Rivista in pdf - Asclepiadi nel terzo Millennio

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Rivista in pdf - Asclepiadi nel terzo Millennio
Anno 7° - Numero 14 - Aprile 2008 - Nuova Serie - Sede: Via Anterria, 4 - 82037 Telese Terme (BN)
ASCLEPIADI NEL TERZO MILLENNIO - Anno 7° - Numero 14 - Aprile 2008 - Nuova Serie
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IL PAESE DEI VECCHI
Dott. Giovanni Malgieri
LA NASCITA DI AIROLA
Prof. Luigi R. Cielo
LE “BUONE” RELAZIONI
FRA PROFESSIONISTI
E POLITICA
Dott. Pierluigi Santillo
LA MEMORIA PERSA E...
RITROVATA
Dott.ssa Valeria Vicario
COSMA E DAMIANO
MEDICI SENZA FRONTIERE
ante litteram
Dott.ssa Liliana Beatrice Ricciardi
PIETRO PAOLO FUSCO
Barbara G. Fusco
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- prima parte -
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Il paese
dei vecchi
Dott. Giovanni Malgieri
S
Pensierando...
tanze semibuie, religiosamente silenziose, in cui il rumore
dei passi rimbomba a profanare un equilibrio remoto, ordinate di
un ordine antico, affollate di ricordi,
spoglie di vita.
Sono le stanze dei grandi vecchi che
mi trovo a visitare. I grandi vecchi,
quelli dagli ottanta anni in su, mi piace chiamarli così perché, pure se il
corpo con l'avanzare dell'età si è andato rattrappendo, la loro statura morale e storica va acquistando sempre
più valore. Loro lo ignorano, ma io lo
so che sono importanti. Sono stati testimoni e spesso sono stati interpreti
della nostra storia meno recente. Sono depositari della nostra tradizione,
della nostra cultura. Ci hanno traghettato nel nuovo millennio, quello
delle comunicazioni veloci, della solitudine della tecnologia avanzata,
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quello dell'illusione dell'onnipotenza, quello che brucia le tappe.
Loro vengono dal duro lavoro dei
campi, quello degli aratri e dei carri,
dalle lettere scritte con il pennino, dalle prigionie lontane, dagli stenti della
guerra, dall'acqua di pozzo, dalla luce
dei lumi a petrolio. Un mondo che sono sempre di meno a potercelo ancora raccontare.
Il ritratto dei genitori, dei parenti
morti, del matrimonio non mancano
mai in queste stanze, l'orgoglio di
una vita. La vecchietta che il 2 giugno
a Cerreto spegnerà 103 candeline, le
vecchiette dell'ospizio di Solopaca,
dove suor Luisa con la sua vitalità
sembra tenerle miracolosamente in
vita, e tutte le altre e tutti gli altri che
si approssimano al centenario, stanno bene. Sembra che superati i novanta anni, abbiano anche superato
una selezione naturale e vadano spediti verso i cento.
Vediamo nei secoli quale è stato
l'atteggiamento verso gli anziani.
Nell'antica Grecia il numero dei vecchi era certamente esiguo, per cui essi
rappresentavano solo relativamente
un problema sociale, e diversa era la
vecchiaia delle persone ricche ed
istruite rispetto a quella dei poveri e
degli incolti.
Ad Atene si riteneva inaccettabile un
fenomeno di decadenza, quale la vecchiaia, e si tendeva a cancellarla dalla
memoria collettiva. A Sparta, invece,
il vecchio era un sopravvissuto a molte battaglie, era il saggio, aveva onori
ed incarichi pubblici ed era chiamato
a giudicare.
A Sparta i vecchi erano trattati con
molto rispetto, "solo ad essi viene
concesso l'uso della torcia di notte e
ad essi bisogna cedere il posto nei teatri e nelle assemblee".
Nell'antica Roma dei primordi, i vecchi poveri ed inutili erano invitati a
gettarsi nel Tevere. Con la "res pubblica" romana, invece, erano gli anziani a gestire l' oligarchia conservatrice, erano senatori, ricchi proprietari terrieri. A partire dall'età dei
Gracchi, tuttavia, i privilegi dei vecchi senatori diminuirono per poi cessare con l'avvento dell'impero. Fu
poi Cicerone, in una sorta di difesa
d'ufficio della categoria, ad enfatizzare la figura del vecchio saggio e moderato, custode della tradizione e della sacralità dello stato, potendo queste essere invece minacciate dalla irruenza giovanile.
Una analisi della condizione senile
nelle varie civiltà storiche, che si sono
succedute In Italia ed in Europa nel
primo millennio e nel Medioevo, documenta una profonda divaricazione
tra la vecchiaia di ricchi e poveri, colti
ed incolti, potenti ed umili. Il benessere economico, la stabilità politica,
hanno rappresentato da sempre le garanzie migliori per una vecchiaia rispettata. Nelle repubbliche marinare
la ricchezza acquisita attraverso i
commerci, e non
la forza, favoriva
lo sviluppo della
classe borghese ed
erano gli anziani
che detenevano la
ricchezza ed il potere. Così il doge
abitualmente veniva scelto tra i più
anziani, come, ad
esempio, alla fine
del XII secolo il
dog e Dandolo
che, ad 84 anni, cieco, si coprì di gloria, guidando le
operazioni militari
contro Costantinopoli e morì doge all'età di 97 anni. Anche nella storia della Chiesa,
l'età di elezione dei
papi appare condizionata da circostanze esteriori: a
periodi nei quali il
potere è detenuto
per lo più da papi
giovani, se ne alternano altri in cui
essi sono generalmente vecchi.
Dopo il Concilio
di Trento, si ritenne che un papa anziano potesse dare
maggiore affidabilità di un papa giovane e non a caso
su 10 pontefici,
due furono eletti a
55 anni, tre a 64,
quattro a settanta
ed uno a 77 anni,
età che, considerato il periodo, erano
tutte più o meno avanzate.
Nel Seicento erano i giovani a detenere il potere, con l'unica eccezione
rappresentata da Luigi XIV. L'età
media della vita era ancora molto bassa e persino i re, i nobili ed i borghesi
non superavano, in genere, i cinquant’ anni.
La vecchiaia in se stessa non ispirava
alcuna considerazione ed i vecchi poveri ed inutili venivano di frequente
abbandonati.
In Inghilterra, devastata da una spaventosa miseria, si affermava
l'ideologia del lavoro. I poveri erano
accusati di imprevidenza e di pigrizia, i vecchi erano considerati inutili.
Risalgono a quell'epoca i primi ospedali ed ospizi di mendicità.
Nel Settecento, con lo sviluppo delle
industrie e del commercio, il miglioramento delle condizioni alimentari
ed igieniche favorì un allungamento
della vita, ma di esso beneficiarono
solo le classi privilegiate; i vecchi restavano soli, abbandonati dalla famiglia. Nell'Ottocento vi fu in Europa
una straordinaria spinta demografica: la popolazione europea, che nel
1800 contava 187 milioni di persone,
passava a 300 milioni nel 1870 ed il
numero dei vecchi aumentava.
Per molti di essi le condizioni di vita
divennero estremamente sfavorevoli, sopravvivevano finché avevano la
forza di coltivare la terra, ma, quando
diventavano inabili, il loro destino
era segnato: venivano abbandonati
negli ospizi e non infrequentemente
soppressi. Al contrario nella grande
borghesia erano i vecchi, purché validi, a detenere il potere. Anche quando quest'ultimo passava nelle mani
dei giovani, appariva utile ripararsi
dietro la figura rassicurante di un uomo d'età: egli rappresentava formalmente il prestigio della famiglia.
Nel Novecento, a seguito della urbanizzazione della società, si avvertirono i primi segni di disgregamento della famiglia patriarcale.
Pensierando...
ASCLEPIADI nel terzo millennio
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Si passò da una cultura di tipo ruraleartigianale ad un sistema urbanoindustriale che mise in crisi il tradizionale asse della famiglia.
Il vecchio appariva fuori gioco e tra
l'altro, lo sviluppo tecnologico ed il
flusso delle nuove conoscenze in perenne rinnovamento toglievano valore all'espe-rienza accumulata negli anni del lavoro. Le rivoluzioni ideologiche, la nascita del proletariato,
l'aumento del numero dei vecchi, la
opportunità di mantenere l'ordine sociale, assicurando livelli di sopravvivenza per tutti i cittadini, portarono
alla definizione dell'istituto del pensionamento e quindi, per la prima volta nella storia, alla istituzionalizzazione della vecchiaia.
Nella seconda metà del XX secolo,
l'estensione del benessere a strati
sempre più ampi della popolazione,
la scomparsa del lavoro usurante,
l'alimentazione più variata ed abbondante ed i progressi della medicina curativa e preventiva hanno elevato
sempre più la durata della vita, caratterizzando un notevole invecchiamento della popolazione dei paesi
più industrializzati. Se alla fine
dell'800 l'aspettativa di vita media,
nei paesi occidentali, era di poco superiore ai 40 anni, oggi risulta mediamente di 74 anni per i maschi e di 80
per le femmine. Così nel 1900 erano
presenti nel mondo da 10 a 17 milioni di soggetti con eta > 65 anni, mentre nel 1992 tale fascia di età era costi-
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tuita da 340 milioni circa e nel 2050 risulterà di circa 2.5 miliardi di individui anziani.
La rilevante riduzione della natalità
ed il notevole prolungamento della vita media sta mutando la tipica rappresentazione demografica a “piramide”, base larga, per il considerevole numero di bambini, ed apice stretto, per il limitato numero di anziani,
dell'inizio del '900, in quella a “botte”, per l'incremento del segmento di
popolazione anziana. L'aumento
dell'età ha portato ad una classificazione degli anziani di rilevanza anche
biologica, così sono detti “giovani
vecchi” quelli dai 65 ai 75 anni (“young old”), a quelli con età compresa
tra 75 e 85 anni viene attribuita la definizione di “veri vecchi” (“old old”),
mentre i soggetti di eta > 85 anni sono chiamati “vecchi più vecchi” (“oldest old”).
Esaminando le varie fasce di età in
Italia, dal 1920 in poi, a fronte di una
sostanziale costanza della popolazione di età < 60 anni, nella seconda metà di questo secolo si è registrato un
rialzo del 100% di quella tra 60 e 79
anni e del 300% di quella > 80 anni.
A questo proposito l'Italia risulta attualmente il paese più vecchio del
mondo a causa della bassa natalità e
della più alta percentuale di ultrasessantenni.
L'aumento del flusso migratorio dai
paesi poveri, in via di sviluppo, essendo costituito per lo più da giovani
coppie, porterà, probabilmente, una
certa riduzione dell'età media della
popolazione, oltre che un assetto socio-culturale differente e ad un miglioramento dei conti previdenziali.
Anche i più scettici penso che debbano convincersi che abbiamo ormai bisogno gli uni degli altri, anche e soprattutto dell'uomo con la valigia di
cartone, indipendentemente dal colore della pelle.
La nascita di
Airola
Prof. Luigi R. Cielo
Università “Suor Orsola Benincasa” - Napoli
l caso di Airola è complesso, in
virtù soprattutto della sua posizione, a controllo dell'asse viario valle caudina -valle del Volturno -valle telesina, di antica data, se
già i sanniti ne vollero occupare un
punto preminente di passaggio, come il terrazzo tufaceo di Faggiano a
nord-est di S.Agata e se l'imperatore
Ludovico II nell' 860 da Isernia Alife -Telese passa a S.Agata dei Goti. E accanto deve porsi la dominante
territoriale del suo polo castellare.
Cosicché una chiave interpretativa si
può trovare nella fondazione del monastero di S.Gabriele, esistente al
1108, anno in cui il papa Pasquale II
conferma all'abate Agano le donazioni di chiesa in Airola - SS. Lorenzo
e Nicola, e S. Vito -e Cervinara fatte
dal conte Rainulfo e dalla moglie Sibilla.
Ma l'importanza di Airola non può essere esplosa al tempo dei Normanni,
quando la documentazione si infittisce, anzi, prescindendo da una retrodatazione dal momento di fondazione del monastero, è la sua valenza durante il comitato di Rainulfo che si impone e che non poteva non derivare
da un consistente insediamento in loco già in età longobarda, che si può immaginare in forma accentrata e fortificata, probabilmente nato agli inizi
del XI sec., se un documento del
1001 ci parla di un “ gualdoqui vocatur Airole, propinquo monte Domoaldi, finibus caudense”, vale a dire di
un territorio in status di gualdo,
nell'accezione di bosco che non
esclude forme abitative e comunque
percorso da strade- una è “bia illa que
venit a sancta Agata”- ma anche da acquedotti e da numerosi termini di
confine.
I dati rivenienti dalla documentazio-
I
ne successiva sono troppo significativi per poter ipotizzare una crescita
improvvisa di Airola in età normanna. Al tempo della lotta tra Ruggero
II e Roberto di Capua / Rainulfo di
Alife il castello di Airola, di certo già
in essere, non è espressamente citato,
ma, tra le fortezze della valle caudina
che il re Ruggero ordina di abbattere,
potrebbe essere anche quella di Airola. Si apre qui la questione del possesso della valle caudina da parte di Ruggero II, valle che viene data come dote della sorella Matilde al momento
del matrimonio di quest' ultima con il
conte Rainulfo intorno al 1120.
Airola poco dopo, intorno al 1150, è
nell'elenco dei feudi riportato dal Catalogus Baronum quale possesso del
conte Gionata con il valore di cinque
militi insieme con Caleno e San Martino, il che vale a dire che Airola, come anche S. Martino, hanno una consistenza notevole- come notevole è
quella di Arienzo (quattro militi)- a
confronto con Arpaia (due militi) e
Cervinara (un milite).
Va qui notato che Gionata, conte di
Carinola e anche di Conza, è della medesima stirpe dei Drengot-Quarel,
principi di Capua e dunque imparentato con Rainulfo di Airola o di Alife,
il che ne spiega la presenza in valle caudina.
Ma è lo Statuto de reparatione castrorum degli anni 1230-31 che conferisce al castello di Airola il crisma di un'
assoluta centralità nella scacchiera difensiva della valle caudina, dal momento che gli uomini del castello di
Arpaia, che pur godeva di una posizione altamente strategica, non alla
propria struttura devono assicurare
le cure di manutenzione, ma a quella
di Airola, avendo a compagni gli uomini di Morcone, S.Lupo, Ponte Landolfo, Casalduni, Botticella, Campolattaro e S. Teodoro, allo stesso modo che gli abitanti di Arienzo, come
quelli di Acerra, vengono impegnati
nei lavori al castello di Somma.
Storia dell’Arte
Pensierando...
ASCLEPIADI nel terzo millennio
Bibliografia: Luigi R. Cielo - Insediamento
e incastellamento nell'area di S.Agata dei
Goti - Estratto da: Rivista Storica del Sannio 24. 3° Serie-Anno XII.
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Le “buone” relazioni
fra professionisti e politica
Relazioni... pericolose
(e le cattive influenze
sull’andamento della P.A.)
Dott. Pierluigi Santillo
Ingegnere edile
… bisogna concepire e volere una società nella quale i valori economici cessino d'essere centrali (o unici), dove l'economia è
rimessa al suo posto come semplice mezzo della vita umana e non come fine ultimo. …. Ciò è necessario non solo per evitare la
distruzione definitiva dell'ambiente terrestre, ma anche soprattutto per uscire dalla miseria psichica e morale dell'umanità
contemporanea. Si tratta di una vera decolonizzazione del nostro immaginario e di una diseconomizzazione delle nostre menti,
necessarie per cambiare realmente il mondo, prima che il cambiamento del mondo ci condanni al dolore1.
P
uò sembrare strana una citazione di Serge Latouche per
introdurre una riflessione
sul ruolo dei professionisti e sui loro
rapporti con la politica, se non si tiene conto che i valori economici stanno sempre più monopolizzando la
nostra società: tutto è giustificato in
nome del profitto e dello sviluppo.
Onestà, etica, deontologia, correttezza professionale, autonomia di
pensiero, …, l'interesse economico
sta subordinando ogni altro valore.
La lettura della recente ordinanza del
GIP della Procura di Santa Maria Capua Vetere relativa al procedimento
che vede coinvolti molti esponenti
dell'Udeur, pur senza voler entrare
nel merito del rilievo penale dei comportamenti e delle attività oggetto di
indagine, dovrebbe portare i professionisti, lavoratori autonomi e dipendenti della P.A., ad una decisa autocritica, con particolare riferimento ai
rapporti con i politici, gli amministratori e i soggetti economici con i
quali continuamente ci si relaziona
per ragioni professionali.
D'altra parte molti politici vengono
dal mondo delle professioni, e spesso i professionisti sono impegnati,
personalmente o indirettamente, anche in politica. La fedeltà politica tende a sostituire la preparazione e la
qualità professionale, e la politica, anche per il tramite dei professionisti,
sta occupando ogni struttura pubblica, assoggettandola agli interessi di
gruppi politico-affaristici e di potentati economico-criminali.
Si tratta di un sistema con il quale facciamo i conti da sempre, ma che sta
diventando insostenibile: con lo spettacolo indegno offerto da molti deputati e senatori, in Parlamento e fuori, i
guai giudiziari di tanti politici, la loro
mancanza di pudore, è stato superato ogni limite, anche quello della vergogna, e si è reso evidente a tutti un
inquietante quadro di malcostume,
di sperperi e di malgoverno.
Per conto loro, i partiti sono in crisi,
difettano di trasparenza, e non danno garanzie di legittimità democratica, inquinati come sono, anche loro,
da comitati d'affari, lobby economiche e gruppi criminali, e continuano
tranquillamente a candidare personaggi condannati, rinviati a giudizio
1. Serge Latouche (Professore emerito di Scienze Economiche all'Università di Parigi) ALTRI MONDI, ALTRE MENTI, ALTRIMENTI Ed.
Rubettino 2004 pag. 126.
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e inquisiti per gravissimi reati.
Le conseguenze sociali di tutto ciò sono gravissime: il degrado morale della nostra classe politica allontana sempre di più i rappresentanti dai rappresentati, l'informazione è completamente controllata, la televisione esibisce quasi solo modelli negativi, la
famiglia, sempre più, tende a delegare i suoi compiti educativi, la scuola
non fa selezione, e le università,
nell'ossessione di promuovere se stesse e di “produrre” i certificati di laurea che il mercato richiede, sta abdicando completamente dal proprio
ruolo, per cui si perde continuamente senso civico e cultura.
Le strutture pubbliche si adattano, si
scompongono e si moltiplicano a dismisura per soddisfare le esigenze
sempre più pressanti e arroganti degli “acchiappa-poltrone” e dei “cacciatori” di incarichi.
Così è veramente difficile non cedere
alla rassegnazione rispetto all'aspettativa di essere bene amministrati e
governati, e si rischia di cadere nel
qualunquismo dell'anti-politica, così
come è chiamata, con disprezzo, dai
politici di professione, i quali,
nell'irritante tentativo di giustificarsi,
trovano sempre un alibi o una scusa
per scaricare su altri, e altrove, le proprie responsabilità. In alternativa,
fanno notare come poi nessuno sia
immune dalle medesime colpe: e infatti, la classe dirigente del Paese, sovente diretta espressione di quei politici, non gli è certo superiore sul piano etico.
I cittadini sentono così crollare la fiducia nella “res pubblica”, e si adeguano al modo di fare di chi li rappresenta: chi può “arraffa” quanto gli capita
a tiro, e che gli altri si arrangino! Il cinquanta per cento della ricchezza del
Paese è nella mani del dieci per cento
degli italiani (e fra questi i liberi pro-
fessionisti sono ampiamente rappresentati).
L'ambiente e il paesaggio, grazie anche a tecnici ed amministratori senza
scrupoli, vengono sempre più deturpati da attività antropiche prive di
ogni regola e remora, e senza alcun
controllo; si continua a morire di lavoro, e si muore per lo svilimento delle strutture sanitarie pubbliche a favore di quelle private, che per massimizzare i profitti e ridurre i costi,
spesso sono anche peggiori di quelle
pubbliche.
L'evasione fiscale, con la complicità
di commercialisti, avvocati e notai,
continua a sottrarre risorse alla collettività.
Al punto in cui siamo, se vogliamo
salvare il Paese dalla bancarotta, e il
mondo dalla catastrofe (l'attuale ritmo di sviluppo e di logoramento delle risorse, e l'accelerazione della produzione e dei consumi di beni non necessari, stanno pregiudicando il futuro del pianeta), è necessaria una vera
rivoluzione culturale.
Scuotendosi dalla rassegnazione passiva e liberandosi da egoistici opportunismi, i cittadini onesti devono reagire. Il mito della crescita senza limiti
deve essere abbandonato, e dobbiamo allontanare dalle nostre menti
l'idea che l'arricchimento personale
possa essere un fine che giustifichi
ogni mezzo.
Dobbiamo togliere centralità
all'economia e al mercato, e restituirla all'uomo: solo così potremo perseguire con successo una più equa distribuzione delle risorse.
Quando “il mercato detta la sua legge, la
democrazia è svuotata di ogni significato, il
cittadino non ha più potere e lo stato non è
nient'altro che un organismo esecutivo e
d'oppressione” (ancora Serge Latouche). Soprattutto chi ha responsabilità amministrative, e chi lavora nella
Pubblica Amministrazione, è oggi
chiamato a dare un segnale, perché i
cittadini possano tornare a crederci,
a credere che legalità, correttezza e
solidarietà possano avere la meglio
su illegalità, furbizie ed egoismi, e
che con le capacità e le competenze si
possa riuscire più che con le “conoscenze” e le “raccomandazioni”.
Relazioni... pericolose
ASCLEPIADI nel terzo millennio
I dipendenti pubblici, consapevoli di
dedicarsi ad un lavoro di interesse collettivo, e che mal sopportano i colleghi “fannulloni” e gli attacchi indiscriminati a tutta la categoria, devono continuare a fare la propria parte,
e stimolare gli altri a fare la loro, senza mai più giustificare e coprire comportamenti scorretti.
I manager e i professionisti del lavoro pubblico e privato devono tornare
ad assumersi le proprie responsabilità per lo sviluppo sociale e culturale
del Paese, confrontandosi senza subalternità con le istituzioni e con chi
detiene le responsabilità di governo,
facendo valere le proprie idee, capacità e competenze, ovvero la propria
professionalità, e non le amicizie e le
“adiacenze” politiche, restituendo
credibilità alle istituzioni e alle professioni, e fiducia ai cittadini.
Anche la normativa di settore e le ultime direttive ministeriali, proprio per
porre i dirigenti pubblici in condizio-
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ne di svolgere le loro funzioni nel rispetto dei principi d'imparzialità e
buon andamento della pubblica amministrazione (…), hanno accentuato negli ultimi anni il principio della
distinzione tra funzione di indirizzo
politico-amministrativo degli organi
di governo e funzione di gestione e attuazione amministrativa, perché la
dipendenza funzionale del dirigente non può diventare dipendenza politica.
La crescita culturale del personale, insieme a investimenti appropriati in
tecnologia e formazione, è fondamentale per il miglioramento
dell'efficienza e dell'efficacia
dell'azione amministrativa delle istituzioni pubbliche, indispensabile presupposto anche per un incremento
della produttività del nostro Paese.
Ma perché l'intervento delle amministrazioni sia efficace, coloro che operano nelle amministrazioni, a qualunque livello si collochino nell'organizzazione, non possono agire per il
proprio interesse ma debbono perseguire quello pubblico.
La massa dei lavoratori del pubblico
impiego (oltre 3,5 milioni di dipendenti), deve restituirsi dignità e autorevolezza, con comportamenti improntati sempre alla massima correttezza, e sostituendo la rigidità
dell'adempimento formale con la
“cultura del risultato”.
Allora, una bonifica della Pubblica
Amministrazione, che sospenda tutti
i funzionari coinvolti in reati contro
l'interesse collettivo e i beni comuni,
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è oggi assolutamente necessaria: dobbiamo considerare ovvio che si arrivi
al licenziamento dopo una sentenza
definitiva di condanna. Chi è causa di
“danno erariale” nella gestione della
“cosa pubblica” deve risponderne
personalmente, e deve essere “messo
in condizione” di non provocare altri
danni (chi occupa posizioni di responsabilità, con compensi consistenti, deve rispondere del proprio
operato al “datore di lavoro”).
Inoltre gli assenteisti, e i “fannulloni”, devono essere ridimensionati a
fenomeno statisticamente irrilevante, e chi merita deve essere premiato,
economicamente e con progressioni
di carriera.
A tale proposito c'è da dire, per inciso, che sarebbe utile e necessario dare più spazio alle donne che, oggi,
spesso più e meglio degli uomini, si
dedicano con generosità al lavoro, coniugando capacità e creatività, competenze e intuito: se davvero si vuole
premiare il merito, le potenzialità delle donne non possono più essere sacrificate.
Peraltro la Pubblica Amministrazione, da alcuni anni, sta continuamente
evolvendo verso un modello più privatistico, incentivando sempre più gli
aumenti di produttività, e, con
l'ultimo contratto di lavoro è stato statuito l'automatico e immediato licenziamento per i dipendenti che saranno stati arrestati in flagrante per reati
di concussione, peculato e corruzione, quando il G.I.P. convalidi gli arresti (dunque non più, come prima, solo quando si giunga ad una sentenza
definitiva).
I partiti e i sindacati devono ritrovare
la capacità di rinnovarsi e rigenerarsi
con forze fresche e pulite, selezionando una nuova classe dirigente, au-
tonoma dagli attuali sistemi di potere, politico e non, e libera dal clientelismo, dando spazio ed opportunità a
chi ha competenze, capacità ed esperienza di impegno civile, selezionando le migliori menti del Paese ed avviandole all'impegno politico.
In questa battaglia di civiltà tutti devono impegnarsi: imprenditori e artigiani, impiegati e operai, professori e
contadini, magistrati e forze dell'ordine; e anche i professionisti delle varie discipline (medici, architetti, ingegneri, avvocati, commercialisti, notai, …) devono fare la loro parte, visto il ruolo che giocano nella nostra
società. Devono tornare ad essere
meno tecnocrati e chiusi nella loro
specializzazione, devono acquisire
maggiore consapevolezza sulle conseguenze ambientali, economiche e
sociali della propria attività, cercando di migliorare continuamente le
proprie conoscenze tecnico-specialistiche (formazione professionale),
ma anche il proprio livello culturale,
e la capacità di confronto e sinergia
con altre professionalità, con un approccio olistico e multi-disciplinare
al proprio lavoro, e con la coscienza
di svolgere un ruolo di interesse pubblico.
Soprattutto i professionisti delle
strutture pubbliche, che hanno grande visibilità per i cittadini, devono interrogarsi in continuazione sulla loro
capacità di rispondere adeguatamente alla “mission” dell'Ente per il quale lavorano e alle esigenze e aspettative del cittadino-utente della P.A. Mai
devono mettersi nella situazione di
poter essere condizionati da conflitti
di interesse, e dovrebbero astenersi
da qualsiasi attività libero-professionale nell'ambito del contesto economico-territoriale nel quale operano
con responsabilità e rilievo pubblico.
Gli incarichi della Pubblica Amministrazione a liberi professionisti devono essere affidati sulla base delle capacità e delle idee (per esempio con i
concorsi di progettazione), e non per
clientele politiche ed amicizie; il ricorso a soggetti esterni, assunti a contratto o per consulenza, va limitato ai
casi di professionisti con particolari
specializzazioni non presenti
all'interno dell'amministrazione.
Il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione è il fulcro su
cui poggiano sviluppo e benessere sociale ed è obiettivo strategico primario per la vita del Paese: basti pensare
alla sanità, che è l'ambito di maggiore
rilevanza e di più immediato impatto,
dove la Pubblica Amministrazione
gestisce rilevanti flussi economici,
fornendo servizi essenziali per la qualità della vita; ma anche la scuola, la sicurezza e la previdenza sociale, per citare solo i principali, rappresentano
strutture fondamentali per la società.
Quindi, per impedire che i nostri destini siano decisi nel chiuso del “palazzo”, senza attenzione alcuna per le
nostre reali esigenze, e che le risorse
economiche di tutti siano gestite solo
per l'interesse di pochi, dobbiamo vigilare sui nostri governanti e amministratori. E per poterlo fare efficacemente, dobbiamo pretendere una
contabilità analitica, chiara, precisa,
trasparente ed esaustiva di ogni attività economica finanziaria posta in
essere da qualsivoglia ente o soggetto che gestisce denaro della colletti-
vità. Chi “spende” soldi pubblici deve rispondere al crescente bisogno
del cittadino-utente, che paga le tasse, di conoscere ed essere informato
sui meccanismi di spesa, di erogazione di beni e servizi e dei relativi e trasparenti costi di produzione. I bilanci
degli enti pubblici dovrebbero essere
sempre adeguatamente pubblicizzati, in modo che tutti sappiano come
vengono investite le risorse fiscali, e
se del caso, possano intervenire.
Il governo del territorio e lo sviluppo
economico non devono prescindere
dal rispetto per l'ambiente e dalla tutela del nostro patrimonio paesaggistico e storico-culturale, che costituisce la nostra più importante risorsa,
una ricchezza la cui difesa deve condizionare ogni decisione amministrativa, soprattutto le politiche di pianificazione urbanistica e di programmazione di interventi pubblici, materiali ed immateriali, che vedono i professionisti pubblici e privati fra i protagonisti principali.
Soprattutto su queste scelte i cittadini devono essere ascoltati e coinvolti,
cercando di condividere il più possibile le decisioni. Solo incentivando la
partecipazione dei cittadini alle scelte amministrative, anche quelle più
tecniche, si potrà efficacemente sottrarre il territorio alle speculazioni e
al controllo della criminalità organizzata (che spesso inquina anche le amministrazioni pubbliche, come si legge anche nell'ultima relazione della
commissione parlamentare antimafia, approvata e sottoscritta da tutte
le forze politiche), e si potranno prevenire disastri ambientali e combattere efficacemente la piaga dell'illegalità diffusa, l'abusivismo e
l'evasione, gli sprechi e le ingiustizie,
e garantire a tutti sicurezza e rispetto
dei diritti civili.
Relazioni... pericolose
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
9
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La memoria
persa e...
ritrovata
Dott.ssa Valeria Vicario
Adolescentologia
Pediatra
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Sono una farfalla ebbra di vita
non so dove mi poserò in volo
ma non permetterò alla vita
di tarparmi le ali variopinte
(Janusz Korczak)
I
l 27 gennaio, anniversario della liberazione di Auschwitz,
viene commemorato nel mondo il giorno della memoria con cui si
ricorda la Shoah. Si è parlato tanto di
Shoah quest' anno e…mi è sembrato
addirittura troppo!
Mi è capitato, anche se per brevi e intermittenti momenti, di essere addirittura infastidita dal continuo ed ossessivo susseguirsi di film, di racconti, di testimonianze narrate in tv e sugli organi di informazione. Ho sentito spesso una morsa al cuore, un dolore lacerante che si è tramutato in qual-
che momento in fastidio e rifiuto. Ho
avuto probabilmente una reazione di
difesa, di fuga da una crudele e ignobile pagina della nostra storia. Mi sono sentita terribilmente in colpa per
aver provato insofferenza perché,
mentre i miei figli ascoltavano devastati i racconti di quegli anni, io provavo quasi fastidio nell'ascoltarli. Ho
cercato di fuggire ma poi , come mi
capita spesso davanti a più o meno
tutti i problemi che la vita inesorabilmente offre, mi sono fermata e ho deciso di tuffarmi a modo mio nell'argomento quasi nell'intento di voler
espiare il peccato di essere stata insofferente e controcorrente ed anche
con l'intento di esorcizzare il dolore.
Mi sono così imbattuta nell' incredibile storia di un pediatra polacco che
ha dedicato la sua vita ai bambini, ha
vissuto con loro, ha camminato con
loro in quegli anni accompagnandoli
serenamente e dignitosamente per
mano marciando con loro verso il treno che li avrebbe portati alla morte
nel campo di sterminio di Treblinka.
Un pediatra che ha messo la sua vita
al servizio dei bambini, un uomo che
ha probabilmente colto, precorrendo i tempi, il vero senso della vita.
Janusz Korczak nacque probabilmente il 22 luglio 1878 a Varsavia e il
padre, ricco avvocato, non lo iscrisse
alla comunità israelitica né gli disse
della sua origine ebraica perché voleva che suo figlio fosse e crescesse polacco, che parlasse la lingua polacca e
amasse la nazione polacca, che non si
sentisse inferiore o straniero di fronte agli altri.
Fu a sei anni che Janusz apprese, in
modo traumatico, la sua origine ebraica dal figlio del portiere che gli vietò
di seppellire nel giardino, con una croce, il suo canarino morto. Si sentì dire: ” Non puoi, non ne hai diritto, la
croce è per i cristiani e tu e il tuo canarino siete ebrei. Gli ebrei hanno ucciso Gesù. Io andrò in paradiso, io sono polacco, tu sei ebreo: andrai
all'inferno”.
Questa esperienza incise profondamente sulla sua vita e accentuò in lui
la sensibilità ai problemi religiosi, nella dimensione del rispetto dovuto ad
ogni bambino che vuole scoprire il
mondo senza prevenzioni. Un bam-
bino da rispettare, oggi, per ciò che è,
in ogni singolo istante, da non umiliare nei suoi desideri, nelle sue proprietà, nei suoi amici, nei suoi animali; da capire per le sue bugie, per i suoi
silenzi, per i suoi misteri, per le fluttuazioni del suo umore, per le sue cadute, per la sua ignoranza, per le cianfrusaglie che animano la sua fantasia.
Korczak si rese conto che benessere,
crescita e stato di salute rappresentano per il bambino un'unica realtà inscindibile.
Scienziato e letterato sensibile, giunse a considerare limitante doversi occupare soltanto della patologia. Maturò l'idea, oggi attualissima, che per
aiutare i bambini a crescere occorre
considerarli nella loro globalità e integrità, unificando i saperi della medicina, della psicologia, della pedagogia, della sociologia, ma anche della
storia, della poesia, della religione.
Korczak aveva imparato a vedere il
mondo con gli occhi dei bambini.
Nei suoi scritti sono numerose le sollecitazioni per “entrare” nell'ottica
del bambino o per tornare a vedere il
mondo come quando eravamo piccoli. Scrisse in proposito: ”Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione.
Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi,
farsi piccoli. Ora avete torto. Non è questo
che più stanca. E' piuttosto il fatto di essere
obbligati ad innalzarsi fino all'altezza dei
loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi
in punta dei piedi per non ferirli”.
Con parole appassionate Korczak
spiega che è possibile riconoscere i diritti dei bambini soltanto quando si è
capaci di vedere e di sentire come vedono e sentono loro, quando si riesce
a considerare il loro mondo allo stesso livello di importanza del nostro.
Sul tema dei diritti del bambino, Korczak si è dimostrato particolarmente
profondo, lucido e in grande anticipo
rispetto alla società del suo tempo:
nel 1929 scrisse “I diritti fondamentali dei bambini” anticipando di 60 anni la Convenzione Internazionale sui
Diritti dell'Infanzia approvata
dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (da 190 paesi del mondo) il
20 novembre 1989.
I diritti del bambino secondo Janusz
Korczak sono:
- Diritto all'amore
- Diritto alla sua vita presente
- Diritto ad esprimere ciò che pensa
- Diritto a prendere attivamente parte alle
considerazioni e alle sentenze che lo riguardano
- Diritto al rispetto
- Diritto di volere, di chiedere,di reclamare,
diritto di crescere e maturare e, giunto alla
maturità, di dare i suoi frutti
- Rispetto per la sua ignoranza
- Rispetto per la sua laboriosa ricerca della
conoscenza
- Rispetto per le sue sconfitte e le sue lacrime
- Rispetto per la sua proprietà
- Rispetto per i colpi che gli riserva il duro
lavoro della crescita
- Rispetto per ogni suo minuto che passa,
perché morirà e non tornerà più e un minuto ferito comincerà a sanguinare
Ai diritti del bambino secondo Janusz
Korczak, ne aggiungerei un altro:
- Diritto ad essere felici
Che non è solo un diritto dei bambini ma è il diritto fondamentale di
ogni essere umano.
Grazie Signore,
per i prati e i luminosi tramonti,
per la fresca brezza della sera
dopo un giorno torrido di lavoro e lotte.
Grazie, o Dio misericordioso
Per aver dato tanto sapientemente
Profumo ai fiori,
luminosità alla lucciola,
e posto nel cielo scintille di stelle.
Grazie o mio Dio
di avermi offerto la vita,
la vista di un prato,
di un tramonto infuocato
e di poter sentire la freschezza
del venticello che viene dal fiume.
J.K.
Grazie per aiutarmi
ad illudermi e a sperare
che basti solo questo
per riuscire ad essere felice.
Grazie per avermi
fatto ritrovare
la memoria perduta.
V.V.
Adolescentologia
ASCLEPIADI nel terzo millennio
Invito alla lettura
(opere di J. Korczak edite in italiano):
-“Come amare il bambino”(1920) 1996 Luni
-“Il diritto del bambino al rispetto” (1929) 2004 Luni
-“Quando ridiventerò bambino”
(1924) 1995 Luni
-“Diario del ghetto” 1997 Luni.
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
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I Santi
Cosma e Damiano
Medici Senza Frontiere
ante litteram
S
econdo la maggior parte delle leggende intorno ai due
Santi martiri Cosma e Damiano, sui quali la fantasia popolare
si è molto sbizzarrita, essi sarebbero
due fratelli, probabilmente gemelli,
venerati in tutta la cristianità a partire
dal IV secolo.
E' singolare che il culto di Cosma e
Damiano sia uguale sia in Oriente
che in Occidente. Quando nella vita
degli esseri umani entra la malattia, il
dolore, ci si rivolge, prima ancora che
ai medici, a Dio ed ai santi taumaturghi. Quando poi i santi sono medici
essi stessi, la venerazione dilaga in
ogni parte del mondo cristiano. Lo dimostra la quantità di chiese esistenti
ovunque, la numerosa iconografia,
Santi Cosma e Damiano
Russia, prima metà del XV secolo,
tempera su legno
(Museo Andrej Rublëv di Mosca)
12
Beato Angelico,
Il martirio dei Ss. Cosma e Damiano,
Parigi, Louvre
dalle splendide icone orientali alle delicate storie del Beato Angelico nel
Convento di San Marco a Firenze.
Ciò che maggiormente colpisce
però, in un mondo egoista come
quello attuale, è la generosità e
l'abnegazione con cui i due giovani si
dedicarono, come si tramanda, alla
cura dei malati soprattutto gratuitamente, anticipando così le moderne
associazioni come quella di Medici
Senza Frontiere, premio Nobel per
la Pace nel 1999, che operarono in
tutto il mondo per la salute e per la
prevenzione di malattie attraverso i
propri 2500 volontari di 45 nazionalità. Tra questi anche 120 italiani contribuiscono ai progetti di Medici Senza Frontiere nel mondo, soprattutto
con un programma di vaccinazione
seguendo le direttive dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Senza frontiere operarono anche dopo il martirio e la morte, attraverso i
miracoli- Cosma e Damiano. Moltissimi furono i centri di culto: a Kyros,
nella Siria settentrionale dove secon-
do Teodosio Arcidiacono- sarebbero stati decapitati e poi sepolti i due
fratelli cristiani, sotto Diocleziano.
Nella città già nel V secolo fu dedicata ai santi una chiesa e successivamente, sulla presunta tomba dei martiri, una splendida basilica, voluta
dall'imperatore Giustiniano.
Costui fece erigere anche a Costantinopoli una delle quattro chiese dedicate ai due santi, ai quali era legato da
particolare gratitudine per averlo guarito da una malattia che aveva messo
in pericolo la sua vita. Il culto dei due
è testimoniato anche in Egitto, ad
Amida in Mesopotamia, a Edessa e a
Gerusalemme. A Roma Papa Simmaco, secondo la testimonianza del
Liber Pontificalis, fece costruire un oratorio in Santa Maria Maggiore in onore di Cosma e Damiano alla fine del
V secolo, ma nel secolo successivo,
nel 527, Felice IV dedicava ai due nomi la basilica del Foro, ornandola
con uno splendido mosaico. Moltissime altre chiese sorsero in Roma, come riporta l'Armellini. Sono citate
quelle dei Ss. Cosma e Damiano de Monte Granato; in mica aurea; di S. Maria
Maggiore (da non confondere con
l'oratorio di Papa Simmaco); de Pinea;
in Banchi; in via Lata; “ad asinum frictus”; de Barbieri, edificata proprio dal
collegio dei barbieri. La più famosa e
una delle più illustri chiese di Romaè quella che l'Armellini definisce in silice, ma è l'edificio fatto edificare da
Felice IV sulle rovine del Foro romano. Per molto tempo si pensò che, essendo la chiesa incorporata nel templum Romuli, costui si riferisse al miti-
Disegni da un'antica enciclopedia.
co fondatore di Roma. In realtà si
trattava del figlio di Massenzio che fece costruire la basilica adiacente alla
chiesa. La basilica dei Ss. Cosma e Damiano è una delle più visitate di Roma proprio per la sua ubicazione sulla via dei Fori Imperiali, in uno dei
luoghi più celebri dell'antica Roma.
Secondo l'Armellini “l'edifizio quadrato appartenne adunque al Forum
Pacis e secondo il risultato degli ultimi studi, era l'archivio della città edificato da Vespasiano… Fu restaurato dopo il grande incendio dell'anno
198 da Settimo Severo e Caracalla i
quali vi affissero la grande pianta
marmorea di Roma… ed allora
l'edifizio ebbe il nome di Templum Sacrae Urbis”. L'Armellini cita il De Rossi nel Bull. d'arch. crist. del 1867 e già si
appura che parte della basilica di Cosma e Damiano è ubicata sul Forum
Pacis e che dopo il restauro severiano
vi fu affissa la celeberrima pianta di
Roma, nota come Forma Urbis che costituisce, come sottolinea Filippo
Coarelli, “il documento più importante per la conoscenza della topografia di Roma antica… nonostante
che essa sia conservata in minima
parte. La guida archeologica del
Coarelli “Roma”, edita da Laterza, è
un testo fondamentale per chi voglia
conoscere ed approfondire i luoghi
della Città Eterna. La zona dopo lo
sventramento per la costruzione della via dei Fori Imperiali che coprì due
terzi di tutti i fori, è stata di recente
nuovamente buttata all'aria con im-
Il Forum Pacis e la Forma Urbis,
da Coarelli
portanti scavi che stanno facendo conoscere altre realtà interessanti.
L'ubicazione della Basilica di Cosma
e Damiano è quindi di grandissimo
interesse storico ed archeologico. Pri-
ma dei recenti scavi sul lato sinistro,
partendo dal Colosseo, della via dei
Fori, si trovava, circondata da un bellissimo cespuglio di rose antiche, una
grande colonna del Tempio della Pace, adagiata su un prato verde.
Tornando all'aspetto cristiano ed iconografico della basilica si sottolinea
l'importanza del mosaico dell'abside
raffigurante Cristo tra i Santi Pietro e
Paolo, Cosma e Damiano, Teodoro e
Felice IV che presenta il modello della chiesa.
Anche a Ravenna nella lunga teoria
dei santi negli straordinari mosaici di
S. Nuovo Apollinare sono rappresentati i due fratelli, venerati come patroni dei medici e delle facoltà mediche, dei farmacisti e dei malati. Alla
La Colonna del Tempio della Pace (foto di L.B. Ricciardi da Stat Rosa, 1993)
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Tr a s t o r i a e m i t o
Tr a s t o r i a e m i t o
Dott.ssa Liliana Beatrice Ricciardi
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loro professione si ricollegano i luoghi di culto pagani e “… seguendo la
maggior parte delle fonti -come scrive Peter Manns- si afferma… che i
due fratelli gemelli… abbiano esercitato l'arte medica ad Ege, in Cilicia…
dove, secondo la maggior parte delle
fonti greche, latine e siriache, subirono il martirio… e testimoniarono
con la decapitazione la loro fede, dopo molte torture… A favore di questa tesi parla, non da ultimo, il rapporto culto pagano/culto cristiano… La città di Ege, infatti, durante
il III secolo e i primi decenni del IV,
fu un centro notevolissimo del culto
di Asclepio, che a quanto pare era solo di poco inferiore per importanza
agli altri grandi luoghi di culto, Epidauro e Pergamo”. Il Manns racconta come i malati -a somiglianza dei
grandi luoghi di pellegrinaggio
odierni Fatima, Lourdes, Santiago de
Compostela- si recassero presso i
templi pagani nella convinzione che
soltanto il cielo poteva ormai salvarli. Cosma e Damiano, quali santi medici guarirono i loro fratelli disinteressatamente e gratuitamente per cui
aprirono presso i greci la lista dei cosiddetti «Anargyroi» (=senza denaro) suggerendo agli uomini di buona
volontà un percorso di carità cristiana come lo svolgono oggi i volontari
di Medici Senza Frontiere. Dal 303 in
poi i due santi indicano la via della fede e i cristiani vanno a venerare le loro reliquie nel duomo di Hildesheim,
in Germania, dove Sant'Alfrido le trasportò intorno alla metà del IX secolo. Tra le raffigurazioni più belle nella
pittura vi sono quelle del Beato Angelico nel suo convento di S. Marco di
Firenze. Come scrive il Vasari, Fra'
Giovanni da Fiesole, dell'Ordine dei
frati predicatori, fu “… per i meriti
suoi, in modo amato da Cosimo de'
Medici, che… gli fece dipignere… intorno alla Madre del Figliuol di Dio,
venutasi meno nel vedere il Salvatore
del mondo crucifisso, intorno alla
quale sono le Marie, che tutte dolenti
la sostengono e S. Cosimo e Damiano. Dicesi che nella figura del S. Cosimo fra' Giovanni ritrasse di naturale
Nanni d'Antonio di Banco, scultore
ed amico suo.” Costui era un mode-
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Un grande generoso medico:
il poeta sannita
L'abside della basilica dei Ss. Cosma e Damiano
(Via dei Fori Imperiali, Roma) Mosaico del VI secolo.
Pietro Paolo
Fusco
Barbara G. Fusco
T
Fra' Giovanni da Fiesole detto il Beato Angelico -La sepoltura dei santi
Cosma e Damiano (scomparto della predella della Pala di San Marco).
sto discepolo di Donatello e forse
aveva colpito particolarmente il Beato Angelico in quanto nel 1421 era
stato immatricolato nell'Arte dei Medici e degli Speziali. Si può supporre
che il frate fosse particolarmente devoto ai due santi guaritori e che li
avesse molto rappresentati anche in
omaggio al suo protettore, Cosimo
de' Medici.
Anche nell'altare maggiore “… di
quella chiesa [vi è] la predella nella
quale sono storie del martirio di S.
Cosimo e Damiano… tanto ben fatta che non è possibile imaginarsi di
poter vedere mai cosa fatta con più
diligenza, né le più delicate o meglio
intese figurine di quella.”
Il dolcissimo pittore fu sepolto a Roma nella chiesa della Minerva, e sul
suo sepolcro di marmo si legge
l'epitaffio che lo paragona al più grande pittore greco, Apelle:
“Non mihi sit laudi, quod eram velut
alter Apelles…”. Il 18 ottobre 1984
Giovanni Paolo II, inginocchiato davanti alla sua tomba proclamava fra'
Giovanni da Fiesole “patrono universale di tutti gli artisti”.
Riferimenti bibliografici
• M. Armellini, Le chiese di Roma, Città di Castello, Grafiche Tevere, 1995
(ristampa anastatica del 1891).
• F. Coarelli, Roma, Bari, Laterza,
1983.
• P. Manns, I Santi, Milano, Jaca Book, 1989.
• J. Carmona Muela, Iconografia cristiana, Madrid, ISTMO, 1998.
• G. Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, Newton &
Compton, Roma, 1991.
alvolta nasce il desiderio di
ricercare le proprie radici e
si va a scavare nel passato
per conoscere chi ci ha preceduto.
Si vuole leggere nella propria anima,
capire perché a volte si è solari, pieni
di voglia di vivere e di dare, o al contrario introversi, malinconici e pensierosi. Ci si immerge allora nella lettura accanita, nella scrittura -e la poesia sgorga spontaneamente- nella pittura e nella musica, sia ascoltata che
eseguita sui propri strumenti di lavoro e studio.
Immensa è la sorpresa e l'orgoglio di
scoprire tra gli antenati che portano il
nostro nome un grande uomo, poeta,
scrittore, saggista: artista inquieto ed
esuberante, pungente nella satira e romantico nella poesia e soprattutto
medico generoso ed altruista.
Pietro Paolo Fusco muore giovane,
poche settimane prima di compiere i
fatidici 37 anni che segnano la sorte
di molti grandi, in primis il sublime
Raffaello nato nel 1583, il 6 aprile, e
morto lo stesso giorno nel 1620.
In una pubblicazione di Flavio Caroli, critico d'arte, intitolato 37. Il mistero
del genio adolescente, vengono presi in
esame diversi artisti morti a 37 anni.
Il Parmigianino “il divino fanciullo”,
allievo del Correggio, Watteau, Modigliani, l'infelice e sgraziato ToulouseLautrec; il poeta russo Majakovskij
ed il genio Van Gogh morti suicidi.
E come non ricordare l'immenso Mozart?
Secondo Caroli per i teosofi i 37 anni
sono la fine della giovinezza e gli artisti citati sono stati sopraffatti dallo
sforzo immane prodotto dal loro ge-
ma del suo compleanno. Lasciò nella
disperazione la sua amata famiglia, il
padre Raffaele soprannominato “della luna” per il suo mutevole carattere,
e soprattutto il penultimo dei suoi fratelli, Enrico Maria, anch'egli grande
intellettuale e scrittore, che ricordò
sempre con amore, stima e rimpianto
il fratello del quale sposò la giovane
vedova, Bianca Mazzacane. Per ella
Pietro Paolo aveva scritto delicate poesie “I versi di Bianca” pubblicate nel
Pietro Paolo Fusco (da Pescitelli)
nio. Non si può sapere se questa teoria si possa applicare anche a Pietro
Paolo certo è però che dalla sua opera
letteraria e dalle sue scelte di vita traspare una forte malinconia, un pessimismo di fondo e un presentimento
di morte.
Sulla lapide marmorea posta dinanzi
al comune di San Lorenzello a memoria dei caduti della Grande Guerra il
primo nome è quello di Pietro Paolo,
ma la morte non lo colse sull'Altopiano di Asiago, sulla Bainsizza, dove
prestò la sua opera di medico, premiata, per la sua abnegazione, con
una medaglia di bronzo. La dama nera -implacabile- lo aspettava nella sua
amata regione: un treno lo travolse a
Santa Maria Capua Vetere il 24 gennaio 1918 e la sua fine lasciò
un'ombra di mistero: fu davvero un
incidente?
Era nato a Pontelandolfo, sempre nella provincia di Benevento, il 16 marzo 1880 e moriva circa due mesi pri-
Raffaello, Galatea, Roma, La Farnesina
(part. Foto di L.B. Ricciardi, 1996)
15
Storicamente
Tr a s t o r i a e m i t o
ASCLEPIADI nel terzo millennio
1914 a Cerreto da Di Crosta.
L'appassionata e documentata biografia di Pietro Paolo Fusco di Renato Pescitelli, pubblicata nel 1969, narra puntualmente le tappe della breve
ed intensa vita del pubblicista scrittore- poeta che aveva anticipato
tutti i suoi tempi. A soli quindici anni
infatti lo studente del Liceo Giannone di Benevento ideò, come scrive
Enrico Maria (in “Testamento”, Cappelli, Bologna, 1940) un “giornaletto
mondano, politico umoristico” intitolato “L'Ira di Dio”.
Il primo numero uscì alla vigilia della
festività di San Lorenzo, il 9 agosto
1895, suscitando scalpore nei laurentini ai quali però già due anni prima
aveva dedicato impertinenti “schizzi” in una diceria intitolata “Biografia
dei laurentini” dove il precocissimo
poeta descriveva i concittadini “noti”
con sagace ironia. Fondò e diresse
successivamente “L'Eco del Sannio”. La ricorrenza della festività del
santo patrono era un avvenimento caro ed atteso dai laurentini e dai due
fratelli Fusco. Enrico Maria, la cui lunghissima vita gli permise di raggiungere una maggiore fama sia a livello
locale che nazionale, scrisse un poema drammatico in tre atti, Il Martirio
di San Lorenzo musicato dal Maestro
Rito Selvaggi. Il “libretto” viene presentato da Livia Greco Casotti in una
conferenza a Lecce, la sera dell'8 aprile 1930. Bellissimi i versi che evocano
la famosa notte del 10 agosto:
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Parmigianino, La Madonna
dal collo lungo, Firenze, Uffizi
“Questo cielo d'agosto
è un incendio di stelle cadenti
ed ogni stella cade
secondo il mio sogno ed il mio cuore:
liberarti!”
ma la sorte del martire, nonostante
l'accorata preghiera di Ciriaca, si compie sul rogo mortale e nella successiva ascesa al cielo:
“…Una melodia lontana d'arpe celesti. Petali di rose cadono, dall'alto… La musica
si fa più chiara… Sulla sua fronte è il raggio della nuova fede. Ai petali di rose succede una pioggia di rose rosse di fuoco… Lorenzo ascende, come astro, nell'apoteosi divina…”
Vincent van Gogh, “Les Vessenots” ad Auvers, 1890
Madrid, Thyssen-Bornemisza
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Liliana Beatrice Ricciardi, nella sua ricerca sulle “rose simbolo della fede”,
paragona questa “pioggia di rose rosse di fuoco” alla caduta di petali di rose che ogni anno, nella festività della
Pentecoste, vengono gettate nel
“Pantheon” a Roma, dal foro che illumina il tempio dove riposa, tra gli altri, Raffaello.
Enrico Maria è poeta appassionato,
romantico, come lo era stato Pietro
Paolo. Questi durante il suo soggiorno a Napoli (dove frequentò
l'Università, laureandosi in medicina
nel 1905 con l'emblematica tesi “Psicologia della morte” pubblicata poi
nel 1911) scrisse, con inesauribile vena poetica, diverse canzoni, partecipando al “Concorso Canzonettistico
= Piedigrotta 1905” con “Caruofane
Scarlatte”, musicata dal concittadino
Raffaele Di Lucrezia.
“…Caruofane scarlatte che inta o 'russo
De frunne na vucchella arricurdate,
Caruofane scarlatte can u musso
De fravule addirose apparanzate.”
C'è il ricordo di una “bocca rossa e
profumata” forse quella di una giovane lombarda, Rosalinda Pensotti, conosciuta a Como, città di nascita della
madre? A lei Pietro dedica una delicata romanza, di cui non si conosce la
data di composizione, musicata dal
Maestro Ciro Urbino, “Notte a Posillipo”:
“Vieni, splende nei candidi raggi
la celeste paolotta d'argento…”
…
Jean-Antoine Watteau, Pierrot allegro, 1712
Madrid, Thyssen-Bornemisza
Roma, Pantheon, 1870
“…Come serica veste di dama
che si effonda, un milione di stelle
il turchino del cielo ricama
invitando gli umani ad amar…”
Chissà se la fanciulla avrà lasciato la
sua Lombardia per raggiungere il poeta e con lui
…
“…sovra il mare di Santa Lucia
noi vorremo solinghi vogar,
A.S. Coello, San Lorenzo,
El Escorial, Madrid
G.Gigante, Il Golfo di Napoli, 1859, Roma,
Galleria Nazionale di arte moderna
e vogare lontani lontani…
dove il cielo si fonde col mar…”
Il tema classico di Napoli e del suo
splendido mare illuminato dalla luna
spettacolo indimenticabile che colpisce al cuore ogni viaggiatore che visiti
la città di notte- ritorna nel “Notturno” “Nonna-Nonna!” con il quale il
poeta partecipa ancora alla Piedigrotta del 1907, con la musica del Maestro L. Amodio:
“Nonna nonna na striscia d'argiento
'ncoppa o mare la luna ha spannuto;
nonna-nonna purtata da o viento
sta canzona t'arriva Rusì…”
Anche questa “Rusì” è un'illustre sconosciuta forse cancellata, come la comense, per non ingelosire la moglie
Bianca. Ma i versi hanno superato il
secolare oblio, riapparendo tra i documenti raccolti e gelosamente conservati in un antico baule.
La produzione letteraria più consistente però fu quella scientifica: dopo la tesi sulla morte vari furono gli
scritti di medicina, dalla lotta contro
la tubercolosi alla gravidanza extrauterina, da appunti di bromatologia al
resoconto della chirurgia napoletana
a Parigi, dove si recò per specializzarsi in igiene, in ostetricia ed in altre
branche della medicina.
Tornò nella sua amata terra sannita.
Fu prima medico condotto a San Lupo poi continuò la sua professione a
Cerreto Sannita. Qui mostrò la sua vera natura di uomo generoso ed altruista: insieme al dottor Umberto Franco, farmacista, istituì un pubblico dispensario GRATUITO!
Fu giustamente definita “opera alta-
mente umanitaria e benefica” e degna di “un voto di plauso che valga ad
un tempo di compenso morale e di incoraggiamento per l'avvenire”.
L'avvenire di Pietro Paolo, dopo un
soggiorno a Tripoli -aveva vinto il
concorso di medico assistente presso
l'ospedale Civile- fu sulle montagne
teatro della terribile Grande Guerra.
Poi la vita si spezzò in una stazione
del Sud. Il Sannio perse un uomo valoroso, dallo spirito agile e fine, sensibile poeta ed appassionato ricercatore scientifico. Attese ed affrontò serenamente la morte perché, come aveva scritto nella sua tesi di laurea “la
morte è l'unico modo di trovare sopportabile la vita”.
Riferimenti bibliografici
• Fusco Pietro Paolo, Importanza e
funzione del pubblico dispensario nelle
nostre popolazioni, Tip. Lizz., 1907.
• Fusco Pietro Paolo, Rendiconto
del Pubblico dispensario medicochirurgo da me diretto in Cerreto Sannita nell'anno 1907, Lerz, 1908.
• Fusco Pietro Paolo, Psicologia della morte, Tipografia Editrice Forche Caudine, Benevento, 1911.
• Mazzacane Vincenzo, Pietro Paolo Fusco capitano medico, Golini, Maddaloni, 1919.
• Fusco Enrico Maria, Il Martirio
di San Lorenzo, l'Italia, Lecce, 1925.
• Greco Casotti Livia, Un Santo ed
un Poeta, Stabilimento Tipografico
Scorrano e C.I , Lecce, 1930.
• Pescitelli Renato, Pietro Paolo Fusco, A.B.E.T.E., Benevento, 1969.
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Storicamente
Storicamente
ASCLEPIADI nel terzo millennio
ASCLEPIADI nel terzo millennio
2
- parte 1ª
A proposito di... energia
il fotovoltaico
“La miglior fonte di energia
è quella di cui non si ha bisogno”
AA.VV.
Introduzione
N
el linguaggio comune la
definizione di energie rinnovabili fra le più gettonate ed accettate risulta essere la seguente: “Forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono "esauribili" nella scala
dei tempi "umani"”.
Questa definizione, evidentemente
sintetica come devono essere tutte le
definizioni, nel rappresentare le energie rinnovabili pone l'accento su
aspetti macroscopici quali la rigenerabilità e l'inesauribilità delle risorse
rapportati ad una scala dei tempi
“umani”. In questo contesto, invece,
si vuole gettare luce su aspetti riguardanti le rinnovabili che normalmente
non vengono presi in considerazione
dal momento che solitamente ci si
sofferma solo sull'alternativa da esse
offerta rispetto alle fonti fossili e
all'uranio, fonti notoriamente limitate.
Energie rinnovabili: forme
Le energie rinnovabili, annoverano
varie forme e modi di “manifestarsi”
che si differenziano fondamentalmente per la loro natura e per la tecnologia che le usa per trasformarle in
una risorsa utile all'uomo. Fra esse
meritano particolare attenzione, per
lo stato dell'arte raggiunto nonchè
per il grado di fattibilità economica
1
18
Francesco Pascale
Ingegnere
ed il relativo potenziale di diffusione,
le seguenti :
a) Il Sole per il Solare fotovoltaico, il Solare Termico, e recentemente il Solare termodinamico;
b) Il vento per l'eolico ed il mini-eolico;
c) L'acqua per l'idroelettrico;
d) La Terra per il geotermico;
za, sotto forma di radiazione elettromagnetica, mediamente pari a circa
2
1300 W/m che diventano al suolo,
per effetto dell'assorbimento delle
molecole atmosferiche e del vapore
2
acqueo, circa 1000 W/m : tutto questo, al netto della radiazione solare intercettata dalle nuvole e di quella ricadente sugli oceani, si traduce in un
flusso energetico pari a circa 1500
volte l'attuale fabbisogno mondiale !
Ed è tale potenziale bacino di energia
primaria, che può essere convertito, a
seconda della tecnologia adoperata,
in energia elettrica (solare fotovoltaico e termodinamico) o energia termica (solare termico).
Figura 1 - Fotovoltaico e mini-eolico
In questa prima parte dell'articolo, in
particolare, verranno affrontate le tematiche legate al solare con accento
sul solare fotovoltaico sia perchè sta
conoscendo uno sviluppo ed una diffusione molto rapidi, g razie
all'impulso dato dagli ultimi incentivi
statali, sia perché assomma in sé tutti
i vantaggi che si possono chiedere alle rinnovabili in generale.
Energia dal Sole
La fonte di energia rinnovabile per eccellenza, a cui peraltro risultano riconducibili buona parte delle altre
fonti primarie, è quella solare.
Il sole presenta alle soglie dell'atmosfera terrestre una densità di poten-
Solare fotovoltaico
Gli impianti solari fotovoltaici si basano, senza entrare in dettagli che esulano da questo contesto, sul principio secondo il quale i fotoni (particelle associate alla energia primaria
elettromagnetica) emessi dal sole, investendo delle celle di semiconduttori (tipicamente silicio allo stato cri1
stallino o amorfo) drogati e assemblati sotto forma di pannelli opportunamente inclinati, cedono la propria energia agli elettroni del semiconduttore stesso consentendone
un flusso ordinato che, raccolto mediante contatti metallici collegati a loro volta ad un carico, ne permettono
l'utilizzo sotto forma di energia elettrica.
Drogaggio: aggiunta di percentuali di atomi non facenti parte del semiconduttore stesso, in questo caso di fosforo e di boro, allo scopo di modificarne le proprietà elettriche
A partire da un insieme di celle di semiconduttori siffatte è possibile arrivare a potenze elettriche di svariate
decine di MW (centrale di Alicante,
20 MW) o addirittura, come quella in
progetto nel deserto del Gobi in Cina, a 100 MW. E' recente, invece, la
notizia del progetto dell'impianto architettonicamente integrato più grande al mondo che partirà entro la fine
del 2008 e che sarà realizzato sui tetti
dei magazzini del CIS di Nola, in provincia di Napoli, di taglia pari a 40
MW.
Aspetti economici
Volendo valutare in termini di produzione elettrica le potenzialità del
fotovoltaico rapportate ai consumi
domestici di una famiglia media di 4
persone bisogna notare che le efficienze (energia solare utilmente convertita per superficie captante) che si
riescono a raggiungere con i pannelli
di silicio commerciali arrivano al 1314 % che, tradotti in termini di produzione energetica alla latitudine di
Roma, significano circa 1.000
2
Kwh/anno per ogni 6 m di superficie di pannelli in silicio cristallino in2
3
clinati di 30° ed orientati verso Sud.
Pertanto, per un consumo medio di
circa 4000 KWh/anno (consumo stimato medio di una famiglia di 4 mem2
bri) sono sufficienti circa 24 m di superficie coperti da pannelli in silicio
cristallino.
Con l'avvento dell'incentivazione in
Conto Energia in attuazione dei decreti legislativi 29/12/2003, n.387 e
del 19/02/2007, anche l'Italia, riprendendo l'approccio rivelatosi di
successo in Germania, ha inteso dare
un impulso alla diffusione del fotovoltaico come contributo alla soluzione del problema energetico e delle
connesse emissioni inquinanti. Con
questa iniziativa è possibile, fruendo
del cosiddetto “scambio sul posto”,
combinare il risparmio legato al mancato acquisto di energia dai distributori “tradizionali” con l'incentivo
sull'energia prodotta. Ciò comporta,
con delle variazioni a seconda delle latitudini sul suolo italiano e fissando il
costo dell'energia ai valori attuali, un
tempo di recupero dell'investimento
pari a circa 7-10 anni ed un ritorno
sull'investimento più che doppio nei
20 anni previsti per l'erogazione degli
incentivi. Al termine di tale periodo
resta un impianto funzionante che
continua a produrre, come dimostrano vecchi impianti trentennali in Germania, facendo risparmiare sull'acquisto di energia.
Per percepire l'efficacia dei provvedimenti pubblici adottati basta osservare la tabella 1: la Germania, che ha
introdotto il conto energia nel 2004,
ne ha ricevuto un impulso tale da raddoppiare la potenza installata nel giro
di un anno. Un trend simile è quello
registrato dal GSE3 (Gestore dei Servizi Elettrici) in Italia: infatti si è passato da un installato di 47 MW al
2006 ai 94 MW del settembre 2007
(+100%) che dimostra come si sia imboccata la politica di sostegno giusta.
Vale la pena evidenziare che gli incentivi previsti nel Conto Energia, sono finanziati da una componente tariffaria (A3) introdotta 1992 sulla bolletta di coloro che posseggono
un'utenza elettrica. Tale contributo è
stato tuttavia dirottato in larga parte
sugli inceneritori di rifiuti, considera-
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Energie
Rinnovabili
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Tabella 1: potenza fotovoltaica accumulativa installata
Scambio sul posto: disciplina di gestione elettrica secondo la quale è possibile cedere l'energia prodotta in eccesso alla rete creando un credito da
spendere nei momenti in cui l'auto-produzione è insufficiente (es.:per il fotovoltaico, durante la notte o nei mesi invernali)
GSE: soggetto attuatore, interamente controllato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, per la gestione e la diffusione delle energie rinnovabili in Italia
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Figura 2. Particolare di un impianto fotovoltaico integrato sulla copertura
ti come assimilati alle rinnovabili, drenando risorse che hanno ritardato il
decollo del settore delle rinnovabili
pure.
Aspetti ambientali
La trasformazione da energia primaria solare ad energia elettrica non
comporta alcuna forma di emissione
inquinante ed il suo unico impatto
ambientale è limitato alla fase di produzione dei moduli in silicio nonché
all'impatto visivo peraltro ben mitigato da scelte architettoniche sempre
più accurate e mirate all'integrazione
negli edifici esistenti (vd. Esempio
Fig.2 ).
In particolare durante tutta la sua vita
(stimata mediamente in 30 anni) un
impianto fotovoltaico ad uso domestico installato in Italia meridionale,
produce la stessa energia elettrica ottenuta bruciando circa 25 tonnellate
di petrolio (170.000 barili circa), apportando un beneficio netto pari alle
emissioni atmosferiche evitate riportate nella tabella 2.
Dalla tabella 2 si evince, in particolare, che l'utilizzo di impianti fotovoltaici per la produzione di energia utile contribuisce ad allontanare lo spettro dei cambiamenti climatici legati
principalmente, secondo gli studi
commissionati all'IPCC (Comitato
intergovernativo sul mutamento climatico) dall'ONU, all'aumento incontrollato delle emissioni di gas serra di cui il CO2 costituisce uno dei più
micidiali insieme al metano, almeno
per la parte che concerne le attività
umane.
Per quanto riguarda invece l'impatto
ambientale legato alla produzione di
moduli solari fotovoltaici, nel caso di
impianti connessi alla rete, di gran
lunga i più utilizzati (ben oltre il 90%
della quota di produzione fotovoltaica), e quindi non provvisti di sistemi
di accumulo (leggasi batterie), esso è
relativo ai soli costi energetici necessari alle operazioni di estrazione e lavorazione del silicio.
Tali costi, come risulta da una stima
del CETA di Trieste, vengono recuperati da un tempo di esercizio
dell'impianto pari a circa 2.5 anni e,
pertanto, un pannello restituisce
nell'arco della sua vita (stimata in 30
anni) circa 12 volte l'energia necessaria a farsi produrre !
Un' ulteriore possibilità non trascurabile offerta dal fotovoltaico è quella del recupero di superfici e spazi altrimenti inutilizzati (installazioni sulle tettoie di stazioni di servizio, sulle
barriere autostradali, parcheggi, capannoni abbandonati, edifici pubblici, ecc.) trasmettendo un'immagine
positiva di sostenibilità (vd. Fig.3).
Non vi è dubbio che trattasi di energia rinnovabile nell'accezione della
definizione data all'inizio ma una delle proprietà scoperte e non incluse in
tale definizione è che si tratta anche
di un'energia PULITA.
Aspetti sociali-politici
Uno dei miti da sfatare quando si parla di impianti fotovoltaici e che ne offuscano in parte le potenzialità è legato all'associazione di tale tecnologia a
grossi capannoni industriali o a distese di moduli su terreni molto ampi: si
tratta di un'immagine distorta e che
viene finalmente combattuta dai meccanismi di incentivazione in conto
energia vigenti in vari stati fra cui la
Germania e l'Italia.
In tali Paesi infatti l'energia elettrica
da fotovoltaico viene incentivata a
partire fin dagli impianti, connessi in
rete, di taglia pari a 1Kwp e superficie
2
occupata pari a circa 8 m con produzione attesa di 1300 Kwh annui !
Tali politiche se perseguite con coerenza e costanza potranno dare luogo ad uno scenario che prevede tanti
nodi di una rete (le singole abitazioni,
gli edifici civili o ad uso industriale,
ecc.) che contribuiscono singolarmente alla produzione di energia lì
dove serve e nelle quantità necessa-
Tabella 2: Emissioni di gas evitate con impianto fotovoltaico da 3 KWp alle varie latitudini, durante la sua vita trentennale.
Non sono indicate le emissioni di polveri sottili evitate, peraltro dato di difficile valutazione.
20
Criticità del fotovoltaico
Figura 3. Impianto fotovoltaico sulla tettoia di una pompa di benzina
rie, realizzando di fatto la cosiddetta
delocalizzazione energetica.
Questo approccio “distribuito”, infatti, pone le basi per delle soluzioni
infrastrutturali e tecnologiche già risultate vincenti con le reti informatiche e le telecomunicazioni i cui capisaldi sono:
• la possibilità di “protagonismo”
dei singoli utenti sia domestici che
industriali che si pongono come
soggetti auto- ed etero-produttori;
• economie legate alla limitazione
delle perdite dovute al trasporto di
energia da grosse unità centrali;
• forte mitigazione del rischio di blackout: cade un nodo ce ne sono altri
pronti a subentrare;
• indifferenza a burrasche e speculazioni energetiche legate sempre
più spesso a logiche di grosse concentrazioni in mano alle multinazionali.
Un ulteriore aspetto non trascurabile
legato al fotovoltaico, peraltro estensibile alle altre rinnovabili, è la possibilità di ridurre la dipendenza energetica da parte di Paesi come l'Italia
dalla fornitura straniera e, portando
questo discorso agli estremi, dalla fornitura di petrolio da Paesi socialmente e politicamente instabili e protagonisti, a volte loro malgrado, di conflitti internazionali.
Del resto, una corretta politica formativa-informativa sulle potenzialità
offerte dal solare fotovoltaico rivolta
ai cosiddetti “Paesi in via di Sviluppo” potrebbe avere lo stesso ruolo
svincolante da dipendenze straniere
tanto più perché tali Paesi spesso sono tra i maggiori possessori di “giacimenti solari”.
Ecco quindi svelato altri due aspetti
che caratterizzano un'energia rinnovabile come il fotovoltaico, ma non
incluso nella definizione:
AUTONOMIA e RETE ENERGETICA .
Fra le problematiche di maggiore entità legate alla produzione di energia
elettrica da fotovoltaico, va sottolineata la necessità di ampi spazi a disposizione per sfruttarne la superficie
captante.
Per intenderci basta pensare che per
soddisfare l'attuale fabbisogno energetico dell'Europa, con efficienza dei
moduli fotovoltaici pari al 12%, sarebbe necessaria una superficie captante di pannelli pari a 145.000 km2 ,
vale a dire l' 1,4% della superficie
dell'Europa.
Questa criticità, tuttavia, è strettamente legata allo stato dell'arte della
tecnologia; è necessario che la ricerca
sul fotovoltaico e sulle rinnovabili in
generale sia opportunamente supportata da interventi strutturali, da
volani come l'attuale meccanismo di
incentivazione presente in Italia e
Germania, che permettono alla
scienza ed alla tecnica di raggiungere,
con bassi costi, le efficienze necessarie e sufficienti alla piena indipendenza dalle fonti non rinnovabili.
Il percorso da seguire, in presenza di
una ferrea convinzione politica ma
anche civica, è quello ripetuto più volte nella storia della tecnica: basta vedere l'evoluzione dell'elettronica con
la realizzazione di chip miniaturizzati
che forniscono un numero di funzionalità che seguono la famosa legge di
Moore: “Le prestazioni dei processori, e il numero di transistor ad esso
relativo, raddoppiano ogni 18 mesi.”.
La Nasa, del resto, per alimentare i
propri satelliti, già dispone di efficienze pari a circa il 40 %, cioè più del
triplo degli attuali moduli commerciali…con queste prestazioni il quadrato di cui sopra diventerebbe di circa 50.000 km2 , cioè lo 0,5% della superficie totale dell'Europa.
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
21
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Addiction
ed approccio
evolutivo-esistenziale
Dott. Francesco Tarantino
To s s i c o m a n i e
Psicologo Psicoterapeuta
Dir. Resp. del SERT di Copertino - ASL Lecce
I
l mio approccio personale al1
la cura delle tossicomanie ,
che descriverò brevemente in
questo scritto, fa riferimento ad una
prospettiva fenomenologicoesistenziale.
E' opportuno, tuttavia, sia pure brevemente, fare qualche accenno a tale
modello che ha come punto di partenza i limiti della psichiatria tradizionale, spesso gessata in un determinismo biologico, con la riduzione
delle componenti psicosociali
nell'evoluzione della malattia mentale. L'approccio fenomenologicoesistenziale mette in risalto come la
tossicomania sia legata alla perdita di
significato del mondo e alla caduta
dei valori umani (Borgna, 1978), oppure, alla perdita dell' “essere-noiinsieme” o “noità” (Callieri,1993), o ancora, ad uno stato di coscienza crepuscolare o di “coscienza chiaroscurale” (Di Petta, 2006 ).
Ho dato un contributo personale nello studio dell'addiction, nella prospettiva fenomenologico-esistenziale, definendo la tossicomania “esistenza
inautentica”, in quanto incarna una
“esistenza artificiale” (Tarantino,
1995), attraverso un approccio evolutivo-esistenziale che esporrò nel
presente lavoro.
Questo approccio cerca di superare,
non solo, i limiti dell'approccio feno1
22
menologico, consistenti nel tener poco conto dei fattori psicodinamici e
storico-sociali ma anche le limitazioni di questi ultimi due approcci che
tendono a trascurare le componenti
psicobiologiche e relazionali.
Un approccio efficace, nella “cura”
delle tossicomanie, invece, deve tener presente un orientamento multidimensionale (Tarantino, 1995,
2004, 2005).
Ho sviluppato questo mio modello
che definisco appunto “Approccio
evolutivo-esistenziale nella genesi
delle tossicomanie” in molti anni di ricerca e di studio i cui risultati sono
stati pubblicati, a partire dal 1995,
con il mio volume “Tossicomanie ed esistenza: Aspetti psicologici e psicoterapeutici”. Ho ripreso l'argomento,tra
l'altro, con diverse ricerche ed in particolare con tre lavori di cui il primo
(La psicoterapia ipnotica neoericksoniana nella cura delle tossicomanie in una prospettiva esistenziale) è stato presentato al XIII° Congresso Nazionale di Ipnosi, a Milano
nel 2004. Gli altri due (“Il disagio esistenziale dei minori nell'evoluzione
delle tossicomanie: prospettive e proposte” e “Devianze e tossicodipendenze giovanili in una prospettiva esistenziale”) sono stati pubblicati rispettivamente nel 2004 e nel 2005.
Inoltre ho dedicato alla formulazione di questo argomento parte di un
capitolo (il quinto) di un altro mio volume pubblicato nel 2004 dal titolo
“Nuove Frontiere in Psicoterapia ipnotica- La prospettiva fenomenologico-esistenziale”.
Perché chiamo questo approccio evolutivo-esistenziale? E' evolutivo in
quanto tiene conto della storia personale e, quindi, dei cicli di sviluppo
esistenziale (o cicli evolutivi) del tossicodipendente; è esistenziale perché
le condizioni, che nel tempo hanno
portato il soggetto all' addiction, riflettono le modalità con cui egli ha cercato di aprirsi al mondo e cercare
Questo articolo è tratto dalla relazione, in corso di pubblicazione, dal titolo “Meccanismi psicologici della tossicodipendenza”, tenuta il 12-102007, a Stignano (S. Marco in Lamis), nell'ambito del corso pluriennale organizzato dalla sezione del Dipartimento Dipendenze Patologiche
del SERT del Gargano ASL Foggia. In particolare ripropone il paragrafo “L'approccio evolutivo esistenziale”.
l'essere, cioè l'esistere (ex-sistere).
La prospettiva esistenziale, come implicitamente traspare da quanto detto sinora, include un approccio fenomenologico, sia come visione della realtà, sia come metodo per “significarla”. Tale metodo è rappresentato
dall'epochè che, secondo Husserl,
consiste nel sospendere il giudizio naturale al fine di non inficiare ogni conoscenza della realtà.
Nel mio citato volume Tossicomanie
ed esistenza (Tarantino, 1995), ho definito, l'esistenza tossicomanica come un mondo: 1) frammentario, 2)
della coesistenza impossibile, 3) della
mancata esistenza progettuale, 4) della verità pesudo-oggettiva, 5) dell'esistenza artificiale, 6) del vuoto esistenziale, 7) della doppia negazione
della personalità, 8) dell'istinto di
morte, 9) della pseudo-religiosità,
10) del dramma interiore.
Per le fasi di sviluppo esistenziale2 ho
fatto riferimento a Traversa (1955),
che ha come punto di riferimento il
pensiero di Frankl, tenendo presente
l'interazione con le fasi di sviluppo
psicodinamiche e sociali e più in generale con i fattori psicobiologici (Tarantino, 2004,2005).
Alla luce di quanto sopra esposto la
tossicomania, con i relativi meccanismi psicologici, nell'approccio evolutivo-esistenziale può essere sintetizzata nel seguente modo.
1. Vi è un incontro con la droga, o un
evento che produce addiction, con una
persona, con vulnerabilità nei processi di dipendenza, in un momento
socio-culturale particolare il quale, in
qualche modo, favorisce l'addiction
stessa.
2. L'impianto dell'addiction si innesta
in una persona che è avvolta in un
un'esistenza inautentica già presente,
anche se in modo latente, prima
dell'incontro con le sostanze.
3. L' innesto quindi della dipendenza, a partire dall'incontro con la dro2
ga, poggia su una storia personale
che, in qualche modo, sotto il profilo
psicobiologico, psicodinamico, relazionale, sociale ed esistenziale, facilita la strutturazione della dipendenza
stessa.
4. La storia personale può essere considerata su una linea retta dove
l'evento attuale è direttamente collegato con la storia passata dell'individuo e gli elementi di congiungimento, del presente con il passato,
sono determinati dalla stessa emozione che ha dato origine all'evento
medesimo (in altre parole non vi è soluzione di continuità tra l'emozione
che si è manifestata in concomitanza
di un evento storico rapportabile alla
dipendenza e quello attuale dove vi è
un incontro effettivo con la sostanza). In questo modo trovano spiegazione le storie di addiction che sembrano non avere legami con eventi
passati.
5. L'incontro con la sostanza rappresenterebbe una sorta di ripetizione di
un evento che già, sotto altre forme,
si è manifestato nel tempo e che, per
una serie di circostanze particolari,
riveste un significato emotivo del tutto eccezionale, rappresentando il prototipo stesso delle successive ripeti-
zioni (cioè l'uso continuato nel tempo di sostanze).
6. L'impianto tossicomanico, concepito come esistenza artificiale in
quanto inautentica, ripresenta, tramite il vissuto emozionale, una forma di mancata esistenza, probabilmente, già sperimentata nel corso dei
cicli esistenziali di sviluppo.
7. La dipendenza dopo l'incontro
con la droga, molto probabilmente,
si impianta su un'inadeguata strutturazione dei cicli esistenziali di sviluppo con ripercussioni psicobiologiche
e relative interazioni mente-corpo, secondo quanto previsto dalla “genomica psicosociale” di Rossi (questa teoria sostiene una possibile influenzabilità tra mente e corpo attraverso
“nuove espressioni geniche”).
Schematicamente (si veda fig. n. 1),
quindi, vi sono quattro momenti:
a) Un incontro di una persona vulnerabile con la droga.
b) La situazione di inautenticità attuale della persona che, nell'incontro con la droga, la riporta al passato
con un identico vissuto emozionale
(l'emozione rappresenta il collegamento lungo una linea retta tra il presente ed il passato).
c) Il vissuto emozionale che ripresenta una forma di mancata esistenza
nel corso dei cicli esistenziali di sviluppo. La tossicomania, in quanto esistenza artificiale, può essere considerata una forma di esistenza mancata
da aggiungere a quelle tracciate da
3
Binswanger .
d) L'impianto tossicomanico4, con-
To s s i c o m a n i e
ASCLEPIADI nel terzo millennio
Secondo Traversa, prima di transitare nell'età adulta, vi sono cinque cicli caratterizzati da specifici tratti. Il primo ciclo (0-1 anno) è caratterizzato
dalla rassicurazione dell'esistere, il secondo (1-3 anni) dall'esistere come individuo, il terzo (3-6 anni) dall'esistere come persona, il quarto (6-11 anni) dall'esistere con gli altri, il quinto (11-16 anni) dall'esistere come responsabilità. Personalmente ho messo in relazione tali cicli esistenziali
con le relative evoluzioni tossicomaniche attraverso opportuni collegamenti con lo sviluppo psicobiologico, psicodinamico, relazionale e sociale. Si vedano i miei scritti già citati: “Il disagio esistenziale dei minori nell'evoluzione delle tossicomanie: prospettive e proposte”, “Devianze e
tossicodipendenze giovanile in una prospettiva esistenziale”, “La psicoterapia ipnotica neo-ericksoniana nella cura delle tossicomanie in una prospettiva esistenziale e il capitolo quinto del mio libro Nuove Frontiere in psicoterapia ipnotica. La prospettiva fenomenologico-esistenziale.
23
Fig.1 - Approccio evolutivo-esistenziale nella genesi delle tossicomanie
cepito come esistenza artificiale, in
quanto inautentica poiché altera la comunicazione mente-corpo, si ripresenta nelle diverse tipologie tossicomaniche (a tal proposito può essere
utile lo schema di riferimento tipologico descritto da Cancrini).
Questo mio approccio (fig. n.1), che
può essere considerato un modello
(cioè un esempio), sebbene sia il frutto di lunghi anni di lavoro clinico e
di ricerche sul campo, deve avere conferme sul piano delle evidenze cliniche e sperimentali.
L'utilità di questo modello, tuttavia,
può derivare dal fatto che esso è in
sintonia con le ipotesi formulate da
Rossi (e la sua innovativa teoria denominata “genomica psicosociale”), e
con gli attuali studi sperimentali che
3
4
24
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legano l' addiction alle disfunzionalità
psiconeurobiologiche che alterano le
“espressioni geniche”.
Alla luce di questo nuovo approccio,
mi auguro che i meccanismi psicologici delle tossicodipendenze possano
essere meglio compresi (e spiegati)
nonché utilizzati sotto il profilo educativo, sociale e clinico.
Bibliografia
• Ammaniti, M. Antonucci, F., Jaccarino,
B, Appunti di psicopatologia, Bulzoni, Roma, 1975
• Binswanger, L., Tre forme di esistenza mancata -esaltazione fissata-stramberiamanierismo (Bompiani, Milano, 2001)
• Cancrini, L., Il punto di vista psicologico in: A.A. Vari, Tossicodipendenze, Masson, Milano, 1993.
• Borgna, E. “La tossicomania come esperienza psicoterapeutica”, 'Psichiatria generale e dell'età evolutiva', 1978
• Callieri, B., “L'esperienza del leib sessuale nei tossicodipendenti”, 'Attualità in
psicologia', 1993
• Di Petta, G., “L'approccio fenomenologico alla clinica degli stati tossicomani. Il contributo della scuola italiana”,
'Mission', n. 15, 2005
• Di Petta, G., Gruppoanalisi dell'esserci. Tossicomania e terapia delle emozioni condivise,
Angeli, Milano, 2006
• Heidegger, M., Essere e tempo, Longanesi, 1968
• Husserl, E., La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale,
Il saggiatore, Milano, 1968
• Rossi, E. L., “La bioinformatica dell'ipnosi terapeutica: un aggiornamento
neuroscientifico della neuropsicofisiologia dell'ipnosi ericksoniana”, Rivista
Italiana di Ipnosi e Psicoterapia Ipnotica, Anno 24, N. 3, 2004
• Tarantino, F., Tossicomanie ed esistenza.
Aspetti psicologici e psicoterapeutici, Capone,
Cavallino di Lecce, 1995
• Tarantino, F., “La psicoterapia ipnotica
neo-ericksoniana nella cura delle tossicomanie in una prospettiva esistenziale”, Rivista Italiana di Ipnosi e Psicoterapia Ipnotica, Anno 24, N. 3, 2004
• Tarantino, F. “Il disagio esistenziale dei
minori nell'evoluzione delle tossicomanie: prospettive e proposte”, 'Voci di
Strada', Anno XVI, N. III, 2004
• Tarantino, F. “Devianze e tossicodipendenze giovanile in una prospettiva esistenziale”, 'Voci di Strada', Anno
XVII, N. I, 2005
• Tarantino, F:, Nuove Frontiere in psicoterapia ipnotica. La prospettiva fenomenologicoesistenziale, Edizione AMISI, Milano,
2004.
La tossicomania si evolve in tre fasi: prima fase (Incontro tra una personalità predisposta, un momento socio-culturale particolare e una sostanza
stupefacente); seconda fase (innesto di un effetto gratificante su un apprendimento incentivo che stimola il suo uso, rinforzo gratificante degli effetti delle droghe tramite il craving, consolidamento dei comportamenti acquisiti, recidiva); terza fase: l' esistenza tossicomanica assume i caratteri di: frammentarietà, coesistenza impossibile, mancata esistenza progettuale, verità pseudo-oggettiva, comportamento pseudo-religioso, esistenza artificiale e inautenticità, doppia negazione della personalità, istinto di morte come negazione della morte stessa, dramma esistenziale). A
tal proposito si veda il mio volume del 1995, Tossicomanie ed esistenza,. Aspetti psicologici e psicoterapeutici, cit. (in particolare il capitolo 5) e l'altro libro
del 2004, Nuove frontiere in Psicoterapia ipnotica. La prospettiva fenomenologico-esistenziale, pag.196. Alla questione mente-corpo ho dedicato il terzo capitolo del mio citato libro Tossicomanie ed esistenza. Aspetti psicologici e psicoterapeutici. Per quanto riguarda invece la tipologia dei tossicodipendenti si veda la classificazione di Cancrini (A.A. Vari, Tossicodipendenze, Masson, Milano, 1993.
Binswanger nel suo celebre libro, intitolato Tre forme di esistenza mancata -esaltazione fissata-stramberia-manierismo (Bompiani, Milano, 2001) , descrive
appunto tre forme di esistenza mancata e cioè: l'esaltazione fissata, la stramberia ed il manierismo. La tossicomania pur contenendo alcuni elementi di tali forme, descritte dal predetto autore, in realtà ha caratteristiche del tutto nuove che peraltro ho descritto nel mio volume, del 1995, intitolato Tossicomanie ed esistenza. Aspetti psicologici e psicoterapeutici più volte citato.
nella relazione terapeutica
E. Filippelli • Dirigente Medico U.O.C.S.M. Puglianello - ASL BN1
M. Volpe • Direttore U.O.C.S.M. Puglianello - ASL BN1
O
ltre 45 studi internazionali, effettuati dal 1970
ad oggi hanno evidenziato che il 20-25% della popolazione
mondiale di età superiore a 18 anni ha
un disturbo mentale clinicamente significativo. Vi è, poi, un 8% di bambini ed adolescenti che presenta notevole difficoltà sul piano interpersonale e scolastico, in quanto soffre di
un disturbo, che spesso precede una
malattia mentale negli adulti.
Nel campo della salute autopercepita, un'indagine istat del 1999 ha rilevato che 2170000 italiani lamentano
soggettivamente un disturbo nella sfera della salute mentale.
Questa grande diffusione rende impossibile, anche nei paesi più ricchi, il
trattamento di tutti coloro che soffrono di gravi disturbi da parte degli
psichiatri o dei servizi di salute mentale. Non è nemmeno ipotizzabile
che gli psichiatri forniscano una consulenza diretta al medico di M.G., primo e spesso unico gestore del disagio
psichico. Diviene, così, naturale per
una U.O. di salute mentale investire in
formazione al fine di raggiungere un
linguaggio comune, necessario ad
una collaborazione, per certi versi inusuale, ma sempre più utile ed improcrastinabile.
Una nostra prima esperienza di collaborazione con medici di M.G.; “progetto insieme”, ha permesso di focalizzare l'attenzione sulla complessità
della relazione medico-paziente e su
ciò che può significare l'ascolto nell'incontro con l'altro. Relazione che è
per sua natura asimmetrica: da una
parte vi è un sapere dottrinale ed esperenziale, dall'altra una richiesta
d'aiuto. Richiesta che si esprime anche con messaggi non verbali, che
vanno facilitati, recepiti e decodificati. L’ascolto, quindi, diventa momen-
to attivo, capace di dare spazio
all'altro, riconoscendolo come persona portatrice di bisogni, ma anche di
idee, valori, scelte. Un mix particolarmente equilibrato tra sincero interesse per il paziente, capacità di mettersi
nei suoi panni, conoscenze, attitudine al rapporto interpersonale, ma anche capacità di ascoltare se stessi è alla base di una relazione interpersonale valida, carica di affettività e facilitante la comunicazione ( quella che P.
B. Schneider definisce “relazione interpersonale soggettiva”).
L'ascolto del proprio mondo interiore, la consapevolezza di quella che
Jung definisce “ombra” della propria
personalità, la capacità di progettazione a lungo termine. La possibilità
di superare le non indifferenti frustrazioni di una cronicità cristallizzata, possono funzionare da antidoti
all'instaurarsi di una relazione medico-paziente “fredda”, distaccata o plagiante, basata su aspetti suggestivi o
ipercoinvolgente o “anestetizzante”
(controllo il sintomo, ma non do spazio al paziente). Relazioni sempre
inefficaci ed, a volte, dannose.
D'altra parte dobbiamo ammettere
che, anche, nella relazione con i nostri pazienti possono essere presenti
fattori regressivi, suggestivi , paternalistici o di “ridefinizioni di distanza”,
funzionali, però ad un genuino progetto terapeutico per quel particolare
paziente in quella determinata fase
della malattia.
Alcuni pazienti, per una serie di fattori (fragilità dell'io, gravi psicopatologie ecc.) possono desiderare solo un
“silenzio sintomatologico”.
Il tempo, a sua volta, nell'incontro
con l'altro, accentua la sua duplice fisionomia di tempo cronologico e tempo vissuto, ed è il tempo vissuto quello che domina la relazione medicopaziente; un tempo che per il paziente non sembra mai sufficiente, o che è
desolatamente vuoto, come per il depresso o cristallizzato in un eterno
presente, come per lo psicotico.
“Occorre quindi offrire esplicitamente tempo all'interlocutore e camminare con lui nel suo tempo” (C. L.
Cazzullo).
Questo è particolarmente vero nella
presa in carico del paziente psicotico,
dove l'ascolto, che è anche contenimento e rielaborazione, può servire
ad evitare una caduta di progettualità
del rapporto ed i a consolidare una alleanza terapeutica, a definire una “giusta distanza”, a fornire un ancoraggio
alla realtà ed a trasmettere un messaggio di fiducia di base, che contrasti
esperienze di svalutazione ed attacchi, subiti dal paziente nel passato.
Di grande importanza con loro è riuscire a costruire quella che Gaetano
Benedetti chiama “griglia di comprensione”, attraverso momenti come il riporto al passato della psicosi,
la positivizzazione, la creazione di
simboli comuni.
Il riporto al passato fornisce al terapeuta un modello psicodinamico di ri-
Salute mentale
To s s i c o m a n i e
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26
ferimento, oltre a permettergli di scoprire quelle corrispondenze fisiognomoniche tra l' attuale psicopatologia del paziente e la sua storia prepsicotica; quasi come se quello che ci
viene presentato (identificazione proiettiva, scissione, animazione e deanimazione, ritirata autistica…) fosse
già scritto nell'album della sua storia.
Il paziente, da parte sua, ha la possibilità di razionalizzare il proprio vissuto, positivizzandolo e, attraverso il
racconto, cominciare a tessere una trama della sua immagine.
Un solido bagaglio culturale, un' accurata formazione, l'attitudine all'ascolto ed a conceder tempo possono
permetterci di cogliere la “grande opportunità di imparare dai nostri pazienti”. Essi rappresentano il grande
libro della natura in cui possiamo leggere ciò che poi definiamo disturbo
depressivo, ma anche tutto ciò che lo
precede e che rappresenta un tentativo di difesa dalla depressione. Sarà
possibile cogliere la sensazione di sovvertimento interiore e di incapacità a
padroneggiare il proprio funzionamento mentale; la sensazione di emergenza permanente, la ridotta capacità
riflessiva, un progressivo distacco dalle attività ritenute piacevoli in precedenza. Altri elementi possono essere
la difficoltà ad organizzare il proprio
tempo, una tendenza a procrastinare,
il mantenimento con sforzo di un livello prestazionale e relazionale accettabile.
Saper leggere nei nostri pazienti può
significare cogliere il lavorio mentale
del paziente affetto da doc a capire le
radici lontane di ciò che a noi si sta
presentando come attacco di panico
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Bibliografia
o come disturbo d' ansia generalizzato. L' incontro con l'altro, pur nelle ristrettezze di una quotidianità affannosa, può rappresentare l' occasione
per dare significato a sintomi a volte
inspiegabili, possibilità d' esistenza a
sofferenza malcelate o istanze inascoltate, ma anche stimolo ad una crescita professionale ed umana le diverse ed interessanti esperienze di collaborazione con medici di M.G., come
quella di Bologna o di Verona e, nei
suoi limiti, anche la nostra, oltre a fornire un'informazione-formazione
fornita da esperti in un campo generalmente considerato ostico o troppo
lontano dalla quotidianità, hanno permesso un lavoro sulla propria disponibilità all'incontro ed all' ascolto accogliente e facilitante, al fine di render sempre meno attuale il prototipo
di medico alla Startsev, descritto da
Cechov. Quando entrava nello studio
egli perdeva abitualmente la pazienza
e sbatteva violentemente il suo bastone per terra: “ la prego di limitarsi a rispondere alle mie domande(…) e meno parole”.
• Tansella M., De Girolamo G.,
“La diffusione dei disturbi mentali nella comunità” Giornata
mondiale della salute mentale
07/04/2001; salute mentale: contro il pregiudizio il coraggio delle
cure;
• Romano P., “Il rapporto medico paziente in psichiatria: appunti in margine al problema della
formazione degli operatori psichiatrici”; Gnosis anno 3 n.4;
Omnia Editrice; Palermo 1989;
• Schneider P. B., “I fondamenti
della psicoterapia, (1976) Borla,
Roma 1977;
• Maffei G, “Il mestiere di uomo.
Ricerca sulla psicosi”. Marsilio.
Venezia 1977;
• Benedetti G. “Psicologia analitica e pressi psichiatrica”, riv.
psic. anal., Marsilio, Venezia
1979;
• Benedetti G. “Alienazione e
personazione nelle malattie mentali” Einaudi, Torino 1980;
• Cazzullo C. L., “La comunicazione e la interrelazione umana”,
Quaderni italiani di psichiatria,
vol XXI, pgg 2-7, marzo 2002;
• Filippelli E., Franco I., Sansone F., Volpe M., “Presa in carico,
riabilitazione e cronicità”, Spazi
della mente, anno IX, n.20, maggio- settembre 1997;
• Volpe M., Di Mezza F. R., Filippelli E., Iscaro A., “Progetto insieme. Storia di un incontro ravvicinato”, Spazi della mente; anno
XII, n.23, 2000.
Etica professionale,
deontologia e responsabilità personale
... verso una cultura della legalità
Dott.ssa Anna Tecce
Psicologa - Psicoterapeuta
“Quando è sincera, quando nasce dal bisogno di dire, la voce umana non c'è chi possa fermarla.
Se le tolgono la bocca, lei parla con le mani, con gli occhi, con i pori o con quello che sia.
Perché tutti, ma proprio tutti abbiamo qualcosa da dire agli altri,
qualcosa che merita di essere celebrata dagli altri o perdonata”
E. Galeano
L
e concezioni del mondo e
della vita che chiamiamo
“filosofiche” sono il prodotto di due fattori: uno inerente alle
condizioni religiose ed etiche; l'altro a
quel genere di ricerche che si può chiamare “scientifico” usando questa parola nel senso più ampio. In ogni campo fra le due diverse posizioni esiste
una terra di nessuno esposta agli attacchi di entrambe le parti; esiste uno
spazio che potremmo chiamare “terra di nessuno” che si situa tra l'empirico e lo scientifico tra l'incertezza e la
certezza. Eppure quasi tutte le questioni di maggior interesse per le menti speculative sono tali che la scienza
non può rispondervi e le fiduciose risposte delle varie discipline non sembrano più tanto convincenti come nei
secoli precedenti. Il mondo è diviso
in spirito e materia e se, lo è, che cos'è
lo spirito e che cos'è la materia? Lo
spirito è soggetto alla materia o è investito di poteri indipendenti?
L'universo ha un'unità di scopi? Sta
evolvendo verso qualche meta? Vi sono realmente leggi di natura, o noi crediamo in esse soltanto per il nostro innato amore dell'ordine? L'uomo è ciò
che appare all'astronomo o ciò che appare ad Amleto? Forse entrambe le
cose insieme. Esiste un modo di vivere nobile ed un altro abbietto, o tutti i
modi di vivere sono semplicemente
discutibili dai vari punti di vista? Se
esiste un modo di vivere nobile, in
che cosa consiste e come possiamo
raggiungerlo? Il bene deve essere eterno per meritare che gli si dia valore o
vale la pena di cercarlo anche se
l'universo cammina inesorabilmente
verso la disgregazione?(1) A tali domande non si può trovare nessuna risposta in laboratorio.
Da quando gli uomini divennero capaci di libero pensiero, le loro azioni
sotto innumerevoli aspetti, sono dipese dalle loro teorie sul mondo e sulla
vita umana, su ciò che è bene e ciò
che è male. Questo è vero tanto al
tempo d'oggi quanto ai tempi antichi. La scienza ci dice ciò che possiamo sapere, ma ciò che possiamo sapere è sempre poco e se dimentichiamo
questo “Non possiamo sapere” diventiamo insensibili a molte cose di
grandissima importanza. Insegnare a
vivere senza la certezza e tuttavia sen-
za essere paralizzati dall'esitazione è
forse la funzione principale cui la psicologia può ancora assolvere, nel nostro tempo, per chi la studia. Il disagio di un individuo va sempre letto
all'interno del proprio mondo relazionale più ristretto e se vogliamo
considerare la complessità dei sistemi
di riferimento dobbiamo tener conto
anche di quel contesto più ampio che
riguarda il contesto sociale nel quale
lo stesso individuo è inserito. (2)
Per capire un' epoca o una nazione
dobbiamo noi stessi essere un po' filosofi. C'è sempre una reciproca causalità: le condizioni di vita degli uomini influiscono molto sul loro modo di
vedere la vita, ma d'altra parte lo stesso modo di vedere la vita influisce
molto sulle loro condizioni.
La coesione sociale è una necessità e
l'umanità non è riuscita a realizzare la
coesione con argomenti puramente
razionali. Ogni comunità è esposta a
dei pericoli.
Il problema morale o etico ( èthos=
costume) riguarda l'attività pratica
dell'uomo ed indica il fine da raggiun-
Psicologicamente
Salute mentale
ASCLEPIADI nel terzo millennio
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28
gere, suggerendo le norme che dovrebbero regolare le singole azioni e
la vita. Il fine da raggiungere è il “bene” anche se questa parola assume diversi significati ed i filosofi sanno
quanto questo concetto varia a seconda dei diversi indirizzi filosofici.
Bisognerebbe allora intendersi su
qualcosa che si può considerare comune.
…Ma venendo a mancare una cosmologia unitaria ed un universo comune dei valori, si è resa necessaria la
ricerca del fondamento etico dei comportamenti e dell'ordinamento, così
l'etica sociale, (questione specifica della modernità), nell'ambito delle scienze morali, si occupa del comportamento etico nelle relazioni sociali da
un lato e del fondamento etico
dell'ordinamento sociale e giuridico
dall'altro (3) studiando il rapporto interpersonale mediato dalle strutture
(e/o istituzioni) attraverso le quali la
Società si è costituita. Nell'ambito
dell'ordinamento giuridico la “deontologia”, termine coniato dal filosofo
J.Bentham come titolo di una sua
opera in cui svolse la teoria dei doveri,
oggi, indica lo studio e l'elencazione
di un particolare gruppo di doveri inerenti una determinata professione.
L'etica" deontologica”, designa, quindi, un particolare tipo di etica basata
sulla nozione di dovere assoluto, che
si contrappone ad altre etiche basate
su concetti, ad esempio, di felicità o di
virtù. Ciascuno nell'ambito della propria attività professionale ha la neces-
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sità di riferirsi e rispettare un insieme
di principi sanciti dal proprio codice
deontologico. La coerenza fra etica e
deontologia professionale dovrebbe
dunque condurre verso il conseguimento dell'etica dell'essere: essere
etici e deontologicamente corretti
come traguardo comportamentale. Di qui il necessario rimando ad
un discorso di responsabilità personale ed individuale.
In un tempo d'incertezze quale
quello attuale è sempre chiaro a
ciascuno di noi il proprio livello di
responsabilità personale rispetto
alle macrovicende che attanagliano il nostro paese? Forse si o forse
no ma ….sicuramente i fatti lasciano
intravedere un labile “senso” di etica
professionale rapportato a quello di
etica sociale così come risulta sempre
più difficile ritrovare nella realtà quotidiana persone e professionisti volenterosi di interrogarsi sul proprio
operato e soprattutto sulla propria
modalità di presentarsi nella comunità allargata che non dovrebbe essere
molto distante da ciò che si mette in
campo quando ci si trova difronte a
chi, diversamente, è in una posizione
di richiesta d'aiuto.
Il “dominio sull'altro”, affermatosi come regola comune di comportamento ha reso quasi giustificabile il perpetuarsi di procedure volte a danneggiare il diritto di eguaglianza, di giustizia e dignità umana. La stessa tendenza che porta alla
prevalenza di etiche utilitaristiche inci-
de profondamente sulla formazione
dell'ethos giovanile e del mondo valoriale di generazioni progressivamente
private di punti di riferimento forti(4)
...forse è tempo di verità, di meritocrazia e di una giustizia che possa includere anche una crescita personale
individuale circa le reali responsabilità che investono ciascuno di noi in relazione agli eventi più grandi che riguardano il nostro tempo.
…E per chi si occupa di promuovere
e favorire un processo di benessere
psicologico dell'individuo, del gruppo e della comunità (art.1*) tali temi
risultano centrali, per continuare a
credere nella possibilità di promuovere una crescita sana ed armoniosa
dei futuri adulti del domani oltre che
il rispetto e la salvaguardia della dignità umana. In un impegno di questo tipo è difficile immaginare che si possa
operare lasciandosi debolmente attrarre da quei giochi di opportunismo sociale che privano altri individui della possibilità di vedere garantiti
dei propri diritti, così come diventa
difficile immaginare di poter rispondere al proprio mandato etico professionale quando si accetta e si soccombe ad una tale realtà.
Certo ogni azione trova la sua motivazione e dietro ogni comportamento c'è un costrutto di pensiero che lo
motiva e lo giustifica…d'altra parte è
questo il nostro mestiere …ma un impegno concreto potrebbe essere quello di manifestare nella realtà della vita
quotidiana quello che sul piano etico
è richiesto in uno studio professionale. Fare buona filosofia, così come fare buona psicologia, vuol dire allora
trovare belle canzoni, imparare a cantarle, e saperle cantare con chi ha bisogno prima di ascoltarle e, quindi, di
imparare anche lui a cantare, in attesa
che "nos in aeternum exilium impositura cumbae" (Orazio, Carmina II, 3,
27-28), restituendo alla parola (nostro unico strumento d'intervento) e
“all' azione” il grande valore ormai
perso. Anche il rapporto tra etica e
psicoterapia può essere affrontato da
vari punti di vista.
Ogni psicoterapia non è value-free, al
contrario veicola il suo proprio sistema di valori, impliciti ed espliciti, e di
CODICE DEONTOLOGICO DEGLI PSICOLOGI ITALIANI
Testo approvato dal Consiglio Nazionale dell'Ordine ai sensi dell'art. 28, comma 6 lettera c) della Legge n. 56/89, in data 15-16 dicembre 2006.
Articolo 3
Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell'individuo, del gruppo e della comunità.
In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se
stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace.
Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell'esercizio
professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare
particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l'uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione
professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili
dirette conseguenze.
Articolo 4
Nell'esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza,
all'autodeterminazione ed all'autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall'imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.
Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi.
Quando sorgono conflitti di interesse tra l'utente e l'istituzione presso cui lo psicologo opera,
quest'ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i
vincoli cui è professionalmente tenuto.
In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell'intervento di sostegno o di psicoterapia
non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell'intervento stesso.
Articolo 5
Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito
adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione.
Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti
scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.
conseguenza, una "sua propria" etica.
L'etica di una psicoterapia coincide
con la sua metapsicologia di riferimento.
Si potrà pertanto parlare di un'etica
comune a tutte le psicologie dinamiche, e di un'etica specifica che nasce
dagli assunti metapsicologici di ognuna di esse.
L'etica comune trae origine da ciò che
le diverse psicologie dinamiche hanno in comune, e cioè la convinzione
che esistano processi mentali inconsci sottostanti alla coscienza e che la
comprensione di questi sia un importante elemento nella cura delle malattie mentali e del disagio psichico. Dunque, ciò che fonda l' "etica psicoanalitica comune", è la credenza che esista
una qualche verità "oggettiva", in
qualche modo approssimabile (non
necessariamente raggiungibile in maniera piena) dal soggetto, e che cogliere (in tutto o in parte) questa verità abbia una funzione curativa. Verità
e bene tendono dunque a coincidere, o, comunque, a sovrapporsi
largamente, e la cura è anche una
"cura morale", un insegnare ad
amare e ricercare la verità su sé
stessi piuttosto che l'autoinganno
difensivo (5)
Le varie commissioni deontologiche
degli Ordini lavorano a pieno ritmo e
il ricorso all'argomento deontologico è assai frequente nei discorsi. Ci si
può chiedere allora se all'elevato
valore simbolico della norma corrisponda un altrettanto elevato valore d'uso. E se all'elevata notorie-
tà della norma corrisponda una
adeguata competenza nell'utilizzo della norma stessa, in sé e nel
rapporto con altre norme.
Rimane fermo il punto che la responsabilità professionale è a tutti
gli effetti una responsabilità giuridica ineludibile. Il principio di responsabilità professionale pone
l'obbligo, infatti, di valutare caso per
caso la finalità dell'azione, le alternative praticabili, le conseguenze.
… L'educazione alla legalità può
inserirsi, allora, in quel vuoto e in
quella “terra di nessuno” per colmare
almeno gli effetti più evidenti della carenza di formazione ai valori
dell'ethos comune, promuovendo
nuovamente la giusta sensibilità
per il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e dei principi
di etica pubblica, come fondamento della civiltà di un popolo e
di una vera politica di Welfare.
Bibliografia
• Edgar Morin, “I sette saperi necessari all'educazione del futuro”, Raffaello Cortina Edit, 2001
(1) Bertrand Russell,“Storia della
filosofia Occidentale”, Teadue,
2001
(2) Sullivan H.S., “Teoria interpersonale in psichiatria”, Milano,
Feltrinelli,1972;
(3) S. Banks, “Etica e valori nel servizio sociale”, Trento, Erickson,
1999 (ediz. in lingua originale
1995), pp. 22-23;
(4) N. Acocella, Teorie della giustizia: condizionamenti sociali e responsabilità individuale, Paper in corso
di pubblicazione. Università degli studi “La Sapienza” di Roma.
* Codice Deontologico degli Psicologi Italiani (Legge n.56/89)
(5) E.Mordini, “Bioetica e psicoanalisi”, 1997 In Gindro S(ed):
La ricerca in bioetica CIC Edizioni, Roma
G. Acocella, Elementi di bioetica sociale, Napoli, E.S.I., 1998
Edgar Morin, “I sette saperi necessari all'educazione del futuro”, Raffaello Cortina Edit, 2001
Psicologicamente
Psicologicamente
ASCLEPIADI nel terzo millennio
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ASCLEPIADI nel terzo millennio
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Luciano
Irace
Dott. Giovanni Malgieri
Va r i e
I
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l 9 aprile è venuto a mancare
Luciano Irace. Molti lo ricorderanno ancora, forse sempre.
Era il 1984. La mattina alle sette meno venti precise io lo aspettavo davanti al cancello di casa, in via Capodimonte 23, a Napoli, e lui puntualmente usciva con la sua Passat vecchio tipo colore marroncino, bruttissima, e andavamo in ospedale, a Cerreto. Arrivavamo prima di tutti, lui si
toglieva il cappotto, si soffiava il naso
(perennemente gocciolante), puliva
la pipa battendola forte sul posacenere, poi con lo scovolino, a volte
con il mignolo della mano destra,
quindi la riempiva accuratamente,
lentamente, era un rito.
Spesso c'erano già persone che gli dovevano parlare prima di cominciare il
lavoro mattutino. Spesso non erano
pazienti, ma infermieri o medici o
gente comune che gli chiedevano pareri, non sempre su malanni, ma su
problemi personali. Sì, ci si rivolgeva
a lui per avere dei consigli. Egli distribuiva pillole di saggezza, di quella
saggezza di vita, di quella saggezza
napoletana di altri tempi.
Si immergeva nel lavoro fino a sera,
solo con una pausa all'ora di pranzo
per un'insalata 'mistissima'. Il lunedì
ed il giovedì che rimaneva a dormire
a Cerreto, si andava spesso a cena insieme. Eravamo orgogliosi di essere
al suo fianco.
In quei dieci anni che è stato primario a Cerreto, la cardiologia ha avuto
una crescita esponenziale. La gente
veniva da ogni luogo per essere visitata da lui ed il suo nome era ben conosciuto in tutta la provincia. Non
sfruttò mai questa sua popolarità per
incentivare un'attività privata in zona, per lui esisteva solo l'ospedale.
Ora non c'è più, ma il suo ricordo rimane vivo in ognuno di noi che ha
avuto la fortuna di conoscerlo ed i suoi insegnamenti, anche di vita, ci accompagnano e ci accompagneranno.
I
il romanzo scritto dal nostro collega medico e amico Vito Cassa pubblicato
dalla casa editrice Ismeca di Bologna. La storia è ambientata in un
paesino del meridione tra gli anni
'60 e '70 e narra di due adolescenti che si innamorano e promettono di ritrovarsi da grandi, nonostante le differenze sociali
dell'epoca. Il tutto è narrato con
un linguaggio ironico che rende
la lettura scorrevole e divertente.
PENSIAMO anche
ALLA SCUOLA
Prof. Loredana Di Leone
F
Questo numero sarà presente su
Per la pubblicazione di articoli inerenti gli argomenti trattati
si può contattare la Redazione via e-mail:
[email protected]
orse l'ennesimo guasto tecnologico (un virus che ha
cancellato il file contenente il mio articolo) è segno del destino
o di quello che i Greci hanno denominato Tùche. Forse gli dei o chi per
essi hanno voluto che io, in questi
giorni di campagna elettorale, sentissi o leggessi le proposte delle varie
formazioni politiche sulla scuola, i suoi paventati disastri e le solite “buone
intenzioni”, che si traducono quasi
sempre nei soliti pannicelli caldi, per
tamponare l'irreparabile.
Certo è che i dati che collocano i nostri alunni al 33° posto nel mondo,
per lettura e comprensione di un testo, nella propria lingua ovviamente,
al 36° per conoscenze scientifiche e
al 39° per quelle matematiche, gridano a prendere una posizione per migliorare, non solo la cultura dei nostri
giovani, ma anche il nostro futuro.
Tante cose sono state dette ed ipotizzate sulla scuola, dalla decaduta autorevolezza dei docenti, per giunta mal
pagati e, in quanto tali, considerati
quasi insignificanti per una società
che basa tutto sul possesso di beni
materiali, fino all'entrata tra le mura
scolastiche di un terzo incomodo: il
telefonino. Mentre si spiega o si interroga, all' improvviso noti qualcuno che finge interesse per le mattonelle e guarda insistentemente verso
il basso, l'ho denominato “il dialogo
con gli acari”, che numerosi saranno
tra le mura polverose e vecchie delle
nostre aule . La realtà è che gli alunni
controllano l'ennesimo squillo o
SMS o MMS, giunto sul proprio supporto tecnologico e non c' è regolamento che tenga, tutti si sentono
pronti a sfidare le regole “tanto che
male c'è”. E' tanto difficile disturbare
i telefonini per impedire a tutti (docenti e alunni) di tenerlo aperto? Basterebbe creare appositi luoghi, nei
quali, solo per urgenze si potesse accenderlo. Durante questa campagna
elettorale ho sentito qualche politico,
addirittura, attribuire alla presenza di
un computer in ogni classe, con annessa connessione internet “a banda
larga”, poteri taumaturgici per recuperare la culture persa.
Al contrario una associazione, che si
occupa dei problemi scolastici
(TrEElle), ha pubblicato, su un noto
quotidiano nazionale, nei giorni scorsi, un programma di recupero della
scuola italiana, rivolto a tutte le for-
mazioni politiche. Personalmente
non ho ricette magiche perché ritengo che il lavoro, l' impegno,
l'entusiasmo e la passione del docente abbiano una grande valenza.
Ma non basta, gli alunni arrivano, di
anno in anno, sempre più ignoranti,
non hanno svolto bene il programma di grammatica, non conoscono l'
ABC della geografia, stentano a memorizzare due pagine di storia. Allora serve un intervento semplice ma
efficace, senza convegni e parolone,
bipartisan. Tra le priorità dei prossimi cinque anni ci sia anche la scuola;
che si trovi un posto anche per questa, tra le grandi riforme che si devono attuare nella Repubblica Italiana.
Punto e a capo
Ricordando
E nella
pozzanghera
un pezzo di cielo
31
ASCLEPIADI nel terzo millennio
Variabilità pressoria
e rischio cardio-vascolare
Dott. Giovanni Malgieri
Ipertensivologia
L
a pressione arteriosa varia
continuamente nel corso
delle attività quotidiane. Così il camminare, il correre, il dormire, il
parlare, il mangiare, il coricarsi o
l'alzarsi, l'ora del giorno, le emozioni, il
fumo, l'impegno mentale, il minimo
sforzo procurano delle oscillazioni più
o meno ampie dei valori della pressione arteriosa, che entro certi limiti possiamo definire fisiologici. Esse sono legate fondamentalmente al gioco della
regolazione del sistema neurovegetativo, attento a fornire le condizioni più
idonee ad affrontare le varie situazioni
che si presentano.
Anche la frequenza cardiaca subisce le
stesse influenze. Durante uno sforzo fisico, per assicurare una portata cardiaca soddisfacente le esigenze periferiche di maggiori richieste di ossigeno
delle masse muscolari impegnate, aumenterà sia la pressione arteriosa che
la frequenza cardiaca. Anche gli atti respiratori comportano una fluttuazione
della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, con l'inspirazione si riducono e con l'espirazione si incrementano. Ciò fu studiato per la prima
volta nel 1733 da Stephen Hales
sull'animale, che concluse che ‘non è
possibile riscontrare gli stessi due minuti di pressione arteriosa lungo
l'intera vita di un’animale’.
Scipione Riva - Rocci
Sfigmonamometro
di Riva - Rocci
Nell'uomo la ricerca per catturare la variazione della pressione arteriosa fu
lunga ed iniziata nel XVIII sec., ad opera di scienziati tedeschi, giunse a qualche conclusione solo nel 1897 con
32
l'articolo di Riva Rocci sulla Gazzetta
Medica di Torino, in cui veniva descritta la tecnica sfigmomanometrica di misurazione della pressione arteriosa e le
fluttuazioni pressorie entro intervalli
di tempo più o meno brevi. Di certo
non poteva descrivere le modificazioni
legate alle attività quotidiana, non era
possibile misurare la pressione durante
il sonno, gli sforzi, il lavoro, le emozioni. Fu negli anni 60 che dei ricercatori
inglesi posizionando un catetere in
un'arteria brachiale collegato ad un trasduttore, riuscirono a valutare la pressione battito per battito durante la normale vita quotidiana dei pazienti. Venne chiamata 'tecnica Oxford'. Siamo infine addivenuti alla moderna tecnica di
registrazione dinamica della pressione
arteriosa incruenta, che, con tutti i suoi
limiti, è in grado di fornire informazioni sulla pressione arteriosa di tutto
l'arco di una giornata, ed a volte per un
periodo anche maggiore.
Come marker di variabilità pressoria
viene presa la media delle oscillazioni
intorno al valore medio della pressione arteriosa (sistolica, diastolica o media) delle 24 ore, cioè la deviazione standard. Vi è durante la notte una fisiologica caduta della pressione arteriosa entro i limiti del 10% dei valori di quella
diurna (dipper), mentre riduzioni minori (non dipper), secondo alcuni autori, sono collegate a una più elevata incidenza di danno d'organo. Non sarebbero comunque variabili indipendenti i
livelli pressori diurni e notturni.
Nell'iperteso la variabilità pressoria è
maggiore. Nel 1993 il gruppo di Parati
pubblicava uno studio in cui 108 pazienti ipertesi studiati con monitoraggio pressorio dinamico cruento, avevano maggiore danno d'organo se presentavano una maggiore variabilità
pressoria, valutata come deviazione
standard della pressione arteriosa media. Su modelli animali si è potuto notare uno sviluppo rapido di aterosclerosi
inducendo un'aumentata variabilità
pressoria rispetto ai controlli. Inoltre
studi più recenti hanno dimostrato una
correlazione tra aumento della variabilità pressoria e incidenza di eventi cardiovascolari e mortalità cardiovascolare. Il problema è ora di standardizzare
la variabilità pressoria per la stratificazione del rischio cardio-vascolare
nell'iperteso.
Questo è quello che il nostro gruppo
sta cercando di ottenere. Difatti abbiamo studiato i risultati di 1188 registrazioni dinamiche della pressione arteriosa e dall'analisi statistica abbiamo ricavato un indice di variabilità pressoria
che abbiamo sottoposto alla valutazione della società scientifica.
Grafico P.A. nelle 24 ore (dipper)
Bibliografia
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