E.Capra_Didattica della Costituzione - rel. 23.11

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E.Capra_Didattica della Costituzione - rel. 23.11
Corso di formazione e aggiornamento didattico
CITTADINANZA E COSTITUZIONE - 70° della Costituente
Incontro di mercoledì 23 novembre 2016
INSEGNARE LA COSTITUZIONE:
MOTIVAZIONI E STRATEGIE DIDATTICHE
Intervento di Elena Capra
1° parte : LE MOTIVAZIONI
Questo intervento cerca di mettere a fuoco alcune indicazioni didattiche che possano sostenere
l’educazione ai valori costituzionali, favorendo l’acquisizione di competenze di cittadinanza.
Penso che però il discorso vada contestualizzato: per questo la prima domanda da porsi non credo
sia tanto “cosa posso far fare in classe” e “come”, ma “perché non posso fare a mano di
parlare di…” perché è quanto mai urgente e necessario che i principi che fondano la nostra carta
costituzionale siano conosciuti, approfonditi e vissuti dai nostri ragazzi.
Ho cambiato piano, dal “come” sono passata al “perché” e più che offrire delle soluzioni,
vorrei richiamare un’esigenza, accendere o riaccendere in ciascuno di noi una motivazione
educativa.
PRIMA MOTIVAZIONE: DARE RIFERIMENTI STABILI
Per questo occorre anzitutto lanciare un veloce sguardo al nostro presente, alla nostra società, al
contesto che stiamo vivendo e che sta plasmando noi e i nostri giovani.
E questo sguardo non è uno sguardo né bello, né rassicurante, anzi.
Prendiamo a prestito l’immagine coniata dal sociologo polacco Bauman che definisce la nostra
società come un magma indifferenziato, una società liquida che attraversata da rapide
trasformazioni, incrina le vecchie certezze e fa perdere qualunque riferimento “solido”,
stabile. Tutto scivola via, si trasforma e dissolve con la frenesia e velocità che caratterizza le
nostre occupazioni quotidiane. Questa accelerazione, lungi dal sollevare le situazioni dalle
difficoltà, crea un inesplicitato, che disorienta e disperde. Viene meno il tempo necessario per
gustare, valutare, sedimentare le esperienze e costruire una memoria. Unica soluzione facile, a
portata di mano, è l’abbandonarsi alla quotidianità vissuta in modo superficiale, inconsapevole,
emozionale.
La scuola per farsi carico di questa “emergenza educativa” socialmente rilevante deve andare
fortemente contro corrente e contro la metafora della liquidità, deve offrire qualcosa di solido,
di duraturo, deve far vivere punti di riferimento stabili, deve offrire percorsi che facciano
confrontare con una mappa di valori che sentiamo vicini perché ci orientano, insegnandoci a
rispettare le persone e la loro dignità.
La Carta Costituzionale può essere l’architrave del nostro convivere civile e del nostro
orizzonte etico condiviso.
Certo il riuscire a far respirare qualcosa di grande di importante ai nostri ragazzi è un impegno non
da poco per noi insegnanti. Questa “missione” richiede un continuo lavorio sul nostro stesso
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habitus mentale, significa lavorare sulle nostre menti, anche loro inserite in questa sorta di liquidità
che connota l’odierno pervasivo modello di pseudo cultura.
SECONDA MOTIVAZIONE: CONDIZIONE COMUNITARIA E IDEALE DI UMANITÀ
La introduco con una vecchia storiella di Pietro Calamandrei che racconta di due emigranti che
attraversavano l’oceano su un piroscafo traballante.
“Uno dei due migranti stava dormendo nella stiva quando l’altro, che si trovava
sul ponte, si accorse che stava per venir giù una burrasca. Impaurito, domandò a
un marinaio se erano in pericolo. ‘Se continua questo mare’ – rispose il marinaio
– ‘tra mezz’ora il bastimento affonderà’.
Allora lui corse nella stiva a svegliare il compagno, per avvertirlo che il
bastimento stava per affondare. E che m’importa – ribatté questi. – Non è mica
mio!
E fu così che il bastimento affondò.”
Come ci raccontano gli istituti di statistica da anni, il dato più pericoloso per il futuro d’Italia, è
rappresentato dallo “scollamento” sociale, dalla crisi del concetto di comunità. C’è uno scarso
interesse per ciò che è collettivo, solo pochi dovendo parlare di sé, si esprimono in termini di
appartenenza ad una comunità locale e nazionale più ampia, riferendosi a valori comuni. I rapporti
umani non sono più costruiti collettivamente, ma consumati individualmente, in nome di una
autonomia e libertà da qualsiasi legame sociale che inibisca la spontaneità.
Il soggetto moderno vuole essere sempre più “individuo”:
Proviamo a pensare alle nostre piazze non sono più spazi civili, di incontro, ma freddi,
anonimi spazi pubblici. Così come i luoghi di consumo, trasformati in grossi contenitori,
non-luoghi di passaggio che stimolano l’azione (acquisti), ma non l’interazione.
Anche i media separano, propongono modelli di comunicazione distorti, aggressivi, basati
sulla prevaricazione dell’altro, non sulla comprensione e accoglienza, o sulla negoziazione.
Non solo, inviano messaggi prevalentemente rivolti all’IO: “Vivi la tua vita” “Investi nel
tuo futuro” “Segui i tuoi sogni”.
Mi chiedo se la scuola stessa puntando solo su “competitività” e “merito” non si collochi
anch’essa in una cultura del “tutti contro tutti” per arrivare ad imporsi. Per inciso: non sono
contro il merito, anzi credo in una scuola che offra contenuti alti, preziosi, però costruiti in
un contesto inclusivo.
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Questi sono solo alcuni esempi dell’INDIVIDUALISMO che ha smagliato il tessuto sociale
portando ad un affievolimento progressivo del sentire civico e degli ideali democratici,
minando alla base la convivenza secondo civiltà.
Il prezzo che abbiamo pagato è la solitudine, quel senso di precarietà, spaesamento e sfiducia
esistenziale che creano irrilevanza sociale, facendo il gioco delle élite al potere.
Oggi dobbiamo aiutare le giovani generazioni a recuperare un ideale di umanità. Questa è la
vera posta in gioco oggi nell’educazione: restituire ai giovani quello che ci rende umani, che non è
il nostro essere “pubblico”, “utenti”, “consumatori”, “clienti”, “sudditi”, ma è la capacità
dell’uomo di vivere con gli altri, di gestire la propria relazionalità in modo compartecipe e solidale.
Scuola e, in teoria anche la famiglia, sono chiamate ad educare ad una rinnovata “cittadinanza
sociale”, dobbiamo far maturare un SENSO DEL NOI, un rispetto per i beni comuni, per
l’ambiente, per le regole, un senso civico, una moralità, la capacità di negoziare tra estranei un
progetto di vita in comune che ci renda cittadini, ma ancor prima persone che non sono solo dei
tecnici, un fascio di ruoli con delle abilità professionali, ma vite intere, biografie valutabili come un
“tutto”, capaci di ricostruire i legami amicali, comunitari.
Se ci riusciamo forse, tra parecchi anni, l’Italia potrà cominciare a cambiare.
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In quest’ottica la Costituzione diventa il fulcro da cui far partire la nostra azione educativa, lungi
dall’essere un documento datato, è un vero e proprio manuale d’istruzioni per la vita di ogni
uomo e di ogni cittadino, che garantisce rapporti autentici, perché indica le coordinate
relazionali per vivere secondo civiltà, per vivere “con”.
TERZA MOTIVAZIONE: UNA SCUOLA CONNESSA ALLA VITA
I nostri ragazzi sentono uno scollamento della scuola dalla vita reale. La scuola è una realtà
lontana dal loro universo culturale, non parla ai giovani d’oggi. Per loro la viva vera è altrove, i
processi che costruiscono la loro mentalità giovanile non sono nei contenuti che proponiamo e
che li vede solo apparentemente coinvolti.
L’indifferenza rispetto a quanto proponiamo loro, lo scarso coinvolgimento dipende anche dal
fatto che a scuola molti ragazzi non vengono volentieri e una recente indagine dimostra proprio
che gli alunni italiani abbiano il minor indice di benessere nello stare a scuola rispetto ad altre
nazioni.
Questo allontanamento non è solo nei confronti della scuola, ma è rivolto anche ad altre forme di
istituzioni, ad esempio il matrimonio, la religione, la politica; la Costituzione stessa, non è più
riconosciuta come una parte della nostra storia civile, come una tappa fondamentale di un
percorso storico-sociale del Paese.
I nostri giovani vivono sradicati, in un eterno presente.
Come è possibile RIMETTERE IN MOTO UNA DIMENSIONE STORICA CHE CI
COLLOCA E CI GUIDA? Come possiamo RICOLLEGARE LA SCUOLA ALLA VITA?
Forse più che un problema di contenuti, è un problema di metodo.
Potremmo non erogare più informazioni fini a se stesse, senza fare presa sul loro reale
modo di vivere. Dobbiamo promuovere un apprendimento che agganci il loro orizzonte
esistenziale, che incida sui profondi significati che orientano la loro vita e le scelte.
Forse dobbiamo ricominciare a lavorare sul loro essere persona. A seconda di come
insegniamo noi orientiamo il loro modo di sentire: possiamo soste-nere la maturazione del
senso del limite e del rispetto, oppure alimentare pregiudizi, possiamo contribuire a
formare una coscienza sociale, un’etica della responsabilità, aiutarli a recuperare una
memoria che non ha solo un mero significato documentario o sentimentale, ma che è così
viva e significativa che diventa futuro e storia collettiva.
E adesso arrivo al “come”, al mio vero intervento: attraverso quali strategie possiamo generare
uno sguardo interessato e partecipato alla nostra Carta Costituzionale nei diversi ordini e gradi
di scuola?
Come possiamo rendere la nostra Carta viva, come possiamo far sentire che è in grado di
comunicare significati anche oggi, perché attuale nei principi e nella lungimiranza?
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2° parte: UNA CARTA VIVA …. ALCUNE STRATEGIE DIDATTICHE
C’è bisogno di una riflessione di questo tipo perché spesso questo ambito, considerato
fondamentale a parole, resta quanto di meno scontato e praticato ci sia nell’effettivo svolgersi
dell’azione formativa, spesso è progettato e perseguito in forma approssimativa, molto personale,
sovente è relegato a progetti brevi, slegati tra loro, raramente connessi con la didattica curricolare,
oppure delegato a occasionali interventi di esperti, o ad agenzie esterne che vengono a proporre
“pacchetti formativi”. Un’inchiesta che ha coinvolto 7.000 studenti di licei, istituti tecnici e
professionali, di 10 regioni, afferma che solo il 14% tra gli studenti è sufficientemente informato
sulla carta costituzionale.
E allora cerchiamo di darci dei criteri per renderla parte integrante della nostra normale azione
educativa.
Qui non invento niente di nuovo: penso che non esista una didattica particolare per
avvicinare i ragazzi alla Costituzione.
C’è la didattica normale, ma quella con la D maiuscola, che magari non coincide sempre con quella
che utilizziamo in classe “in automatico”, penso alle nostre lezioni frontali che ci rassicurano,
perché siamo convinti di essere stati esaustivi, chiari e di aver portato tutti i ragazzi allo stesso
livello.
E’ proprio così?
Rimettere a fuoco alcune indicazioni che sappiamo già, non penso sia inutile, credo possa aiutarci
a rivitalizzare le nostre scelte didattiche, rendendo la nostra azione educativa più efficace.
Facciamo “un ripasso” che fa leva sul carattere “generativo” dell’educazione.
Indicazioni metodologiche:
INSEGNARE IL RISPETTO, IL DIALOGO E LA PARTECIPAZIONE IN MODO
INDIRETTO
Della scuola ricordo quel che mi fu insegnato, senza che mai imparassi niente,
e quello che imparai, senza che nessuno me lo insegnasse
(Chesterton, autobiografia, Piemme 1997)
Le persone che hanno influito di più sulla nostra vita, lo hanno fatto grazie a ciò che, con
l’esempio, con la parola, con uno sguardo, ci hanno insegnato implicitamente.
L’insegnamento più efficace passa quindi per ciò che siamo come persone e in classe e solo dopo
per il curricolo esplicito, cioè ciò che sappiamo o che facciamo fare.
L’atteggiamento del corpo docenti e degli operatori della scuola può arricchire questa educazione
fornendo un modello di comportamento impostato sul dialogo, la coerenza, la serietà, l’autorevolezza, l’empatia, l’equità, l’onestà professionale. In questa prospettiva tutta l’educazione scolastica
diventa un’educazione alla vita, perché favorisce l’attenzione ai bisogni degli altri, stimola il
rispetto, offre il senso della partecipazione e della tolleranza.
INSEGNARE CON PASSIONE
Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande “I care”. Di grande attualità la
straordinaria lezione pedagogica offerta da Don Milani, in riferimento alla passione civile che
dobbiamo accendere. I ragazzi sentono se insegniamo perché dobbiamo farlo, o se crediamo
all’importanza dei contenuti, delle esperienze che passiamo. La passione oggi è un elemento molto
importante, perché manca ai nostri ragazzi. Le nuove generazioni sono incapaci di sognare e
desiderare. Molti giovani si sentono in scacco, hanno una sfiducia esistenziale, sono senza
speranza, studiano convinti di non trovare un lavoro, sentono che magari una volta assunti ne
potranno uscire solo da molto anziani, si confrontano con adulti insoddisfatti, demotivati…
Abbiamo noi la responsabilità di accendere una luce, un fuoco dentro di loro.
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PROMUOVERE PERCORSI PLURIDISCIPLINARI
che superino la settorialità, l’orario specifico e l’ancoraggio disciplinare che relega questi
insegnamenti alla buona volontà degli insegnanti che si muovono, di solito, negli ambiti umanistici
(lettere, filosofia, diritto). Tutti i docenti possono contribuire alla costruzione delle competenze di
cittadinanza, perché siamo nell’ambito di una educazione trasversale, diciamo (con un termine
utilizzato soprattutto nella scuola dell’Infanzia), uno sfondo integratore, dentro cui collocare gli
altri apprendimenti. Quindi non si tratta di “fare cose in più”, ma di “fare attraverso”.
Questo approccio didattico integrato, reticolare, sistemico è sicuramente difficile da
realizzare, forse soprattutto alle superiori, perché richiede una revisione critica di prospettive
ormai conso-lidate. Però potrebbero guadagnarne anche le discipline che, guardate in modo più
flessibile, da fini diventano mezzi per promuovere la formazione integrale (morale, personale,
sociale) della persona. Un buon insegnamento della religione, dell’italiano, dell’inglese, della
matematica, delle scienze… può avere un respiro più grande, volto alla formazione del cittadino.
PROMUOVERE A SCUOLA ESPERIENZE DI DEMOCRAZIA
Nelle normali procedure della vita scolastica ci sono occasioni per promuovere il protagonismo,
la partecipazione dei ragazzi, facendo sperimentare la democrazia. Pensiamo a quando a scuola:
si confrontano opinioni diverse,
si prendono decisioni,
si gestiscono conflitti,
si stabiliscono regole,
si eleggono rappresentanti di gruppi che esercitano la leadership,
si esercita il diritto di voto,
si propongono e gestiscono assemblee di classe e d’istituto.
Queste esperienze spesso rischiamo di sottovalutarle o facciamo ripetere procedure in modo
pedissequo, come fosse un mero apprendimento di regole.
Oggi è un’occasione per dirci calma: sfruttiamo queste opportunità, facciamole diventare un
obiettivo formativo della coscienza dei nostri giovani, facciamo cogliere il senso della partecipazione civile, i valori che sono alla base della democrazia.
Se non aiutiamo i ragazzi ad essere consapevoli dei propri diritti e doveri non riusciranno ad esercitarli o a rivendicarli se un domani ne saranno privi.
ACCOGLIERE E UTILIZZARE IL PATRIMONIO ESPERIENZIALE DI CUI OGNI
BAMBINO-RAGAZZO-GIOVANE È PORTATORE
Ogni bambino ha delle consapevolezze. Partire da queste conoscenze, dal loro patrimonio
culturale e comportamentale, dagli stimoli che offre l’ambiente che li circonda, passare attraverso il
modo in cui “il mondo” è presente in loro, aggancia il loro interesse, attiva la loro zona di
apprendimento potenziale e li rende consapevoli della loro storia, ritrovando punti di riferimento.
Il nostro sforzo, non facile, è recuperare gli stimoli preziosi che emergono in modo “naturale”
nella classe e usarlo come materiale formativo, mettendoli in relazione attraverso continui
processi di rilettura e confronto critico anche con modelli valoriali diversi.
STIMOLARE LA PARTECIPAZIONE ATTIVA DEGLI ALLIEVI
A LIVELLO PRATICO E COGNITIVO
I nostri bambini prima e giovani poi, vivranno una cittadinanza aperta, attiva, se a scuola avranno
imparato a confrontarsi con la complessità, con l’impegno volto a costruire, interiorizzare e
riprogettare i saperi.
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Dobbiamo proporre contenuti che siano ricchi di relazioni e di nessi, in modo che possano
essere confrontati in modo critico e riflessivo, visualizzati, vissuti.
Dobbiamo a fine percorso ragionare sul percorso, recuperare una metacognizione che fa sintesi,
offre ulteriori significati e fissa le esperienze.
Dobbiamo abituare i nostri bambini e ragazzi ad andare in profondità, a cercare le ragioni d’essere,
le cause e i fini, per contrastare la tremenda superficialità della nostra società dell’informazione
che ci ha saturato indiscriminatamente di dati che spesso non sappiamo nè interpretare,
nè contestualizzare.
E qui siamo di nuovo in ballo noi docenti. Le nostre lezioni frontali non attivano nulla e spesso
interessano poco. La sfida è e abbandonare una concezione riproduttivo-nozionistica della conoscenza e spostare il focus della progettazione dai saperi, al modo di costruire il sapere, creando
ambienti di apprendimento aperti.
E siccome ogni insegnante deve confrontarsi con la cifra della diversità, è necessario parlare
tanti linguaggi, fornire molteplici forme di coinvolgimento.
Attenzione sembra banale, scontato, ma l’Italia si colloca nell’area in cui i docenti utilizzano meno
pratiche didattiche attive e diversificate (indagine TALIS del MIUR, 2013).
Quali strumenti possono essere utili? Sicuramente:
metodologie narrative basate sull’analisi di testi narrativi e autobiografie,
mediatori didattici attivi, direttamente collegati all’esperienza concreta (giochi, esperienze
pratiche, osservazioni sul campo, attività manipolative)
mediatori iconici (filmati, fotografie, cartelloni, schemi e tabelle) che facilitano il ricordo di
materiale verbale per gli alunni che hanno uno stile prevalentemente visuale. Però
attenzione: non è sufficiente introdurre testi e fonti in classe, perché se sono solo letture a
supporto di una tesi, gli unici esercizi possibili per i ragazzi sono sottolineare e individuare
le parole chiave. Se invece sono usati come materiali grezzi, allora gli studenti costruiscono
in modo attivo i propri saperi.
Utilissimi, molto potenti e poco praticati sono i mediatori didattici analogici: le simulazioni, role playing, compiti relativi al “mettersi nei panni di”, agire “come se” (ricostruzioni
storiche, drammatizzazioni di testi o di avvenimenti…) Sono importanti perché collocano su un
piano simbolico, coinvolgendo però molto sul piano emotivo e personale, condizione che
stimola la motivazione e consolida l’apprendimento.
Non basta attivare le teste, perché le teste devono poter orientare le vite. E quindi parliamo di
competenze: è
FONDAMENTALE SALVAGUARDARE IL “CARATTERE SITUATO” DEGLI
APPRENDIMENTI, che mobilita conoscenze e abilità personali, sociali e metodologi-che nelle
diverse situazioni di vita, in svariati contesti: lavoro, relazioni, studio, sviluppo personale,
risoluzione di problemi, esecuzione di compiti.
Solo un “sapere agito” in un contesto significativo rende la scuola un “laboratorio sociale” che
garantisce comportamenti corretti, fondati sulla responsabilità individuale. Solo un cittadino
“competente” può effettivamente esercitare i propri diritti di cittadinanza.
È chiaro che un regime totalitario non sollecita competenze di questo tipo. I giovani che
sanno fare, pensare, testimoniare sono meno esposti al rischio di cadere vittime di nuove
forme di autoritarismo.
L’apprendimento non è mai un processo solitario, ma profondamente influenzato da relazioni,
stimoli e contesti. E’ quindi possibile
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STIMOLARE LA CONVIVENZA CIVILE ANCHE PRIVILEGIANDO UNA COSTRUZIONE COOPERATIVA DEI SAPERI. Non è solo cooperative learning, ma
attenzione da seguire e esplicitare le dinamiche relazionali che si sviluppano nel gruppo-classe.
Rendere consapevoli gli studenti di queste interazioni, significa dare a ciascuno l’opportunità di
vivere in prima persona la trasversalità assoluta del nostro essere persona, che incrocia sempre
quella degli altri, significa incrementare l’autonomia, la responsabilità, il “prendersi cura” di altri,
stimolare le competenze sociali.
PROMUOVERE LA RICORSIVITA’ NEGLI ANNI: questo è un punto di arrivo, ma
pensate che significatività avrebbe la scuola se i bambini dalla scuola dell’Infanzia all’ultimo anno
delle scuole secondarie di secondo grado, potessero attraversare un curricolo unitario di
educazione alla convivenza civile in continuità verticale fra le classi.
Ogni team organizza la sua progettazione, ma tutti sicuramente garantiscono stimoli ed esperienze
in questo ambito, che rispettando la GRADUALITÀ PSICOLOGICA E CONCETTUALE,
arrivano a formare un percorso pluriennale, che garantisca una formazione continua del bambino,
alla ricerca di un senso che, attraverso un andamento dialettico, veniva ogni volta rimesso in
movimento, verso ulteriori sintesi e significati.
DISTINGUERE TRA DIBATTITO POLITICO ED INTERVENTO EDUCATIVODIDATTICO. Sicuramente i principi di riferimento per la convivenza civile sono oggetto di
discussione politica, ma la nostra deontologia professionale deve astenersi dal rischio di far politica
in classe. Detto questo è importante far conoscere le diverse posizioni politiche, per evitare facili e
purtroppo a volte fondate semplificazioni, che limitano l’azione politica all’esercizio di rapporti di
forza, gestiti in modo clientelare, senza regole certe. La dialettica politica non può essere solo fra
avversari politici vissuti come nemici, ma dev’essere anche percepita fra modi diversi di intendere
l’azione politica.
SIGNIFICATIVA L’ESPORTAZIONE DEI PERCORSI grazie ad una didattica che esce
dalle aule per entrare in relazione e sensibilizzare la città. La scuola dell’obbligo può promuovere collaborazioni con altre agenzie formative, coinvolgere diversi soggetti istituzioni, negozi
e associazionismo locale. Pensate a quanti strumenti abbiamo: organizzazione di manifestazioni,
concorsi, convegni, mostre, uscite didattiche, esperienze teatrali, proiezioni di filmati, salvaguardia
di un sito ambientale, adozione di un monumento…
IMPORTANZA DELLA DOCUMENTAZIONE dei percorsi.
La conoscenza e lo scambio delle buone pratiche realizzate da non poche scuole nell’ambito
della formazione di una cittadinanza attiva ha un’enorme forza generativa che rilancia progetti
ed iniziative, stimolando la creatività degli insegnanti.
La narrazione di ciò che si è proposto, tutt’altro che immediata e praticata apre dei problemi in
merito al come “modellizzare”, come organizzare e conservare i lavori raccolti con modalità
efficaci, immediate, di facile consultazione, in grado di garantire lo sviluppo temporale dei
contenuti ed il recupero di informazioni esaurienti e riutilizzabili.
Altro problema cosa conservare? La programmazione con i collegamenti disciplinari? Le attività
proposte, le foto, i cartelloni, la mappa di tutto il percorso, gli strumenti utilizzati per le verifiche?
Ogni scuola, team, docente dovrà darsi dei criteri, meglio se condivisi, sicuramente ognuno
dobbiamo avere uno sguardo attento, capace di avere una visione sia globale che puntuale di
quanto è accaduto, uno sguardo che sappia osservare, ripensare e scegliere.
Proponiamo tante esperienze significative, non disperdiamole! Lasciamo delle tracce!
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VERIFICA
Ultimo passaggio fondamentale è quello che prevede la valutazione dei percorsi o delle esperienze
proposte, di com’è stata gestita la situazione di apprendimento, di quali competenze civiche e
sociali sono state raggiunte dai ragazzi.
Sicuramente è difficile accertare ciò che lo studente sa fare con ciò che sa.
Anche qui non sono in grado di offrire soluzioni, la valutazione delle competenze è qualcosa di
profondo e complesso che lascia aperte ancora molte domande, che possono trovare risposte
credo nel lavoro di ricerca condotto dagli insegnanti nelle scuole.
Provo a lanciare alcuni spunti di riflessione:
Sicuramente la valutazione deve tener conto dell’autovalutazione dello studente, il loro
punto di vista, a tutte le età, va costantemente sollecitato. Devono essere consapevoli del loro
percorso personale, relazionale e sociale.
Possiamo fare una buona valutazione se abbiamo individuato, in fase di progettazione, gli
indicatori che sono come la bussola che guida l’intero percorso, l’insegnante e lo stesso
studente. Per ciascun indicatore devono esserci dei descrittori che rappresentino i livelli diversi
di competenza raggiungibili.
La valutazione scolastica delle competenze dev’essere necessariamente dinamica,
articolata e trasversale, perché nessuna singola rilevazione, anche se di una prestazione finale,
presa isolatamente, è in grado da sola di fornire gli elementi sufficienti. Bisogna osservare un
processo.
Non solo, bisognerebbe tener conto anche della dimensione evolutiva, del fatto cioè che il
loro livello può migliorare (o peggiorare) nel tempo.
È necessaria una prospettiva multifocale per testare le diverse dimensioni che l’esercizio di
una competenza chiama in causa: quindi raccogliere informazioni sulla dimensione cognitiva
(conoscenze e abilità cui si fa ricorso), metacognitiva (consapevolezza dei pro-cessi messi in
atto per affrontare un compito), affettivo-motivazionale (interesse, atteggia-menti,
partecipazione, solidarietà, disponibilità). Magari questi aspetti sono già oggetto di valutazione,
quello che manca ancora è la saldatura dei diversi aspetti in una prospettiva unitaria.
Può essere utile stimolare momenti di confronto e condivisione sulle procedure valutative adottate dalle singole discipline e non limitarsi a confrontare solo gli esiti delle pratiche
valutative.
CONCLUDO con una precisazione e un augurio.
Dopo questa carrellata di indicazioni didattiche, mi sembra importante puntualizzare che non
dobbiamo abbassare la guardia: NULLA E’ DEPERIBILE COME LA DIDATTICA. Allora
non portiamoci a casa delle certezze, ma rimaniamo sentinelle, sempre all’erta, consapevoli
di non essere padroni della situazione. Chiediamoci sempre di cosa hanno bisogno i nostri ragazzi
oggi, domani e dopodomani, pronti a cambiare, perché le attuali inquietudini sono molto diverse
da quelle della generazione di 8 anni fa e dalle prossime che ci succederanno.
DEMOCRAZIA FA RIMA CON CULTURA. L’augurio lo introduco con una citazione di
Pietro Calamandrei tratta dal Discorso agli studenti milanesi, del 26 Gennaio 1955:
“La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da
sé […]. Perché si muova bisogna metterci dentro il combustibile, bisogna
metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse,
la propria responsabilità […]. Quindi voi giovani, alla Costituzione dovete dare
il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra,
metterci dentro il senso civico, la coscienza civica.”
Acqui Terme, 23 novembre 2016
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