SABINO CASSESE L`ORDINE GIURIDICO GLOBALE

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SABINO CASSESE L`ORDINE GIURIDICO GLOBALE
SABINO CASSESE
L’ORDINE GIURIDICO GLOBALE1
E’ possibile che alla globalizzazione commerciale ed economica non si
accompagni la nascita di un ordine giuridico che la regoli? E' immaginabile un
mercato senza istituzioni? Le risposte a questo ordine di interrogativi sono non di
rado critiche. Marco Cesa, ad esempio, ha sostenuto: “Chi vede nella
globalizzazione un completo rovesciamento delle regole del gioco della
economia e della politica internazionale soffre, con ogni probabilità di
"novitismo", cioè della smania di scorgere a ogni costo grandi novità anche
quando non ve ne sono […]. Dal punto di vista concettuale e teorico, dunque, gli
studi sulla globalizzazione ci offrono davvero vecchie novità […]. La maggior
parte dei fenomeni legati alla globalizzazione - l'esistenza dei quali non può
ovviamente essere negata - ha sì conseguenze per gli affari internazionali, ma
conseguenze che sono, di solito, largamente esagerate o comunque riconducibili
a cause diverse dalla globalizzazione [...]. Istituzioni internazionali, imprese
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Relazione tenuta al Convegno "Dalla cittadinanza amministrativa alla cittadinanza globale" presso
l’Università degli studi di Reggio Calabria il 30 ottobre 2003.
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multinazionali, mercati transnazionali, incidono in varia misura sugli affari
internazionali; tuttavia essi, lungi dall'agire in un vuoto politico, sono
costantemente chiamati a fare i conti con i governi nazionali”2. Un altro studioso,
Joseph Stiglitz, ha osservato: “Oggi viviamo un processo di globalizzazione
analogo a quello di un secolo e mezzo fa, ma senza le istituzioni globali in grado
di affrontarne le conseguenze. Possediamo un sistema di governance globale, ma
siamo privi di un governo globale”3.
La tesi che esporrò si fonda, invece, sulla convinzione che un meccanismo
di
governo
dell'economia
globalizzata
esiste,
anche
se
esso
presenta
caratteristiche non riconducibili al modello tradizionale di potere pubblico
statale.
La “comunità” globale presenta tutti e tre gli elementi degli ordinamenti
giuridici: plurisoggettività (principalmente Stati), organizzazione (principalmente
organizzazioni internazionali), normazione (per lo più convenzionale o pattizia,
ma anche regolamentare). Vi sono, infatti, circa 200 Stati (189 sono quelli
membri dell’ONU), circa 2000 organizzazioni internazionali, non meno di
400mila dipendenti di apparati sovrastatali, 50mila trattati internazionali (quelli
registrati all’ONU), un numero non calcolato di regolamenti, direttive ed altri atti
promananti dalle organizzazione internazionali o trasnazionali (la sola Unione
europea ne ha prodotti circa 1500 nell’anno 2000).
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M. Cesa, Le vecchie novità della globalizzazione, in Riv. ital. sc. pol., n. 3, 2002, pagg. 417-418.
J. Stiglitz, In un mondo imperfetto. Mercato e democrazia nell’era della globalizzazione, Roma,
Donzelli editore, 2003, pag. 5.
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2
Questo ordinamento giuridico presenta quattro tratti distintivi. Il primo è
che non è retto da un’autorità superiore, ma da forme di cooperazione ed
integrazione tra i soggetti che ne fanno parte. Esso, pur in assenza di un
“governo”, presenta i vantaggi di limitare gli effetti esterni negativi dell’azione
decentrata; di consentire la circolazione delle informazioni; di permettere di
scegliere i sistemi più convenienti; di tenere sotto il controllo di un’opinone
pubblica mondiale i regimi politici. Questo sistema mostra, però, anche
inconvenienti: il mutamento delle “regole del gioco”; il rischio di blocco
decisionale; il pericolo di defezioni delle minoranze, sul modello della “itio in
partem” nei collegi medioevali. A differenza dagli ordinamenti giuridici retti da
un’autorità superiore, il sistema mondiale non è uniforme, ma differenziato:
presenta aree – settoriali o geografiche – con alto grado di istituzionalizzazione
ed aree dove questa è molto limitata.
Il secondo tratto distintivo è che la sua organizzazione non ha un centro.
Essa è piuttosto un aggregato di organizzazioni generali e settoriali. Tale
aggregato presenta le seguenti caratteristiche. In primo luogo è molto
frammentato, per cui non può dirsi ordinato in forma policentrica o reticolare,
perché tali forme organizzative presuppongono un disegno. In secondo luogo, è
imcompleto e asimmetrico: vi sono regioni e materie dove si addensano più
istituzioni, regioni e zone dove sono assenti. In terzo luogo, non ha un ambito
(auto) definito di compiti, né una chiara distribuzione di funzioni con gli Stati,
per cui opera a poteri condivisi. Infine, è composto sia di organismi
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sovranazionali (come l’Unione europea), sia di organismi internazionali (come
l’ONU), sia di organismi trasnazionali (come quelli istituiti da altre
organizzazioni internazionali).
Il terzo elemento proprio dell’ordinamento giuridico globale è che le
istituzioni
internazionali
sono
prive
di
investitura
popolare.
La
loro
legittimazione non è assicurata attraverso il consenso, bensì a mezzo del diritto.
Gli Stati nazionali nascono e si impongono sulla base della forza, per poi
svilupparsi attraverso il diritto chiamato a limitarla. Negli ordinamenti giuridici
globali, invece, il diritto svolge fin dall’inizio il compito di regolatore, e ciò
proprio per l’assenza di un potere superiore e per il fatto (tanto contestato e
contestabile) che agli Stati venga applicato il principio di eguaglianza. I poteri
pubblici internazionali, sovra- ed ultra statali, esercitano un’autorità legittima non
tanto perché gli Stati abbiano dato loro un consenso, quanto perché essi agiscono
secondo il diritto, rispettando il “due process of law”, anche nella fase di
elaborazione delle norme. La concreta applicazione di questo principio, infatti,
consente alle istituzioni della globalizzazione di raccogliere di volta in volta,
intorno alle proprie decisioni, il consenso dei gruppi di interesse, degli Stati e
degli altri organismi sovranazionali.
Il quarto elemento caratterizzante riguarda la costituzione di uno spazio
giuridico globale, con una grande varietà di statuti e conseguenti possibilità di
arbitraggi. Innanzitutto, vi è uno spazio giuridico, nel senso della eliminazione di
barriere (specialmente nel campo economico e finanziario). Quindi, è consentita
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una (relativa) mobilità a persone fisiche, imprese, enti. Poi, tra gli ordinamenti
secondari (quelli nazionali) permangono anche forti differenze, nonostante il
continuo processo di standardizzazione operato dall’ordinamento giuridico
globale. Ma queste differenze vengono sfruttate da tutti i soggetti (principalmente
le imprese) che sono dotati di mobilità e possono permettersi uno “shopping trip”
tra ordinamenti giuridici nazionali differenti. Di qui l’arbitraggio, che consiste in
un giudizio comparativo sulle differenze relative tra i “diritti singolari” (di Statinazione o anche di ordinamenti sovranazionali regionali, come l’Unione
europea); poi nella scelta, consentita dalla mobilità, dei “diritti singolari” più
convenienti. Risulta, così, possibile, ad esempio, costituire una società in un certo
paese, non perché essa operi in quel posto, ma per cogliere specifici vantaggi
fiscali o di altro genere. Per cui il diritto non si impone, non è preordinato, ma
viene, per così dire, “ acquistato” in base alla convenienza dei singoli operatori
economici.
La miopia degli osservatori di fronte a questi cambiamenti è determinata
dal fatto che essi sono disposti a rinunciare allo Stato solo a patto di poter
utilizzare lo stesso modello istituzionale con riferimento ad una dimensione
globale. Occorre, viceversa, considerare che la conservazione di questi dislivelli
normativi nello spazio giuridico globale costituisce un moltiplicatore della
globalizzazione, in quanto rappresenta un luogo in cui si incontra la domanda
degli operatori economici con l'offerta delle istituzioni giuridiche. Con ciò si
potrebbe realizzare il sogno dei grandi filosofi scozzesi del settecento, i quali
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ritenevano che gli ordinamenti dovessero essere il frutto dell’azione umana: non
un dato, quindi, ma un farsi continuo. Lo spazio giuridico globale diventa, così,
un po’ come i poemi omerici secondo l’ipotesi Lachmann: all'origine vi era un
piccolo nucleo di racconti che, trasmesso e arricchito per via orale da coloro che
li avevano narrati nel corso del tempo, è andato a costituire l'ossatura
dell’Odissea e dell’Iliade. Per ora abbiamo solamente alcuni versetti, alcuni
brani, ma la nostra intelligenza sta proprio nel cercare di considerarli come un
embrione di futuri poemi.
Prof. Sabino Cassese
Prof. di diritto amministrativo
Università La Sapienza di Roma
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