clicca qui per il TESTO INTEGRALE DELLA

Transcript

clicca qui per il TESTO INTEGRALE DELLA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO
Massimo
Dott. ABETE
Luigi
- Presidente - Consigliere -
Dott. SCALISI Antonino
- Consigliere -
Dott. SCARPA Antonio
- Consigliere -
Dott. FALABELLA Massimo
- rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14195/2011 proposto da:
G.G. (OMISSIS), L.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA …..............,
presso lo studio dell'avvocato …....................., che li rappresenta e difende unitamente agli
avvocati …........................;
- ricorrenti contro
T.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA..............., presso lo studio
dell'avvocato …............., che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato …..............;
- controricorrente e ric. incidentale e contro
TE.GI., M.G.;
- intimati avverso la sentenza n. 1563/2010 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il
04/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2015 dal Consigliere
Dott. MASSIMO FALABELLA;
udito l'Avvocato ….............., difensore dei ricorrenti che si è riportato agli atti depositati;
udito l'Avvocato ….........., difensore del resistente che si è riportato agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha
concluso per l'inammissibilità o, in subordine, rigetto del ricorso principale e per
l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 14 giugno 2001 L.R. e G.G. citavano avanti al Tribunale di
Arezzo T. G., Te.Gi. e M.G. per sentir dichiarare che i medesimi non avevano il diritto di
servitù di passaggio, pedonale o carraio, sul giardino di proprietà di essi attori, contrassegnato
dalla particella …...... sub. …..del catasto di Arezzo, sez. …...., foglio …....
I convenuti si costituivano e proponevano domanda riconvenzionale chiedendo che fosse
accertata l'esistenza della servitù sulla particella suddetta per destinazione del padre di famiglia
e, in subordine, per usucapione.
Con sentenza del 21 giugno 2005 il Tribunale di Arezzo accoglieva la domanda degli attori e
rigettava quella proposta dei convenuti.
La sentenza era impugnata e la Corte di appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 4
novembre 2010, in totale riforma nella pronuncia resa dal tribunale aretino, dichiarava che
sulla particella n. …...., in contestazione, gravava, in virtù dell'atto di compravendita del 2
agosto 1982, servitù di passaggio pedonale e carrabile, della larghezza di metri tre, a favore
della particella n. …..., di proprietà degli appellanti.
Contro detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione L. e G., articolando
l'impugnazione su tredici motivi. Te. G. ha depositato controricorso spiegando un ricorso
incidentale fondato su un unico motivo. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Per la migliore comprensione delle considerazioni da svolgere si riassume di seguito il
contenuto della pronuncia impugnata. La sentenza della Corte di Firenze ha in sintesi
osservato: a) T. G., Te.Gi., e M.G. che rivendicano la servitù sulla particella n. ….., sono
proprietari del resede, o giardino, antistante il fabbricato di loro abitazione, individuato dalla
particella n. …... e confinante con tale resede o giardino è l'area di proprietà L., particella n.
…..; b) su quest'ultima grava una servitù di passaggio costituita con atto pubblico di divisione
del 4 aprile 1980 in favore della particella n. …., la quale, tuttavia, non consente di raggiungere
il tratto oggetto della servitù se non attraverso la particella n. ….. che, all'epoca, rimaneva in
comune tra i condividenti; c) l'atto di divisione non ha costituito alcuna servitù sulla particella
n. …., sulla quale, comunque, il proprietario dell'epoca della particella n. ….., D.G., poteva
transitare in quanto comproprietario della medesima; d) con successivo contratto di
compravendita del 2 agosto 1982, D.G. ha ceduto ai T. e M. la proprietà del fondo
contrassegnato con la particella n. ….. e nel contratto si è menzionato il passaggio attraverso la
particella n. ….., ma si è taciuto di quello sulla particella n. ....; e) il predetto contratto aveva
peraltro previsto implicitamente la costituzione della servitù sulla particella in questione, in
quanto diversamente il richiamo alla servitù sulla particella n. ….. non avrebbe avuto alcun
significato (posto che non risultava possibile, come si è visto, alcun l'accesso al fondo
dominante senza il transito per la particella n. …..); f) anche a prescindere da tale origine
negoziale del diritto controverso, peraltro, la servitù in questione risulterebbe essersi costituita
per destinazione del padre di famiglia, dal momento che l'accesso del venditore D.G. alla
particella n. ….. di sua proprietà era, come detto, reso possibile dal passaggio sulla particella n.
…...., di cui era comproprietario (sicchè, osserva la corte distrettuale, la destinazione del padre
di famiglia si riferirebbe alla quota di sua spettanza della comunione avente ad oggetto detta
particella); g) altre due comproprietarie della particella n. …..., al momento di cedere nel 1986
le loro quote, avevano riconosciuto che l'area in questione era gravata di servitù reale e gratuita
di passo in favore di terzi, con ciò riconoscendo la preesistenza del diritto di cui qui si
controverte; h) d'altro canto, se così non fosse, tale attestazione andrebbe interpretata come
manifestazione di volontà intesa alla costituzione volontaria di servitù secondo lo schema del
contratto a favore del terzo.
A tale corpo argomentativo risultano opposte, come si è rilevato, tredici censure.
I motivi da 1 a 4 riguardano la proposizione della corte di merito secondo cui la servitù sarebbe
stata costituita con il contratto di compravendita del 2 agosto 1982.
Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c., per
avere la sentenza accertato la costituzione la servitù sulla particella n. ….... in presenza di una
clausola contrattuale che limitava detto diritto ad altre particelle (nn. ….. e …..).
Col secondo motivo di impugnazione è dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 1059
c.c., per avere la corte territoriale interpretato la norma in modo da ritenere immediatamente
costituita con la sola dichiarazione di un comproprietario la servitù di passaggio su di un bene
comune e, comunque, possibile la costituzione la servitù a carico della quota indivisa di
proprietà.
Col terzo motivo è denunciata omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso decisivo per il giudizio, consistente nel significato dato dalla corte fiorentina
alla compravendita del 1982.
Col quarto motivo di ricorso è lamentata violazione e falsa applicazione dell'art. 1372 c.c.,
avendo la sentenza impugnata interpretato detto articolo nel senso che il contratto stipulato il 2
agosto 1982 fosse opponibile ai terzi.
I primi tre motivi sono fondati, mentre il quarto può considerarsi assorbito.
Come è noto, l'interpretazione del contratto è attività riservata al giudice del merito, le cui
valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di
ermeneutica contrattuale e per vizi di motivazione.
La clausola contrattuale, riprodotta dai ricorrenti all'interno del ricorso, ha il contenuto che
segue: "il venditore assicura e garantisce alla parte acquirente e suoi eredi e aventi causa, il
diritto di accesso alla parte posteriore del resede rappresentato dalla particella …. del foglio
….., mediante il diritto di passo con ogni mezzo attraverso i resedi rappresentati dalle particelle
….. e …. del foglio …...".
La disposizione contrattuale non menziona, dunque, la particella n. ….., della quale si era
disinteressato anche l'atto divisionale di due anni prima, con cui venne peraltro costituita la
servitù di passaggio sulla particella n. …...
La corte di merito, come si è visto, ha attribuito, per quanto qui interessa, al contratto di
compravendita anche il valore di negozio costitutivo della servitù sulla quota indivisa della
particella n. …..: ciò in ragione del fatto che il transito su detta area era necessario per giungere
al fondo dell'odierno controricorrente.
Tale opzione ermeneutica non tiene conto del contenuto letterale della pattuizione e della
regola che assegna un fondamentale rilievo, nell'attività interpretativa, al significato testuale
delle parole e delle espressioni adottate. Si suole affermare, in tema di interpretazione dei
contratti, che sia prioritario il canone fondato sul significato letterale delle parole, di cui all'art.
1362 c.c., comma 1, sicchè, quando esso risulti sufficiente, l'operazione ermeneutica deve
ritenersi utilmente, quanto definitivamente, conclusa (ad es. : Cass. 11 marzo 2014, n. 5595;
Cass. 23 aprile 2010, n. 9786). Tale principio deve specificarsi nel senso che segue: quando la
comune intenzione delle parti risulti chiara attraverso la formulazione delle clausole
contrattuali, il giudice non è tenuto a ricorrere a criteri interpretativi sussidiari. In presenza,
cioè, di una clausola che, sul piano testuale, è di significato univoco, deve esaminarsi se
esistano indici rilevatori di una difforme volontà delle parti e, in caso negativo, deve attribuirsi
prevalenza al dato letterale, escludendosi alcuna ulteriore operazione ermeneutica (in tema:
Cass. 9 dicembre 2014, n. 25840).
Se può risultare in concreto difficile distinguere le ipotesi in cui il dato letterale è coerente con
l'intenzione delle parti da quelli in cui invece non lo è, va segnalato che nella fattispecie
oggetto di esame il contratto di compravendita manca del tutto di richiamare - come si è visto la particella n. …...; e va pure osservato che il menzionato negozio, pur citando la servitù di
passaggio sulla particella n. …..., non ne disponga affatto la costituzione. Infatti, quest'ultima
servitù, come ricordato dall'odierno ricorrente e rilevato dalla corte di appello, fu costituita con
l'atto di divisione del 4 aprile 1980. Sicchè l'indagine interpretativa compiuta nella sentenza
impugnata si è risolta, in ultima analisi, nell'affermazione della costituzione della servitù sulla
particella n. ….., non menzionata nel contratto, quando quest'ultimo non programmava
nemmeno la costituzione della servitù sulla particella n. ….., espressamente ivi indicata, e pure
funzionale al raggiungimento del fondo dell'odierno ricorrente. Ora, è chiaramente contrario
alle regole interpretative - in quanto oblitera irragionevolmente il dato letterale falsando il
senso della comune intenzione dei contraenti che è desumibile dal testo contrattuale assumere, nel silenzio dell'atto negoziale, che le parti intesero costituire una servitù su di una
determinata particella, valorizzando, a tal fine, il dato della mera ricognizione di una diversa
servitù, costituita su una distinta particella due anni prima. E' del tutto chiaro, poi, che l'omessa
menzione, nel contratto di compravendita, della costituzione della servitù sulla particella n. …..
non possa essere colmata da evenienze estrinseche, quali la supposta interclusione del fondo
compravenduto.
D'altro canto, va aggiunto, il nominato contratto di compravendita non poteva prevedere la
costituzione della servitù sulla particella n. …..., dal momento che questa, all'epoca, era ancora
in comunione, e quindi nella titolarità pro quota del dante causa dell'odierno ricorrente (D.G.,
che ebbe a vendere il proprio immobile con il nominato contratto del 2 agosto 1982). Infatti, a
norma dell'art. 1059 c.c., la servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso
non è costituita se non quando gli altri la hanno concessa, unitamente o separatamente. Ai fini
della costituzione volontaria della servitù, quindi, l'atto proveniente da uno solo dei
comproprietari del fondo indiviso, pur non essendo privo di effetti giuridici, non è idoneo a
costituire una servitù passiva (per tutte: Cass. 16 agosto 2000, n. 10822). Alla stregua di tale
rilievo è, dunque, comunque errata in diritto l'affermazione della sentenza impugnata secondo
cui col contratto di compravendita si sarebbe costituita una servitù di passaggio a carico della
quota indivisa di proprietà della particella n. …... di cui era titolare l'alienante del fondo.
Ha obiettato il controricorrente che la corte di Firenze avrebbe attribuito rilievo al
riconoscimento della servitù operato da D.A. e L., comproprietarie della particella n. …..., nel
loro atto di compravendita del 25 febbraio 1986 e avrebbe dunque valorizzato l'adesione delle
predette alla costituzione della servitù operata anni prima dall'altro comunista D.G..
La ricostruzione prospettata dalla sentenza impugnata è tuttavia affatto diversa. La pronuncia
ha voluto sottolineare che la dichiarazione in esame costituirebbe riprova della costituzione
della servitù, avvenuta nel 1982, sulla quota di comproprietà spettante a D.G.: ora - a parte
l'erroneità della tesi secondo cui la servitù potrebbe gravare su una quota indivisa del fondo -, è
evidente che un atto di disposizione della quota non necessiti dell'adesione da parte degli altri
comproprietari, nè la corte distrettuale ha affermato, sul punto, che tale adesione fosse
necessaria per la costituzione della servitù.
Il dato della inidoneità del consenso dell'alienante, comproprietario della particella n. …..., alla
costituzione della servitù su quest'ultima porzione immobiliare (giusta il cit. art. 1059 c.c.)
rileva anche sul piano del vizio motivazionale della sentenza impugnata con riguardo alla
questione concernente l'interpretazione del contratto di compravendita. Infatti la corte
distrettuale avrebbe dovuto verificare, sul piano logico, se la mancanza di una espressa
previsione della costituzione della servitù sulla detta particella non potesse dipendere proprio
dall'accertata impossibilità giuridica di programmare una tale vicenda in presenza della
communio pro indiviso della porzione immobiliare oggetto di lite.
I motivi quinto, sesto e settimo riguardano l'accertamento della costituzione della servitù per
destinazione del padre di famiglia.
Col quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 112 c.p.c.,
oltre che la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la corte
di Firenze ritenuto costituita la servitù per destinazione del padre di famiglia a seguito del
contratto di compravendita del 12 agosto 1982, laddove gli appellanti avevano fondato le
proprie ragioni su due atti diversi (la divisione del 4 aprile 1980 e altro atto del 28 marzo
2001).
Col sesto mezzo è lamentata violazione o falsa applicazione degli artt. 1062 e 1108 c.c., per
avere la corte di merito ritenuta costituita la servitù su di un bene comune per destinazione del
padre di famiglia a seguito della vendita di altro bene da parte di uno solo dei comproprietari,
sebbene la fattispecie di cui all'art. 1062 c.c., non possa perfezionarsi allorchè entrambi i fondi
non appartengano in via esclusiva allo stesso proprietario.
Col settimo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 1061 c.c.,
ovvero omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, consistente nell'accertamento dell'apparenza della servitù oggetto di
causa.
Il sesto motivo è fondato, con conseguente assorbimento degli altri.
Si è detto più volte che all'epoca della compravendita la particella n. ….... era in comunione.
Ebbene, la costituzione del diritto di servitù prediale per destinazione del padre di famiglia non
si verifica quando la separazione dei due fondi sia operata da chi è proprietario esclusivo di uno
di essi e comproprietario dell'altro fondo, mancando in tale ipotesi il requisito dell'appartenenza
di entrambi i fondi al medesimo proprietario (Cass. 19 gennaio 2004, n. 713; Cass. 14 gennaio
1997, n. 282).
Con l'ottavo motivo di impugnazione e dedotta violazione falsa applicazione dell'art. 1059 c.c.,
nella parte in cui presuppone, erroneamente, che la servitù di passaggio sia stata costituita con
l'atto del 2 agosto 1982.
Si tratta di una censura che replica quella di cui al secondo motivo e che, pertanto, resta
assorbita dalla decisione sul medesimo.
Col nono motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli
artt. 1058, 1062 e 2735 c.c., nonchè per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, consistente nell'aver interpretato il contratto
di compravendita del 26 febbraio 1986 come un riconoscimento dell'esistenza delle servitù.
Il motivo è fondato, dal momento che la dichiarazione delle comproprietarie della particella n.
…... non poteva indurre la corte di merito a ritenere esistente la preesistente costituzione di un
diritto di servitù. Il negozio con cui si costituisce una servitù prediale soggiace alla forma
scritta, il che esclude che ai fini probatori possa attribuirsi rilievo a successive attestazioni,
oltretutto provenienti da soggetti ad esso estranei. Sul punto, questa corte regolatrice ha
evidenziato che, proprio in quanto i modi di costituzione delle servitù prediali sono tipici, il
riconoscimento da parte di un proprietario della fondatezza dell'altrui pretesa circa la
sussistenza di una servitù mai costituita è irrilevante ove non si concreti in un negozio idoneo a
far sorgere per volontà degli interessati la servitù stessa; del pari, la pretesa confessione di uno
dei comproprietari del fondo servente circa l'esistenza della servitù è inidonea alla costituzione
della stessa, non essendo ipotizzabile l'estensione a terzi di effetti inesistenti (così Cass. 25
novembre 1992, n. 12551).
I motivi decimo, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo attengono al riconoscimento, da parte
della corte toscana, della costituzione della servitù per effetto di un contratto a favore terzi.
Col decimo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., oltre che
nullità della sentenza e del procedimento, per avere la corte fiorentina ritenuto costituita la
servitù a favore di terzo in forza del contratto di compravendita del 25 febbraio 1986,
circostanza, questa, mai dedotta in giudizio dalla controparte.
Con l'undicesimo motivo di ricorso si oppone la violazione o la falsa applicazione dell'art. 1114
c.c. (recte: art. 1411 c.c.) per avere il giudice d'appello interpretato la norma con riferimento a
un contratto a favore di terzo valido ed efficace.
Con il dodicesimo mezzo è lamentata la violazione o falsa applicazione dell'art. 1362 c.c.,
poichè la corte toscana ha ritenuto la costituzione, per via contrattuale, del diritto controverso
in presenza di una clausola che manifestava, al contrario, la semplice presa d'atto della
presenza della servitù.
Con il tredicesimo ed ultimo motivo di ricorso è denunciata omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, consistente nella
costituzione della servitù per contratto a favore di terzo con contratto di compravendita del 26
febbraio 1986.
L'undicesimo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo sono fondati, con conseguente
assorbimento del decimo.
Si ricorda che la costituzione di servitù attraverso contratto a favore di terzo è certo possibile,
ma a condizione che la stipulazione avvenga per iscritto, che il vincolo reale sia costituito a
carico del fondo del promittente ed a favore di quello del terzo, che la costituzione del vincolo
ed il conseguente vantaggio per il terzo siano previsti e voluti dai contraenti, che sia
determinato (o determinabile con certezza) il fondo dominante (e quindi il proprietario) e che
lo stipulante abbia un interesse, pure non patrimoniale (per tutte: Cass. 30 ottobre 2006, n.
23343). La corte di Firenze ha trascurato il senso letterale delle parole utilizzate nella
dichiarazione che qui interessa, dal momento che nel contratto del 25 febbraio 1986 le sorelle
D., comproprietarie, insieme a D.G., della particella n. …...., si sono limitate a dichiarare alla
parte acquirente che la detta porzione immobiliare era gravata "di servitù reale e gratuita di
passo a favore di terzi insieme al resede grafato con il fabbricato": espressione, questa,
consistente in una semplice presa d'atto (relativa a una situazione che, come spiegato, avrebbe
dovuto oltretutto provarsi in giudizio attraverso la documentazione del contratto costitutivo
della servitù), che è irriducibile a una manifestazione di volontà diretta alla costituzione del
diritto, in favore di un imprecisato terzo. Nel caso in esame non si è dunque in presenza di un
negozio espressivo della volontà di costituire una servitù, quanto semmai, di un atto ricognitivo
privo di alcun valore, ai fini che qui interessano.
Il ricorso incidentale, che è condizionato, prospetta, come detto, un unico motivo; questo è
basato sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c., per non avere la
corte distrettuale indagato correttamente in ordine alla volontà espressa dalle parti del contratto
del 4 aprile 1980, per non aver interpretato le clausole le une per mezzo e in funzione delle
altre e perchè non avrebbe "attribuito alla clausola, presente nello stesso contratto, una
funzione conservativa di senso nell'economia complessiva dell'atto".
Tale motivo, oltre a mancare di autosufficienza, in quanto non indica le clausole dell'atto
divisionale che il giudice del merito avrebbe dovuto prendere in esame sul piano interpretativo,
si risolve in considerazioni di carattere generico, slegate da puntuali riferimenti alle singole
disposizioni, investendo questa Corte di un giudizio di fatto che ad essa non può essere
devoluto.
In conclusione, il ricorso va accolto, dovendosi ritenere fondati i motivi nn. 1, 2, 3, 6, 9, 11, 12
e 13 e assorbiti gli altri. Il ricorso incidentale va invece respinto.
La sentenza va pertanto cassata e la causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte di
appello di Firenze che dovrà fare applicazione dei seguenti principi di diritto:
"se una clausola, sul piano testuale, è di significato univoco e non constano indici
rappresentativi di una difforme volontà delle parti, deve attribuirsi prevalenza al dato letterale,
escludendosi alcuna ulteriore operazione ermeneutica";
"ai fini della costituzione volontaria della servitù, un atto proveniente da uno solo dei
comproprietari di un fondo indiviso, pur non essendo privo di effetti giuridici, non è idoneo a
costituire una servitù passiva";
"la costituzione del diritto di servitù prediale per destinazione del padre di famiglia non si
verifica quando la separazione dei due fondi sia operata da chi è proprietario esclusivo di uno
di essi e comproprietario dell'altro fondo, mancando in tale ipotesi il requisito dell'appartenenza
di entrambe i fondi al medesimo proprietario";
"il riconoscimento da parte di un proprietario della fondatezza dell'altrui pretesa circa la
sussistenza di una servitù mai costituita è irrilevante ove non si concreti in un negozio idoneo a
far sorgere per volontà degli interessati la servitù stessa; del pari, la pretesa confessione di uno
dei comproprietari del fondo servente circa l'esistenza della servitù è inidonea alla costituzione
della stessa, non essendo ipotizzabile l'estensione a terzi di effetti inesistenti";
"la costituzione di servitù attraverso contratto a favore di terzo implica che la costituzione del
vincolo ed il conseguente vantaggio per il terzo siano previsti e voluti dai contraenti, onde essa
non può ravvisarsi in un atto avente valore meramente ricognitivo".
La Corte di appello di Firenze provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale per quanto di ragione, rigetta il ricorso incidentale, cassa
in relazione al ricorso accolto e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte di appello
di Firenze.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 dicembre
2015.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2016