Roma dove subirà il martirio della decapitazione.
Uno “Speciale” allegato al n° 21/
2008 di FAMIGLIA CRISTIA-NA da cui sono state tratte le precedenti
immagini – ha esposto esaurientemente il percorso dei dodici mesi “paolini” sottolineando, tra gli altri eventi culturali, il primo dei tre concerti:
“Il Messia” di Haendel, diretto dal
Maestro Lorin Maazel, il 30 Giugno
2008. Il quadro più noto è forse quello del Caravaggio (fig. 6) in S. Maria
del Popolo, a Roma, del 1601, preceduto però dal grandioso affresco di
Michelangelo (fig.7), eseguito tra il
1542 e il 1550 nella Cappella Paolina,
in Vaticano, a Roma. Ancora prima
però, tra il 1514 e il 1516 Raffaello
prepara il cartone della “Conversione di
Saulo” per gli arazzi che saranno eseguiti poi a Bruxelles dalla bottega di
Pieter van Aelst. Il quadro di Ludovico Carracci (fig.8), del 1587 è di straordinaria intensità ed è fondamentale per l'ispirazione del sublime Guercino. Il dipinto fu eseguito per la chiesa di S. Francesco a Bologna ed è ora
nella Pinacoteca Nazionale della stessa città.
Come nell'affollato affresco di Michelangelo anche nello straordinario
dipinto del Tintoretto (fig. 9) ora a
Washington, alla National Gallery, la
composizione è ricca di personaggi,
di scene. Al suono della voce del Signore non cade solo Paolo “...soldati e
cavalli precipitano nel fiume, armi rotolano
sul terreno, cielo e terra partecipano al dramma di un'anima con una specie di cataclisma cosmico” scrive un illustre critico
d'arte. San Paolo che pure non ha conosciuto Gesù è l'Apostolo per eccellenza: egli “sceglie” di andare a Roma ben sapendo cosa lo attenderà. Il
Fig. 9
martirio avvenne nella località, alle
porte di Roma, chiamata “Acque Salvie”. Oggi vi sorge l'Abbazia delle
Tre Fontane che deve il suo nome allo zampillare miracoloso di tre sorgenti sgorgate dalla testa dell'Apostolo - decapitato in quanto cittadino
romano - che rimbalzò tre volte. La
scritta rimasta sulla facciata della chiesa eretta nel V secolo proprio sul luogo del martirio, ricostruita nel 1599
da Giacomo della Porta. E' un luogo
di grande misticismo come le altre
chiese romane dedicate al Santo, San
Paolo alla Regola, dove Egli abitò tra
il '61 e il '68. Bellissima è la Basilica paleocristiana dedicata ai santi Giovan-
ni e Paolo, edificata su una casa romana ricca di affreschi sia pagani che cristiani. Prima fra tutte la Basilica di
San Paolo fuori le Mura, dove si trova, sotto l'Altare maggiore, la tomba
dell'Apostolo dei Gentili. Non è il caso
di sottolineare l'impor-tanza per la
Chiesa Cattolica del Santo che contribuì in modo determinante alla diffusione del Cristianesimo nel mondo. Ne fanno fede le innumerevoli
rappresentazioni pittoriche e scultoree come la grande statua all'imbocco del ponte che attraversavano i “romei” provenienti dal Nord per pregare sulla tomba di Pietro in Vaticano e proseguire poi per la Basilica di
San Paolo.
Infinite sono le vie della fede.
Riferimenti bibliografici:
• Bibbia Tob
• Calvesi, Maurizio, Le realtà del
Caravaggio, Torino 1990
• Carmona Muela, Juan, Iconografìa cristiana, Madrid 1998
• Longhi, Roberto, Da Cimabue
a Morandi, Milano 1987
• Manns, Peter, I Santi, Milano
1987
• Poupard, Cardinal Paul, La
guida del pellegrino, Roma 2000
• Vasari, Giorgio, Le vite dei più
eccellenti pittori, scultori ed architetti, Roma 1991.
21
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Mythos e/o logos
Dott. Loredana Di Leone
Filosofando...
Re Priamo
22
P
resso la Fondazione Romano, mercoledì 25 Novembre
si è tenuta una interessante
lettura sul mito. Questo argomento è
tornato, prepotentemente d'attualità,
nei giorni scorsi con la riedizione
dell'importante libro di Roberto Calasso " Le nozze di Cadmo e Armonia ", che, dopo 20 anni dalla prima
uscita, ritorna in una veste tipografica curatissima, ricca anche di foto e
dipinti che esplicitano ed esplicano,
per quanto possibile questo argomento, che l'autore ha, sapientemente definito " Il DNA dell'Umanità ".
Nel piccolo l'incontro culturale settimanale ha messo in campo argomentazioni, interrogativi, considerazioni, cercando di riproporre un argomento, che , mutatis mutandis, è di così grande attualità per la decodificazione dei processi di ogni tipo, di un
mondo che, seppure globalizzato , è
di facile lettura, impugnando le giuste chiavi. Hanno partecipato le giovani Gaia Quadrini ( In principio era
il caos-mito cinese ), Marianna Tescione ( I due gabbiani-mito della Melanesia ), Irene Altera ( La pietra dondolante di Tandil- mito argentino ) ,
Maria Federica Viscardi ( Orfeo ed
Euridice ). Luigi Santonastaso, studente della facoltà di Filosofia, ha
esposto una relazione dal titolo " Il
mito o di un disvelamento ".nella quale ha esposto, per grandi linee, la
struttura del mito ed il suo significato, con particolare riferimento ad
Esiodo, non trascurando le numero-
se ricadute culturali nella filosofia e
nella letteratura.
Ultime, in ordine di esposizione, le
considerazioni di Maria Zarro, insegnante di Storia e Filosofia, su “La parola tra mito e liberazione-Viaggio
tra identità ed alterità”.
Protagora di Abdera
Il termine italiano mito deriva dal greco mythos. Nonostante il suo corrispettivo latino sia fabula, non vi è unanimità tra gli studiosi circa la sua origine etimologica greca. Umberto Curi (Professore ordinario di Storia della Filosofia all'Università di Padova),
sottolinea l'orientamento del far derivare mythos dal verbo myo, che vuol dire - appunto - essere racchiuso, stare
chiuso in se stesso. Per un lungo periodo, da Omero a Platone, il termine
mythos indica semplicemente “racconto”, “parola”, “discorso” ed ha lo stesso
significato del termine che verrà usato, successivamente, in sua opposizione: lògos. Quando Omero si riferisce a Re Priamo (venerando e terribile) definirà il suo dire mythos, mentre
quando a parlare sarà Ulisse - che usa
argomentazioni ingannevoli - Omero preferirà adoperare il termine
lògos. Possiamo quindi affermare
non solo che vi è equivalenza di significato (= la parola pronunciata),
ma che - da un certo punto di vista - il
discorso, inteso nel suo contenuto più
solenne, sia proprio il mythos.
La “svolta” avviene con Platone e
precisamente nel Protagora.
Il Dialogo ci presenta il sofista (Protagora) che giunge in Atene in età
avanzata preceduto da una grande fama. Un giovane amico di Socrate (di
cui non viene detto il nome) chiede allo stesso Socrate di accompagnarlo
per poter ascoltare i suoi insegnamenti ed egli si presta volentieri.
Giunti dal sofista, Socrate chiede in
cosa consista l'oggetto del suo insegnamento e rimane stupito dalla sua
risposta perché riguarda “l'arte politica”: “Non pensavo, Protagora, che
quest'arte si potesse insegnare: ma come non crederti dal momento che tu
lo affermi? È giusto che io dica il motivo per cui ritengo che non sia insegnabile né acquisibile dagli uomini.
Dico, infatti, che gli Ateniesi sono
saggi, come gli altri Greci. Noto che,
in assemblea, quando la città deve deliberare sulla costruzione di un edificio, vengono chiamati gli architetti
come consiglieri; quando invece bisogna deliberare sulla costruzione di navi, vengono chiamati i costruttori di
navi e nello stesso modo si procede
per tutte le altre cose che si ritiene
possano essere insegnate e apprese.
Se poi prova a dare consigli a qualcun
altro, che gli ateniesi non ritengono
un esperto, anche se è bello, ricco e
nobile, non gli prestano affatto maggiore ascolto, ma lo deridono e lo contestano.
Alla fine quello che cercava di parlare, sommerso dai fischi, si allontana
da solo oppure le guardie pubbliche
lo trascinano via o lo sollevano di peso per ordine dei pritani. Riguardo alle tecniche così si comportano. Quando si deve deliberare sull'amministrazione della città, invece, esprimono il loro parere, alzandosi in piedi, allo stesso modo il falegname, il fabbro
e il calzolaio, il mercante e l'armatore,
il ricco e il povero, il nobile e il plebeo. Nessuno li critica, come i precedenti, di tentare di dare consigli non
avendolo imparato da nessuno né
avendo mai avuto un maestro: è chiaro che non ritengono che la tecnica
politica sia insegnabile. Non è così solo nell'amministrazione della città,
ma anche nella vita privata, poiché i
sofisti e i migliori cittadini non sono
capaci di trasmettere agli altri le virtù
che possiedono”. [320]
Socrate nonostante ritenga l'arte poli-
I sofisti
tica, per tali motivi, diversa da tutte le
altre arti e, pertanto, non insegnabile,
si dichiara disposto a riconoscere che
Protagora sostenga il vero nell'affermare il contrario purchè possa dimostrarlo in modo chiaro. Protagora raccoglie la sfida:
“Socrate, non mi rifiuterò; preferite
però che ve lo dimostri raccontando
un mito, come gli anziani ai più giovani, o con un ragionamento?" Molti
dei presenti risposero che scegliesse
lui. "Mi sembra più piacevole - disse raccontarvi un mito". (Ricorrerà a
Prometeo).
I termini mythos e logos sono, apparentemente, ancora equivalenti, ma il
mythos differisce per essere più piacevole!
I manuali di Filosofia in uso presso i
Licei sostengono che la filosofia in
Grecia nasca quando avviene il passaggio dal mythos al lògos, ovvero
quando la spiegazione della realtà viene ricercata non più nei “racconti favolistici”, quanto- piuttosto- nelle
forme razionali. Verrebbe da chiedersi, allora, perché Platone – apparentemente- “faccia un passo indietro” e ricorra spesso ai miti nelle sue
opere nonostante sia filosofo! La risposta non risiede unicamente ne “Il
mito è più piacevole”. Nessuno di noi è
più la stessa persona dopo aver ascoltato un racconto perché il mythos scatena la meraviglia che è alla base del filosofare. E' il mythos e non il logos a
mantenere viva la meraviglia, legandolo all'”amore per la sapienza”. La
posizione del Professore Curi, che
condivide con Friedrich Creuzer, diviene, quindi, illuminante: “il verbo
myo da cui viene fatto derivare mythos, allude con evidente onomatopeia, al “parlare
con le labbra serrate”, “emettere suoni dalle
narici”. Di conseguenza, in origine mythos
indicherebbe un discorso formulato in maniera solo parzialmente articolata, o comunque espresso in una forma tale da richiedere di essere interpretato” (Curi, Miti
d'amore. Filosofia dell'eros, Bompiani, Milano, 2009). L'origine della parola è quindi in quella “chiusura” ed
in quella densità che è necessario districare tramite l'intervento ermeneutico di qualcosa di differente rispetto al “racconto a labbra serrate”.
E' interessante, a questo punto, soffermarsi sull' “emettere suoni dalle
narici”.
L'intelligenza pura che collega le idee
è il nous, vocabolo anch'esso imparentato al naso, noos. Pensare è parlare e parlare è respirare. Se
nell'anima, nella psichè non c'è respiro non c'è voce, non c'è pensiero.
Psychè viene da psyco, soffio e non è
per caso che il corrispettivo latino di
anima si rifaccia al greco anemos, vento, soffio.
Isolata dagli organi di fonazione, la
mente è muta!
Ne “Il Sofista” – chiarisce Adriana Cavarero in “A più voci” edito dalla Feltrinelli nel 2003- Platone si sofferma
sul logos e sul ruolo della phoné nel
processo che, partendo da elementi
semplici- ossia dalle lettere- le collega
per formare le sillabe, le quali si collegano- a loro volta- per formare le parole e perciò, mediante un ultimo e definitivo collegamento, la frase. Nel Sofista, però, si insiste particolarmente
sul fatto che il congiungersi (harmottein) delle lettere che formano le parole non avviene a caso, bensì, per
esempio attraverso le vocali che
“non sono come le altre lettere, ma
che sono un legame che passa attraverso tutte le lettere.” La precisazione è importante. Il verbo harmottein
è lo stesso che dà origine al sostantivo “armonia”. Nella lingua ordinaria
dei greci, esso indica l'opera del falegname quando congiunge due pezzi
di legno, li incastra, li unisce l'uno
all'altro in modo appropriato, vale a
Filosofando...
ASCLEPIADI nel terzo millennio
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
24
Platone
La via di accesso al vero, allora, è data
dalla circolarità ermeneutica perché
se il logos non è detentore assoluto di
verità, è altrettanto vero che il
mythos ha un carattere parziale e non
può pretendere di essere esaustivo: la
narrazione si rivela, dunque, symbolon, parte di un tutto che essa conquista solo a costo di un confronto assiduo e costante con il logos, suo opposto complementare.
"Simbolo" è un termine che deriva
dal verbo greco "sim-ballo", che vuol
dire "mettere insieme" ed è Platone,
ancora una volta, a giungerci in soccorso. Nel Simposio introduce il mito dell'androgino, cioè di esseri umani originari che sarebbero composti
di due sessi, di due teste, di quattro arti superiori, quattro arti inferiori.
Quando Zeus interviene tagliando a
metà gli esseri umani, fa sì che ciascuna delle due parti sia un simbolon, cioè
una parte che trova il suo significato
nel rapporto con l'altra, che deve ri-
congiungersi con l'altra per ricostituire la forma piena originaria. Il simbolo - che rimanda al syn-ballein di
cui il verbo italiano com-baciare potrebbe essere una buona traduzionemette appunto in evidenza la funzione del syn, ossia del “con”. Ciò vuol
dire che nessuna delle due parti è privilegiata o viene prima dell'altra. Il
simbolo consiste di ambedue e funziona sulla loro relazione paritaria o,
se si vuole, biunivoca.
In “Creatività e diritto: il giurista inedito” il Professore Felice Casucci, ordinario di Diritto Privato Comparato
presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi del Sannio
scrive: “se il mondo è rappresentazione, il segno creativo e rituale di
questa rappresentazione decodifica
la realtà rappresentata, dispone un
riordino dei comandi simbolici,(corsivo mio) senza le forme esclusive dell'apparire, assume la responsabilità di esserci, enunciando la musica di uno spartito interiore. Bisogna
fare in modo, però, che emerga tutta
(…)
Dobbiamo sporgerci in avanti, oltre
le parole, dobbiamo entrare fisicamente, carnalmente, umanamente
nella rappresentazione a cui siamo
comparsi, con tutto quel che siamo,
anima e corpo.”
Il racconto è mito perché sa comporre gli avvenimenti in unità in cui appare che l'intreccio dei fatti è qualcosa
di possibile: è la possibilità che le cose accadano e non il semplice fatto
che siano accadute. La sua è potenza
conoscitiva che consente di guardare
all'irrazionale con gli occhi della ragione. Il lavoro filosofico sul mito richiede una capacità analitica maggiore di quella richiesta da testi “propriamente” filosofici: si tratta di far
sprigionare dal mito la verità… in termini filosofici! Respiro, soffio, amore e conoscenza.
“Se la filosofia sceglie di seguire la
strada del mythos deve necessariamente abbandonare la convinzione
che la conoscenza è tanto più progredita e matura quanto più essa sia apatica, sia, cioè, al riparo da condizionamenti di tipo passionale o affettivo” (Curi, Miti d'amore, cit. p.8). Cre-
CENTO CITTÀ
CONTRO IL DOLORE
Dott. Vincenzo Palmieri
Responsabile Centro Terapia Antalgica e Cure Palliative
AORN G. Rummo
Socrate
dendo di aver trovato il nocciolo del
mythos rispetto al discorso razionale, ossia quando pensiamo di aver segnato una distanza incolmabile tra discorso logico e narrazione, si affaccia
una tra le più suggestive ed indiscusse definizioni della funzione del filosofo: quella di meravigliarsi, “scavare
e scendere nelle tenebre per stanare
tutte quelle scintille di luce che vi sono imprigionate e liberarle” (Casucci, Creatività e diritto).
Rimando la consegna al mito della caverna raccontato nel VII libro de La
Repubblica di Platone.
Riporto un comunicato stampa:
E' la funzione del “syn”!
Chiudo con Heidegger che, riferendosi al mito della caverna di Platone
(in consegna a chi legge) ne
“L'essenza della verità” scrive: La libertà non è soltanto l'essere-liberati
dalle catene né soltanto l'esserdivenuti-liberi per la luce, ma
l'autentico essere-liberi è essereliberatori dal buio.
La ridiscesa nella caverna non è un divertimento aggiuntivo che il presunto “libero” possa concedersi così per
svago, magari per curiosità, ma è, essa soltanto, il compimento autentico
del divenire liberi.”
Si ringrazia per la
collaborazione
la prof.ssa Maria Zarro.
P
er “dolore cronico” si intende quel dolore che non ha
funzione di allarme, non è
identificabile con un danno del corpo, di inizio recente e durata limitata,
ma si protrae oltre il tempo della malattia, anche se questa è in fase di guarigione, determinando un profondo
senso di malessere, di sofferenza interiore.
Fino a non molto tempo fa lo si riteneva associato solo al cancro, oggi ci
si è resi conto che il dolore da cancro
rappresenta il 7% delle persone che
soffrono per questo tipo di disturbo:
mal di schiena, emicrania, artrosi, nevralgie, dolori alle articolazioni, herpes zoster (fuoco di sant'Antonio) sono alcune malattie caratterizzate da
dolore cronico. Secondo i dati Istat,
in Italia sono oltre 12 milioni le persone colpite.
Questo tipo di dolore, che ha un forte impatto sulla qualità di vita e sulla
spesa del malato, interessa tutte le fasce d'età, in particolare le donne, ed è
una delle principali cause di consultazione medica, richiede appropriate
diagnosi, strategie e continuità terapeutiche, garantite da medici specialisti. Con l'obiettivo di promuovere
conoscenze, ricerca e formazione
nell'ambito della terapia antalgica è
nata in Italia, nel 2007, la Fondazione
Isal, sviluppo dell'omonimo Istituto
di ricerca e formazione in Scienze
Algologiche (Isal), fondato a Rimini
nel 1993 dal dott. William Raffaeli,
presidente della Fondazione. Il 30
giugno 2009, con il patrocinio del Senato, del Ministero del Lavoro, della
Salute e delle Politiche sociali, la Fondazione ha avviato il progetto “Cento città contro il dolore”, il cui fine è
costituire una sezione Isal in ogni città e realizzare, in questo modo, una
rete di solidarietà, scientifica e sociale, che metta in collegamento i cittadini che soffrono e i medici che si occupano di terapia del dolore.
Con il coinvolgimento di istituzioni e
strutture sanitarie, il progetto intende anche sensibilizzare l'opinione
Prof. William Raffaeli
pubblica, facendo passare il messaggio che dal dolore è possibile guarire.
Finora hanno aderito al progetto e attivato una sezione territoriale Isal i
centri di terapia del dolore di 19 città.
Tra questi, c'è il centro di terapia antalgica e cure palliative dell'A. O. “G.
Rummo” di Benevento, diretto dal
dott. Vincenzo Palmieri.
Prima iniziativa della sezione beneventana sarà la costituzione di un centro di formazione permanente, da allestire in una stanza adiacente
l'ambulatorio. Corsi di formazione teorici e pratici, accreditati Ecm, forniranno al personale ospedaliero competenze sulle ultime novità in materia
di terapia del dolore: il posizionamento di catetere vascolare, di catetere peridurale e di catetere intratecale, la stimolazione midollare, sono alcune delle tecniche antalgiche utilizzate dallo staff del dott. Palmieri, su
cui si concentreranno le relazioni tenute da docenti interni ed esterni.
“Le tecniche comunque” precisa Palmieri “andranno ad integrare quel
grande capitolo della terapia del dolore rappresentato dai farmaci. In effetti un buon uso di questi ultimi, secondo molti studi, riesce a trattare efficacemente più del 95% dei dolori
osservati, siano essi di natura benigna che da cancro1 ”.
Attraverso relazioni su dolore e cura
tenute da un consulente filosofico,
inoltre, si cercherà di realizzare un approccio multidisciplinare alla proble-
Cure Palliative
Filosofando...
dire in modo giusto. Il tipo di legame
che unisce le lettere per formare le sillabe e le sillabe per formare le parole
è perciò una giusta congiunzione. La definizione del logos enfatizza questo impianto combinatorio di giuste congiunzioni “armoniche”: il logos nella
sua forma essenziale è per Platone
nel collegamento di un nome e di un
verbo. Una serie di nomi senza verbo
o una sfilza di verbi senza nome non
possono essere chiamati logos, proprio perchè il logos collega, non si limita a nominare.
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1.Mercadante S. Il dolore. Valutazione, diagnosi e trattamento, Elsevier, Milano, 2005.
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matica, che non può essere ridotta
soltanto alla biologia, ma “è un tema
della psicologia, della sociologia, della filosofia e anche della teologia.
Una medicina che non voglia esaurirsi in una tecnica di guarigione, ma voglia essere anche una cultura della
guarigione dovrà sempre prendere in
considerazione anche queste altre dimensioni del dolore”2.
Una delle novità in materia di lotta al
dolore è proprio il tentativo, perseguito dal centro beneventano di terapia antalgica, di affiancare alla terapia
farmacologica e invasiva un approccio dialogico garantito da un consulente filosofico.
Il dolore è un fenomeno complesso
che investe la persona non solo nella
sua dimensione biologica ma anche
in quella emozionale, in quella relazionale e in quella cognitiva, cioè ad
un livello di attribuzione di significati: il suo insorgere determina un cambiamento nel modo di vivere – e di attribuire un senso a – il proprio tempo, il proprio corpo, le possibilità di
realizzazione della propria identità.
Così come il dolore stesso, le problematiche ad esso collegate – tempo,
corpo, identità, angoscia intesa come
senso della precarietà dell'esistenza,
morte – sono sempre state spunto di
riflessione filosofica, per cui è possibile affrontarle servendosi dell'eredità di tale tradizione. La consulenza
filosofica in un ambulatorio di terapia antalgica vuole appunto essere
una relazione d'aiuto offerta alla persona sofferente da un filosofo che si
serve dei risultati di millenni di riflessione per offrire al suo interlocutore
strumenti concettuali che possono
presente, a recuperare un benessere
inteso non come fatto biologico ma
come quella chiarificazione, quella
migliore comprensione di se stesso e
della propria situazione che permette
di progettarsi in vista di una “vita buona”.
I corsi di formazione diverranno allora occasione per insistere sulla necessità di un rapporto col paziente
che non sia esclusivamente tecnico
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Il valore della
psicologia di comunità
… per una partecipazione attiva
Dott.ssa Anna Tecce
Psicologa - Psicoterapeuta
Prof. Marcello Parente: consulente filosofico
del centro di terapia del dolore di Benevento
ma anche umano, sia “comunicazione esistenziale”3, rapporto paritetico
tra due esseri razionali che si uniscono per riconoscere e contrastare, curare, un processo naturale.
L'inaugurazione della sezione beneventana dell'Isal e dell'annesso centro di formazione permanente è prevista per l'inizio del 2010, in concomitanza del VII congresso sul trattamento del dolore cronico, evento
biennale che, dal 1998, rappresenta
un momento di confronto sulle novità farmacologiche e tecniche nel campo della terapia antalgica.
AORN G. Rummo - BN
2.Von Engelhardt D. Antropologia del dolore, intervista a Rai Educational, Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, 22-3-1991.
3.Jaspers K. Essenza e critica della psicoterapia in Il medico nell'età della tecnica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1991, 107.
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Se qualcuno non è capace di sentirsi e di sapersi uomo come gli altri, deve camminare molto, per arrivare al luogo di incontro con essi. In questo luogo
d'incontro non ci sono gli ignoranti assoluti e nemmeno i saggi assoluti : ci sono uomini che in comunione, cercano di saperne di più. Non c'è dialogo
neppure quando manca una grande fede negli uomini. Fede nel loro potere di fare e rifare di creare e ricreare Fede nella loro vocazione a “essere di più” che
non è privilegio di alcuni eletti, ma diritto degli uomini.
P. Freire, 1971
N
on sarà un sacrilegio …
avere fiducia e credere nella capacità che ognuno ha
di collaborare per costruire un mondo migliore?!. Molti pensano che
questo è utopia...” i soliti idealismi poco concreti e realizzabili” …io non
penso, piuttosto credo che abdicare
a sè stessi e lasciare che l'autobiasimo
e la rassegnazione regnino nei propri
cuori è veramente triste!! …d'altra
parte ognuno sceglie, continuamente, in che modo colorare questo nostro viaggio terreno.
La letteratura in campo psicologico
interessandosi dell'individuo a partire dalla sua struttura psichica, si è interessata, necessariamente, di comprendere le relazioni ed il contesto sociale nel quale l'individuo si struttura
e con il quale interagisce continuamente. L'essere umano non è un soggetto che reagisce passivamente agli
stimoli esterni, ma un soggetto che
costruisce il mondo in modo attivo
dal punto di vista della conoscenza,
dell'emozione e dell'azione. Ciascuno, quindi, intenzionalmente, può
modificare l'ambiente sul quale agisce e possiede una capacità di autodeterminazione. Dunque, non solo
soggetto desiderante e conoscente,
ma soggetto attivo, capace di fare e di
cambiare, dotato di risorse e non solo di difese… un individuo che agisce, sceglie e traduce le idee in fatti.
Paulo Freire (1921-1997)
Così, se uno dei limiti della psicologia
tradizionale è stato determinato dal
voler considerare esclusivamente il
Soggetto epistemico, altri orientamenti in
campo psicologico hanno assunto
come nucleo imprescindibile della
propria indagine l'analisi del Soggetto
in situazione, trattando di argomenti
da sempre al centro della vita dei singoli e della comunità, argomenti già
aspramente dibattuti nelle agorà greche e nel turbine della rivoluzione
francese. E i fenomeni sociali nonchè concetti quale quello di giustizia,
dignità e libertà, sono strettamente legati al problema dell'etica e della moralità che regolano l'individuo all'interno della società.
Ma lo scenario nel quale ci muoviamo sembra, però, caratterizzato da
un concetto di libertà che è sempre
più potere di, al di là di ogni norma morale e sociale pertanto, sempre più,
necessita di una moralità che diventi
norma. In una società che si regola secondo le leggi di un'economia di mercato, le disuguaglianze crescono appiattendosi verso il molto alto e verso il molto basso, chi ha molto potere
lo ha ancora, chi invece ne ha meno,
ne avrà sempre meno. La visione etica contemporanea si basa sulla consapevolezza che la morale è guidata
da una ragione e pertanto si può essere fiduciosi nella capacità razionale
umana: c'è la possibilità di autocorreggersi, di rivedere i propri errori e
quindi anche di spingersi ad agire, ad
essere più concreti. E questo è il fondamento che motiva l'impegno etico-sociale.
Così nell'ambito di una visione fenomenologica della complessità del reale rientrano “altri orientamenti” in
campo psicologico, quali la psicologia di comunità, la psicologia sociale
ect, interessandosi dello studio e
dell'analisi delle relazioni interpersonali come matrici di benessere o di
malessere per l'individuo e come risorse o minacce per la vita comunitaria. La comprensione delle dinamiche comunicative consente, infatti, di
valutare e orientare diversi stili di rela-
Cure Palliative
Cure Palliative
ASCLEPIADI nel terzo millennio
27
28
zione in funzione delle persone e dei
contesti in cui ci si trova ad operare.
Tali conoscenze e competenze specifiche trovano campi preferenziali di
applicazione nella prevenzione del disagio e nella promozione della salute,
sia come ricerca sia come intervento
clinico, negli ambienti organizzativi,
nel dialogo interculturale, nei settori
della devianza sociale, negli ambienti
educativi e formativi, nella comunicazione interdisciplinare. In particolare, ci si propone di tener sempre
presente come l'individuo faccia parte di un contesto comunitario più
esteso, rispetto a cui effettuare operazioni di analisi delle situazioni a rischio, progettare e realizzare programmi di promozione del benessere e di prevenzione del disagio a livelli
diversi per poi valutarne l'efficacia.
Il suo ambito di competenza è, dunque, lo studio dell'unità personacontesto per agire in termini di prevenzione del disagio e di promozione della salute e del benessere nelle
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comunità locali, spostando il focus
dal trattamento individuale allo sviluppo di competenze sociali, relazionali e individuali per affrontare con
successo gli stressor della vita quotidiana. Pertanto le competenze riguarderanno soprattutto lo studio
delle reti e delle forme di sostegno sociale, l'analisi e l'assessment delle comunità intese anche come ambiti territoriali e la progettazione, sviluppo e
valutazione di programmi di prevenzione dei principali problemi di salute mentale e di promozione della qualità delle relazioni di convivenza urbana e di integrazione sociale.
D'altra parte anche il sapere e la conoscenza non dovrebbero appartenere
alle singolarità autosufficienti e ripiegate su se stesse, ma sono un fatto sociale e comunitario ed un METTERE IN COMUNE, che solo nello
scambio vivo e partecipato/partecipante con l'altro, acquistano il loro valore ed il loro senso.
D'altra parte anche il concetto di benessere (campo applicativo della psicologia) ha legami intrinseci con il
concetto di qualità della vita e di salute. Ci sono, quindi, aspetti “oggettivi” che possono concorrere nel determinare buone condizioni di vita e
che riguardano lo stato di salute, la
qualità dell'ambiente di vita, la sicurezza, il lavoro e la condizione socioeconomica, l'accessibilità dei servizi.
Ma rimanda anche ad aspetti e sentimenti “soggettivi” che riguardano la
percezione del proprio benessere, la
soddisfazione personale, l'autoefficacia, l'autostima, il senso di fiducia, il senso di appartenenza.
Riguarda, peraltro, aspetti della persona ma anche aspetti della relazione
con gli altri e con la comunità di appartenenza. L'OMS (organizzazione
Mondiale della sanità) stessa riguardo al concetto di salute, ormai da tempo, sostiene la non corrispondenza
della salute con l'assenza di malattia,
considerandola invece uno stato di
benessere fisico, psichico e sociale,
facendo emergere una concezione
olistica della persona, e della sua salute, che va considerata in un sistema
biopsicosociale.
(continua)
Blood Pressure
MORNING
SURGE
Dott. Giovanni Malgieri
Responsabile Centro Ipertensione Asl BN1
c/o UOC di Cardiologia PO Cerreto Sannita (dir.: dott. C. Santoro)
I
l rialzo mattutino della pressione arteriosa sta prendendo sempre più sembianze di una sindrome ipertensiva con sue proprie
caratteristiche. Nel 2003 fu coniato il
termine 'morning surge' per identificare l'aumento pressorio che si verifica nelle prime ore del mattino e persiste per almeno due ore dopo il sonno notturno. È stato per la verità chiamato anche in altro modo, come per
es. early morning pressure. La sua importanza è legata al fatto che nelle prime ore del mattino vi è la maggiore incidenza di eventi cardio-vascolari
(fig. 1) e fra questi soprattutto infarto
del miocardio, ictus cerebrale ed
un'alta incidenza di morte improvvisa [1] [2] (fig. 2). Bisogna comunque
precisare che anche il risveglio dalla
siesta pomeridiana trova un aumento
di accidenti cerebrovascolari, stroke
[1]. Non c'è pieno consenso sulla determinazione della morning surge.
Essa consiste in due rialzi pressori:
1. quello del risveglio (waking morning BP surge), dato dalla differenza
tra la pressione delle prime due ore
dopo il risveglio meno la pressione
delle due ore prima di svegliarsi; 2.
Quello prima del risveglio (prewaking morning BP surge), dato dalla
differenza tra la pressione nelle due
ore prima di svegliarsi meno la pressione delle due ore in cui è più bassa
nella notte (fig. 3). La media (±DS)
nella popolazione generale della mor-
Ipertensivologia...
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
Fig. 1
29
30
ning pressure è di 34 mmHg (± 18
mmHg), mentre la differenza di 55
mmHg della morning surge rappresenta il confine tra normali (non surge) e patologici (surge)[3]. Altri autori definiscono la morning pressure
come la differenza delle medie tra
pressione dopo il risveglio e prima
del risveglio, altri ancora come la differenza tra la media durante il periodo mattutino e la media durante la
notte.
K. Kario [4] ha chiaramente evidenFig. 3
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ziato una significativa e indipendente
associazione della morning surge
pressure con lo stroke ed un aumento del 25% del rischio di stroke per
un incremento di 10 mmHg di pressione sistolica morning surge. I risers
(cioè i pazienti che hanno un aumento della pressione notturna) sono
quelli più a rischio, mentre gli extreme dipper, cioè i pazienti che hanno
una caduta pressoria notturna superiore al 20 % rispetto a quella diurna,
hanno una riduzione di rischio di
stroke con la riduzione della morning pressure.
La morning surge pressure è un significativo fattore di rischio per lo
stroke, indipendentemente dall'età,
dai valori medi della pressione arteriosa delle 24 ore, dalla caduta pressoria notturna e da lesioni cerebrovascolari silenti preesistenti. Anche
uno studio francese del 2004 [5] ha
dimostrato la significatva associazione della morning surge pressure con
malattie cardiovascolari indipendentemente dall'età e dai livelli medi di
pressione delle 24 ore. È stato dimostrato [6] inoltre che la morning surge pressure è più alta il lunedì, quando si verificano più frequentemente
eventi cardio-vascolari, rispetto agli
altri giorni della settimana. La morning surge pressure è associata ad infarti cerebrali silenti, cardiopatia ipertensiva, aumento della massa del ventricolo sinistro indicizzata, soprattutto negli anziani. Inoltre gli ipertesi
con aumento marcato della pressione dopo il risveglio hanno un prolungamento del QT corretto all'ecg (limitato al periodo mattutino) ed una
dispersione del QT. Durante le prime ore del mattino in questi soggetti
si ha un incremento della variabilità
della frequenza cardiaca, marker di
un aumento del tono simpatico che
spiegherebbe il prolungamento del
Fig. 2
Incidenza giornaliera della morte improvvisa.
QT, mentre la dispersione del QT dipenderebbe dall'ipertrofia del ventricolo sinistro con incremento del rischio di aritmia e morte improvvisa
[7]. Il rischio di danno degli organi
bersaglio con la morning surge pressure può essere aumentato da
un'alterata autoregolazione dei piccoli vasi di detti organi, come si verifica per esempio nel diabetico.
Nelle prime ore del mattino si ha un
aumento dell’attività alfa-adrenergico con aumento del tono dei vasi di
resistenza, spasmi coronarici (anche
facilitati dall'aumento dei livelli di cortisolo, che aumentano la sensibilità al-
la catecolamine), aumento di infarti
cerebrali silenti (specie negli anziani)
[8]. Al mattino si ha inoltre, anche nei
soggetti sani, un certo grado di disfunzione endoteliale [9] ed un aumento dell'attività del RAAS (sistema renina-angiotensina-aldosterone). Nell'alzarsi dal letto si ha
un'aumentata viscosità per un incremento dell'aggregabilità piastrinica,
dell'ematocrito, dei livelli di fibrinogeno [10], dovuti ad un aumento dello shear stress dipendente anche
dall'aumento pressorio.
Al mattino presto vi è un aumento
del PAI-1, del fattore di von Willen-
brand, dei frammenti 1+2 della protrombina, a significare un aumento
della coagulabilità [11].
Infine voglio citare lo studio di Ohasama su 1430 soggetti durato 10.4 anni, in cui si è visto che l'infarto cerebrale è più frequente nei pazienti no
dippers (cioè quelli con un calo pressorio notturno inferiore al 10%),
mentre l'emorragia cerebrale è più
frequente nei soggetti extreme dippers e nei morning surge [12].
Per concludere, due brevi considerazioni: la registrazione dinamica della
pressione arteriosa è necessaria per
identificare la blood pressure morning surge e le altre variazioni circadiane della pressione arteriosa; è necessario cominciare a pensare ad una
cronoterapia con preparati ritardo
per ridurre l'incidenza dell'eventuale
brusco e consistente rialzo mattutino della pressione arteriosa.
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