il mese delle memorie (pieghevole)

Transcript

il mese delle memorie (pieghevole)
Venerdì 3 gennaio
21.15 Presentazione a cura di Alessandro Michelucci
- giornalista
21.30 Ararat
Un film di Atom Egoyan. con Simon Abkarian, Charles Aznavour,
Christopher Plummer, Arsinée Khanjian
Drammatico, Guerra, durata 115 min. - USA 2011
Un mese per tutte le memorie
Per molti anni, dopo la fine della Seconda
Guerra Mondiale, il concetto di genocidio ha coinciso
sostanzialmente con la Shoah.
Questo è accaduto per vari motivi. Due meritano comunque di
essere evidenziati. Il primo consiste nell’aver proposto la
Shoah come una tragedia unica e irripetibile, tanto che
qualsiasi paragone con eventi analoghi somigliava a una
bestemmia. Il secondo è un dato temporale: il concetto di
genocidio fu elaborato da Raphael Lemkin durante il secondo
conflitto mondiale. Era quindi inevitabile che venisse applicato
alla tragedia in atto.
Poi, piano piano, il muro di silenzio dietro al quale si
nascondevano tragedie analoghe ha cominciato a sgretolarsi.
Si è cominciato a parlare del genocidio degli Armeni. Nello
stesso tempo l’attualità ci ha dimostrato che certi orrori non
erano soltanto un ricordo del passato, ma che potevano
rivivere nell’attualità. Dalla Cambogia al Ruanda, dalla Bosnia
al Darfur, l’ultimo quarto del secolo scorso e l'inizio di questo
sono stati segnati da tragedie spaventose che i media hanno
documentato in tempo reale.
Davanti a questo il genocidio è stato inquadrato in una
prospettiva nuova. Inserire la tragedia ebraica in un contesto
più ampio, accanto ad altri genocidi più o meno recenti, non
significa diminuirne il rilievo storico. Al contrario, significa
toglierla da una terra di nessuno dove resterebbe un fenomeno
incomprensibile. La nostra sofferenza ha un senso soltanto se
viene avvicinata a quella degli altri. Diversamente si
trasforma,
piano
piano
ma
inevitabilmente,
in
una
manifestazione di egoismo.
Partendo da queste considerazioni abbiamo deciso di
organizzare una rassegna cinematografica dedicata ai genocidi
e alle persecuzioni. Non soltanto quelli legati alla Seconda
Guerra Mondiale, ma anche quelli precedenti (la tragedia
armena e lo sterminio degli Indiani nordamericani) e successivi
(la persecuzione dei Rom nell'Europa centrale odierna).
Nei prossimi anni ci occuperemo anche di altri popoli, perché
la memoria è un diritto di tutti e non un privilegio di pochi.
Alessandro Michelucci
All'aeroporto di Toronto Raffi, un giovane canadese di origini armene,
racconta a David, anziano ufficiale della dogana che gli sta
ispezionando il bagaglio, i motivi del viaggio in Armenia da cui è appena
tornato.
Entrambi i personaggi sono in qualche modo legati a un film che il
regista Edward Saroyan sta girando sul genocidio armeno del 1915 per
mano turca: Raffi lavora sul set e sua madre Ani, una nota critica
d'arte, è consulente della sceneggiatura; David, oltre ad aver parlato
con il regista al suo arrivo in Canada, ha un figlio omosessuale, Philip,
legato sentimentalmente ad Ali, un attore turco che lavora nel film.
Raffi ha inoltre una situazione familiare estremamente problematica:
suo padre è morto mentre attentava alla vita di un diplomatico turco;
sua madre Ani si è poi risposata con un altro uomo, poi suicidatosi, che
dal matrimonio precedente aveva avuto una figlia, Celia, di cui ora
Raffi è innamorato.
Volendo conoscere che cosa ha spinto suo padre al tragico gesto che gli
è costato la vita, Raffi va in Armenia per filmare i luoghi dei suoi
antenati e viene a conoscenza del terribile genocidio operato dai Turchi
contro gli armeni.
Venerdì 10 gennaio
21.15 Presentazione a cura dell’Associazione Il
Cerchio
21.30
Bury my heart at wounded
knee
Un film di Yves Simoneau, con Anna Paquin, Chevez Ezaneh, August
Schellenberg
Drammatico, durata 133 min.- USA 2007
Little Big Horn (1876)-Wounded Knee (1890). Tra questi due momenti
storici si sviluppa la vicenda che vede protagonisti tre personaggi
realmente esistiti. Charles Eastman (un tempo Ohiyesa) è un giovane
Sioux che è stato affidato alle cure dei bianchi americani divenendo
medico. Toro Seduto è l'ultimo dei capi indiani a cedere alla
supremazia dei bianchi finendo con l'entrare nel circo di Buffalo Bill
per poi venire ucciso dai cavalleggeri. Il senatore Henry Dawes si
adopera in favore dell'integrazione dei nativi americani ma le sue buone
intenzioni finiscono con lo scontrarsi con l'avidità dell'establishment
statunitense.
E' su questi tre perni (con in più la figura, anch'essa storicamente
esistita, di Elaine Goodale che divenne sposa di Eastman e ne abbracciò
la causa di riscatto del proprio popolo) che si articola la narrazione.
Perché Yves Simoneau non ripete il già detto e universalmente noto
sulle vicende storiche che assestarono il colpo finale ai nativi americani
ma indaga sulla complessità della situazione storica che si trova ad
avere non troppo inattesi riferimenti al presente. Perché la
sceneggiatura non dipinge i 'pellerossa' come una vittima sacrificale
compattamente rivolta al martirio. L'arrendevolezza di Nuvola Rossa
non coincide con il percorso di Toro Seduto che, pur di non cedere
all'esercito confederato, cerca rifugio in Canada con la sua gente per
venirne successivamente espulso. Così come il percorso di Ohiyesa,
affidato da bambino all'educazione dei bianchi e divenuto simbolo di
una possibile assimilazione dell'intera galassia nativa, è inizialmente
distante da quello delle sue radici culturali. Ma è nel mondo dei bianchi
che prevalgono le più forti contraddizioni. Non tanto nell'area militare
dove la logica prevalente è quella della reiterazione dei soprusi (voi
Sioux avete invaso i territori di altre tribù ora noi invadiamo ciò che
voi avete un tempo strappato ad altri) quanto piuttosto in quella
politica. Il senatore Dawes è convinto in buona fede che solo
l'accettazione da parte dei nativi della cultura e della civiltà dei
'bianchi' possa dare luogo a una vera integrazione. Lotta contro i
tentativi di espropriazione totale dei territori ottenendo forme di
risarcimento che Toro Seduto rifiuta perché diverrebbero accettazione
dello status quo, cioè conferma della perdita di proprietà e di dignità.
Nello sguardo che rivolge al figlio che esibisce la 'libertà' di poter
cacciare uno stanco bovino all'interno di un recinto si concentra il
messaggio di un film che sfugge con abilità alla retorica da qualsiasi
parte provenga.
Sabato 11 gennaio
21.15 Presentazione a cura dell’Associazione Il
Cerchio
21.30
Birdwatchers
Un film di Marco Bechis. con Claudio Santamaria, Alicélia Batista
Cabreira, Chiara Caselli
Drammatico durata 104 min. – Italia, Brasile 2008
2008, Mato Grosso do Sul (Brasile). Le attività economiche della zona
sono legate allo sfruttamento in coltivazioni transgeniche dei terreni
che in passato appartenevano agli indios e nelle visite guidate a turisti
interessati al birdwatching. Lo status quo viene bruscamente interrotto
quando Nádio, la guida ascoltata di una comunità indio decide di non
poter sopportare lo stillicidio di suicidi di giovani senza più speranza.
Inizia così una ribellione pacifica finalizzata a ottenere una
restituzione delle terre indebitamente confiscate. Accanto a lui ci sono
suo figlio e il giovane apprendista sciamano Osvaldo. I fazenderos
inizialmente reagiscono cercando di frenare le spinte più estremiste del
loro campo ma comunque ben decisi a non cedere neppure un ettaro di
terra agli indios.
L'intento è evidentemente quello di non voler forzare la mano sul piano
di una facile adesione emotiva richiedendo allo spettatore un più
complesso lavoro di adesione alla lotta contro un'ingiustizia che si
perpetua da secoli.
La terra degli uomini rossi diventa così un film di forte denuncia morale
e politica senza assumere mai la dimensione del pamphlet. Proprio in
questo procedere, che permette alla ragione di prevalere sulla
passione, sta la forza di un film che Bechis ha saputo costruire
'ascoltando' nel senso più pieno del termine coloro che ogni giorno
vivono l'umiliazione di non possedere più una terra che per loro non
significa solo cibo ma anche (e soprattutto) radici e cultura.
Venerdì 17 gennaio
21.30 Just the wind
(Csak a szél)
Un film di Benedek Fliegauf con Lajos Sárkány, Katalin Toldi, Gyöngyi
Lendvai
Drammatico durata 86 min. – Ungheria, Germania, Francia 2012
Una famiglia in pericolo, una baracca fatiscente nei boschi, e la
sensazione costante che stia per accadere qualcosa di terribile, questi
sono gli elementi fondamentali sui quali si sviluppa Just the Wind, il bel
dramma di Benedek Fliegauf presentato in concorso al 62esimo Festival
di Berlino. La famiglia in questione tuttavia, non è una come tante, ma
è una famiglia di rom che si ritrova a vivere con angoscia e senso di
impotenza l'odio cieco nei confronti della loro comunità, che ha portato
all'uccisione di cinque famiglie che vivevano nella zona.
Mari si divide tra due lavori e la cura del padre anziano, mentre sua
figlia Anna va a scuola e coltiva il suo talento per il disegno. Il piccolo
Rio invece non ha ancora trovato qualcosa a cui dedicarsi, ma più di
tutti è quello che sente la necessità di dover cercare un rifugio
"segreto" per sfuggire a qualcosa che potrebbe accadere mentre suo
padre è lontano, e non può aiutarli. Mentre l'urgenza di trasferirsi in
Canada, dove vive il marito di Mari, si fa sempre più forte, la famiglia
è costretta a rimanere in un luogo così ostile, cercando di andare
avanti e muovendosi con la massima cautela.
Sabato 18 gennaio
21.30 Note Noire Trio
Ruben Chaviano – violino
Roberto Beneventi – fisarmonica
Tommaso Papini – chitarra
musica manouche mediterranea
Note Noire è un quartetto che unisce nel proprio repertorio il mondo
musicale mediterraneo e quello mitteleuropeo. La musica è il guado
possibile tra queste due sfere così inconsapevolmente collegate da
tradizioni sonore conservate riposte nelle abili, preziose mani dei
musicisti zigani; ma la musica non è mai pura conservazione e sempre
trova la propria strada, come fa l’acqua, come fanno i popoli quando
per necessità si muovono. Non è un caso che il suono di Note Noire si
ispiri a quello degli ensembles di Django Reinhardt, vero e proprio
traghettatore della musica europea verso il jazz nel periodo tra le due
guerre, ma, allo stesso tempo, vettore di un’enorme quantità di timbri
ed espressioni tipici della tradizione dei popoli del Vecchio Mondo.
volto di vecchia signora degna, il dolce sorriso, la limpida voce toscana,
la capacità di narrare, la lucidità di analisi, che fa da guida alle
immagini, al suono, alla regia di Faccini. Senza mai mettersi in
cattedra, è una lezione che passa in rassegna con semplicità e
concretezza la storia degli ebrei italiani, la loro identità, la cultura, la
religiosità, la capacità di adattamento, gli usi e i riti, la nascita
d'Israele, la funzione dei kibbutz, la differenza tra le generazioni, le
paure, la continua lotta per la sopravvivenza, gli errori dei governi, i
diritti dei palestinesi. La verità è concreta, diceva Brecht. È un film
concreto dove si parla spesso di cibo, e non soltanto di pane della
memoria: i bagni rituali, il forno delle azzime, il rosso delle melograne,
la caverna della macellazione, la bellezza di Pitigliano. Montaggio: Sara
Bonatti. Musiche: Riccardo Joshua Moretti. Alla fine Elena dice, con
un filo di orgoglio malizioso: "Ci sarà tanta gente ai miei funerali". E le
si crede.
Sabato 25 gennaio
21.30 Trio Angela Batoni
DI TERRA IN TERRA
canti zingari Rom, yiddish, ebraici e sefarditi
Violino e Chitarra Matteo Ceramelli
Fisarmonica Sabrina Barbucci
Voce Angela Batoni
il Concerto nasce dall’incontro con la musica Zingara del popolo Rom, la
musica Yiddish dell’Europa centro-orientale e della Diaspora ebraica
nell’area mediterranea. Il repertorio comprende canti raccolti
direttamente dalla gente incontrata durante viaggi nell’Europa dell’Est,
dove Angela è entrata in contatto con “etnie” che attraverso la musica
e il canto difendono la loro identità culturale.
Sono canti di ritrovo dopo l’esilio e la lontananza, canti della
tradizione Kassidica, canti d’amore, di festa e di dolore, canti che
scandiscono le tappe del viaggio all’interno delle Culture Yiddish e
Zingara Rom, tradizioni così distanti fra loro ma profondamente unite
dall’esperienza tragica della Shoah
Domenica 26 gennaio
17.00 Letture e testimonianze
20.00 Cena Rom e Kosher
21.30 La Banda dei Tubi innocenti
Balkan, Gipsy & spaghetti Klezmer Orkestra
Un film di Luigi M. Faccini con Elena Servi
Documentario, durata 62 min. - Italia 2008
Una Brass-Band che vi farà saltare a bordo dell'Orient Express per
trascinarvi verso i suoni e le emozioni di una Europa dimenticata.
Musiche per ballare e per sognare che provengono dai Balcani e dalle
tradizioni zingare ed Yiddish, rivisitazioni di ritmi antichi e melodie
ancestrali che suonano da secoli in feste di campagna, matrimoni,
funerali
Prodotto da Marina Piperno per Ippogrifo Liguria. "Quanto ha viaggiato
la mia gente. E non per svago" dice Elena Servi di Pitigliano (GR) di cui
questo bellissimo documentario è anzitutto il ritratto. È lei, col suo
Venerdì 31 gennaio
21.30 Screamers
Venerdì 24 gennaio
21.30 Il pane della memoria
Un film di Carla Garapedian con Hrant Dink, John Dolmayan,
Sibel Edmonds, Daron Malakian, Shavo Odadjian, Serj
Tankian
Documentario, musical durata 89 min. – Regno Unito, 2006
Il documentario, realizzato dall'attivista umanitaria Carla Garapedian,
si occupa di illustrare tutti i genocidi commessi nel corso del
Novecento, e vuole indurre il pubblico a porsi le grandi domande sul
tema.
La cronaca del documentario è stata realizzata dal gruppo musicale
alternative metal System of a Down, da sempre interessati al
riconoscimento da parte della Turchia del genocidio armeno (1915), in
quanto di etnia armena.
In una loro dichiarazione hanno affermato:
« Ci siamo sentiti obbligati a lavorare a questo progetto unico che
mostra come la negazione di questi crimini abbia portato a genocidi di
più vaste dimensioni nel XX secolo, dall’Olocausto alla Cambogia,
Bosnia, Rwanda, fino al presente Darfur »
Anche i sottofondi musicali del documentario sono brani realizzati nel
corso della loro carriera musicale.
Il nonno di Serj Tankian ha contribuito alla produzione del
documentario, in quanto sopravvissuto alla strage armena.
Sabato 1 febbraio
21.30 Noi ricordiamo, saggio di
una fine e di un inizio
Un Documentario di Daniele Giuliani, con Andrea Braccini,
Annamaria Asmodei, Antonella Mattina, Bianca Pananti, Edera
Alderighi, Giuseppe Barocchi, Guido Leoni, Marco Bucciardini,
Maria Serena Daconto, Maria Teresa Nobile, Mario Giannini,
Martina Fino, Michele Ceri, Sara Ciriello, Stefania Pecchioli.
Tre anni fa iniziava il laboratorio di teatro sulla memoria di
“ControAttaccoTeatro” che ha portato, attraverso vari passaggi di
studio, alla creazione dello spettacolo “Noi Ricordiamo. Saggio di una
fine e di un inizio”. Si è trattato di un percorso intenso che ci ha dato
la possibilità di soffermarci per tre anni su un tema: la memoria
individuale e sociale.
Oltre alle riprese dello spettacolo, il documentario entra nel vivo di
quello che è stato il percorso fatto all’interno del laboratorio di teatro
con interviste a tutti i partecipanti. Narrando di come il teatro possa
essere uno strumento per ricercare nella memoria sociale. La nuova
creazione di “ControAttaccoTeatro” è realizzata grazie al contributo
della Coop Arca e dell’Azienda Sanitaria 10 Firenze.
A seguire Poesie di Guido Leoni e
accompagnamento musicale di Antonio e
Paolo (Gruppo Bostic)
INGRESSO GRATUITO SOCI ARCI
WWW.CINEMANEMICO.NET [email protected]